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Michele Serra
I Kansas City Chiefs hanno vinto da squadra
13 feb 2023
13 feb 2023
Agli Eagels non è bastata una grande prestazione di Hurts.
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Michele Serra
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IMAGO / Icon Sportswire
(foto) IMAGO / Icon Sportswire
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Avevamo parlato di un Super Bowl incerto e così è stato. Una partita bellissima, decisa solo nei minuti finali dopo che Eagles e Chiefs si sono divise i tempi di gioco: nel primo nettamente meglio Philadelphia, nel secondo il ritorno di Kansas City. Il risultato finale certifica lo stato semi-divino di Patrick Mahomes, ma non cancella del tutto la grandissima prova di Jalen Hurts e degli Eagles. Prova di forza Fin dai primi drive offensivi di ciascuna squadra si è capito come sarebbe stata la partita. Da una parte Nick Sirianni sapeva bene che il modo migliore per evitare che Mahomes facesse a fette la sua difesa era, semplicemente, non dargli modo di scendere in campo. Ecco perché il suo piano partita è rimasto fedele allo stile di gioco mostrato in questi due anni: controllo del pallone tramite corse e passaggi orizzontali, con qualche occasionale bomba a fondo campo. Pur non riuscendo a correre bene come fatto tante altre volte in questi due anni, Philadelphia ha usato i passaggi orizzontali per sostituire le corse e creare yard after the catch. Il primo drive, conclusosi con il touchdown di Hurts, è durato quasi 5 minuti, per un totale di 13 azioni. Mahomes però ha risposto subito presente. In sequenza sono arrivati una corsa da 20 yard di Pacheco e due ricezioni da 38 yard per Kelce, di cui una per la meta del pareggio (come prevedibile, i due hanno trovato terreno fertile nella difesa guidata da Jonathan Gannon). La ricezione vincente di Kelce è stata apparecchiata decisamente bene dall’offensive coordinator Eric Bienemy. La motion di Kelce ha esposto la difesa a uomo degli Eagles, che su di lui avevano posizionato Marcus Epps; ammesso che esista qualcuno nella Lega in grado di marcare Kelce uno contro uno, di certo quel qualcuno non è la safety degli Eagles: la traccia clear out di Valdez-Scantling, volta solo ad attirare la safety profonda, ha liberato il campo per il tight end degli Eagles, che non ha avuto difficoltà a liberarsi di Epps e segnare il pareggio.

La difesa degli Eagles ama affidare ai propri giocatori matchup individuali senza utilizzare più risorse del dovuto (quindi pochi blitz - non ne hanno bisogno - e una buona dosa di difesa a uomo nel backfield). Ieri sera, però, hanno portato questo concetto ancora più in là, difendendo a uomo per il 55.6% degli snap, dato più alto in stagione, come riportato da NFL Next Gen Stats. Il maggior beneficiario di questa scelta è stato senza dubbio Travis Kelce, che in marcatura diretta ha collezionato 4 ricezioni (su 6 totali) per 39 yard e un touchdown. Il pareggio è però durato pochissimo, grazie al passaggio da 45 yard portato in endzone da A.J. Brown. Il ricevitore di Philadephia ha sfruttato l’inesperienza del rookie Trent McDuffie, che viene prima superato in velocità da Brown e poi perde il contatto visivo col pallone. Dopo è toccato di nuovo ai Chiefs segnare. Un fumble totalmente “autoprodotto” di Hurts - unica macchia di una partita altrimenti perfetta - portato in meta da Nick Bolton per il pareggio. L’errore, però, non ha scalfito minimamente il quarterback degli Eagles, che con una corsa da 4 yard ha segnato il nuovo +7 mettendo il fiocco a un drive di oltre sette minuti. Hurts ha giocato con una calma da veterano, prendendosi quello che la difesa gli ha concesso e, talvolta, anche di più: le due ricezioni di Dallas Goedert nel secondo tempo sono le vere chicche della sua partita.

Qui la difesa dei Chiefs non avrebbe potuto difendere meglio. Per recapitare il pallone a destinazione c’era un solo punto in cui Hurts poteva metterlo, e lì lo ha lanciato.

