Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
È di nuovo psicodramma Italia
17 nov 2025
Contro la Norvegia, una sconfitta che conferma i limiti della Nazionale italiana.
(articolo)
9 min
(copertina)
IMAGO / ZUMA Press Wire
(copertina) IMAGO / ZUMA Press Wire
Dark mode
(ON)

Un allenatore può essere molte cose. Un padre, un leader, un innovatore, un motivatore. Domenica sera Gennaro Gattuso è diventato una metafora. Se per Eugenio Montale il male di vivere era un cavallo stramazzato, per gli italiani la Nazionale di calcio nel 2025 è il proprio allenatore in piedi sotto la pioggia, completamente zuppo, infreddolito, quasi senza voce, che a fine partita chiede a tutti: “scusa”; come se la sconfitta contro la Norvegia, 1-4 a San Siro, fosse stata un piccolo tamponamento effettuato parcheggiando - scusa, non ti avevo visto, ma è solo un graffio.

Alla Norvegia è bastato giocare 45’, ci ha lasciato il primo tempo forse per timidezza, forse per un pizzico di arroganza, ma nel secondo ha alzato i ritmi e l’Italia si è sbriciolata. «Dobbiamo ripartire dal primo tempo», ha detto Gattuso, come se, con un po’ di sforzo, potessimo dimenticarci del secondo, fare finta che non sia mai esistito. Chissà magari sarebbe davvero la cosa migliore per tutti, per la sua squadra in particolare, passargli davanti agli occhi la piccola luce di Men in Black con cui fargli perdere la memoria, fargli dimenticare che in due partite hanno subito 7 gol dalla Norvegia.

Già perché se non ce ne dimenticassimo, dovremmo retrospettivamente mettere in questione alcune cose dette nelle ultime settimane. Gattuso, ad esempio, dovrebbe chiedere scusa anche per aver dato la colpa della nostra mancata qualificazione diretta ai Mondiali al numero di squadre africane o sudamericane ammesse al Mondiale. I paragoni con la Francia, anche, o con qualsiasi altra squadra passata come prima nel proprio girone: nessuna ha perso 2 partite e neanche l’Italia perdeva due partite nel proprio girone di qualificazione a un torneo internazionale dall’Europeo del 1984 (l’Italia di Ventura, poi eliminata dalla Svezia ai playoff, perse una sola volta nel girone con la Spagna).

Per carità, si può discutere dei meccanismi di qualificazione, dei demeriti altrui, ma dopo aver preso 7 gol in 2 partite da una squadra che non si qualificava a una competizione internazionale da 25 anni, forse le riflessioni da fare sono altre.

Quando ha potuto, l’Italia ha occupato i quattro difensori norvegesi con le due punte e con le mezzali, così da tenere liberi Dimarco e Politano per i cambi di gioco.

Nelle sei partite allenate, Gattuso ha fatto giocare l’Italia sostanzialmente in due modi: un 4-2-4 iperoffensivo con cui voleva provare a fare più gol possibile (contro Estonia e Moldova) e un 3-5-2 più equilibrato con cui, dopo un iniziale tentativo di 4-3-3, ha affrontato Israele. Era scontato che fosse con questo secondo modulo che avrebbe provato ad affrontare i norvegesi.

Nel primo tempo la strategia di cambi di gioco e invasione dell’area di rigore è riuscito molto bene all’Italia, anche grazie alla passività della Norvegia che faceva blocco medio nella propria metà campo. Il gol di Pio Esposito dopo dieci minuti è arrivato proprio in seguito a un lungo possesso perimetrale dell’Italia, che è riuscita ad entrare nell’ultimo terzo di campo con un cambio di gioco di Locatelli per Dimarco.

Lancio di Locatelli tecnicamente sbagliato ma che, grazie alla sbavatura di Ryerson che non ha controllato né rinviato il pallone, alla fine ha avuto la sua efficacia. Ed è stata, quella del gol, anche una delle rare occasioni in cui l’Italia è riuscita a combinare nello stretto come ha fatto nelle precedenti partite, con Dimarco, Retegui e Pio Esposito tutti molto vicini tra loro.

