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Fabio Barcellona
Roberto Mancini ha gettato le basi
27 mar 2019
27 mar 2019
Nelle prime due partite di qualificazione agli Europei del 2020, l'Italia è apparsa finalmente avere un progetto tattico da seguire.
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Fabio Barcellona
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Dopo le prime amichevoli, Roberto Mancini aveva iniziato a costruire la sua Nazionale durante le gare di  Nations League. Una squadra basata sulle caratteristiche tecniche dei migliori giocatori a disposizione e guidata da un'idea di calcio proattivo, almeno nelle intenzioni, che in fase offensiva cercava di utilizzare il palleggio per trovare gli spazi utili ad avanzare e in fase difensiva tentava di recuperare il possesso velocemente utilizzando il pressing e la riaggressione immediata dopo la perdita del pallone.

 

I segnali positivi lanciati nelle ultime partite di Nations League avevano acceso un'entusiasmo raro attorno alla Nazionale azzurra, che veniva dal tragico fallimento della gestione Ventura, e alimentato la curiosità per una squadra giovane e più talentuosa del recente passato.

 



Nella prima delle due sfide di qualificazione per gli Europei, l’Italia ha affrontato la Finlandia, reduce da un buon momento di forma. Nonostante le sconfitte esterne contro Grecia e Ungheria nelle ultime due giornate, gli uomini di Markku Kanerva avevano vinto il loro girone di Nations League grazie alle quattro vittorie ottenute nei primi quattro match, guadagnandosi la promozione alla Serie B del torneo. L’avversaria era quindi meno agevole di quanto non dicesse il nome.

 

Le scelte di formazione di Mancini, complici anche le assenze di

e Chiesa, sono sembrate in controtendenza con le ultime partite, e, in particolare, con quelli osservati nella partita giocata in trasferta contro la

– la migliore della gestione del tecnico marchigiano – quando gli azzurri erano scesi in campo senza un vero centravanti di ruolo. Contro la Finlandia, invece, Mancini ha schierato contemporaneamente Immobile e Kean e ha convocato altri due centravanti (cioè Pavoletti e Quagliarella), escludendo invece Domenico Berardi, che aveva sostituito proprio Insigne nell’ultima amichevole giocata contro gli USA.

 

Il giovane attaccante della Juventus è stato schierato largo sulla fascia sinistra e il set di movimenti della squadra ricalcava, seppur con caratteristiche degli interpreti diversi, quelli delle ultime partite. L’Italia ha provato a dominare il possesso e a muovere, con il pallone, la difesa avversaria, utilizzando uno schieramento che contemporaneamente occupava l’ampiezza e le zone alle spalle del centrocampo avversario. In fase di possesso palla gli azzurri trasformavano il teorico 4-3-3 in una sorta di modulo

asimmetrico. In difesa era il terzino destro Piccini ad alzarsi per occupare l’ampiezza, consentendo a Bernardeschi di stringere la sua posizione nell’

, lasciando una linea arretrata a tre costituita, da destra a sinistra, da Bonucci, Chiellini e Biraghi. In mezzo al campo Verratti si affiancava a Jorginho e Barella si alzava nell’half-space di sinistra, lasciando a Kean il compito di garantire ampiezza su quella fascia.

 

La circolazione del pallone ha avuto come centro gravitazionale il fraseggio corto e insistito di Verratti (106 passaggi) e Jorginho (103 passaggi), che hanno mosso la palla sul breve (70 passaggi tra di loro) così da attirare il più possibile la pressione avversaria e creare gli spazi da attaccare alle spalle del pressing dei finlandesi. Dietro, invece, il miglior difensore in costruzione, Leonardo Bonucci, è stato costretto dalle rotazioni del 4-3-3 ad occupare un’insolita posizione di centro-destra, con Chiellini invece schierato al centro del terzetto di impostazione.

