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Il purgatorio della Fiorentina
03 nov 2016
I vecchi problemi e le nuove soluzioni della squadra più indecifrabile di Serie A.
(articolo)
9 min
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Decifrare la Fiorentina di questa stagione non è affatto facile: l’interruzione della partita di Marassi contro il Genoa, che sarà ripresa e conclusa solo il 15 dicembre, contribuisce ad annacquare anche la classifica dei “viola”, attualmente settimi con 16 punti all’attivo e 6 lunghezze di distanza dalla zona Champions League.

Il 2016 del club di proprietà della famiglia Della Valle è stato fin qui decisamente travagliato. Nonostante l’entusiasmo di un girone d’andata sopra le aspettative, la squadra di Sousa non era riuscita a raddoppiare i 38 punti raccolti nelle prime 19 gare, dopo un mercato invernale non all’altezza, al termine del quale erano arrivati due giocatori infortunati (Benalouane e Koné) e persino le dimissioni di Sousa, poi respinte dalla proprietà.

Chiuso il campionato al quinto posto, risultato che ha garantito la quarta partecipazione consecutiva all’Europa League, in molti si aspettavano un mercato che permettesse di effettuare un salto di qualità e che ponesse rimedio ad alcune lacune della rosa che, specie nella seconda parte della stagione, erano emerse in modo più o meno evidente, contribuendo al calo di rendimento nel girone di ritorno. La campagna acquisti è stata però al di sotto delle aspettative di allenatore e tifosi e, sebbene siano arrivati diversi giocatori tra cui giovani di buone speranze, solo Sanchéz, Salcedo e gioco forza Milic, cioè il sostituto di Marcos Alonso, hanno superato il muro dei 500 minuti giocati in campionato.

Bentornati vecchi problemi

La Serie A 2016/2017 si è aperta con la sconfitta dello Juventus Stadium che ha evidenziato criticità pressoché identiche a quelle dello scorso anno, ma a cui, Europa League compresa, sono seguite dodici partite con una sola altra sconfitta, sempre a Torino, stavolta contro i granata. Insomma, due sconfitte in dieci partite di campionato non sono poi tante, ma a preoccupare è più che altro la sterilità offensiva, già in qualche modo emersa lo scorso anno, soprattutto quando Kalinic aveva perso la via del gol.

L’esordio in campionato contro la Juventus aveva portato in primo piano alcuni dei difetti della passata stagione, come il problema della difesa dell’ampiezza sui cambi di gioco.

Finora la Fiorentina ha segnato 13 reti in A, ma 5 in una volta sola contro il Cagliari, un dato che la colloca all’undicesimo posto per gol a partita (1,3). La produzione offensiva rimane da metà classifica, visto che i 13,8 tiri a partita sono persino inferiori al dato medio sulle conclusioni dello scorso anno (15,1) e generano circa 1,0 xG a partita: un dato non all’altezza di una squadra che lotta per la qualificazione europea e inferiore ai quasi 1,3 xG di media generati durante lo scorso campionato.

È però anche vero che il calendario ha riservato un approccio alla nuova stagione tutt’altro che morbido per la formazione gigliata, costretta ad affrontare oltre ai bianconeri, anche Roma e Milan (contro cui ha conquistato 4 punti) nelle prime cinque partite. La seconda sconfitta stagionale, quella contro il Torino, ha in questo senso rappresentato un primo punto di svolta per la stagione dei “viola”, migliorati nella propria proposta di gioco e nella produzione offensiva. Se nelle prime cinque partite erano appena 0,59 gli expected goals mediamente generati, nelle successive gare contro Torino, Atalanta, Cagliari, Crotone e Bologna, la Fiorentina ha triplicato il proprio bottino, portandolo a 1,44 xG di media.

Pur subendo una sconfitta, la Fiorentina ha svoltato a partire dalla gara contro il Torino: la produzione offensiva si è impennata e la difesa si è fatta meno permeabile.

Di pari passo con l’incremento della produzione offensiva è migliorata anche la solidità difensiva e gli 1,26 xG concessi a partite nelle prime cinque uscite sono scesi a soli 0,75 nella successiva cinquina di incontri. Nonostante il miglioramento nelle prestazioni però, la Fiorentina ha conquistato solo 8 punti dalle ultime cinque gare di campionato, cioè tanti quanti ne aveva raccolti prima della sconfitta con il Toro. Questo andamento rende difficile anche provare a prevedere come potrà proseguire la stagione: nonostante una serie di partite più “morbide”, la squadra di Sousa non è riuscita a muovere la propria classifica, anche se la partita di Marassi da recuperare potrebbe avvicinare molto le prime cinque posizioni.

Cambiare o non cambiare?

L’estate non ha cambiato volto alla Fiorentina, per cui Paulo Sousa ha proseguito il suo lavoro sul solco di quanto fatto lo scorso anno, pur senza nascondere la sua insoddisfazione ed anzi, facendo sentire la propria voce con dichiarazioni sibilline ogniqualvolta gli è stata offerta l’occasione (l’ultima volta prima della gara contro il Bologna).

Le caratteristiche dei nuovi arrivati potevano far pensare ad un eventuale 4-3-3, visto l’arrivo di un buon numero di esterni offensivi e di un terzino destro, posizione in cui, fatta eccezione per Tomovic, la Fiorentina era scoperta. Lo stesso Sousa, durante l’estate, ha operato esperimenti in tale senso. Ma a conti fatti persino Giuseppe Rossi ha passato più tempo in campo di Kevin Diks, il nuovo (e probabilmente inesperto) esterno di difesa che non ha praticamente mai visto il campo, e il progetto è rimasto nel taccuino del portoghese.

Alla fine il sistema di gioco preferito da Sousa è rimasto il 3-4-2-1, qui nella declinazione di Bologna con Milic e Tello molto larghi e Bernardeschi ed Ilicic alle spalle di Kalinic.

Dunque la formazione del tecnico di Viseu ha ripreso la stagione con il 3-4-2-1 fluido che in attacco diventa 3-2-4-1, ma fin dalle amichevoli estive si sono viste alcune modifiche. Se in fase difensiva la Fiorentina era solita schierarsi in un 4-4-2/4-4-1-1 con Ilicic allineato a Kalinic, Borja Valero che si allargava sulla sinistra e Alonso che scivolava sulla linea difensiva che si riorganizzava a quattro, Sousa ha provato alcune alternative per provare a porre rimedio alla fragilità sulle corsie, uno dei talloni d’Achille di una fase difensiva che se si esclude qualche errore individuale di troppo, era comunque una delle più brillanti del panorama italiano.

In amichevole, Bernardeschi, spesso schierato da trequartista a fianco di Ilicic, anche considerati i problemi fisici e le voci di mercato che riguardavano Borja Valero, retrocedeva non più in posizione di esterno di centrocampo, ma praticamente da fluidificante a formare un 3-5-2 con Alonso sul lato opposto. Ciò pregiudicava l’aggressività della squadra sugli esterni, ma al contempo assicurava la linea difensiva, evitando di lasciare Tomovic a fronteggiare situazioni di uno contro uno in isolamento come spesso accaduto nella passata stagione. Ed infatti con la Juventus, Federico Chiesa, sostituto nel ruolo di trequartista di Borja Valero, scivolava direttamente sulla linea difensiva o poco più avanti, di pari passo con Bernardeschi, schierato invece da esterno di centrocampo, anche così veniva complicato il pressing sulla fase di uscita dei bianconeri, che in superiorità numerica riuscivano a evadere la pressione “viola” con relativa facilità. Forse, proprio per questo motivo, questo adattamento non è rimasto stabile.

Il 4-4-2 è tuttora il sistema difensivo privilegiato, qui un esempio dalla gara con il Cagliari.

