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(di)
Flavio Fusi
Rivoluzione corinthiana
01 dic 2015
01 dic 2015
Dall'orlo del fallimento a campione del Brasile in pochi mesi: il capolavoro di Tite al Corinthians.
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Flavio Fusi
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«In Brasile il calcio è rimasto fermo alla vittoria dei Mondiali 2002. […] Dovete accettare che il calcio brasiliano è il calcio del passato, il calcio di ieri. In Germania abbiamo avuto l’umiltà di seguire altri esempi, come quello del Barcellona e della Nazionale spagnola. Stiamo cercando di giocare il calcio di oggi e dei prossimi cinque, dieci anni»

 

Con

dell’aprile 2013 Paul Breitner, leggendario terzino della Germania Ovest campione d’Europa e del mondo, pronunciò il suo verdetto sullo stato del futebol verdeoro ai microfoni di Bola da Vez. All’epoca Breitner fu tacciato di arroganza, ma il suo vaticinio si avverò poco più di un anno dopo, quando il Brasile subiva la madre di tutte le sconfitte, il 7-1 con cui proprio la Germania annullava le speranze mondiali dei Pentacampeão.

 

Eppure, nemmeno dopo aver patito la disfatta più dolente della sua storia, la federazione brasiliana aveva avuto il coraggio, o più semplicemente la volontà, di cambiare rotta. Tutt’altro: per il post-Scolari, la CBF ha puntato su un altro cavallo di ritorno, Dunga, già silurato dopo l’eliminazione per mano dell’Olanda ai quarti di finale di Sudafrica 2010.

 



Anche in Brasile però, c’era qualcuno che condivideva la visione dello status quo di Breitner. Quel qualcuno è l’allenatore brasiliano più vincente dell’ultimo lustro, Adenor Leonardo Bacchi, meglio conosciuto come Tite. Tra il 2010 e il 2012, alla guida del Corinthians, Tite era salito sul tetto del Brasile e del mondo, vincendo in sequenza Brasileirão, Copa Libertadores e Mondiale per club contro il Chelsea di Benítez. Ma dopo un 2013 non del tutto positivo, in cui era comunque riuscito ad arricchire la sua personale bacheca e quella del club di un Paulistão e di una Recopa Sudamericana, Tite aveva deciso di fermarsi in coincidenza della scadenza del suo contratto, nonostante gli appelli di tifosi e calciatori. A 52 anni, l’allenatore che aveva vinto tutto ciò che c’era da vincere in Sud America, si è preso un anno sabbatico per migliorare le proprie conoscenze, dimostrando così quell’umiltà di cui parlava Breitner.

 

Per tutto il 2014, Tite ha viaggiato per il mondo per imparare nuove metodologie di allenamento e ampliare le sue conoscenze tattiche. In una lunga

concessa all’edizione brasiliana di ESPN, ha ripercorso i passaggi fondamentali del suo anno sabbatico.

 

Tite ha assistito a un’infinità di partite di club sudamericani, ma soprattutto europei (tra le squadre visionate Arsenal, Manchester City, Barcellona e Bayern), compresa la finale di Champions League tra Real Madrid e Atlético. Si è visto e rivisto tutte le 64 partite del Mondiale 2014, tutte analizzate rigorosamente, con un’estrema attenzione al posizionamento in campo, alle diverse strategie tattiche e ai tipi di pressing e di marcatura. Ha studiato la periodizzazione tattica, ha letto un libro dopo l’altro, apprezzando la letteratura calcistica spagnola, il libro del "Cholo" Simeone, la biografia di Guardiola e quella di Carlos Bianchi, con cui si è incontrato in più di un’occasione.

 


Tite e Carlos Bianchi, fotografati insieme nel 2014, durante l’anno sabbatico del tecnico brasiliano.



 

Ha seguito da vicino gli allenamenti dell’Arsenal di Wenger (si è detto colpito dall’attenzione dedicata al dettaglio e all’analisi delle sessioni di allenamento) e soprattutto quelli del Real Madrid di Carlo Ancelotti, con cui si è intrattenuto a pranzo e a cena, discutendo su come il tecnico dei "Merengues" avesse preparato le due partite contro il Bayern di Guardiola, soffermandosi sul capolavoro tattico della Champions League 2014, lo 0-4 dell’Allianz Arena. «Ancelotti è un compromesso tra Mourinho e Guardiola» ha detto il brasiliano. «Da uno ha tratto la solidità difensiva, dall’altro l’aggressività e la creatività in fase offensiva». Tra i due è nata un’amicizia e tuttora si tengono in contatto

.