 


La mappa delle posizioni medie nel primo tempo. Jorginho (8) e Verratti (6) sono affiancati davanti alla linea difensiva.


 

La strategia dell’Italia non ha funzionato alla perfezione, sia per la buona organizzazione difensiva della Finlandia che per demeriti propri. Gli uomini di Kanerva si sono schierati con uno strettissimo e inedito 5-4-1 in cui le fondamentali e ricercate ricezioni negli half-space sono state rese difficoltose sia dalla posizione particolarmente interna occupata in fase di non possesso dai due esterni di centrocampo – Lod e Hamalainen - che dalle aggressive uscite dei due difensori laterali del terzetto arretrato. Gli scandinavi sono riusciti a tenere la squadra molto corta (28.3 m) e a proteggere bene il centro del campo. Inoltre, nonostante il possesso palla sia stato a favore dell’Italia (58.2%), la Finlandia, oltre che corta è riuscita a tenere la linea difensiva anche piuttosto in alto (il suo baricentro si è posizionato a una altezza media di 51 metri, solo 0.6 metri in meno di quello dell’Italia), riducendo gli spazi utili nella fondamentale zona di rifinitura.

 



Le mosse della Finlandia erano dirette a colpire uno dei punti deboli messi in luce dalla Nazionale di Mancini nelle precedenti esibizioni. In quelle partite gli azzurri, pur giungendo brillantemente negli ultimi 30 metri grazie al palleggio, avevano mostrato qualche difficoltà proprio nelle fasi di rifinitura e finalizzazione, che infatti si è ripresentata anche contro la Finlandia.

 

In particolare, in queste fasi di gioco ha fatto parecchia fatica, come del resto nel match di novembre contro il Portogallo, Ciro Immobile. Abituato nella Lazio ad attacchi veloci e diretti, spesso su spazi larghi, il centravanti si è trovato inserito all’interno di una manovra molto più palleggiata e cerebrale, che richiede una più attenta e ragionata selezione dei tempi dei movimenti e delle tracce da giocare. Il laziale non è apparso del tutto a proprio agio all’interno del sistema di gioco adottato da Mancini: è stato colto in fuorigioco per ben quattro volte, non ha mai calciato verso la porta avversaria e, non a caso, la sua migliore azione è stata quella che ha concluso con l’assist per il secondo gol di Kean, condotta in contrattacco e in campo aperto.

 

Le maggiori responsabilità creative sono ricadute sui piedi di Federico Bernardeschi, che ha sempre cercato la ricezione interna alle spalle del centrocampo avversario. Le scelte dello juventino sono spesso apparse forzate, tanto che il numero 10 azzurro ha sbagliato quasi il 50% dei suoi 22 passaggi nell’ultimo terzo di campo e ha perso ben 22 palloni. Bernardeschi non ha trovato l’intesa coi movimenti di Immobile e Kean è apparso spesso troppo distante, tanto da essere raggiunto da un passaggio del compagno di club appena una volta.

 

Nel secondo tempo Mancini ha quindi invertito la posizione di Kean e Bernardeschi, mantenendo inalterate però le funzioni, con Kean aperto a destra e Bernardeschi nell’half-space di sinistra. Il cambio ha invertito anche le rotazioni del 4-3-3 con Piccini che è così rimasto al fianco destro di Bonucci, riportato al centro nel terzetto arretrato, e Biraghi che si è alzato sulla fascia sinistra. Nonostante queste mosse, le difficoltà dell’Italia in rifinitura sono addirittura aumentate e gli azzurri sono riusciti a concludere verso la porta avversaria solo tre volte, contro le 8 dei primi 45 minuti.