Il primo tempo si è concluso quindi con Philadelphia in vantaggio di 10 punti e un brivido per i tifosi dei Chiefs: dopo un placcaggio alla caviglia già dolorante subito da parte di T.J. Edwards, Mahomes si è rialzato a fatica, zoppicando verso la panchina. Poteva essere la fine del Super Bowl, ma per fortuna dei Chiefs si è trattato solo di un enorme spavento. Il cuore dei campioni Il secondo tempo è stata una lezione della squadra di Andy Reid su come si attacca con, però, alcune responsabilità gravi da parte della difesa degli Eagles. Partiamo rendendo merito alla linea offensiva di Kansas City che, pur con un Mahomes atleticamente limitato dal problema alla caviglia, non ha concesso un singolo sack ai danni del proprio QB. Mahomes ha subito sette pressioni ma nemmeno un sack (il sack rate di Philadelphia in questa stagione - la percentuale di sack in relazione ai passaggi tentati dal QB - era del 32%).

L’ennesima dimostrazione che nel football ogni yard conta: qui Mahomes avrebbe potuto uscire dal campo a primo down acquisito, ma preferisce guadagnare altre yard, anche se questo vuole dire subire colpi.

Se l’inefficacia della pass rush degli Eagles è anche una conseguenza dell’ottimo lavoro svolto dalla linea offensiva dei Chiefs, per gli ultimi due touchdown segnati la difesa avversaria non ha alibi. Due motion su cui i difensori degli Eagles si sono fatti trovare totalmente impreparati, sia per mancanza di comunicazione che di aggiustamenti. Due touchdown identici.

In entrambi ci sono tre punti in comune: la difesa degli Eagles è a uomo, a essere messo in movimento è il ricevitore più esterno - in modo che tra lui e la linea di fondo non ci sia nessuno - e Avonte Maddox è il difensore. Nel primo caso, Kadarius Toney (che ha avuto un impatto eccellente nel secondo tempo) finge di spostarsi da un lato all’altro della linea solamente per portare fuori posto il diretto marcatore, Darius Slay. A questo punto, con Slay fuori posizione (era ormai troppo lontano per arrivare in tempo sul passaggio per Toney), sarebbe toccato a Maddox “prendere” l’attaccante dei Chiefs, banalmente per una questione di posizione: era il difensore più vicino a lui. Invece, l’ex giocatore dei Lions fa un cenno con la mano a suoi compagni sull’altro lato del campo, dicendo loro di rimanere pronti, non pensando minimamente all’eventualità di una finta. Per capire il secondo touchdown, di Skyy Moore, vi basterà rileggere le ultime righe, perché la situazione è la stessa. Inaccettabile subire due mete del genere in tre minuti, per di più in un Super Bowl. Passando all’altro lato del campo, un grosso plauso va fatto al front seven dei Chiefs, che hanno tenuto a bada le corse degli avversari. Difendere su Jalen Hurts si è dimostrato davvero complicato, soprattutto nelle corse con backfield vuoto: per i running back, invece, è stata una serata davvero di magra, con 45 yard su 17 tentativi. I linebacker, fino a pochissimi anni fa un punto debole nella difesa dei Chiefs, hanno saputo dare manforte alla d-line, chiudendo ogni spazio anche sulle corse esterne, dove Phila sa fare davvero male. Menzione d’onore per Nick Bolton, giocatore al secondo anno che ha chiuso come primo tackler di squadra con 9 e un touchdown: in soli due anni, l’ex Missouri ha già dato prova di poter essere un linebacker moderno, nonché un pilastro di questa squadra. Patrick Mahomes si è preso tutte le copertine, ma la sua prestazione non è stata eroico come nel Super Bowl contro San Francisco quanto piuttosto chirurgica, anche a causa delle sue condizioni fisiche. La vittoria di Kansas City è stata una vittoria da squadra vera, a testimonianza del fatto che, forse, questo roster e chi lo allena è stato sottovalutato. Come dice un noto allenatore di Serie A, "esistono le categorie" e Mahomes fa parte di quella dei vincenti. Ieri non era “obbligato” a vincere ma lo ha fatto; è indubbio, però, che il suo secondo titolo NFL - accompagnato da altrettanti premi di MVP della finale - lo proietti in una stratosfera abitata da pochissimi grandi quarterback nella storia di questo sport.

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