 

Come Tite ha spiegato a ESPN, in Brasile l’allenatore è ancora poco più che un insegnante di educazione fisica oppure un ex calciatore prestato alla panchina. È responsabilità del singolo dotarsi, sostanzialmente da autodidatta, di un proprio bagaglio di conoscenze tecnico-tattiche. Il suo personale percorso di aggiornamento professionale aveva come obiettivo dichiarato la panchina della Seleção: comunque fosse andato il Mondiale di casa, Scolari avrebbe rinunciato al suo posto da CT. Dopo l’assegnazione dell’incarico al rivale Dunga, Tite non si è perso d’animo: ha rifiutato con garbo le proposte della federazione giapponese e di quella paraguaiana per poi cogliere al volo la possibilità di tornare ad allenare il Corinthians dopo l’esonero di Mano Menezes alla fine del 2014. Per Tite è così cominciata la terza esperienza alla guida del "Timão", dopo la breve parentesi del 2004-2005, terminata a causa di dissapori con l’allora dirigente del club Kia Joorabchian, e il glorioso triennio 2010-2013.

 



Con Tite nuovamente al timone, il Corinthians è tornato ad alti livelli: il "Timão" ha vinto quello che con Danubio, San Paolo e San Lorenzo era stato definito il “girone della morte” della Libertadores 2015, prima di essere eliminato agli ottavi dal Guaraní semifinalista. Ma soprattutto ha conquistato un’edizione del Brasileirão dominata fin dall’inizio, laureandosi campione con tre giornate di anticipo, quando il pareggio per 1-1 con il Vasco e la contemporanea sconfitta dei rivali al titolo dell’Atlético Mineiro, ha permesso di dilatare sino a 12 punti il distacco sul "Galo", secondo.

 


Ralf riceve da Ronaldo il trofeo del Brasileirão.



 

Inoltre, grazie al 6-1 rifilato al San Paolo nel derby paulista (il derby Paulista, quello con la P maiuscola, si gioca tra il "Timão" e il Palmeiras), il Corinthians, pur con una formazione imbottita di seconde linee, ha battuto il record di vittorie casalinghe (15) e totali (24).

 

La vittoria del titolo, specie con un dominio così ampio, era difficilmente pronosticabile a inizio campionato, visto che a maggio il "Timão" aveva rinunciato al proprio giocatore simbolo, l’attaccante peruviano José Paolo Guerrero, che non aveva trovato un accordo per il rinnovo del contratto, accasandosi al Flamengo, raggiunto poco dopo da un altro importante compagno di squadra, Emerson Sheik. Il fallimento della trattativa era dipeso dalla crisi finanziaria del club, tenuta nascosta fino a poco tempo fa e che ha rischiato di compromettere la stagione del Corinthians, con giocatori come Renato Augusto, Ralf e soprattutto Elias, attratti dalle proposte di squadre più ricche, come il "Fla", ricoperto d’oro dalle

.

 

A giugno tutti i giocatori erano in arretrato di due mensilità di stipendio. Gran parte della rosa non riceveva i proventi dei diritti di immagini da cinque mesi, altri addirittura da otto. In un momento così complicato, Tite ha dimostrato il suo spessore umano rinunciando al suo stipendio, una decisione più unica che rara, in quanto in Brasile, per tradizione, l’allenatore ha il privilegio di essere sempre il primo a ricevere lo stipendio, a costo di lasciare senza i giocatori.

 

«Sicuramente dovremo fare tutti un sacrifico, ma non ve ne pentirete. È  un momento difficile per il club, ma prima o poi passerà. Siamo al Corinthians ed è un privilegio. Se ci focalizziamo sull’obiettivo verremo tutti ricompensati. Ve lo garantisco!».

 

Il gesto e il discorso (il cui

è stato fatto trapelare di recente dai giocatori stessi) dell’allenatore hanno compattato lo spogliatoio e alle parole sono seguiti i fatti: durante l’anno il club si è risollevato e tutti hanno ricevuto il dovuto. In più, per riconoscenza, il Corinthians ha deciso di dividere il contributo della CBF spettante al primo classificato tra tutti i componenti del club, dall’allenatore ai magazzinieri.