La presenza di Frattesi, al posto dell’infortunato Tonali, si spiega soprattutto (oltre cioè a qualche sporadica ricezione nel mezzo spazio di destra) con la volontà di occupare i quattro difensori norvegesi con altrettanti giocatori offensivi, in modo da tenere liberi Dimarco e Politano; oppure schiacciare Sorloth e Nusa sulla linea difensiva e applicare un dominio ancora maggiore.

La Norvegia ci ha concesso il possesso del pallone - nel primo tempo del 61% a nostro favore - e un’altra occasione da gol con Pio Esposito che di testa ha messo di poco a lato un cross di Dimarco. Anche in quell’occasione ha funzionato il sovraccarico centrale con conseguente allargamento del gioco: la Norvegia è stata lenta a scalare orizzontalmente e - nel processo di scalate successive a quella di Ryerson che da Barella è uscito su Dimarco - si è persa Pio Esposito al centro dell’area.

L’Italia ha giocato un tempo come voleva, contro un’avversaria passiva che ha effettuato un solo tiro in direzione della porta, tra l'altro da fuori area (Nusa, sugli sviluppi di una punizione), e ha faticato a consolidare il possesso nella nostra metà campo. Forse l’allenatore Solbakken aveva preparato una gara di attesa e transizioni, affidandosi alle corse di Nusa e Sorloth, oltre che a quelle di Haaland, ma nel primo tempo i risultati sono stati davvero pessimi.

Nel secondo, come sappiamo bene, le cose sono cambiate drasticamente. Dopo neanche un minuto Sorloth aveva già calciato in porta una volta; dopo meno di tre minuti ha calciato di nuovo in porta, al termine di un’azione in cui tutti i giocatori italiani tranne le due punte erano finiti a difendere dentro la propria area di rigore.

L’azione del secondo tiro di Sorloth, di poco sopra la traversa, nasce da una seconda palla conquistata da Berg, con largo anticipo su Locatelli.

Alla Norvegia è bastato alzare l’aggressività per recuperare palla più in alto e far partire Nusa e Sorloth da posizioni più avanzate. L’Italia non è riuscita a pareggiare il dinamismo e la compattezza del centrocampo norvegese, allungandosi e arrivando in ritardo sulle seconde palle. I raddoppi e i triplicamenti della marcatura su Nusa, che nel primo tempo lo avevano isolato e portato a perdere il pallone, adesso stiravano la coperta da un lato liberando Sorloth dall’altro. La Norvegia ha tenuto più palla (è passata dal 39% al 45% del possesso, da un tempo all’altro) e quando è arrivata nell’ultimo terzo ha fatto valere la maggiore qualità dei suoi giocatori offensivi.

Non che l’Italia sia uscita del tutto dalla partita. Alla fine Gattuso (che forse una sparatina della luce di Men in Black se l’è fatta davvero) ha detto persino di avere dei rimpianti. «Se ci avessero preso a pallonate sarebbe diverso», ha detto. Ma la Norvegia ha comunque segnato 4 gol in un tempo solo con una facilità da cui possiamo dedurre due cose: o le loro qualità offensive sono davvero fuori dalla norma, da una delle migliori quattro o otto squadre del mondo (come ha detto Rimedio in telecronaca parlando di una squadra che vedremo ai quarti o addirittura in semifinale del prossimo Mondiale) oppure è l’Italia a essere fragile e porosa più di quanto ci aspettassimo.

Il gol di Nusa è merito del suo talento, ok, come di una deviazione fortunata o di una disattenzione di Donnarumma, certo, ma è importante anche notare come è arrivato al tiro. Alzando Thorstvedt e Berg la Norvegia ha pareggiato i 5 uomini in ampiezza dell’Italia, abbassando Dimarco e Politano sulla linea dei difensori e liberando in duelli individuali giocatori fisici come Haaland e Sorloth.

Difensivamente ci aveva «portato a spasso» Israele, come aveva detto Gattuso, e lo ha fatto anche la Norvegia in questo nuovo contesto. Sorloth si è accentrato e ha giocato in diagonale su Thorstvedt che ha fatto velo, sfruttando la passività di Di Lorenzo per far scorrere il pallone fino a Nusa. Politano è lontano e Nusa può orientarsi verso la porta e condurre in velocità. Frattesi ripiega ma insieme a Politano accompagna Nusa fino al limite dell’area, dove poi, appunto, basta una leggera deviazione o un’imprecisione del portiere per trasformare un tiro in gol.

