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Fabio Barcellona
Il Napoli e il luogo comune del bel gioco che non paga
21 apr 2017
21 apr 2017
Il gioco di Sarri è davvero un limite per la crescita del Napoli?
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Fabio Barcellona
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Se immaginassimo un mini-torneo in cui si affrontano tra loro solo le squadre che al momento occupano i primi cinque posti in Serie A, quelli che portano a una delle due coppe europee, la Juve dominerebbe comunque la classifica con una media di 2.67 punti a partita, figli di 5 vittorie e 1 pareggio nelle 6 partite sino ad ora giocate. In coda a questa mini-classifica, calcolata in base alla media punti perché non tutti match sono già stati giocati, ci sono Lazio e Napoli: con la media di 1 punto per ogni partita.

 

Il Napoli, però, ha già completato tutti gli scontri contro le rimanenti 4 avversarie ed ha ottenuto 8 punti nelle sue 8 partite: 2 vittorie e 2 pareggi. La squadra di Sarri, quindi, ha perso la metà dei match giocati contro l’elite del campionato di serie A (e, collateralmente, ne ha vinti solo un quarto).

 

I risultati ottenuti in campionato contro le migliori, uniti all’eliminazione dalle coppe per mano di Real Madrid e Juventus, pongono degli interrogativi sul valore assoluto del Napoli. Ad alimentare la discussione è giunto anche il dibattito - per la verità, a mio giudizio piuttosto sterile - che ha messo in contrapposizione il “giocare bene”, qualsiasi cosa questo significhi, con l’”efficacia”, con il Napoli come rappresentante del “bel gioco” in questa artefatta competizione. Come spesso accade questioni del genere, nel calcio come nella vita, sono più complesse e le dicotomie immaginate lasciano spazi a una ricca scala di grigi tra il bianco e nero di estremi opposti che forse neanche esistono.

 

 



 

Il calcio di Sarri è estremamente peculiare. Gli azzurri provano sempre e comunque ad esprimere il proprio gioco e a disputare la partita secondo la propria volontà. L’idea di Sarri è quella di giocare un possesso palla rivolto costantemente alla verticalità, praticamente mai conservativo e fine a se stesso.

 

In fase offensiva il Napoli costruisce dal basso facendo ampio uso del triangolo costituito dai due centrali e dal mediano del suo 4-3-3. La costruzione utilizza il centro del campo molto più frequentemente che le fasce laterali e in questa fase sono molto più comuni i passaggi tra un centrale e il mediano che quelli tra i due centrali. È un aspetto particolare della tendenza generale del

di Sarri che tende a minimizzare i passaggi orizzontali favorendo invece l’alternanza tra i passaggi verticali, avanti e indietro, o diagonali, anche entro distanze molto brevi.

 

Lo scopo di questa fase preparatoria è quello, secondo i principi del “gioco di posizione”, di disorganizzare la struttura difensiva avversaria, attirando il pressing. Le ricezioni spalle alla porta del mediano (Jorginho o Diawara), i passaggi all’indietro, la circolazione insistita sono tutti

al pressing avversario (

, detonatori del pressing, se visti con gli occhi dell’altra squadra). Questo è il motivo per il quale il Napoli non attua mai la “

”, ma cerca invece di servire sempre palla al mediano alle spalle degli attaccanti, provando così a “tirar fuori” dalla linea mediana un centrocampista avversario.

 


Spesso Jorginho si fa dare la palla per attirare a sé la pressione, le capacità coi piedi di Reina consentono poi di usare a proprio vantaggio la pressione avversaria, trovando lo smarcamento di Hamsik o dell'altra mezzala dietro a quella avversaria.

 

Avanzando lungo il campo la manovra del Napoli continua a cercare di manipolare la struttura difensiva avversaria e di generare superiorità posizionale. Per fare questo il Napoli fa un largo utilizzo dei cosiddetti “spazi di mezzo” (o anche “

”) e, come nelle fasi di prima costruzione, invita gli avversari al pressing congestionando la zona palla.

 

La ricerca degli spazi di mezzo soddisfa pienamente l’esigenza di muovere lo schieramento difensivo avversario, generando in aggiunta imprecisioni nelle uscite a causa di dubbi su chi tra i difendenti sia competente ad andare in marcatura. Vengono utilizzati sia gli spazi verticali che si generano tra le linee, che quelli orizzontali tra i componenti della stessa linea avversaria. La fitta ragnatela di passaggi avanti e indietro serve ad attirare avversari in zona palla per poi trovare un uomo libero alle spalle della pressione, o sul lato debole, anche in questo caso applicando un principio cardine del gioco di posizione.