 

Il primo tiro in porta della ripresa è stato quello del gol del raddoppio di Kean, dopo mezz’ora dalla ripresa del gioco, seguito dalle due ottime conclusioni di Quagliarella a fine partita. Lo spostamento di Kean a destra, sul lato del suo piede forte, se da un lato ha reso ancora più pericolosi i dribbling verso il fondo dello juventino (6 dribbling tentati, di cui 5 andati a buon fine), dall’altro, senza più l’istinto di entrare dentro il campo con il suo piede forte, lo ha allontanato ulteriormente da Immobile, rendendo ancora più complesso il lavoro del centravanti e le possibilità di rifinitura della squadra. A testimoniare la fatica degli azzurri in fase di rifinitura e finalizzazione ci sono gli 11 tiri in porta complessivi e le sole 13 giocate utili in area avversaria (la Finlandia, per dire, ne ha effettuate 22).

 

In fase di non possesso palla l’Italia è riuscita a recuperare il pallone molto in alto (41.5 m l’altezza media) e non ha comunque disdegnato fasi di difesa posizionale contro la circolazione palla elementare ma volenterosa della Finlandia. Recuperare palla in alto serve anche ad evitare fasi di difesa statica in cui Jorginho e Verratti non sono a loro agio.

 


La partita a tutto campo di Barella nella mappa dei suoi interventi (a una maggiore intensità di colore corrisponde una maggiore frequenza di giocate).


 



Il secondo avversario dell’Italia era il modestissimo Liechtenstein, 181° nel ranking FIFA e capace di giungere all’ultimo posto nel proprio girone di Serie D di Nations League, alle spalle di Gibilterra. Il livello dell’avversario ha consentito a Roberto Mancini di sperimentare, operando ben sette cambi rispetto alla formazione di tre giorni prima.

 

Come era prevedibile, la partita ha visto un’ininterrotta fase di possesso palla dell’Italia che ha schierato in costruzione il suo terzetto arretrato, costituito da Mancini a destra, Bonucci in mezzo e Romagnoli a sinistra. A centrocampo e in attacco ci sono stati i cambi più significativi, soprattutto da un punto di vista tecnico, visto le caratteristiche diametralmente diverse di Sensi e Politano rispetto a Barella e Bernardeschi. Il centrocampista del Sassuolo era già sceso in campo nell’amichevole contro gli Stati Uniti, utilizzato però come mediano al posto di Jorginho. Contro il Liechtenstein, invece, Roberto Mancini ha affiancato il giocatore del Sassuolo a Jorginho, con Verratti a completare il reparto.

 

Con il giocatore del Chelsea a fungere da mediano, Verratti ha interpretato il solito ruolo di mezzala di possesso, mentre Sensi, con caratteristiche diverse da Barella, ha provato a giocare alle spalle del centrocampo avversario, nella zona di centro-destra, con funzioni simili a quelle assegnategli da De Zerbi nel suo club. Pur tenendo conto della mediocrità dell’avversario, Sensi ha interpretato bene il ruolo, segnando il primo gol con un inserimento nel cuore dell’area avversaria e creando ben 8 occasioni da gol, nettamente più di ogni altro compagno.

 

La fascia sinistra è stata occupata da Leonardo Spinazzola, autore di 9 dribbling come Marco Verratti, mentre l’ampiezza sulla fascia opposta è stata garantita alternativamente da Politano e Kean. Roberto Mancini ha scambiato di continuo la posizione dei due giocatori, con conseguenze sulla struttura posizionale dell’intera squadra. Quando lo juventino occupava la posizione di esterno destro, Politano, sulla fascia sinistra, stringeva in mezzo per giocare alle spalle del centrocampo avversario, occupando in maniera simmetrica la medesima posizione di Sensi dal lato opposto e ricreando il quadrilatero centrale dello schieramento di possesso dell’Italia, con Jorginho e Verratti come vertici arretrati.

 

Con Politano aperto a destra, invece, Kean, dal lato opposto, entrava dentro il campo per lasciare lo spazio esterno a Spinazzola, affiancando di fatto Fabio Quagliarella al centro dell’attacco. Con Sensi nell’half-space di destra, Verratti, per equilibrare l’occupazione degli spazi, tendeva quindi a muoversi alle spalle del centrocampo avversario nella zona di centro-sinistra, lasciando la sua posizione al fianco di Jorginho. La diversa struttura, più simile a un centrocampo a 3 con il vertice basso che al quadrilatero del WM, si è riflessa anche nella distribuzione della costruzione del gioco, con Verratti meno coinvolto nelle fasi iniziali e più attivo in zone avanzate del campo.

 


La pass map del primo tempo contro il Lichtenstein evidenzia una struttura più canonica del centrocampo a 3, col mediano Jorginho (8) e le due mezzali Verratti (8) e Sensi (15).


 



Le partite contro Finlandia e Liechtenstein hanno confermato la volontà di Mancini di costruire una squadra capace di dominare il possesso e difendere pressando alto gli avversari. Anche in assenza di due giocatori chiave come Chiesa e Insigne, il tecnico azzurro ha confermato la struttura posizionale in fase offensiva, che prevede la ricerca dell’ampiezza con due giocatori sempre aperti (uno dei due terzini e una punta esterna), e il consolidamento del possesso tramite il dialogo tra il terzetto arretrato e i due interni di centrocampo. In questo senso, Jorginho e Verratti si sono rivelati molto adatti nell’attirare la pressione per liberare spazio alle spalle del centrocampo avversario, che veniva occupato da un mezzala e dal taglio interno di una delle due punte esterne.

 

I principali dubbi riguardano invece la posizione di centravanti e, di riflesso, l’efficacia delle fasi di finalizzazione e rifinitura. Quella che fino ad oggi è stata la prima scelta, Ciro Immobile, non sembra ancora a suo agio dentro una manovra offensiva palleggiata che lo costringe a movimenti in spazi e tempi più ristretti a quelli a cui è abituato nella Lazio. Moise Kean potrebbe effettivamente essere una soluzione, anche da prima punta, ma nelle due partite giocate, complice probabilmente anche l’assenza di Chiesa e Insigne, ha giocato da esterno offensivo e non è chiaro se Mancini, che pure all’esordio nel secondo tempo contro gli Stati Uniti lo aveva schierato al centro dell’attacco, consideri lo juventino in grado di occupare la posizione di centravanti.

 

Un'altra soluzione potrebbe essere quella di rinunciare a un centravanti di ruolo, come in occasione della partita giocata in Polonia, per estremizzare ancora maggiormente il calcio di possesso dell’Italia. In questo senso, Fabio Quagliarella potrebbe rappresentare una soluzione più a lungo termine di quanto non sembri attualmente, anche se con caratteristiche più ibride rispetto al classico

.

 

Un altro ballottaggio da risolvere sarà quello che riguarda i terzini. L’impiego stabile di una linea arretrata a tre in fase di costruzione, lascia spazio all’utilizzo di un terzino abile in fase d’attacco, e in quest’ottica il recupero fisico di Spinazzola può suggerire un più ampio impiego in Nazionale. Dall’altro lato, invece, potrebbe tornare utile Mancini, che nel complesso sistema di gioco di Gasperini all’Atalanta è già abituato a giocare come terzo di difesa, ma con ampie possibilità di salire fino alla trequarti (e a volte persino in area) con contaminazioni continue della struttura della linea difensiva.

 

Le successive partite, contro Grecia e Bosnia Erzegovina, rappresenteranno delle prove più impegnative e saranno quindi ancora più utili per verificare i progressi dell’Italia negli ultimi 30 metri di campo e nella fase di non possesso, poco sollecitata da Finlandia e, soprattutto, Liechtenstein.

 

Nonostante ciò, le fondamenta della squadra sembrano ormai solide e ben piantate. Adesso, però, è necessario continuare a lavorare per definire quei dettagli che separano un progetto tattico da una squadra effettivamente funzionante.

 

 

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