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Giorgia Bernardini
Il pugilato femminile italiano non si ferma a Tokyo
04 ago 2021
04 ago 2021
Irma Testa e le altre atlete italiane hanno dimostrato che il futuro è luminoso.
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Giorgia Bernardini
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La boxe femminile è diventato uno sport olimpico da Londra 2012, ma per vedere una pugile italiana c’era stato bisogno di aspettare Rio 2016, quando la diciannovenne Irma Testa era scesa sul ring in un momento storico per il pugilato italiano.

 

Le foto di quei giorni oggi sembrano ricordi di un altro secolo: ritraggono Testa come l’unica donna all’interno di un gruppo di uomini. Una novità che il mondo sportivo italiano aveva accolto con entusiasmo, un passo avanti anche per tutto lo sport femminile, considerando che un tempo le donne che facevano boxe erano viste come dei “maschiacci” con un debole per la violenza e che quindi dovevano nascondere la loro passione.

 



 

Abbiamo lasciato la squadra di boxe femminile nel 2016 con rapporto di 6 a 1 tra uomini e donne, e cinque anni dopo ci siamo ritrovati con una delegazione di pugilato italiano con zero uomini e quattro donne. A fronte di un risultato magro per tutto il movimento, che dopo 101 anni non vede prendere parte nessun uomo all’Olimpiade, la squadra guidata da Emanuele Renzini, coordinatore delle squadre nazionali di pugilato, si è presentata a Tokyo con Irma Testa (pesi piuma), Giordana Sorrentino (pesi fly), Rebecca Nicoli (pesi leggeri) e Angela Carini (pesi Welter).

 

Irma Testa è stata la capitana di questa squadra. E nonostante i suoi ventitré anni è già la veterana: è la pioniera che ha preceduto la presenza delle altre tre, ed è anche la pugile che ha già una storia da riscattare, un conto in sospeso con la sua edizione precedente di questo torneo, dove era uscita agli ottavi con una sconfitta che aveva messo in discussione persino il proseguimento della sua carriera. C’era già molta attesa al momento in cui la squadra in partenza per Tokyo si era fatta fotografare all’aeroporto di Fiumicino: zero maschi nello sport più maschio di tutti, una pugile che è già leggenda in Italia e altre tre che vogliono dire la loro sin dall’esordio.

 

Ma se per Sorrentino, Nicoli e Carini il percorso olimpico è una serie di incontri in cui tutto è nuovo, è stato chiaro fin da subito che Irma testa aveva fretta di tornare agli ottavi di finale per riprendere le fila del discorso da dove era stato interrotto – cioè da quella sconfitta con Estelle Mossely che a Rio era più esperta e più pesante di lei. Testa infatti era stata costretta a combattere in una categoria più pesante, quella dei pesi leggeri (60 kg) a fronte della sua solita categoria che sono i pesi piuma (57 kg), categoria inserita dal CIO solo in occasione di Tokyo.

 

Quella contro Mossely era stata una sconfitta devastante, per verdetto unanime, che sul momento l’aveva portata a lasciare il Centro Nazionale Federale di Pugilato ad Assisi dove si allenava con Renzini per tornare a Torre Annunziata senza un piano ben definito. Una sconfitta quella che poi a posteriori,

, si è dimostrata essere «una manna dal cielo che l’ha cambiata in meglio».

 



 

Quando parte le musica truzza e Irma Testa compare dal backstage con i capelli raccolti in una cuffia e le mani già racchiuse nei guantoni, ride. Ride mentre si avvicina al ring e anche quando sale le scalette. Ride dal primo momento in cui si mostra alle telecamere al suo esordio ai trentaduesimi fino al momento in cui in segno di sportività andrà a sollevare il braccio di Nesthy Petecio, l’avversaria a cui i giudici hanno assegnato la vittoria controversa nella semifinale del 31 luglio.

 

Sembra una scelta di campo: Irma è qui per combattere, per portarsi a casa una medaglia, per fare gioco di squadra in uno sport che di fatto è individuale. Ma soprattutto, ci segnala sin da subito, è qui per divertirsi e mostrare tutto lo spettacolo di cui è capace.

 

Se Testa ha voglia di divertirsi, ha anche l’ardore di tornare al punto in cui il sogno olimpico si era bloccato cinque anni prima. Così i trentaduesimi contro la russa Liudmila Vorontsova e i sedicesimi contro l’irlandese Michaela Walsh sono una pratica da sbrigare con padronanza. Il primo match lo chiude con un 4-1 e il secondo con un 5-0. In questi due incontri però vediamo una Testa che mette in opera due tattiche diverse: nel primo è molto difensiva, e si porta più volte Vorontsova a spasso per il ring. Tiene l’avversaria a distanza e la affronta con una guardia spesso bassa, quasi sbruffona. In attacco è precisa nell’esecuzione di un combattimento che non la impensierisce mai davvero.

 

https://youtu.be/THKzAvlInc4

 

Nei sedicesimi contro Walsh invece Testa mostra un’altra faccia. Parte più offensiva del solito, in un incontro particolarmente fisico. Walsh è una pugile che se ti avvicini troppo ti stringe nella morsa e chiude con i montanti vicinissimi e potenti. Dalla sua però la pugile italiana ha le leve lunghissime e dal bordo del ring infatti Ronzini le urla di non incepparsi con i ganci, ma di restare a distanza e di cercare i pugni diretti, più lunghi, che in questo modo la tengono abbastanza distante da non farla rovinare nello scontro ravvicinatissimo che Walsh cerca perché sa di essere più forte in quel frangente. Ma una volta messo in chiaro che le basta allungare un braccio per trovare la distanza di sicurezza, Testa si prende il combattimento per 5-0 ed è pronta per tornare a quegli ottavi che avevano tirato una linea fra la

e quella

.

 

Intanto però ci sono le altre tre esordienti da seguire.

 

Al suo esordio Giordana Sorrentino (fly, 48-51 kg) incontra la venezuelana Cardozo Rojas. Il combattimento è molto fisico. Il coach di Cardozo le consiglia di essere la prima ad attaccare, ed è un consiglio saggio perché Sorrentino è prontissima e quando le combinazioni riescono va sempre a segno. Ma Cardozo è come una mantide, cerca di stringerti nella morsa delle braccia e quando ci sei ti stritola con ganci rapidi al viso. Il problema si può risolvere mettendo distanza, e quando Sorrentino inizia a combattere facendo un passo indietro e ad entrare solo per andare a segno, rompe l’incantesimo di Cardoso, che finisce per perdere 5-0.

 

Anche Nicoli passa i trentaduesimi contro la messicana Falcones Reyes per 4-1, mentre Angela Carini (pesi Welter) perde il primo incontro per

in un 2-3 contro Chen Nien-Chin. Alla fine dell’incontro Carini piange con il volto fra le mani ma non è la sconfitta a bruciare, quando il fatto che è salita sul ring della sua prima Olimpiade sapendo che il padre a casa stava per andarsene.

 

Il sogno di Testa invece ricomincia da Caroline Veyre. E mentre la pugile ha un trauma da abbattere per tornare ad essere libera, l’Italia inizia seriamente a pensare che una medaglia è possibile. Irma arriva sorridendo anche allo scontro diretto con la peso piuma canadese. Il primo round è tutto sulla difensiva. L’italiana sul ring si è evoluta ancora ed è per questo che avanza, perché ogni volta è capace di selezionare la versione migliore di sé di fronte ad ogni avversaria. Mantiene le distanze da Veyre, e ricomincia a portarsela a spasso nel ring, che è sempre più casa sua ogni volta che ci sale su. Non esagera, esegue l’abc del pugilato: sinistro destro gancio, la combinazione facile facile che se portata a compimento una volta dopo l’altra può essere letale.

 

https://youtu.be/dj2tS9ea6Ug

 

Fra il primo e il secondo round Renzini le si para davanti, lei seduta sullo sgabello a riprendere il fiato, e le dice: «devi passare da un atteggiamento all’altro improvvisamente. Così la sorprendi». E infatti nel secondo round Testa è ancora diversa, detta i tempi e il ritmo. I pugni si fanno incalzanti: ogni colpo è misurato e va a compimento. Anche il secondo round è suo.

 

Ancora una volta le parole di Renzini sono decisive: «ricordati che la maggior parte del ring deve stare alle tue spalle» le dice durante la seconda pausa. Una frase apparentemente semplice, ma che racchiude in poche parole l’essenza della boxe, o almeno così mi pare. Uno sport che si basa che si basa non sulla violenza, ma sulla gestione dei centimetri, sulle distanze, e che tenere la maggior parte del ring alle spalle significa lasciare pochissimo spazio di azione all’avversario, significa anche spingerlo lentamente ed inesorabilmente verso le corde o l’angolo, un punto cioè in cui non si può più indietreggiare e quindi sottrarsi ai pugni dell’opponente.

 

Testa segue il copione e vince lo scontro per 5-0. Scende gli scalini con i pugni chiusi in alto. Non ha solo vinto ma ha anche scacciato i fantasmi di tutti quei pomeriggi infiniti post-Rio2016 trascorsi a fumare sugli scogli con le amiche di sempre senza un piano ben definito su cosa fare di una vita che le sembra finita ad appena diciannove anni. La pugile è già nella storia. Comunque vada, aver raggiunto la semifinale significa portare a casa una medaglia, la domanda ancora aperta adesso è solo il metallo. Nel pugilato olimpico infatti entrambe le contendenti sconfitte alle semifinali hanno diritto al bronzo.

 

Intanto Giordana Sorrentino (pesi Fly) perde 5-0 contro la taiwanese Huang Hsiao-Wen che è una opponente difficile per le sue leve lunghissime. È notevolmente più alta di Sorrentino e le sua braccia sono infinite e questo comporta che prima di riuscire a trovare il corpo dell’avversaria come obbiettivo, trova i suoi pugni. L’italiana subisce per i primi due round ma al terzo vede la fine troppo vicina e costruisce una rimonta bellissima. Trova le distanze e costruisce l’attacco da lontano per entrare a chiudere quando trova lo spazio. In uno scambio scaraventa Hsiao-Wen con un sinistro al petto devastante. Combatte fino alla fine e se è vero che queste ragazze da un’Olimpiade all’altra imparano, nella sconfitta Sorrentino ci ha fatto intravvedere le grandi cose che ci aspettano.