 

In ottica macroscopica, anche la preponderanza della fascia sinistra nella costruzione della manovra, con i continui fraseggi e cambi di posizione tra il terzino (Ghoulam o Strinic), Hamsik ed Insigne, risponde alla medesima logica, richiamando gli avversari su un lato di campo per poi colpirli sul lato debole con Callejon.

 

La fase di rifinitura e finalizzazione è diretta conseguenza di quella di costruzione della manovra e ne segue gli stessi principi, con la ricerca del lato debole dopo avere sovraccaricato di avversari il

e l’utilizzo degli inserimenti profondi dei centrocampisti, negli spazi creati grazie al destrutturazione dello

.

 

I principi di gioco applicati nella fase di possesso regalano ampiamente al Napoli il maggior possesso palla (59.1%) e la maggiore accuratezza nei passaggi (87.1%) nella serie A. Jorginho, Hamsik e Diawara occupano rispettivamente i primi tre posti nella classifica del numero di passaggio per 90 minuti.

 

 



 

La densità creata dal Napoli in zona palla in fase di possesso crea i presupposti per una transizione difensiva orientata al gegenpressing immediato per recuperare presto il pallone o, comunque, forzare gli avversari a una giocata complessa favorendone l’errore. Il gegenpressing è giocato avendo come riferimento la posizione del pallone e cercando quindi di occupare la posizione migliore per contrastare le ripartenze avversarie.

 

In ogni caso il posizionamento difensivo dei giocatori della squadra di Sarri ha come riferimento principale la posizione del pallone e, in secondo ordine di priorità, quella dei compagni, al fine di rispettare delle distanze programmate dei componenti della squadra. La posizione degli avversari è solo l’ultima delle variabili che influenza la struttura difensiva degli uomini di Sarri.

 

Quella del Napoli è una

che pressa in maniera aggressiva le fasi di possesso avversarie; la linea di difesa è sempre molto alta per accompagnare il pressing mantenendo le corrette distanze tra i reparti e tutta la squadra tende a orientarsi fortemente in zona palla, scegliendo l’affollamento e la riduzione degli spazi utili alle giocate avversarie sul lato forte.

 

 



 

Contro il calcio estremamente organizzato di Sarri, gli avversari hanno sviluppato diverse strategie per contrastarne gli sviluppi offensivi e punirne le scelte difensive. Contro il possesso palla del Napoli, ricco di contributi derivanti dal gioco di posizione, hanno avuto successo approcci che in maniera diversa hanno cercato di negare alla squadra di Sarri la possibilità di creare o utilizzare gli spazi in cui trovare l’uomo libero.

 

Il primo approccio è quello messo in atto, ad esempio, dalla Roma di Spalletti. O dalla Lazio di Simone Inzaghi nella partita di andata al San Paolo. La scelta di difendere con 3 difensori centrali ha consentito a Roma e Lazio di potere occupare con maggiore naturalezza gli half-spaces, con i difensori, che, forti di una maggiore copertura centrale potevano uscire con aggressività nei mezzi spazi negando un fondamentale sviluppo della manovra offensiva del Napoli.

 

La difesa a 3, potenzialmente in grado di soffrire la parità numerica contro il tridente offensivo della squadra di Sarri, si è in genere rivelata piuttosto efficace nel disinnescare le ricezioni dei giocatori del Napoli negli spazi di mezzo, garantendo comunque il controllo dell’ampiezza con gli esterni.

 


Callejon occupa l’half-spaces e viene seguito alto da Juan Jesus, che può giocare aggressivo, coperto dagli altri due centrali Fazio e Manolas.


 

Un secondo approccio è quello mostrato, in accordo con le proprie caratteristiche, dall’Atalanta di Gasperini e dal Genoa di Juric, che hanno contrastato la fase offensiva del Napoli utilizzando un sistema di marcature a uomo. In questi sistemi la squadra che difende sceglie di controllare gli avversari e non lo spazio, ed è pertanto meno vulnerabile alla strategia di possesso del Napoli che mira a manipolare la struttura difensiva avversaria per creare spazi dove trovare l’uomo libero e sgomberare gli half-spaces.

 

La struttura di non possesso delle squadre che marcano a uomo è poco definita ed è malleabile per adattarsi ai movimenti degli attaccanti; l’attenzione riservata agli uomini rende la creazione di spazi di ricezione per gli avversari un problema molto meno importante rispetto ai sistemi difensivi a zona, che basano le loro fortune sul controllo degli spazi.

