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Foto di Pedro Vilela/Getty Images
Fondamentali Flavio Fusi 11 novembre 2016 4'

Inferno argentino

In un colpo solo, il Brasile cancella la maledizione del Mineirazo e allontana l’Argentina dalla qualificazione mondiale

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Il 7-1 subito dalla Germania nel Mondiale di casa è stato il momento più drammatico della storia recente della Nazionale brasiliana. Il “Mineirazo”, una riedizione in chiave moderna dell’altrettanto traumatico Maracanazo del 1950, è uno spettro che accompagnerà sempre l’attuale generazione di calciatori e tifosi brasiliani e probabilmente anche quelle future. Lo si capisce bene dalla parole del CT verdeoro Tite prima del Superclasico giocato contro l’Argentina proprio al Mineirao di Belo Horizonte. «Ovviamente tornare qua è toccante per tutti noi, anche quelli che non hanno giocato, ma dobbiamo saper affrontare ogni situazione». Tite all’epoca non sedeva ancora sulla panchina verdeoro ma, come il resto del paese, è rimasto profondamente segnato da quella disfatta.

 

Il commissario tecnico della Seleção ha però anche aggiunto che questo è un periodo diverso: il Brasile si presentava alla gara con gli eterni rivali primo nel girone, con quattro vittorie nelle prime quattro partite con Tite in panchina. Un’altra sconfitta al Mineirao, con il solo Uruguay in grado di mettere in discussione il primato verdeoro, avrebbe quindi avuto conseguenze decisamente meno pesanti, ma era necessario esorcizzare una volta per tutte l’incubo di quel 7-1, come ha ricordato Paulinho («Abbiamo l’occasione di riscrivere la storia»).

 

L’occasione era ancora più ghiotta, visto che l’Argentina non sta certamente attraversando un periodo felice. Dopo aver perso la Copa America del centenario da favorita assoluta, spingendo persino Messi al ritiro (temporaneo) dalla Nazionale, la squadra guidata da Bauza era tornata ad occuparsi delle sempre più spinose qualificazioni Mondiali: prima della gara contro il Brasile l’Albiceleste, seppur distante solo 5 punti dai padroni di casa, occupava il sesto posto, che in proiezione futura significa non-partecipazione a Russia 2018. Dunque spettri ancora più concreti aleggiavano nello spogliatoio di Messi e compagni: persino il CT aveva dovuto ammettere di essere preoccupato per la qualificazione alla rassegna iridata.

 

 

Il copione che fa più comodo

 

Sul controllo delle prime fasi di gara, tra la voglia di cancellare il Mineirazo del Brasile e le necessità di classifica dell’Argentina, hanno prevalso quest’ultime. Forte del suo bottino in classifica la Seleção poteva permettersi di attendere l’avversario per poi colpire con la micidiale velocità offensiva del trio offensivo composto da Coutinho, Gabriel Jesus e Neymar. Il canovaccio della gara è stato in fondo il più prevedibile.

 

Il Brasile, organizzato in un 4-1-4-1 molto simile a quello del Corinthians di Tite, almeno nella sua declinazione in fase difensiva, ha controllato magistralmente gli spazi durante il primo tempo. La squadra si manteneva corta e appena l’Argentina faceva circolare il pallone all’indietro alzava la linea difensiva senza paura dello spazio alle proprie spalle. La compattezza orizzontale della linea da quattro di centrocampo e il controllo della porzione di campo davanti alla difesa di Fernandinho ha reso molto difficile l’avanzamento della manovra argentina per vie centrali.

 

1-3

Il 4-1-4-1 del Brasile chiude l’accesso al centro del campo per l’Argentina, costretta ad agire attraverso le fasce.

 

L’Albiceleste ha quindi dovuto cercare di attaccare principalmente attraverso le fasce (solo il 23,1% degli attacchi si è sviluppato nel terzo centrale del campo), con tutte le difficoltà che potevano emergere, soprattutto alla luce della scarsa vena di un Messi poco ispirato e spesso costretto a venirsi a prendere il pallone in zone di campo a lui poco consone. Infatti, di fronte allo sterile possesso palla della sua squadra, Messi si abbassava fino al cerchio di centrocampo, con il risultato di isolare Higuaín e diminuire notevolmente il suo contributo dalla trequarti in su: non a caso, il 10 del Barcellona ha toccato un solo misero pallone all’interno dell’area del Brasile.

 

2-3

Messi si abbassa così tanto per ricevere palla ed aiutare i compagni in difficoltà che si ritrova praticamente in posizione di ultimo uomo.

 

La partita si è sbloccata al 25.esimo del primo tempo, quando il Brasile ha messo in mostra anche la permeabilità della fase difensiva dell’Albiceleste, con Messi e Higuaín fin troppo passivi davanti. L’Argentina difendeva orientandosi sull’uomo e su un’azione sulla fascia destra prima Zabaleta ha lasciato troppo spazio per ricevere a Neymar e poi Mascherano, fiaccato da un ripiegamento difensivo, si è fatto bruciare da Coutinho, autore di un gol straordinario.

 

 

 

 

L’Argentina ha toccato il fondo
Se la situazione per l’Argentina non era già delle migliori, il gol ha trasformato la frustrazione del non riuscire a penetrare le linee avversarie in vero e proprio nervosismo. Sul finire del primo tempo i gol sono persino diventati due, quando Gabriel Jesus ha arpionato una rimessa laterale di Marcelo e con un filtrante straordinario ha messo la difesa di Bauza faccia a faccia con la velocità di Neymar.

 

Quando le due squadre sono rientrate negli spogliatoi la partita era già decisa. Prima dell’ora di gioco un liscio di Mas ha regalato a Paulinho il 3-0 che ha chiuso definitivamente i conti ed il Brasile ha proseguito a controllare per il resto della partita il resto della partita in cui è emerso tutto il talento dei suoi giocatori offensivi che a dirla tutta avrebbero anche potuto arrotondare ulteriormente il risultato.

 

 

 

Il Mineirazo è una macchia che non si lava tanto facilmente ma probabilmente non c’era nulla di meglio di 3-0 all’Argentina per provare a metterci una pietra sopra. Tite ha mantenuto l’en plein di vittorie in gare ufficiali, mentre la selezione di Bauza ora rischia seriamente di non andare in Russia se non invertirà la rotta nelle sette partite che mancano al termine del girone. È lo stesso Messi ad aver perfettamente delineato la situazione «Abbiamo toccato il fondo. Tutto, però, continua a dipendere solo da noi e dobbiamo risollevarci. In mezzo a questa situazione di merda, insomma, siamo ancora vivi».

Tags : argentinabrasileLionel Messineymar

Flavio Fusi è nato nel 1993 e vive ad Arezzo. Laureato in Management, lavora per una startup tech e collabora anche con il sito di analytics StatsBomb.

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