 



Il patto tra uomini ha cementato il gruppo, ma ciò che ha veramente fatto la differenza è stato il gioco. Tite, vecchio ma nuovo allenatore del "Timão", arricchito dall’anno sabbatico, ha implementato un calcio di matrice europea, anni luce avanti rispetto agli standard brasiliani.

 

Per prima cosa, il tecnico di origini mantovane ha abolito i "rachões", sessioni di allenamento di matrice tutta brasiliana che non hanno uno scopo preciso, se non quello ricreativo, in cui i giocatori si divertono più che allenarsi, giocando magari fuori ruolo. Allenamenti poco utili dal punto di vista tecnico-tattico e spesso anche controproducenti. Nel 2002 Emerson, schieratosi in porta per scherzo durante una partitella con la Nazionale, subì la

che lo costrinse a saltare il vittorioso Mondiale nippo-coreano. Al loro posto Tite ha istituito sessioni specifiche di preparazione della partita, mirate a studiare punti di forza e di debolezza degli avversari di turno.

 

A livello tattico ha scelto come modulo base il 4-1-4-1 schierato anche da Francia e Germania durante i Mondiali, anche se in alcune occasioni ha proposto il 4-2-3-1, alzando Renato Augusto e i due esterni Malcom e Jádson sulla trequarti.

 

Uno dei problemi strutturali del 4-1-4-1 è il potenziale isolamento del centravanti, per cui i centrocampisti devono fornire un adeguato supporto offensivo, evitando comunque di sbilanciarsi troppo in avanti. Equilibrio garantito dal capitano del club Ralf: volante con ottime doti di lettura del gioco e senso della posizione, oltre che di una notevole aggressività, agisce di fronte alla linea a 4 in protezione della difesa. Non è raro vederlo scalare in difesa, quando uno dei due centrali esce in pressione sul portatore di palla avversaria.

 


Edilson è superato da un passaggio lungolinea e il centrale Felipe è costretto a uscire sul portatore di palla. Ralf occupa intelligentemente la posizione lasciata vacante dal compagno.



 

La vocazione difensiva di un mastino come Ralf—non a caso soprannominato “

”—consentono a Tite di schierare come intermedi di centrocampo due giocatori dalle spiccate doti offensive. Il centro-sinistra è la zona di competenza di Renato Augusto, ex centrocampista offensivo del Bayer Leverkusen, dotato di una stazza (186 centimetri per 86 kg) che gli permette di disimpegnarsi anche da centrocampista centrale, posizione in cui gioca fungendo sia da regista della squadra che da supporto dell’unica punta Vágner Love. Accanto a lui gioca principalmente Elias, altro giocatore con un breve passato in Europa tra Atlético Madrid e Sporting Lisbona. Si tratta del tipico centrocampista “box-to-box”: la protezione offerta da Ralf gli permette di operare frequenti sortite offensive, in cui sfruttare il dinamismo, le qualità tecniche e quelle di finalizzazione di cui è dotato.

 


Il gol segnato da Elias nel preliminare della Libertadores contro l’Once Caldas è un buon esempio di cosa sia in grado di fare quando si spinge in avanti.



 

Il primo cambio di entrambi i centrali di centrocampo è Rodriguinho, altro centrocampista offensivo prestato alla linea mediana. L’ex trequartista dello Shakhtar Donetsk Jádson si è invece riciclato come esterno destro di centrocampo. In Brasile c’erano molti dubbi sulla riuscita di questa trasformazione tattica, ma il 32enne ha fatto parlare il campo, firmando 12 assist e 13 gol personali in campionato senza far mai mancare il proprio contributo difensivo. Pur non essendo schierato a piede invertito, Jádson gradisce muoversi verso l’interno del campo, occupando episodicamente la posizione di trequartista puro, in cui sfruttare la fantasia e creatività di cui è dotato. Sul lato opposto agisce il giovanissimo Malcom, su cui gravavano dubbi simili, specie riguardo alla fase difensiva a cui gli esterni di Tite sono chiamati a prestarsi con frequenza. Il 18enne dotato di accelerazione, velocità, qualità tecniche e dribbling sopra la media, è cresciuto anche nel contributo alla fase di non possesso, attirando su di sé gli occhi delle grandi squadre europee.

