
POSIZIONE LO SCORSO ANNO: 2°.
CHI IN PIÙ: Luis Henrique, Ange-Yoan Bonny, Francesco Pio Esposito, Petar Sucic;
CHI IN MENO: Tajon Buchanan, Marko Arnautovic, Joaquin Correa, Valentin Carboni, Nicola Zalewski;
UNA STATISTICA INTERESSANTE DALLO SCORSO ANNO: nella Serie A 2024/25 l’Inter è la squadra ad aver segnato più gol, ad aver generato più xG, ad aver fatto più tiri, più passaggi, più cross riusciti in area di rigore, ad aver fatto più conduzioni palla al piede nell’ultimo terzo di campo di tutte (tutti dati Hudl StatsBomb); ma è anche la squadra ad aver dribblato di meno e ce ne sono ben quattro - Napoli, Juventus, Bologna e Lazio - ad aver concesso meno xG alle proprie avversarie (a cui si aggiunge anche il Como tra quelle che hanno concesso meno tiri in assoluto). Creatività e solidità, due cose in cui statisticamente non è stata la migliore.

Difficile dire quando sia finita esattamente la stagione passata dell’Inter. Da una parte si potrebbe pensare sia finita prima della finale di Champions League, quando è iniziata a circolare la voce che Simone Inzaghi avrebbe lasciato la panchina nerazzurra per una ricca offerta dal club saudita Al-Hilal. Oppure è finita dopo quella finale, con il definitivo addio dell’allenatore e quello 0-5 così difficile da digerire. Poi c’è stata la Coppa del Mondo per club, la sconfitta per 0-2 con la Fluminense, il richiamo del capitano Lautaro Martinez - «Ho visto tante cose che non mi sono piaciute» - rivolto forse al solo Calhanoglu, che aveva chiesto la cessione in Turchia, forse anche ad altri, a cui si è aggiunto Marotta che ha parlato di squadra «con le batterie scariche» dopo le 63 partite giocate in stagione.
In un certo senso, però, si potrebbe dire che quella stagione non sia ancora veramente finita. La società ha preferito andare in continuità rispetto alla gestione Inzaghi, anche magari per ragioni di forza maggiore. I tentativi falliti di dare la squadra in mano a Patrick Vieira - che ha preferito onorare il contratto con il Genoa - e a Cesc Fabregas - azionista di minoranza del Como oltre che allenatore - hanno portato alla scelta di Christian Chivu, 13 panchine di Serie A, sulla base di un’affinità tattica tra il suo Parma e le idee di Inzaghi.
Anche a livello di rosa, l’Inter, al momento, almeno tra i titolari, è praticamente la stessa squadra dello scorso anno. I tre acquisti effettuati molto presto - nelle finestre per le squadre che partecipavano al Mondiale per club - non cambiano molto le prospettive di una squadra che, per fare meglio dello scorso anno, deve vincere il campionato o la Champions League (anche vincere la Coppa Italia sarebbe un leggero miglioramento, ma difficilmente è a questo che pensava Lautaro quando parlava delle ambizioni che deve avere chi resta in nerazzurro).

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Luis Henrique è un’alternativa a Dumfries, con caratteristiche diverse ma una dimensione offensiva senza dubbio minore - sui cross alti specialmente. Arrivato a Marsiglia un anno e mezzo fa, ha giocato spesso a sinistra, anche sulla linea dei trequartisti, ma ha iniziato a esprimersi al meglio quando De Zerbi lo ha schierato a tutta fascia a destra (i tifosi del Marsiglia, in ogni caso, non si sono certo strappati i capelli a vederlo andar via). Lo scorso anno è stato il giocatore dell’OM che ha dribblato di più dopo Mason Greenwood (2.66 in media ogni 90’, con il 65% di successo, una percentuale piuttosto alta) e in questo senso aggiunge qualcosa che all’Inter lo scorso anno mancava in generale, e un maggior controllo rispetto a Dumfries (che quando gli spazi si restringono perde molto); ma è difficile capire quale possa essere il suo reale valore e l’impatto in un sistema corale e verticale come quello nerazzurro.