Il gol dell’1-1 ha depresso l’Italia che ha rischiato di prendere subito il secondo gol su calcio d’angolo, lasciando incredibilmente libero Nusa sul secondo palo. L’Italia ha subito la pressione norvegese non riuscendo a consolidare il possesso né ad attaccare in verticale quando è riuscita ad aggirarla - ad eccezione dell’occasione del possibile 2-2 di Dimarco, al 76', dove un duello vinto da Barella ha innescato un’azione dove, con due cambi di campo (Dimarco-Politano, Politano-Dimarco) siamo arrivati al tiro.

Una volta alzato il proprio baricentro la Norvegia ha progressivamente aumentato la velocità della propria circolazione, sfuggendo anche ai tentativi più aggressivi di pressione italiana. Con l’ingresso di Bobb la Norvegia si è ritrovata con due giocatori abili in conduzione anche in spazi stretti, capaci di muovere la palla a terra anche nell’ultimo terzo di campo. E il gol di Haaland è nato proprio da una combinazione tra Nusa e Bobb, venuto per l’occasione sul centro-sinistra.

L’Italia è stata aggressiva nella metà campo avversaria - dove la Norvegia girava palla e riusciva ad allungarla - e passiva nella propria metà campo, dove si è illusa di poter difendere posizionalmente giocatori con una qualità individuale evidentemente troppo alta.

Gattuso ha pagato immediatamente anche il passaggio al 4-2-4. Ha inserito Scamacca e Zaccagni per Pio Esposito e Locatelli (era già entrato Cristante per Frattesi) dopo il gol di Haaland, ma l’Italia ha battuto a centrocampo e perso palla immediatamente con Bastoni che si è fatto intercettare un passaggio verticale da Bobb e che poi disgraziatamente gli è uscito incontro aprendo il campo a Thorsby. Il giocatore del Genoa ha portato palla fino dentro l’area di rigore dove Haaland con un delizioso tocco di esterno si è fatto beffe di Di Lorenzo e Donnarumma.

Il quarto gol di Strand Larsen, nei minuti di recupero, è stato forse di troppo, ma alla Norvegia basta un passaggio dalla propria metà campo per mettere un attaccante in situazione di uno contro uno con l’ultimo difensore italiano. Buongiorno era entrato al posto di Bastoni e si è lanciato subito in avanti lasciando Mancini con Larsen; Cristante e Ricci in coppia a centrocampo sono lontani dal pallone e piantati sulle loro posizioni: l’Italia non è assolutamente preparata per recuperare il pallone perso da Zaccagni sul centrosinistra.

Tutte le lamentele degli scorsi giorni, fatte con l’illusione di aver già vinto la partita in casa con la Norvegia, restano sotto le macerie di questo 1-4 che dice tanto dei limiti dell’Italia - che sono limiti strutturali e di circostanza. Perché se è vero che le due precedenti Coppe del Mondo saltate, come la lezione presa dalla Svizzera all’Europeo nel 2024, non riguardano Gattuso, né Spalletti, è vero anche che la Nazionale soffre di una crisi identitaria ormai chiarissima a cui nessuno degli allenatori arrivati dopo Mancini ha posto rimedio, e che la fa arrivare impreparata in queste occasioni in cui il livello si alza un minimo.

Basta che la palla giri più velocemente tra i piedi avversari o che i nostri abbiano meno tempo per pensare quando ce l’hanno tra i piedi che tutte le qualità che questa squadra sembra avere svaniscono. Non c’è rete di salvataggio di fronte alle iniziative avversarie, l’Italia sembra sempre in difficoltà, confusa, le distanze si allungano e i giocatori - forse abituati da un campionato dove si gioca spesso sotto ritmo - anziché nuotare, affogano.

Non ripartiamo dal primo tempo, come ha detto Gattuso. Partiamo dal secondo. Non facciamo finta che non sia successo niente, ancora. Prendiamo coscienza del fatto che siamo inferiori a squadre come la Norvegia. E chiediamoci cosa fare per cambiare la situazione rapidamente. L’importante è andarci al Mondiale, certo, ma, anche ammesso che si riesca a vincere le due partite di playoff che ci aspettano il prossimo marzo, sarebbe altrettanto importante non fare altre figuracce dopo.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura