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Innamorati di Samuele Ricci
10 nov 2021
10 nov 2021
Questa volta è stato il centrocampista dell'Empoli a rubarci il cuore.
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Di giocatori come Samuele Ricci, in Italia, non è facile trovarne. A poco più di vent’anni è titolare in Serie A, che è cosa già rara per il nostro campionato, tanto più se della cosa non si accorge quasi nessuno. A volte passare inosservati non è un difetto. Insomma, quanti altri giocatori sotto i 25 anni conoscete alla prima esperienza in Serie A al centro di squadre che lottano per non retrocedere come se quello fosse il loro habitat naturale? Forse l’unico giocatore paragonabile al momento è Gianluca Busio, che però veniva dalla MLS con un carico considerevole di hype. Samuele Ricci, invece, prima di questa stagione aveva giocato solo in Primavera e in Serie B, a un livello a cui l’Empoli era abituata a dominare l’avversario. Ma tra la Serie B e la Serie A ci sono «10 categorie di differenza», come ha detto il DS della squadra toscana Pietro Accardi, e il salto di livello ha già mietuto le sue vittime tra i giovani che si erano messi in mostra l’anno scorso. Dopo un buon inizio, Nedim Bajrami è lentamente scivolato in panchina (non gioca due partite di fila tra i titolari dalle primissime giornate), e anche Fabiano Parisi, che aveva fatto i buchi in Serie B, sta faticando (anche per via dei problemi personali che lo hanno colpito a inizio stagione). Samuele Ricci, invece, è sempre lì: la testa alta, la palla attaccata alla punta del piede, il portamento elegante solo vagamente ingobbito nonostante l’età. Solo l’ultima partita l’ha iniziata dalla panchina - un bastone dopo tante carote da parte di Aurelio Andreazzoli, che forse non voleva fargli dimenticare l’intervento in ritardo su Barella che ha costretto l’Empoli a giocare con un uomo in meno per quasi metà partita contro l’Inter.


 

Quel cartellino rosso è stato l’unico momento in questa stagione in cui il nome di Samuele Ricci è emerso alla superficie, e questo già dice tanto. Il regista dell’Empoli non è un giocatore che ruba l’occhio, come si dice - qualcosa che già di per sé lo rende interessante, in una scuola tattica che chiede costantemente e ossessivamente ai suoi figli di prendersi le proprie responsabilità, di spaccare le partite. Il talento di Ricci, invece, si nasconde in mezzo alla trama di passaggi corti dell’Empoli, che lo ha evidentemente plasmato fin dalle giovanili, non solo nel ruolo (vertice basso di un centrocampo a tre, composizione storicamente rara in Serie A, che anche quest’anno abbonda di 4-4-2 o simili) ma anche nel modo di concepire il suo gioco. Con la maglia azzurra dell'Empoli ci gioca da quando ha 16 anni, in una scalata rapida e inesorabile dall’Under 16 alla prima squadra. E in una squadra che a tutti i livelli si sistema in campo muovendo la palla in continuazione, senza paura di fare un passaggio indietro, da quattro anni Samuele Ricci è il riferimento a cui poter tornare in qualsiasi momento. L’Empoli sbaglia in media il 21.3% dei passaggi, Ricci appena il 10.3% - e questo pur giocandone più di qualunque altro tra i titolari (47.8 per 90 minuti).


 

“L’arte di scomparire nel sistema” dicevamo di Sergio Busquets e quasi lo stesso si potrebbe dire per lui. Con il leggendario regista catalano, tra l’altro, condivide la strana conformazione fisica - strana, almeno, per le aspettative che i nostri occhi hanno sviluppato per determinati ruoli. Alto come un difensore ma con le gambe lunghe e affusolate, sembra sia stato levigato a partire da un lungo bastone, di cui ha addolcito le nodosità senza perderne le linee. Persino il viso sembra scolpito nel legno, i lineamenti appena accennati ma decisi, le sopracciglia e la mascella tagliate da linee senza alcuna esitazione. L’elasticità, non a caso, non è qualcosa che gli appartiene. La sua corsa almeno sui primi passi è lenta e ben piantata a terra, i cambi di direzione privi di sinuosità. Ricci ha però l’eleganza minimale delle cose che sono invecchiate bene e il suo controllo quasi esclusivamente tecnico su un gioco che ormai ruota ossessivamente intorno al concetto di transizione ha ancora qualcosa da dire.


 

Fa strano sapere che il suo idolo sia Ronaldinho e non solo perché a 20 anni non dovrebbe essere il primo giocatore che ti viene in mente. La tecnica di Ricci, infatti, è levigata e priva di sensualità tanto quanto il suo fisico - fa pensare alla celebre frase di Cruyff secondo cui “giocare a calcio è semplice ma giocare un calcio semplice è la cosa più difficile che ci sia”. Le cose migliori del suo gioco sono quelle che permettono di fare i gesti che consideriamo più basilari in questo sport: ricevere il pallone, non perderlo e passarlo a un compagno. Il più delle volte bisogna concentrarsi per capire ciò in cui eccelle davvero, e cioè come posizionarsi con il corpo, quando utilizzarlo per difendere il possesso e prendere tempo, quando decidere di scoprire la palla e quando invece optare per un controllo orientato e andare in verticale. Per essere un regista, poi, ha un talento peculiare nella conduzione del pallone, che lo avvicina a un giocatore che da questo punto di vista gli assomiglia come Sandro Tonali. Soprattutto in Serie B, dove poteva prendersi qualche libertà in più, non è stato raro vedere Ricci partire con il pallone attaccato al destro, come nel caso di questo splendido doppio tunnel d’esterno.