Yoan-Ange Bonny (22 anni da compiere a ottobre) ha avuto un impatto positivo nel precampionato, anche lui si trova a dover compiere un salto dopo una sola stagione in Serie A con il Parma. Per Bonny, come per Francesco Pio Esposito (20 anni appena compiuti), le cui quotazioni sono volate nel vuoto pneumatico del mercato estivo interista, anche grazie ai gol contro Monza e River Plate, con le ultime voci secondo cui il Napoli avrebbe offerto addirittura 45 milioni per prenderlo subito e sostituire Lukaku infortunato, parliamo di giocatori che potranno essere senz’altro utili e che lo sarebbe già molto se riuscissero a non far rimpiangere troppo Thuram o Lautaro quando servirà.
Lo scorso anno l’Inter ha pagato carissimo il fatto che Correa, Arnautovic e Taremi non si sono rivelati all’altezza del compito, ma va detto anche che non è un abito semplice da indossare, quello dell’attaccante dell’Inter. Non è alla portata di tutti replicare quello che sta facendo Lautaro da ormai parecchi anni - il giocatore che è diventato, il peso che ha nel gioco di raccordo spalle alla porta - né quello che ha fatto Marcus Thuram in una stagione e mezzo, almeno fino a quando gli infortuni ne hanno ridotto l’impatto fisico e tecnico.
Certi giocatori sono più difficili di altri da sostituire, nel caso dell’Inter una grossa parte della manovra offensiva si appoggia sulle qualità individuali dei suoi due attaccanti, sia per far salire la squadra e combinare con i compagni, sia in zona di rifinitura e finalizzazione. Farli riposare ogni tanto, potrebbe essere una buona idea.
Ma a parte questo, è difficile anche solo immaginare come migliorare l’Inter in attacco. Si spiega così, forse, il fatto che Ausilio e Marotta abbiano speso così tanto tempo e reputazione cercando di prendere Ademola Lookman - e non è ancora detto non ci riescano.
Un giocatore che non è chiaro come si inserirebbe nel 3-5-2 interista, ma che ha un livello all’altezza di quello di Lautaro e Thuram, e che, con qualità leggermente diverse (non solo ama ricevere palla sull’esterno ma le sue conduzioni veloci garantirebbero maggiore profondità senza bisogno di alcun sostegno intorno: è più autosufficiente sia di Lautaro che di Thuram), potrebbe permettere di pensare anche a un cambio nel modo in cui l’Inter attacca, se non proprio un cambio di modulo.
L’Inter è abituata ad alzare molti uomini sopra la linea della palla, ma già lo scorso anno era andata in difficoltà sotto pressione e anche nelle amichevoli estive, persino contro una squadra come l’Olympiacos, si è rivelata fragile in transizione.
Anche a centrocampo, senza prendere una decisione forte e cambiare qualcosa a livello strutturale, è davvero difficile capire come l’Inter di Chivu possa migliorare rispetto a quella di Inzaghi.
Il ventiduenne Petar Sucic si è inserito bene e può giocare al posto del trentaseienne Mkhitaryan o, per qualsiasi ragione, anche non propriamente di campo, di Hakan Calhanoglu. Con la Dinamo Zagabria ha giocato per lo più in una coppia di centrocampisti e dopo il Mondiale per Club ha giocato sia come mezzala sinistra (contro il Monaco, fino all’espulsione di Calhanoglu a dieci dalla fine del primo tempo; con il Monza con Asllani al centro) che come vertice basso del triangolo (contro l'Olympiacos).
Oggi Sucic, insieme a Zielinski e Frattesi, è l’unico ricambio per i tre titolari della passata stagione, e l’unico, grazie alla sua duttilità, che permetterebbe di invertire il triangolo di centrocampo e giocare con due giocatori maggiormente in copertura - una cosa che forse aiuterebbe anche a prevenire qualche transizione. D’altra parte, Barella finisce spesso a fare la seconda punta, a volte scambiando la posizione con Lautaro, pur non essendo mai stato prolifico in maniera eccezionale. Anche dalle sue capacità passa una possibile evoluzione e crescita nerazzurra, tanto varrebbe scommetterci e cercare di costruire una rete di salvataggio più solida alle spalle.
Quando l’Inter non riesce a concludere, o a consolidare il possesso nella metà campo avversaria - un aspetto che Chivu sembra voler rafforzare, almeno a giudicare da quante volte chiama il giro palla da bordo campo quando l’azione verticale perde slancio - corre il rischio di allungarsi o di lasciare troppo campo da difendere. L’equilibrio dell’Inter di due anni fa era molto dovuto all’efficacia e all’intensità in fase di recupero di Mkhytarian, Barella e Calhanoglu, che oggi sembrano un po’ più lontani gli uni dagli altri.