 

Il giorno dopo è la volta anche di Rebecca Nicoli, che però perde con un severo 5-0 contro l’altra irlandese, Kellie Harrington. Irma Testa è

di una squadra che ci sta esaltando.

 

La semifinale contro Nesthy Petecio è chiaramente una cosa seria. L’aspetto offensivo più preoccupante è che se la campionessa del mondo filippina prende il ritmo si trasforma in un mulinello di pugni. Anche in questo caso una delle chiavi dell’incontro sarà tenere la distanza corretta per non offrire continuità ad una pugile che per natura ha disposto i chili della sua categoria in un corpo ribassato, in leve corte e pesanti che possono investire l’opponente come un mezzo con le ruote. Testa è molto più alta e slanciata, e le basterebbe tenere le braccia distese, cercare i colpi lunghi, per tenerla alla distanza dovuta.

 

Il primo round parte con Testa che gestisce e cerca il colpo diretto, il jab, proprio per non avvicinarsi troppo. Petecio mantiene gli spazi. È un round di assestamento, nel primo minuto lo studio è fatto di pochi pugni, rari tocchi, al punto che il giudice di gara ad un certo punto inviterà le due pugili a smettere di stare faccia a faccia e a colpirsi. Da qui il match diventa più muscolare, e negli ultimi secondi Testa infila una serie di diritti di sinistro che vanno sempre a segno. È l’italiana che si porta a casa il primo round con una sfilza di dieci.

 

La seconda ripresa riparte con una Petecio subito in attacco. I diretti e i ganci si fanno più sincopati, è davvero finita la fase in cui si studiano e adesso entrambe sono con gli occhi sulla la finale olimpica che entrambe vogliono raggiungere. Petecio copre le distanze con l’unica scelta possibile per le sue braccia più corte ma dure come colonne: si decide per colpi molto larghi che arrivano a toccare il viso di Testa con imprecisione. Il secondo round non è bello da vedersi. La tecnica si è sporcata, ma non c’è più spazio per i fronzoli quando cinque anni si decidono in tre minuti.

 

Il terzo round è quello decisivo. Per i primi centoventi secondi Petecio continua a prendere a pugni l’aria. Poi nell’ultimo minuto trova la forma di espressione che stava cercando dal primo secondo e con continuità mitraglia il corpo di Testa con montanti forti. Riprende il ritmo; sul sincopato Petecio è inarrestabile. Ma il finale è tutto di Irma Testa che inanella una serie di combinazioni pulite che prendono il volto della filippina.

 

Dopo, ci sono momenti di incertezza. Nessuno sa come andrà, nessuno lo può immaginare. Il primo round era stato vinto dall’italiana, il secondo dalla filippina. Renzini si congratula con Testa, ma mentre le sfilano i guantoni lei scuote un po’ il capo e, poggiata di peso sulle corde del ring, da l’idea che forse tutto quello che ha fatto nel terzo round non è stato abbastanza.

 

https://youtu.be/Dfx6zAEkpj4

 

Quando lo speaker annuncia la vittoria di Nesthy Petecio per verdetto non unanime Irma è triste ma sorride. Va dalla sua avversaria, la abbraccia. Prende la sua mano e la solleva in segno di vittoria, vaga da una parte all’altra del ring. Nessuno sa cosa le gira per la testa, nessuno sa se è d’accordo con il risultato e non sappiamo nemmeno se le parole di poco prima a Emanuele Renzini, quelle con cui dice che forse tutto quello che ha fatto non è stato abbastanza, siano state apotropaiche per una sconfitta che in realtà lei non credeva le spettasse.

 

La medaglia a Tokyo era importante per cancellare la sconfitta di cinque anni fa. Da qui ci sarà un nuovo inizio. Da qui Irma Testa

una campionessa olimpionica. Il suo bronzo, poi, era importante per un movimento intero, quello del pugilato italiano, e – attenzione – non quello del pugilato femminile.

 

Torniamo da Tokyo con Nicoli, Carini e Sorrentino senza medaglia, ma sono atlete che da poco hanno superato i vent’anni e hanno dimostrato di avere in serbo un potenziale mentale e tecnico incredibile. Irma Testa invece ha vinto il bronzo a ventitré anni e adesso ha nel suo bagaglio d’atleta l’esperienza della sconfitta e quella della vittoria in una Olimpiade. Come processerà queste informazioni lo staremo a vedere nei prossimi tre anni, anche se la classe che ha messo in mostra, la sua capacità di cambiare in base alle necessità tattiche, il grado di divertimento durante il combattimento mi fanno sperare che a Parigi, nel 2024, la medaglia sarà di un altro metallo.

 

Intanto ha superato Nesthy Petecio nel ranking mondiale ed ha raggiunto la posizione numero 5.

 

Da lì avanti si vede tutto meglio, soprattutto il futuro.

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