 

Infine, come ha sempre fatto la Juventus di Allegri nei due anni di Sarri a Napoli, un terzo approccio è stato quello di ridurre gli spazi tra le maglie della struttura difensiva, tenendo molto vicine tra loro la sia la linea di centrocampo e difesa che i componenti delle linee, limitando anche le distanze orizzontali e proteggendo il centro. Il blocco basso frequentemente adottato dalle squadre che hanno usato questo approccio è stato in genere refrattario ad abboccare all’invito al pressing dei giocatori del Napoli, al fine di preservare integra e senza buchi la struttura difensiva.

 


Le linee strette e ravvicinate del 4-4-2 difensivo della Juventus che nega gli spazi intermedi alla manovra del Napoli.








 

Gli avversari del Napoli tentano di sfruttare a proprio vantaggio anche le peculiarità del sistema difensivo di Maurizio Sarri. La forte attenzione mostrata dal Napoli per la difesa del lato forte rende la squadra potenzialmente vulnerabile sul lato debole e le squadre avversarie provano a spostare continuamente gli azzurri da un lato all’altro del campo tramite cambi di gioco, alla ricerca di spazi da sfruttare lontano dal pallone.

 

Lo schieramento puramente a zona adottato anche dentro l’area di rigore su palla laterale è spesso punito dagli avversari con inserimenti alle spalle del terzino del lato debole, che ha il compito di presidiare lo spazio antistante il secondo palo ed è pertanto vulnerabile nello spazio esterno alla zona porta.


 

Le squadre avversarie provano poi con continuità ad attaccare lo spazio alle spalle della linea difensiva sempre alta della squadra di Sarri, approfittando di un non sempre perfetto elastico difensivo, talvolta poco preciso nelle scelte tra copertura della profondità o mantenimento del posizionamento alto.

 

Infine, la difesa del Napoli soffre i calci piazzati a sfavore. Sarri adotta per i suoi uomini una difesa a zona in ogni situazione, corner e calci di punizioni dalle fasce, che gli allenatori avversari provano a battere attaccando la zona oltre l’ultimo uomo sul lato debole, a presidio in genere del secondo palo e provando a disordinare il castello difensivo muovendo la palla prima di effettuare l’eventuale cross.


 



 

Nel calcio di oggi le prestazioni delle squadre e dei singoli giocatori sono vivisezionate da analisti video spesso supportati dallo studio statistico avanzato delle prestazioni, per questo è sempre più complicato sorprendere gli avversari e prevalere sul piano tattico, specie se si vuole giocare un calcio propositivo e non limitarsi a bloccare il gioco degli avversari.

 

Nei due anni di Sarri a Napoli gli avversari hanno sempre più affinato le strategie per provare a sabotare il calcio offensivo giocato dagli azzurri, ottenendo talvolta buoni risultati. Da questo punto di vista, il gioco del Napoli, profondamente strutturato e estremamente coerente nel trovare soluzioni all’interno dello spartito programmato, possiede meno anticorpi contro le strategie avversarie che nel corso delle partite risultano vincenti. In fase d’attacco la ricerca del gol tramite inserimenti degli esterni o delle mezzali e lo sfruttamento del lato debole, ha poche alternative.

 

Ma questo è, almeno in parte, imputabile anche alle caratteristiche tecniche degli attaccanti che non favoriscono una differenziazione delle possibilità nell’ultimo terzo di campo.

 

Tra gli esterni, Callejon ha pochissima capacità di creare superiorità numerica per mezzo di dribbling (0.1 dribbling riusciti ogni 90 minuti, solo Albiol ne realizza di meno) e lo stesso Insigne, al di là dei fraintendimenti sulle

, è più efficace come giocatore associativo che nella ricerca di soluzioni individuali.

 

Mertens, inventato da Sarri centravanti dopo l’infortunio di Milik, garantisce un ottimo gioco di raccordo e creazione degli spazi, staccandosi dalla marcatura avversaria, venendo incontro al portatore di palla giocando a “muro”, chiudendo triangoli o combinazioni verso un terzo compagno di squadra. Mancano al belga però altre dimensioni del gioco che sarebbero utilissime per diversificare le soluzioni offensive e rendere ancora più efficaci quelle usate. Solo raramente Mertens (lo stesso però vale anche per Milik) si muove in profondità per ricevere il pallone o, in ogni caso, abbassare la difesa creando spazi tra le linee di difesa e centrocampo avversarie.

 

Inoltre, contro squadre che negano gli spazi e occupano il centro del campo, la manovra può più facilmente prendere la via delle fasce, ma la rifinitura dall’esterno è poco efficace per l’assenza di capacità di finalizzazione sui cross degli attaccanti partenopei. In quest’ottica l’infortunio di Milik è stato sicuramente penalizzante per il Napoli e Pavoletti, acquistato a gennaio, ha mostrato troppi limiti tecnici per potere interpretare al meglio il lavoro richiesto lontano dall’area di rigore al centravanti della squadra di Sarri.

