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Foto di Vaughn Ridley/Getty Images
NBA Dario Vismara 14 gennaio 2021 8'

Tutte le ramificazioni dello scambio di James Harden

Alla fine il Barba è andato ai Brooklyn Nets.

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Il passaggio di James Harden ai Brooklyn Nets dà un po’ la sensazione di un libro di Agatha Christie: il colpevole era lì fin dalla prima pagina, eppure siamo dovuti arrivare fino alla fine per scoprirlo. Quando Harden ha reso noto il suo desiderio di essere ceduto, ormai diversi mesi fa, fin dall’inizio aveva indicato nei Brooklyn Nets la sua destinazione preferita, per poter tornare a giocare insieme all’ex compagno di squadra Kevin Durant e a un altro talento come Kyrie Irving. Uno scenario che si è definitivamente concretizzato ieri sera, quando dopo diversi giorni in cui nulla sembrava muoversi — tanto che alcuni ipotizzavano anche una sua possibile permanenza a Houston per tutta la stagione — all’improvviso le trattative hanno accelerato, complice anche una situazione non più sostenibile nello spogliatoio dei texani.

 

Se almeno davanti alla stampa James Harden era stato restio a parlare della sua situazione, schivando le domande sul suo futuro e dando risposte standard del tipo «Dobbiamo migliorare la chimica di squadra», ieri anche quest’ultima barriera è caduta. Dopo la pesante sconfitta per mano dei Los Angeles Lakers, che a un certo punto hanno esplicitamente cominciato a prendere in giro i Rockets facendo scommesse in campo, Harden in una brevissima conferenza stampa ha detto chiaro e tondo che la squadra non è abbastanza forte per competere: «Ho letteralmente fatto tutto il possibile per provare a vincere, ma la situazione in questo momento è folle. Non credo sia qualcosa che si possa risolvere».

 

Parole prese malissimo dallo spogliatoio, tanto da John Wall quanto soprattutto da DeMarcus Cousins, che ha parlato di una mancanza di rispetto cominciata ben prima di quell’intervista: «L’approccio che ha avuto al training camp, l’essere arrivato qui completamente fuori forma, i suoi comportamenti fuori dal campo: non sono cose che sono iniziate ieri. Noi ci siamo presentati in palestra ogni giorno per fare il nostro lavoro, mentre il modo in cui si è comportato lui non è stato per nulla giusto nei nostri confronti». È chiaro che con queste premesse non era pensabile resistere anche un giorno di più, e la dirigenza di Houston — dopo aver provato a mettere pressione ai Philadelphia 76ers facendo trapelare per qualche ora notizie su un imminente scambio — ha premuto il grilletto su uno scambio a quattro che era con ogni probabilità pronto da giorni.

 

Sources: Full current trade:

Rockets: Victor Oladipo, Dante Exum, Rodions Kurucs, 3 BKN first-rounders (22, 24, 26), 1 MIL first (22, unprotected), 4 BKN 1st round swaps (21, 23, 25, 27)

Nets: James Harden

Pacers: Caris LeVert, 2nd-rounder

Cavs: Jarrett Allen, Taurean Prince

— Shams Charania (@ShamsCharania) January 13, 2021

I dettagli finali dell’accordo svelati da Shams Charania di The Athletic, che insieme a ESPN ha riportato lo scambio per primo. 

 

I nuovi Big Three di Brooklyn

Partiamo da un presupposto: ogni squadra che vuole vincere deve fare dei sacrifici. E non si arriva a un giocatore del calibro di James Harden senza sacrificare tanto, in termini di giocatori e asset futuri. È impossibile stabilire ora se quanto ceduto dai Brooklyn Nets — Caris LeVert, Jarrett Allen, tre prime scelte al Draft non protette e quattro possibilità di scambiare le proprie scelte, oltre a Taurean Prince e Rodions Kurucs per far tornare i conti — sia troppo o sia adeguato, visto che il risultato finale ha un peso enorme su una valutazione del genere. Se i Nets riusciranno a vincere l’ultima partita dei playoff con questo gruppo, allora ogni sacrificio sarà giustificabile; se non dovesse accadere, però, nessuno quanto loro sa quanto sia doloroso cedere il controllo sul proprio futuro al Draft a un’altra franchigia, come hanno imparato sulla propria pelle con i Boston Celtics.