Ma in queste prime partite si è vista un'altra variazione sul tema: il 3-4-1-2. Sousa aveva già sporadicamente provato le due punte lo scorso anno, ma principalmente in situazioni in cui c’era da recuperare il risultato. Quest’anno, ha usato il doppio centravanti anche dall’inizio, con Ilicic alle spalle di Kalinic e Rossi in estate e Kalinic e Babacar quando poi “Pepito” ha dato l’addio. Si era visto come l’attaccante croato fosse spesso l’unico sbocco per dare profondità alla manovra “viola” ma anche un po’ troppo isolato. La presenza al suo fianco di Babacar dovrebbe ovviare a questa eventualità e allo stesso tempo dargli più libertà, sia dai difensori avversari che di supportare la manovra in prima persona, venendo incontro al portatore di palla. Ma anche in questo caso c’è un costo-opportunità non indifferente, rappresentato dalla perdita del quadrilatero di costruzione formato dalla coppia di mediani e di trequartisti, tanto apprezzato durante la passata stagione. In compenso c’è un trequartista molto dinamico, incaricato di muoversi per il campo alla ricerca di una tasca di spazio in cui esercitare la propria influenza, ma si corre il rischio di perdere i collegamenti tra i reparti e di conseguenza cercare soluzione poche redditizie sulle fasce.

Con il 3-4-1-2 anche la fase difensiva cambia: con Babacar e Kalinic in avanti, il trequartista si unisce ai centrocampisti e la squadra si riorganizza in un 3-5-2.

Il nuovo atteggiamento difensivo della Fiorentina, che in alternativa al 4-4-2, si riorganizza in un 3-5-2 a seconda del sistema di gioco di partenza e l’avversario di turno.

L’incognita principale sul 3-4-1-2 riguarda la lunghezza della rosa, visto che Kalinic e Babacar sono gli unici due centravanti in rosa. Utilizzarli insieme pregiudica le possibilità di rotazione e non lascia alternative se non la seconda punta Zarate, comunque poco utilizzato fin qui.

Due cose però non cambiano nonostante le nuove soluzioni di gioco ideate da Paulo Sousa: la volontà della squadra di controllare il possesso e l’utilizzo fluido di alcuni giocatori, Bernardeschi su tutti. La Fiorentina guida la Serie A nella classifica del possesso palla con una media del 57,7%. Nonostante non siano mancati frangenti o partite in cui la circolazione dei “gigliati” ha lasciato a desiderare, la volontà di gestire la partita con il pallone tra i piedi rimane una costante nel modello di gioco del portoghese. Per avere continuità di rendimento però, mancano ancora quel movimento e quell’intensità necessari a massimizzare l’efficacia del possesso e a disorganizzare le difese avversarie e non è un caso che questo sia proprio uno degli aspetti su cui Sousa si sofferma più spesso. Tra l’altro, sempre più squadre riservano un trattamento speciale ai centrocampisti “viola”, sistematicamente marcati a uomo o comunque schermati. Cosa che richiede ancora più attenzione nel mantenere le giuste distanze e nello smarcarsi coi tempi giusti.

Le tipiche marcature o schermature con cui gli avversari cercano di limitare i centrocampisti della Fiorentina.

L’utilizzo di Bernardeschi è un po’ il manifesto dell’approccio di Sousa: se già nella scorsa stagione si era disimpegnato in diversi ruoli, giocando principalmente da fluidificante destro, quest’anno sta giocando più da trequartista. Spesso, pur non cambiando la posizione in campo, cambia il suo ruolo e compiti e la sua duttilità è uno dei grimaldelli su cui il tecnico portoghese fa più affidamento. Per ora ha già segnato 3 gol, uno in più dello scorso anno, ma per il resto si sta esprimendo più o meno sugli livelli del 2015/2016, pur con un leggero miglioramento nella selezione di tiro, uno dei suoi principali difetti (l’xG medio delle sue conclusioni è salito da 0,050 a 0,076).

La Fiorentina 2016-17 rimane una squadra molto ambiziosa e che in questo senso rispecchia in pieno il carattere del proprio allenatore, ma che ha bisogno di giocare sempre ad alti livelli per vincere. Starà a Sousa e al suo staff cercare di mantenere il livello di condizione fisica e di motivazione sempre al massimo, ma probabilmente per fare il definitivo salto di qualità serve intervenire sul mercato, oppure una rivoluzione dal punto di vista tattico: al momento, nessuna delle due ipotesi pare percorribile.

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