Poche settimane fa con il Monaco, Barella non ha mostrato la freddezza necessaria a un giocatore che si trova spesso in quelle posizioni.
L’Inter si è privata di alcune soluzioni a centrocampo anche sul lungo periodo: oltre ad Asllani (in partenza per il Torino, sembra) è stato ceduto anche Aleksandar Stankovic (al Club Brugge per poco meno di dieci milioni, con diritto di recompra tra i 22 e i 25 milioni e una percentuale su un’eventuale cessione), un mediano forte fisicamente dotato di un bel calcio sul lungo che, a vent’anni, sarebbe potuto crescere bene vicino a Calhanoglu.
Nelle ultime settimane la strategia dell’Inter sembra cambiata, spostando le proprie energie sul centrocampo. Il tentativo di prendere Manu Koné dalla Roma, oltre che come una power-move un po’ vecchio stile, si spiega anche così. In attesa che diventi chiaro se quello della Roma era un “no” netto oppure solo un “magari con altre condizioni”, si parla comunque della ricerca di un altro centrocampista (Djaoui Cissé del Rennes, Frendrup del Genoa). Certo, resta complicato quanto guardare in una sfera di cristallo, predire il futuro del gioco dell’Inter di Chivu, almeno finché il mercato non porterà in dote un giocatore in grado di segnare una vera differenza con gli ultimi due anni.
Il meglio dell’Inter: densità da un lato, grande giocata individuale (Marcus Thuram) e attacco sul lato debole. La fluidità porta Dimarco a togliere la palla del gol a Dumfries sul secondo palo; ma spesso è la caratteristica che rende più fragile l’Inter quando perde palla, che le impedisce di riconquistarla o di ricomporsi velocemente per difendere.
Anche in difesa sono saltate le trattative con cui l’Inter aveva iniziato il mercato (De Winter, finito al Milan; e Leoni, oggi del Liverpool) e oggi si parla di giocatori molto diversi tra loro. Sono usciti i nomi di Solet dell’Udinese (una delle sorprese della scorsa stagione, che è sotto indagine a Udine per una presunta violenza sessuale) e quelli dei possibili rientranti Kim Min-jae dal Bayern Monaco e Jakub Kiwior dall’Arsenal. A questi si aggiungono i nomi più esotici di Alexsandro del Lille e Dayot Upamecano del Bayern Monaco. Tutti giocatori diversi tra loro per caratteristiche e punti della propria carriera.
Il reparto va rinnovato e se possibile ringiovanito - Acerbi è stato importantissimo lo scorso anno nei momenti clou, ma prima o poi bisognerà pensare di sostituirlo e forse questo momento per De Vrij sarebbe già dovuto arrivare; e negli ultimi giorni anche Pavard sembra dover cambiare squadra - ma l’Inter potrebbe aver bisogno di un cambiamento più profondo. Se Chivu non riuscirà a migliorare la fase di possesso palla, il rischio è di ritrovarsi spesso a difendere correndo all’indietro. In alternativa potrebbe optare per un blocco medio, o basso, più simile al suo Parma, giocare in modo più reattivo. Non ci sarebbe niente di male, ma sarebbe un cambio di identità.
Al momento l’Inter è una squadra con molta qualità tecnica, ma che riesce ad essere pericolosa soprattutto in verticale, con spazi da attaccare in transizione quando supera la pressione (magari con una palla lunga sugli attaccanti) oppure quando riesce a cambiare gioco velocemente e penetrare sulle fasce. Negli ultimi anni ha mostrato sempre maggiori difficoltà a resistere alla pressione avversaria (questo si è visto anche in estate, soprattutto col Monaco, una delle squadre che pressa di più in Ligue 1) ed è ricorsa sempre più spesso al lancio lungo sugli attaccanti.
A centrocampo sembra aver perso l’intensità e l’intesa di due stagioni fa, Calhanoglu è rimasto a forza e contro il Monaco si è fatto espellere dopo mezz’ora in cui è sembrato molto nervoso. Magari sono problemi passeggeri, ma magari no. In ogni caso: che senso sforzarsi di restare il più simile possibile a quello che si era un mese o un anno fa?
Da fuori è legittimo avere qualche dubbio sulle strategie di questa estate ma si spera che qualcuno nell’Inter abbia più chiaro di noi quali siano le priorità. Come si cambia una squadra che è arrivata seconda in campionato e in finale di Champions League, che sembrava vicina alla perfezione prima che per le troppe ambizioni le ali le si sciogliessero al sole? Chivu non ha esperienza (da allenatore, si intende) al livello in cui lo porterà l’Inter, e il mercato per ora è stato meno ricco di quanto forse ci si aspettava. Ma la base di partenza era comunque alta e forse possono bastare due o tre innesti per riaccendere il fuoco sotto quelle maglie a strisce nerazzurre.
Questa è la stagione in cui capiremo se l’Inter ha bisogno di rifondarsi più o meno completamente o se, invece, abbiamo esagerato con le critiche in estate.
MIGLIOR SCENARIO POSSIBILE
L’Inter parte bene battendo Torino, Udinese e, dopo la sosta per le Nazionali, la nuova Juventus di Tudor. A ottobre riesce a non perdere né con la Roma né col Napoli e batte bene la Fiorentina che nel frattempo aveva sorpreso per la qualità del suo gioco. Lookman e Manu Koné, arrivati negli ultimi giorni di mercato insieme a Kim Min-jae, si sono affermati come titolari indiscutibili, nessuno pensa più a Calhanoglu, e Chivu si sente abbastanza in fiducia da passare a un 4-2-3-1 in cui Lookman, Lautaro e Thuram giocano insieme le partite più importanti. Dal mercato di gennaio arrivano anche Mikautadze e Akliouche, e l’Inter inizia a volare sul serio. In Champions League arriva in semifinale eliminando il Napoli ai quarti, piegandosi solo di fronte al nuovo Manchester City di Guardiola, comunque giocandosela fino all’ultimo minuto della partita di ritorno, in cui un miracolo di Donnarumma evita il gol di Lautaro in rovesciata che avrebbe qualificato l’Inter per la sua terza finale in quattro anni. Nel girone di ritorno l’Inter non perde neanche una partita e battendo la Lazio si laurea campione d’Italia con tre giornate d’anticipo.
PEGGIOR SCENARIO POSSIBILE
Nel mercato estivo non arriva nessuno dei giocatori che l’Inter aveva puntato e dopo due pareggi perde male alla terza giornata con la Juventus. A ottobre contro Napoli, Roma e Fiorentina fa appena un punto. Dopo la sconfitta 1-4 con il Milan a fine novembre viene esonerato Christian Chivu e al suo posto arriva Gareth Southgate. L’Inter esce agli ottavi di Coppa Italia con il Venezia e agli ottavi di Champions con il PSV. A gennaio arrivano Sterling e Jadon Sancho, oltre a Maguire in prestito dallo United. A febbraio sono già 10 i punti di distacco da Milan e Napoli, e dopo un’altra sconfitta nel derby a inizio marzo Marotta caccia Southgate e affida la squadra a Thiago Motta, che però non riesce a battere il Bologna all’ultima giornata, una partita che era uno scontro diretto per qualificarsi in Champions League. L’Inter 2026/27 farà l’Europa League ma non è chiaro chi siederà in panchina, visto che Motta darà le dimissioni subito dopo il fischio finale per accettare un’offerta dall’Arabia Saudita.
CHI PRENDERE AL FANTACALCIO
In attacco l’Inter rappresenta un rebus insolubile, Lautaro e Thuram costeranno moltissimo entrambi, ma uno dei due andrà meglio dell’altro (in termini strettamente fantacalcistici) ed è difficile indovinare quale dei due. Oltretutto andrebbe preso almeno uno tra Pio Esposito e Bonny per coprirsi le spalle e così diventerebbe un investimento molto forte su una squadra che non sappiamo come si alzerà dai blocchi di partenza. Una soluzione di compromesso potrebbe essere Nicolò Barella, un centrocampista che costa tanto e che, chissà, magari potrebbe iniziare a segnare più di quanto fatto passato.
POSSIBILE SORPRESA
E se invece di Manu Koné il centrocampo dell’Inter cambierà grazie a Petar Sucic? Già in estate ha fatto vedere conduzioni palla al piede fluide e coraggiose, oltre che qualità tecnica. È giovane e sembra il classico giocatore che può usare il salto di livello come un trampolino per migliorare ancora. L’Inter ha bisogno di giocatori che si prendano responsabilità e Sucic non ha mostrato timidezza, almeno finora.