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Il pragmatismo di Gattuso ha pagato (finora)
15 ott 2025
Cosa ci dicono le due partite con Estonia e Israele sullo stato della Nazionale.
(articolo)
10 min
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IMAGO / ABACAPRESS
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Prima del doppio impegno contro Estonia e Israele, il commissario tecnico Rino Gattuso aveva motivato le sue scelte di convocazione con la volontà di giocare in maniera diversa le due partite. Tra i convocati, Nicolussi Caviglia e Cambiaghi erano alla prima chiamata in azzurro, mentre Gabbia e Cristante, esclusi dal gruppo a settembre, erano di rientro. Gli infortuni di Politano e Zaccagni hanno aperto al ritorno in nazionale anche di Spinazzola e alla prima convocazione per Roberto Piccoli.

CONTRO L'ESTONIA: 4-4-2 → 3-2-5
Nella prima delle due partite, a Tallin contro la modesta Estonia, Gattuso ha proposto la stessa Italia vista un mese fa a Bergamo. Come in quella occasione l’Italia ha difeso schierandosi con un 4-4-2 e ha attaccato con un 3-2-5.

Dimarco a sinistra e Orsolini (al posto di Politano) a destra hanno preso l’ampiezza in fase offensiva, con Raspadori che da quarto di centrocampo veniva dentro il campo nel canale verticale di centro-sinistra. Le uniche due variazioni nella formazione titolare rispetto alla partita di andata erano costituite da Orsolini, appunto, e Raspadori, in sostituzione di Zaccagni.

Il 3-2-5 offensivo dell’Italia che occupa tutti i canali verticali.

Come all’andata, l’Estonia ha favorito il 3-2-5 italiano, col suo scolastico 4-4-2 difensivo a zona, la scarsa aggressività sul portatore di palla e i ritardi negli scivolamenti orizzontali. Gli azzurri hanno avuto superiorità numerica in fase di impostazione bassa - con 3 giocatori arretrati contro i due attaccanti estoni - e in zona avanzata - con 5 giocatori contro la linea difensiva a 4.

All’Italia, quindi, è bastato far correre velocemente il pallone da un lato all’altro del campo, trovando uno dei due esterni per costringere i terzini estoni ad uscire, in ritardo, e attaccare poi lo spazio alle loro spalle. Il gol di Moise Kean, al quarto minuto di gioco, è un chiaro esempio delle difficoltà estoni nel gestire i cinque giocatori offensivi dell’Italia.

La squadra di Gattuso ha mosso il pallone da destra a sinistra, arrivando a Dimarco, su cui è uscito il terzino destro estone; il movimento alle spalle del terzino di Raspadori ha costretto il centrale di destra avversario a seguirlo, liberando Kean. Dimarco è riuscito a servire Kean con un filtrante, che ha potuto calciare in porta da un’ottima posizione.

La partita non ha fornito troppi spunti di riflessione, specie nel primo tempo, a causa del livello di gioco e dell’atteggiamento tattico estone. Alcune transizioni difensive azzurre non sono state perfette, lasciando intravedere le criticità dello schieramento 3-2-5 offensivo in caso di cattiva gestione del pallone e di movimenti fuori zona di Tonali e Barella.

Con una pericolosa transizione, dopo aver recuperato il pallone, l’Estonia ha trovato il suo numero 10, Palumets, in posizione centrale, di fronte alla difesa azzurra, con Tonali e Barella entrambi nella zona di centro-sinistra. L’azione si è conclusa con un pericoloso rimpallo che per pochi centimetri non è entrato nella porta di Donnarumma, dopo un rinvio sbagliato di Dimarco.

È interessante notare come, nel secondo tempo, l’allenatore estone Jürgen Henn sia passato a un 5-3-2 che si accoppiava con più semplicità al 3-2-5 degli azzurri. Il cambio di modulo dell’Estonia ha reso meno agevole il compito degli azzurri in entrambe le fasi di gioco: in attacco, l’Italia ha perso la superiorità numerica contro il reparto difensivo avversario; mentre in fase di non possesso gli uomini di Gattuso hanno avuto maggiori difficoltà nel pressing, contro la superiorità in zona arretrata degli estoni, con tre difensori centrali contro la coppia di attaccanti azzurri.

Il possesso palla degli uomini di Gattuso è sceso dal 74% del primo tempo al 50%, gli xG da 1.90 a 0.75, a testimonianza che la buona prova azzurra dei primi 45 minuti in un certo senso si è avvalsa della complicità tattica degli avversari.