Del suo gioco, però, colpisce soprattutto la facilità con cui fa alcune cose complesse, facendole sembrare banali, evidenti. Trovare l’uomo dietro la linea di centrocampo avversaria, ad esempio, è la sua specialità. Tra i giocatori dell’Empoli, Ricci è l’unico ad essere nella classifica dei 30 migliori della Serie A per metri guadagnati con i suoi passaggi (157.2 per 90 minuti). Poco meno di Lorenzo Pellegrini, poco più di Lucas Torreira.


 

Per le caratteristiche che ha, Ricci è il giocatore che tiene insieme l’Empoli, che dà senso sul campo alla sua ricerca della superiorità attraverso il possesso. Ricci è determinante nel gestire il possesso sotto pressione, nel farlo avanzare bucando le linee di pressione avversarie ma anche per difendersi con la palla e senza, grazie a un talento notevole nell’intuire e schermare le linee di passaggio avversarie. Allo stesso tempo, però, dato che in questa rubrica siamo chiamati a cercare di intravedere le prospettive future tra le rifrazioni del nostro infatuamento, è anche giusto chiedersi: dove può arrivare Ricci senza l’Empoli? Mai come in questo momento nel calcio italiano sta emergendo il conflitto archetipico tra individuo e sistema: da una parte l’Europeo vinto con giocatori da sistema come Jorginho, Verratti e Insigne; dall’altra, alcuni dei migliori giovani talenti che invece sembrano giocare come se fossero in guerra santa contro l’intera squadra avversaria, come Chiesa, Zaniolo e Barella. Tra questi due estremi, Samuele Ricci è sicuramente una storia minore (almeno per ora) ma non per questo meno significativa.


 

C’è da dire che già nel salto dalla Serie B alla Serie A Ricci sta continuando a brillare in un Empoli che è cambiato molto rispetto allo scorso anno. Con Andreazzoli e in un campionato in cui non può pensare di dominare ogni avversario, la squadra toscana già oggi è meno ossessionata dal pallone ed attacca di più in verticale allungandosi sul campo e chiedendo quindi ai suoi centrocampisti di essere meno riflessivi e di coprire porzioni di campo molto più ampie. Un ambiente più ostile per Samuele Ricci, che sta riuscendo a barcamenarsi facendo anche emergere le prime imperfezioni. Non che sia un giocatore morbido difensivamente, anzi: nell’uno contro uno non è affatto facile da saltare grazie a un talento speciale nel capire prima le intenzioni dell’avversario. Ma è vero che più le distanze si allargano più Ricci rischia di affogare, non tanto perché sia lento (anzi, può prendere una buona velocità nel lungo) quanto perché con i compagni lontani dalla palla è più costretto a uscire dal pattern a cui è abituato per prendere decisioni improvvisate. Proprio il rosso preso contro l’Inter è un buon esempio: la squadra di Inzaghi riesce a riciclare un pallone sputato fuori dall’area dopo un calcio d’angolo in favore dell’Empoli e Ricci si ritrova in uno contro uno con la sua nemesi tecnica, Nicolò Barella, un giocatore fatto di elettricità e istinto. Ricci potrebbe aspettare e coprire la profondità, e invece si fida troppo del suo tempismo in uscita arrivando con un ritardo clamoroso su una palla che Barella si è già lanciato in avanti rimbalzando sul campo a una velocità doppia rispetto alla sua.


 

Anche con la palla il limite di Ricci sembra essere lo stesso. Se è costretto ad usare parti del piede meno sensibili, come l’esterno, o ad allungare la traiettoria dei suoi passaggi allora il suo gioco diventa più imperfetto e prevedibile. È il paradosso di un giocatore che è cresciuto in simbiosi con il sistema che lo conteneva: dentro un gioco pensato per diminuire il rischio e prevedere le conseguenze Ricci sembra un giocatore più ricco di quando è costretto ad affidarsi solo al suo istinto per gestire situazioni imprevedibili, che invece finiscono per normalizzarlo. Di fronte a questi difetti, cosa bisogna aspettarsi dalla sua evoluzione? Cosa darebbe Ricci a una grande squadra senza un allenatore in grado di nasconderne i limiti?


 

Ovviamente sono domande molto premature ed è possibile che Ricci cresca ulteriormente anche solo da qui alla fine di questa stagione. A vederlo giocare, però, è naturale chiedersi cosa venga dopo dimenticandoci che quelle che abbiamo visto sono appena le sue prime 10 partite in Serie A. È lo stesso Samuele Ricci a suggerirci che presto potrebbe arrivare a obiettivi che adesso nemmeno ci immaginiamo. Lo scorso 26 settembre, al Castellani, ha segnato il suo primo gol in Serie A, con un tiro potente e inesorabile come la sua ascesa nel calcio italiano che ha spezzato le ultime resistenze del Bologna.



«Qualche anno fa ero a fare il raccattapalle qui, oggi ho segnato», ha dichiarato dopo la partita, sottolineando quanto ci abbia messo poco ad arrivare al traguardo che molti professionisti sognano come l’obiettivo di una vita. L’impressione, vedendolo dar ordine in mezzo al campo al massimo livello del calcio italiano, è che il tempo che ha davanti potrebbe accartocciarsi su se stesso tanto quanto quello che si è messo alle spalle.


 

 

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