 

L’alta qualità media dei giocatori, specie dalla cintola in su, conferisce imprevedibilità alla fase offensiva: nessun giocatore è considerato uno specialista, ma l’interpretazione dei ruoli è molto fluida. Non è raro vedere il centravanti o uno dei due interni allargarsi e i due esterni tagliare verso il centro del campo.

 


Vágner Love si è allargato a destra, Jádson accentrato, Malcom si è spostato dalla fascia opposta per creare superiorità numerica, mentre Renato Augusto funge da riferimento offensivo.



 

In fase offensiva, come ha spiegato lo stesso Tite, quattro giocatori devono, pur mantenendosi alti, rimanere in copertura: solitamente i deputati sono il mediano Ralf, i due centrali e il terzino sul lato debole. Gli altri sei giocatori di movimento devono partecipare più attivamente all’attacco: il terzino e l’interno lato palla formano un triangolo con l’esterno di riferimento, mentre l’altro esterno e il centravanti attaccano l’area, con il restante centrocampista a supporto sulla trequarti, comunque pronto a lanciarsi in area appena si presenta l’occasione. Il triangolo disegnato lungo la corsia è fondamentale negli sviluppi offensivi del "Timão" ed è uno dei tratti che più caratterizzano la squadra di Tite dal punto di vista tattico.

 


Tite spiega i compiti degli undici in campo durante la fase offensiva.



 

Lo sviluppo del gioco lungo le fasce e la superiorità numerica (e spesso anche qualitativa) creata dai triangoli, libera con relativa facilità i giocatori al cross. In preparazione al traversone ci sono sempre due giocatori posizionati all’interno dell’area—di cui uno è sempre il centravanti—e altri due posizionati appena fuori dall’area, sia per raccogliere eventuali respinte sia per non concedere agli avversari di ripartire con facilità.

 


Sul cross dalla destra Vágner Love e Malcom attaccano l’area di rigore mentre Jádson e Renato Augusto si posizionano appena fuori dai 16 metri.



 

Il ruolo dei terzini è particolarmente interessante. Le squadre che costruiscono partendo dalla difesa come il Corinthians, tendono a spingere i terzini molto larghi e in avanti. Nello sviluppo offensivo si mantengono poi larghi, agendo praticamente da ali, con gli esterni offensivi che a loro volta vengono dentro al campo con sempre maggior frequenza.

 

Al contrario i terzini di Tite partecipano attivamente alla primissima fase di costruzione stringendosi accanto ai difensori centrali, in modo da fornire diverse opzioni di passaggio corto. Questo espediente tattico riveste anche un’importanza difensiva: non è raro vedere errori durante la fase di uscita e spesso la squadra si ritrova con un’ampiezza tale che è molto difficile difendere un eventuale contropiede. I terzini più stretti diminuiscono la gittata dei passaggi minimizzando i potenziali errori e la compattezza che ne deriva permette di difendere con maggiore efficacia anche i contrattacchi scaturiti da eventuali errori in palleggio.

 


Arana ed Edilson si posizionano sugli interni e facilitano la fase di uscita, potenzialmente pregiudicata dalla marcatura su Ralf.



 

Una volta avvenuta la trasmissione al centrocampo, i terzini si mantengono stretti accanto a Ralf per creare superiorità numerica a centrocampo.

 


Il terzino Arana agisce in posizione di interno di centrocampo, con l’ala Malcom molto larga, un po’ come avviene nel Bayern di Guardiola.



 

Nella metà campo avversaria, il terzino che partecipa alla manovra offensiva può sia mantenersi stretto e consentire all’esterno offensivo di stare più vicino alla linea laterale, in modo da compromettere la stabilità difensiva degli avversari, costringendoli ad allargare le maglie della difesa, oppure sovrapporsi lungo la corsia, a seconda di come si conforma il triangolo con interno e esterno di centrocampo. Una tipica azione del "Timão" prevede proprio che l’esterno offensivo si allarghi molto per aprire spazio al movimento a convergere verso l’area di rigore del terzino. Di solito ciò consente all’ala di tagliare alle spalle del terzino avversario per ricevere un eventuale passaggio filtrante del compagno.