CONTRO ISRAELE: SI CAMBIA
Come aveva preannunciato, Rino Gattuso ha in effetti cambiato la sua squadra per la partita contro Israele. Fuori Kean – infortunato -, Bastoni – squalificato – e Orsolini. Dentro Mancini, Locatelli e Cambiaso, in un 3-5-2 con Locatelli in mezzo al campo tra Barella e Tonali, Cambiaso (a destra) e Dimarco sugli esterni, Retegui e Raspadori in attacco.

In fase offensiva il 3-5-2 dell’Italia ha dovuto fronteggiare una difesa israeliana orientata sull’uomo e parecchio attiva. Gli azzurri hanno attaccato disponendosi in maniera piuttosto ortodossa per il modulo di gioco adottato, con i due esterni a prendere l’ampiezza, le due punte vicine e le mezzali pronte ad invadere l’ultima linea; ma in alcune occasioni, al fine di variare i riferimenti per gli avversari, hanno “sporcato” il 3-5-2 costruendo a 4 dietro, con Di Lorenzo più largo e Dimarco più basso, alzando Cambiaso sulla linea degli attaccanti e formando così una sorta di 4-3-3 asimmetrico (simile a quello visto nella partita di andata).

Prima il 3-5-2 dell’Italia con Barella che si alza sulla linea degli attaccanti che giocano vicini tra loro; poi Di Lorenzo e Dimarco prendono l’ampiezza in maniera simmetrica e Cambiaso è a giocare sulla stessa linea di Retegui e Raspadori.

Le direttrici degli attacchi azzurri sono state quelle solite e abituali per il modulo di gioco adottato: combinazioni strette tra i due attaccanti, rifiniture coi cross degli esterni, inserimenti da dietro delle mezzali. Maggiore imprevedibilità si è avuta sul lato destro, dove Cambiaso ha spesso evitato tracce verticali per entrare dentro il campo in conduzione col suo piede sinistro.

Un’azione ormai piuttosto tipica dell’Italia di Gattuso, con la combinazione delle due punte. La palla viaggia dall’esterno verso una delle due punte, Raspadori, che viene incontro. Raspadori di prima combina con Retegui e conclude in diagonale.

Dopo un primo tempo di scarsa produzione offensiva, nell’intervallo Gattuso ha sostituito Raspadori con Pio Esposito (già entrato nel primo tempo contro l’Estonia, dopo l’infortunio alla caviglia di Kean), accentuando ulteriormente il peso delle due punte sulla difesa israeliana, barattando l’agilità di Raspadori con il gioco spalle alla porta di Esposito. Il rendimento dell’attacco italiano, però, non ha tratto grande giovamento dalla sostituzione, e fino al gol del 2-0 di Retegui, nato da una pressione individuale e dalla seguente prodezza balistica del centravanti azzurro, gli uomini di Gattuso non hanno creato seri pericoli per la porta difesa da Glazer.

Nella partita di andata giocata a Debrecen, Ungheria, l’Italia aveva adottato un approccio difensivo più attento alle marcature individuali che alla copertura degli spazi. Ma, come ripetuto più volte dallo stesso Gattuso, la fluidità posizionale e le capacità di palleggio di Israele avevano “portato in giro” gli azzurri, disordinando la struttura difensiva e aprendo varchi per gli attacchi in velocità degli uomini di Ran Ben Simon.

Memore di quella partita, Gattuso ha adottato un approccio più variegato, alternando una pressione alta fortemente orientata sull’uomo a un blocco medio-basso più orientato al controllo dello spazio.

La pressione alta degli azzurri ha sporcato la prima costruzione degli israeliani, creando anche i presupposti per azioni in transizione corta pericolose. Se la genesi del secondo gol di Retegui non è attribuibile a un’intenzione tattica collettiva, a un pressing di tutta la squadra, quanto piuttosto a una pressione individuale, l’occasione capitata e sprecata da Pio Esposito dieci minuti dopo nasce invece da un errore tecnico in costruzione del portiere Glazer forzato proprio dalla pressione alta dell’Italia.

