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Marco D'Ottavi
Il calciatore di febbraio: Krzysztof Piatek
01 mar 2019
01 mar 2019
Il nuovo attaccante del Milan è il vincitore del premio “Calciatore del mese AIC”.
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Marco D'Ottavi
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Anche per febbraio vi abbiamo chiesto di scegliere tra due giocatori per assegnare il premio «Calciatore del mese AIC», in collaborazione con l’Associazione Italiana Calciatori. I candidati erano Krzysztof Piatek, autore di 5 gol in 4 partite con la nuova maglia del Milan, e Gianluigi Donnarumma, che a febbraio - oltre ad aver compiuto vent’anni - ha confermato il suo grande stato di forma. Ha vinto l’attaccante polacco con un buon margine di distacco. (Potete votare sui nostri social e su quelli dell’AIC; qui trovate i nostri articoli sui calciatori dei mesi passati). A chiosa del premio quale miglior "Calciatore del mese AIC" di settembre assegnato a Krzysztof Piatek, ci eravamo chiesti quando l’attaccante polacco «avrebbe smesso di segnare, stupiti ogni volta a vederlo cadere in ginocchio sul prato, a celebrare i suoi gol mimando due pistole incrociate sul petto». Fino a quel momento aveva realizzato 7 gol in 5 partite di Serie A, le prime cinque della sua carriera, più altri 4 in un’unica notte di Coppa Italia. A dirla tutta, Piatek aveva segnato tantissimo anche nelle amichevoli estive con la maglia del Genoa, a cominciare dai 5 gol segnati al Stubaital, mentre noi eravamo ancora impegnati a guardare i Mondiali in Russia. In quei giorni eravamo tutti sinceramente meravigliati da un giocatore sbucato dal nulla, in grado di capitalizzare quasi ogni pallone gli capitasse a tiro, in un campionato dove le difese - si dice - sono più difese che altrove. Tuttavia eravamo anche piuttosto scettici su quanto quello stato di forma potesse effettivamente durare: per mantenere i numeri assurdi di inizio stagione per un lungo periodo, a Piatek sarebbero servite delle doti eccezionali che non eravamo sicuri avesse. E invece Piatek, dopo una flessione dovuta a un periodo tragico del Genoa, e da alcune scelte tattiche di Juric, ha cambiato maglia ritrovando l’eccezionalità delle sue performance. Con 5 gol in 4 partite è stato il miglior marcatore in Serie A di febbraio, come lo era stato a settembre. Le sue 5 reti sono arrivate da soli 2.5 xG complessivi (il che significa che ha “prodotto” esattamente il doppio di quello che in condizioni uguali alle sue la media degli attaccanti avrebbe fatto) con appena 10 tiri totali, di cui 7 nello specchio della porta. Numeri che ancora una volta vanno molto oltre la media e gli hanno permesso di diventare il giocatore del mese anche a febbraio (il primo a vincere questo premio per due volte, nell’arco di soli 6 mesi, con due squadre diverse).

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He shoots...he scoresss! ⚽️ Segna sempre lui 🔫 #MilanEmpoli

Un post condiviso da AC Milan (@acmilan) in data: Feb 22, 2019 at 12:54 PST

I premi sono sempre soggettivi e non è sbagliato dire che Piatek è avvantaggiato rispetto a calciatori che hanno fornito prestazioni altrettanto eccezionali in altri ruoli. È una questione comune, che ancora pochi giorni fa Cassano parlando con Wanda Nara a Tiki Taka ha riassunto nel mantra secondo cui «le chiacchiere stanno a zero: chi fa gol fa vincere le partite». Per questo forse Gianluigi Donnarumma, le cui parate contro la Roma sono state decisive per pareggiare quello che è stato a tutti gli effetti uno scontro diretto, ha perso il ballottaggio per il premio di febbraio prendendo molti meno voti del compagno di squadra. Ma al posto del portiere del Milan avrebbe perso nettamente chiunque altro, tipo l’altro milanista Paquetá, altrettanto decisivo nel cambio di passo dei rossoneri a febbraio; oppure Armando Izzo e Salvatore Sirigu: con il primo che è stato autore di un mese esaltante (con anche 2 gol importanti) come tutto il Torino; e il secondo che a febbraio non ha subito neanche una rete, realizzando 9 parate contro il Napoli e respingendo un rigore a Rodrigo de Paul. Anche se restringessimo il campo a quelli che fanno gol, quasi sicuramente Piatek avrebbe avuto la meglio anche su Edin Dzeko, che oltre ai 3 gol segnati è sembrato tornare l’attaccante completo e decisivo che conoscevamo, e Cristiano Ronaldo, che a febbraio ha realizzato 4 gol e 4 assist. Questo perché i gol di Piatek continuano a essere sorprendenti e in qualche modo speciali, e se a settembre tenevano a galla un Genoa non particolarmente brillante, a febbraio hanno cambiato il Milan, che ora ci pare un candidato più credibile per il terzo posto. Se il passaggio dal Genoa al Milan poteva presentare delle difficoltà, anche semplicemente ambientali, così non è stato per Piatek: «Il calcio polacco non è difficile come la Serie A, ma tra Genoa e Milan stiamo parlando dello stesso campionato, cambia solo la squadra. Se segno sono felice, sono concentrato perché tutto deve sempre andare bene così». Nei suoi occhi da androide non vede differenze tra Genoa e Milan, tra settembre e febbraio, tutto deve essergli sembrato uguale, forse vede il mondo in bianco e nero, e a cambiare è solo lo sfondo: una nuova maglia, dei nuovi compagni, un nuovo stadio. Lui mette in campo la stessa capacità di essere decisivo fin da subito. Di migliorare i suoi numeri offensivi già fantastici, per di più in una squadra che ne aveva disperatamente bisogno, dove anche un attaccante come Higuaín aveva fallito: e questo non era per nulla scontato. Per l’attaccante polacco è tutto semplice, perché il suo gioco è davvero semplice. Gattuso è stato intelligente a non stravolgerne i compiti, a non provare a chiedergli quello che chiedeva Higuaín. Se nel Genoa Piatek aveva un compagno di reparto, Kouamé, che faceva il lavoro sporco per permettergli di concentrarsi solo sulla finalizzazione, ora che gioca da prima punta nel 4-3-3 non deve fare molto di più: servire il compagno più vicino quando riceve palla spalle alla porta, far valere la sua fisicità nelle transizioni lunghe con cui spesso attacca il Milan. A differenza della maggior parte degli attaccanti, Piatek sembra quasi dare il meglio quando non ha nessuno intorno (e forse non è un caso che le sue peggiori prestazioni siano arrivate quando nel Genoa Juric gli ha messo Bessa alle spalle). Da un punto di vista tattico, il polacco è stato anche molto fortunato: l’arrivo di Paquetá ha fornito al Milan un giocatore in grado di alzare il raggio della manovra giocando fra le linee con qualità e sgravando gli attaccanti, soprattutto lui, da compiti di costruzione nella trequarti. Insomma Gattuso gli chiede solo una cosa, che lui esegue ubbidientemente: fare un gol ogni due tiri, meglio se decisivi, in momenti decisivi.

«Ho solo due obiettivi, giocare sempre e segnare in ogni gara», queste le parole di Piatek appena arrivato in Italia. Le sta rispettando: Piatek segna un gol ogni 86 minuti. Prendiamo il primo gol segnato contro l’Atalanta: scrivere che si tratta di un gol meraviglioso sembra quasi ridondante, perché Piatek segna colpendo il pallone spalle alla porta, tagliandolo di collo sinistro, alzandolo come si alza un sasso piatto che rimbalza sulla superficie di uno stagno. Lasciamo quindi stare la bellezza del gesto e concentriamoci sulla sua importanza: il Milan sta giocando in casa dell’Atalanta, che in quel momento è forse la squadra più in forma del campionato, ha subito per 45 minuti la fisicità degli uomini di Gasperini, prendendo un gol dopo un'azione stile rugby; nei 5 minuti che precedono il gol del pareggio, la squadra di Gattuso non porta mai il pallone nella metà campo avversaria, incapace di uscire dalla pressione dell’Atalanta. Piatek non si era visto mai, e in generale tutto il Milan sembrava aspettare solo l’intervallo per un tè caldo e farsi mettere la vasellina sulle sopracciglia, come fanno con i pugili suonati tra un round e l’altro. Quando mancano 15 secondi alla fine del minuto di recupero, però, l’Atalanta si distrae per una frazione di secondo e lascia avanzare Rodríguez palla al piede fino alla trequarti. Il cross che ne viene fuori, pur conservando la pulizia di calcio dello svizzero, appare un po’ raffazzonato, un volersi liberare dell’incombenza del controllo di un pallone pesante come una pietra. Piatek, che nei 10 minuti precedenti ha toccato il pallone solo 3 volte (per fare una comparazione, negli stessi minuti Donnarumma l’ha toccato 8 volte), appena capisce che Rodríguez potrebbe crossare, si attiva. Come un cavallo che esce dalla stalla fa due brevi scatti per cercare il proprio spazio vitale; con il braccio alzato chiama il pallone alle spalle di Djimsiti, tuttavia subito dopo, con un movimento controintuitivo anche rispetto alla sua stessa idea - e ancor prima che parta il cross - Piatek taglia davanti al difensore dell’Atalanta e lo anticipa per segnare il gol del pareggio mentre scadeva il recupero.

L’atteggiamento con cui le due squadre torneranno dopo la pausa, e che sarà fondamentale per la vittoria del Milan, è figlio dell’estemporaneo lampo di Piatek, come sottolineato anche da Gasperini a fine partita: «Il gol prima dell'intervallo ha cambiato tutto in una gara che stavamo conducendo molto bene. Tutto era in controllo per portare la vittoria a casa, poi i gol di Piatek ci hanno tolto energie mentali. Lì siamo caduti». Contro l’Atalanta l’attaccante polacco ha segnato una doppietta con 3 tiri e 0,61 xG, regalando alla sua squadra la prima vittoria contro una squadra di vertice dopo parecchi mesi (senza contare il Napoli in Coppa Italia). Se il gol all’Atalanta è spettacolare, quello con cui apre le marcature contro l’Empoli è quasi banale nella sua realizzazione, ma altrettanto importante per indirizzare la partita. L’Empoli si era difeso in maniera ordinata per tutti i primi 45 minuti e il Milan era riuscito a rendersi pericoloso solo con tiri dalla distanza. Al primo pallone ricevuto dentro l’area all’inizio del secondo tempo, Piatek ha fatto gol.

Se Piatek fosse stato meno concentrato e avesse sbucciato il pallone o magari fatto quel taglio con meno decisione arrivando in ritardo sul passaggio di Calhanoglu, il Milan avrebbe avuto la stessa apparente facilità nel segnare il secondo gol appena due minuti dopo e un terzo dopo altri sedici? Per il Milan, una squadra che fatica a creare gioco offensivo con regolarità, avere un centravanti in grado di non sprecare niente è un incredibile vantaggio. Ogni gol segnato da Piatek sembra uscire da un documentario naturalistico, dalle scene in cui vediamo predatori attaccare le loro prede dopo essere rimasti immobili per ore. Nei venticinque minuti che hanno preceduto il gol alla Roma, Piatek aveva zero in tutte le voci statistiche. Zero tiri, zero dribbling, zero duelli aerei, zero contrasti, appena cinque tocchi. Ma quando Paquetá ha messo un pallone dentro l’area, lui ha bruciato Fazio e colpito il pallone nel modo sufficientemente giusto da superare Olsen, anche se questo ha richiesto una deviazione del difensore giallorosso. Sono più di sei mesi che Piatek è in Italia e forse possiamo iniziare a tracciarne un identikit: l’attaccante polacco non sarà mai un giocatore complicato, né creativo in modo autosufficiente. Non lo vedremo ricamare passaggi eleganti o aiutare la manovra venendo incontro; in questa prima stagione in Italia non ha ancora fatto registrare un assist e gioca appena 0.7 passaggi chiave a partita. Il suo gioco è sempre binario, tira se può tirare, la passa se non può tirare. Tutte le sue qualità si concentrano nella fase di finalizzazione: una concentrazione eccezionale unita ad una varietà e una potenza di tiro da centravanti d’élite lo rendono un giocatore decisivo. Quando deve concludere è anche un giocatore molto creativo, in grado di trovare soluzioni sempre differenti per battere i portieri. Queste capacità gli permetteranno di avere altri mesi strabordanti in fase realizzativa, facendo la gioia dei tifosi del Milan. Ancor prima che febbraio si spegnesse definitivamente, il rossoneri hanno affrontato la Lazio per la semifinale d’andata di Coppa Italia. Piatek ha giocato una partita anonima, non aiutato da un Milan apparso un po’ stanco, e ha finito per perdere quasi tutti i duelli contro Acerbi. Ogni partita in cui non segna, per Piatek è una brutta partita. Eppure al termine di quei novanta minuti - per la prima volta - non abbiamo sentito la necessità di interrogarci sul futuro dell’attaccante polacco. Per la prima volta, insomma, se Piatek dovesse improvvisamente smettere di segnare, ci stupiremmo al contrario.

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