 

La fase difensiva è particolarmente organizzata ed efficace, tanto da fare invidia a diverse squadre del vecchio continente. Il Corinthians attua un pressing ibrido, un mix tra brevi marcature a uomo e tagli delle linee di passaggio effettuati ponendo gli avversari in zona ombra, un sistema utilizzato anche dal Barcellona di Luis Enrique.

 


Il pressing del Corinthians, attuato tramite una combinazione di marcature a uomo e copertura delle linee di passaggio, ha eliminato tutte le opzioni del portatore che è costretto a calciare lungo.



 

L’obiettivo è quello di spingere la manovra avversaria verso la fascia in modo da renderne prevedibile lo sviluppo e forzare passaggi di difficile riuscita.

 

https://vimeo.com/147341007

L’efficacia del pressing del Corinthians in un video.



 

La pressione della compagine guidata da Tite non è però mai sconsiderata e se la palla non viene recuperata subito alta, come professa la “regola dei sei secondi”, la squadra si riorganizza sapientemente in formazione, schierandosi con il 4-1-4-1 e mantenendo le linee molto compatte sia verticalmente che orizzontalmente. Il Corinthians difende a zona e controlla lo spazio tramite gli scorrimenti laterali effettuati mantenendo le corrette distanze tra tutti i componenti del blocco difensivo e restringendo al massimo le linee quando la squadra avversaria si ritrova a giocare nello stretto. Gli avversari trovano difficilmente spazio all’interno del blocco e a lungo andare sono messi sotto pressione, con le possibilità di recupero dovute a errori tecnici che aumentano esponenzialmente.

 


In fase difensiva il Corinthians si compatta nel 4-1-4-1 mantenendo le linee strette e corte, lasciando volutamente spazio sulle corsie, dove imbottigliare gli avversari tramite gli scorrimento laterali del blocco difensivo.



 

Una volta recuperato il possesso, il Corinthians smista rapidamente il gioco sulle fasce dove Jádson e specialmente Malcom sfruttano la loro predisposizione al contropiede, vera e propria arma letale del "Timão".

 

La difesa sui calci piazzati è particolarmente interessante: appena la palla viene allontanata dall’area di rigore la difesa assume un atteggiamento proattivo, uscendo rapidamente in pressione sull’eventuale recupero palla avversaria e attuando in contemporanea la trappola del fuorigioco.

 

https://vimeo.com/147340779

Sul corner battuto dall’Atlético Mineiro, il Corinthians riesce ad allontanare la sfera. Un avversario recupera il pallone vagante, ma la difesa si alza mettendolo sotto pressione e forzando il passaggio per Dátolo, posto in offside da una magistrale trappola del fuorigioco.



 



I successi raggiunti dal Corinthians hanno avuto notevole risonanza in Brasile, e Tite, diventato l’allenatore più vincente della storia del Corinthians, ha riscosso se possibile ancora più credito tra i giornalisti e l’opinione pubblica, che non hanno apprezzato affatto il ritorno di Dunga sulla panchina della Seleção. Lo stesso Dunga ha subito l’influenza di Tite e nelle recenti partite di qualificazione al Mondiale contro Argentina e Perù ha schierato proprio il 4-1-4-1, con il duo Renato Augusto-Elias di fronte al volante Luiz Gustavo, seppur con dinamiche tattiche diverse rispetto al gioco dei campioni di Brasile. Tra l’altro, oltre ai due centrocampisti, anche il portiere Cássio e il centrale Gil erano tra i convocati del CT Dunga: nessuna squadra brasiliana o del mondo fornisce un numero tale di giocatori alla selezione verdeoro.

 

In molti invocano già Tite come sostituto di Dunga nel 2018, o magari anche prima se la situazione dovesse precipitare. Ma il presidente della CBF Marco Polo potrebbe essersi lasciato sfuggire definitivamente il miglior allenatore brasiliano su piazza, visto che c’è anche chi,

compreso, gradirebbe vederlo all’opera in Europa: Tite stesso ha

che pur avendo un contratto triennale, può

alla fine di ogni anno solare, magari per allenare la Spagna o, perché no, l’Italia dei suoi avi.

 

Se il calcio brasiliano vorrà riproporsi ai vertici di questo sport, dovrà fare tesoro della lezione di un allenatore di 54 anni che, pur avendo vinto tutto, è stato capace di rinnovarsi e tornare ancor più prepotentemente alla ribalta.

 
 

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