Come detto, quando Israele ha consolidato il possesso l’Italia si è sistemata in un blocco medio-basso provando a controllare il centro del campo. Nonostante l’applicazione - e una prestazione difensiva di certo migliore di quella della partita di andata in cui aveva subito 4 gol - anche l’approccio orientato al controllo degli spazi non è stato immune da imprecisioni, e talvolta ha sofferto il palleggio israeliano, specie nel primo quarto d’ora della ripresa.

Un esempio. Il palleggio israeliano riesce ad abbassare fino a dentro l’area di rigore la difesa azzurra. Nonostante le linee siano strette e compatte al centro, l’Italia subisce l’inserimento centrale di Eliel Peretz che conclude dal cuore dell’area di rigore.

I pericoli maggiori per Donnarumma, però, sono giunti in occasione di ripartenze lunghe di Israele, a causa di una transizione difensiva azzurra non priva di imprecisioni. Le due ottime parate – al minuto 28 e al minuto 59 – nascono proprio da ripartenze in campo grande di Israele.

Israele riparte dopo avere recuperato palla sulla propria trequarti campo. Conduce palla Gloukh, mentre il centravanti Baribo taglia verso l’interno e Solomon corre una traccia verticale sul centro destra. I tre centrali italiani sono ben posizionati e Calafiori segue inizialmente il taglio di Baribo. A un certo punto, invece di consegnare Baribo a Mancini e occuparsi della corsa di Solomon, Calafiori decide di uscire, completamente fuori tempo, sul portatore di palla, aprendo un’autostrada per Solomon che giungerà al tiro.

COSA ASPETTARCI DAI PLAYOFF
La vittoria contro Israele ha garantito la qualificazione ai playoff dell’Italia e, a meno di un improbabile suicidio calcistico della Norvegia, gli azzurri si giocheranno la partecipazione ai Mondiali a marzo 2026.

Le prime partite di Gattuso hanno evidenziato come il tecnico calabrese abbia optato per un approccio poco ideologico alla sua esperienza sulla panchina azzurra. Ha variato il modulo di gioco in funzione degli avversari, scegliendo un più offensivo 4-4-2/4-2-4 contro la più debole Estonia e un 4-3-3 più accorto nella partita di andata contro Israele.

Le difficoltà mostrate a Debrecen hanno convinto il tecnico a correggere il tiro nella gara di ritorno di Udine, giocata con il 3-5-2 e un approccio in fase di non possesso che, contro il palleggio consolidato di Israele, si è concentrato preferenzialmente sulla difesa degli spazi e il controllo delle distanze tra i giocatori della struttura difensiva.

Il punto fermo sembra, inequivocabilmente, lo schieramento offensivo a 2 punte – peraltro utilizzato anche in occasione dell’asimmetrico 4-3-3 dell’andata contro Israele – schierate vicine e pronte a lavorare in coppia. Il rendimento delle coppie di attaccanti è forse stato il segnale più positivo di queste quattro partite di esordio di Gattuso.

Buona parte, se non la quasi totalità, del peso offensivo e della pericolosità della squadra si è concentrata nel gioco sulla coppia di attaccanti e il rendimento di Retegui, Kean e dello stesso Pio Esposito è stato ampiamente soddisfacente. La scarsa abitudine delle difese odierne a difendere contro due attaccanti che si muovono in coppia può essere sfruttata dalla nazionale italiana, assecondando l’ottimo momento di carriera di Kean e Retegui, ma dovrà di certo essere testato contro reparti arretrati più arcigni di quelli di Estonia e Israele.

Passando dal 4-4-2 al 3-5-2, Gattuso sembra voler barattare la brillantezza offensiva con una maggiore solidità. Sebbene anche con il 4-4-2 l’Italia si disponga in fase d’attacco con due esterni a fissare l’ampiezza, cambiano le caratteristiche tecniche degli interpreti, e con il 3-5-2 l’Italia deve rinunciare a un esterno offensivo per un mediano e, magari, sostituire l’altro esterno con un “quinto” più canonico.

Se il 4-4-2 visto contro l’Estonia ha fatto intravedere alcune problematiche in fase di transizione difensiva, anche per un eccesso di generosità di Barella e Tonali, più portati a correre che a presidiare gli spazi, il 3-5-2 sacrifica qualità sugli esterni amplificando, se possibile, le responsabilità offensive della coppia d’attacco.

Le due partite di novembre, specie quella contro l’ottima Norvegia, saranno l’ultima occasione per mettere a punto la squadra prima dei play-off di marzo. Il lavoro di Rino Gattuso è appena cominciato.

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