 

Sette anni di scelte al Draft sono un periodo insensatamente lungo, anche perché nel 2027 nessuno dei Big Three attualmente in squadra — Kevin Durant, Kyrie Irving e James Harden — sarà dalle parti del Barclays Center (e chissà a che punto saremo noi come umanità in generale). Solamente un titolo NBA, e sarebbe meglio più di uno, può giustificare un esborso del genere in termini di asset futuri, anche perché è straordinariamente difficile rimanere competitivi abbastanza a lungo da evitare che tutte quelle scelte finiscano in Lottery. Ma oltre alla perdita del controllo sul proprio futuro, i Nets hanno anche sacrificato un po’ del loro presente con i due giovani di maggiore talento in Caris LeVert e Jarrett Allen, che comunque avevano un ruolo chiave per questa squadra: nelle ultime partite erano entrambi partiti titolari in quintetto e nella metà campo difensiva fornivano un apporto che sarà difficile da colmare per una squadra che è priva di buoni difensori.

 

La scommessa dei Nets è che quei tre alla guida di una rotazione ragionevolmente a otto o nove giocatori bastino e avanzino per far strada ai playoff, prima ancora che in regular season. Ora come ora Brooklyn farebbe partire in quintetto Joe Harris e DeAndre Jordan insieme ai Big Three, con Landry Shamet, Bruce Brown, Timothe Luwawu-Cabarrot e Jeff Green dalla panchina per mixare i quintetti (complice l’infortunio al ginocchio di Spencer Dinwiddie). Considerando qualche possibile arrivo dal mercato dei buyout in corso d’opera, ci sono abbastanza giocatori NBA per avere una rotazione decente attorno alle stelle, anche se un infortunio qualsiasi potrebbe aprire delle crepe difficili da sistemare.

 

La (non) reazione a caldo di Durant.

 

È impossibile però quantificare quanto abbia pesato sulla decisione di prendere Harden quello che sta succedendo con Kyrie Irving. Il discorso è lungo, articolato e ancora ben lontano dalla sua conclusione, ma nelle ultime partite i Nets hanno lasciato per strada delle vittorie facili per colpa dell’assenza per motivi personali di Irving, chiedendo anche gli straordinari a un Durant che — seppur misteriosamente vicino ai suoi livelli pre-infortunio — è pur sempre reduce dalla rottura di un tendine d’Achille e andrebbe gestito con un po’ più di riguardo. Non è nemmeno chiaro se a Irving interessi ancora giocare a pallacanestro a livello professionale, almeno fino a quando non riterrà opportuno farlo sapere al resto del mondo. Questo già di per sé è un motivo che direttamente oppure no ha spinto Brooklyn a chiudere lo scambio.

 

Harden dovrà soprattutto assorbire i possessi lasciati vuoti dalle assenze di Irving e Dinwiddie e la partenza di LeVert, prendendo immediatamente in mano le redini di una squadra che non ha altri trattatori di palla se non lui. A inizio stagione l’idea di Nash era quella di far partire in quintetto Dinwiddie per poter utilizzare maggiormente Irving lontano dalla palla, facendolo ricevere in movimento piuttosto che vederlo monopolizzare il pallone fin da inizio azione senza coinvolgere gli altri. Considerando che anche Durant è un giocatore a cui piace ricevere il pallone ad azione già avviata piuttosto che costruire in prima persona, Harden ha una posizione chiave nello scacchiere tattico di questi Nets come portatore di palla primario — anche se dovrà passare la palla più di quanto fosse abituato a fare a Houston dove decideva letteralmente tutto, in campo e fuori.

 

Certamente Harden ha il talento per ricoprire quel ruolo nei Nets, ma la vera domanda è se sarà in grado di tornare a giocare una pallacanestro normale in cui deve correre, bloccare e muoversi lontano dalla palla (lo scorso anno con D’Antoni aveva abbozzato dei pick and roll con Jeff Green da palleggiatore: li riproveranno con Durant?) invece che rimanere ad attendere fermo sul posto che torni da lui per rimettersi a palleggiare e tirare in step back da nove metri. Ha accumulato abbastanza riconoscimenti individuali in carriera per non dover dimostrare più niente a nessuno riguardo il suo talento, ma negli otto anni a Houston non è riuscito a fare l’ultimo passo a livello di squadra e a tornare alle Finali NBA: la prospettiva di avere attorno abbastanza talento per vincere il titolo lo convincerà a giocare una pallacanestro di squadra? È la scommessa che i Nets sperano di vincere.

 

Il mega scambio visto dalle altre squadre

I Rockets alla fine non hanno avuto esattamente quello che pensavano di ottenere, visto che il famoso “giovane All-Star” su cui giuravano e spergiuravano che non avrebbero rinunciato non è arrivato. Sin dall’inizio hanno deciso che né Caris LeVert né Jarrett Allen erano giocatori di loro gradimento (o forse i loro contratti, presenti e futuri, non erano apprezzati dalla proprietà), e per questo li hanno dirottati rispettivamente a Indiana (in cambio di Victor Oladipo) e a Cleveland (insieme a Taurean Prince ricevendo una prima scelta 2022 dei Milwaukee Bucks). È ovvio però che il pezzo forte di quanto ricevuto è il più grande tesoretto di scelte nella storia della NBA, visto che quattro prime e quattro “pick swaps” non le aveva mai ottenute nessuno per un singolo giocatore. E i conti finali sullo scambio si potranno fare solo nel 2027 quando Brooklyn avrà finito di pagare il suo debito in termini di scelte al Draft, dal quale Houston spera di ottenere quel giocatore in grado di far voltare pagina alla franchigia — e che non ha ritenuto fosse Ben Simmons, per il quale non è chiaro se sarebbero riusciti a scambiare oppure no.

 

I Rockets per come sono strutturati ora non sembrano in grado di fare molta strada, e forse non ci sarebbero riusciti neanche con Simmons al posto di Oladipo. Certamente essersi tolti d’impiccio una situazione insostenibile come quella di Harden li aiuterà a procedere nel normale percorso di crescita di una squadra con un nuovo roster, un nuovo allenatore e una nuova dirigenza, per di più riuscendo a scendere sotto la soglia della luxury tax per far contento il proprietario Tilman Fertitta, di cui si rumoreggiano le grosse difficoltà economiche ormai da tempo. È probabile che presto anche PJ Tucker lascerà il Texas per trasferirsi in una contender, mentre il resto della stagione servirà ai Rockets per capire se un nucleo formato da John Wall, Oladipo, Christian Wood e DeMarcus Cousins può andare da qualche parte oppure se si può tranquillamente voltare pagina e ricominciare da capo, ad esempio non rifirmando un Oladipo in scadenza di contratto. (Se ne esce qualcosa da Dante Exum e Rodions Kurucs bene, ma non spostano nulla nel discorso generale).

 

Proprio la prossima free agency di Oladipo è stato il motivo principale che ha portato gli Indiana Pacers a cederlo. Per come si erano messe le cose a Indianapolis, dove la squadra aveva trovato la sua identità senza di lui modellandosi attorno a Domantas Sabonis e Malcolm Brogdon, la sua presenza era diventata quasi di troppo e con ogni probabilità non sarebbe rimasto nella prossima estate, quando ci sarà fin troppo spazio salariale in giro per la lega e lui è uno dei nomi di maggior rilievo. In questo senso essere riusciti a mettere le mani su uno come LeVert — che è più giovane di due anni e, soprattutto, è sotto contratto fino al 2023 — è certamente un grande colpo per loro, e anche se dovesse andare male il suo inserimento nella squadra di Nate Bjorkgren ha certamente più valore di mercato rispetto a quello di Oladipo.

 

In questo mega scambio che ha coinvolto sette giocatori sono finiti dentro anche i Cleveland Cavaliers, che hanno individuato in Jarrett Allen il giocatore per il quale aveva senso sacrificare una prima scelta di Milwaukee (quindi ragionevolmente dalla 20 in poi). Allen ha numeri difensivi mostruosi e con soli 22 anni di età si allinea alla timeline del nucleo giovane della squadra (da Collin Sexton a Darius Garland fino a Isaac Okoro) meglio rispetto a tutti gli altri lunghi attualmente a roster, a partire da Andre Drummond che sarà free agent in estate. Avere Allen da dover rifirmare dovrebbe togliere i Cavs dalla tentazione di investire su un 28enne come Drummond che sta avendo un buonissimo inizio di stagione e quindi potrebbe essere girato a qualcuno entro la deadline del mercato: in attesa che si risolva anche la situazione di Kevin Love, nel frattempo Cleveland si è messa in casa un lungo di riferimento per il futuro — prima di dare un senso al resto del roster.

 

Tags : brooklyn netsnba

Dario Vismara è caporedattore della sezione basket de l'Ultimo Uomo. Laureato in linguaggi dei media con una tesi sulla costruzione mediatica della carriera di LeBron James, ha lavorato come redattore a Rivista Ufficiale NBA e nel 2016 è passato a Sky Sport curando la sezione NBA del sito. Ha tradotto "Eleven Rings. L'anima del successo" (Libreria dello Sport) ed è il curatore della "Guida NBA 2017-18" (Baldini & Castoldi).

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