 

In quest’ottica

, al di là dell’assoluto valore del centravanti argentino, ha di fatto limitato le opzioni offensive del Napoli privandolo di un giocatore capace di variare i movimenti a supporto delle azioni d’attacco, giocando con uguale efficacia in raccordo alla manovra, tracce verticali e profonde e spostamenti chirurgici dentro l’area per la finalizzazione.

 

Nonostante questi limiti, il Napoli ha una notevolissima produzione offensiva. Gli azzurri hanno segnato più di tutti in campionato (75 gol) e, dopo la Roma, sono la squadra con il maggior numero di tiri effettuati (17.3 ogni 90 minuti). I tiri del Napoli sono tanti e oltretutto la qualità dei tiri prodotti è buona: dal rapporto tra xG e tiri effettuati emerge che mediamente ogni tiro del Napoli ha il 10% di probabilità di diventare un gol, quinto miglior risultato in serie A. I tiratori del Napoli sono poi abili a tramutare in gol le occasioni di buone qualità prodotte: il rapporto tra xG e gol realizzati (esclusi rigori) è pari a 0.80 (un valore inferiore a 1 del rapporto indica un numero di gol effettivamente segnati superiore a quelli attesi, e solo Torino e Cagliari hanno valori di questo rapporto inferiori a quelli del Napoli).

 

 



 

Al Napoli, piuttosto, può venir viene imputata una certa fragilità difensiva. I numeri parlano della terza difesa per gol effettivamente subiti (33 in 32 partite), dietro Juventus e Roma e della seconda difesa per xG subiti, con 0.78 xG per partita, in linea con la reale posizione in classifica della squadra.

 

Il Napoli è anche la squadra che dopo la Juventus subisce meno tiri, 307 in tutto il campionato, con una media di 9.6 tiri subiti a partita di cui solo 3.06 finiscono nello specchio. La percentuale di tiri nello specchio rispetto al totale pone il Napoli all’ottavo posto di una ipotetica classifica. Una misura della qualità dei tiri concessi può essere data dal valore di xG subito per ogni tiro, ottenuto dal rapporto tra gli xG subiti e il numero totale di tiri subiti. Il Napoli concede mediamente tiri con lo 8.1% di probabilità di tramutarsi in gol, al quinto posto in serie A dietro Juventus, Roma, Atalanta e Milan. In definitiva il Napoli concede pochi tiri agli avversari e di qualità abbastanza bassa.

 

Meno felici sono i numeri in qualche maniera maggiormente riconducibili alle capacità del portiere di evitare i gol. In serie A solo Palermo e Genoa hanno un rapporto tra xG e gol effettivamente subiti (esclusi rigori) peggiore del Napoli. Significa che il Napoli concede tanti gol rispetto alla qualità dei tiri che concede. Reina è inoltre solo il quindicesimo portiere di serie A nel rapporto tra gol subiti e parate (2.28).

 

Un altro dato negativo per la squadra di Sarri è il numero di gol subito sugli sviluppi di calci piazzati. Il 27% dei gol subiti dal Napoli (9 su 33) viene da situazioni di palla ferma: solo Genoa e Atalanta hanno percentuali più elevate.

 

I numeri testimoniano che la qualità complessiva della difesa del Napoli è certamente buona, ma soffre troppo i calci piazzati e probabilmente il contributo di Reina tra i pali non è pari a quello fondamentale fornito nella costruzione bassa del gioco della propria squadra.

 

A questo vanno aggiunti troppo frequenti errori individuali che regalano

. A distrazioni e errori è probabilmente imputabile il fatto che il Napoli ha qualche difficoltà, rispetto ai numeri difensivi generali, a mantenere la porta inviolata. I “clean sheet” in campionato sono 10 come Empoli e Chievo; meglio della squadra di Sarri hanno fatto Juventus, Roma, Atalanta, Milan e Fiorentina.

 

 



 

Il Napoli è uscito dalla Champions League e in Coppa Italia contro squadre che più o meno oggettivamente possiamo considerare più forti di quella di Sarri. In campionato gli azzurri stanno competendo con la Roma per il secondo posto e i risultati, tutto sommato, sono in linea col valore della squadra. I dati statistici più fini indicano anche che, in accordo coi risultati, la qualità offensiva e difensiva è più che buona, con margini di miglioramento nella difesa della porta e sui calci piazzati.

 

Il calcio di Sarri è un calcio fortemente organizzato e questa organizzazione può essere in qualche modo girata a proprio vantaggio dagli avversari che, conoscendo ciò che si troveranno ad affrontare, possono mettere a punto strategie mirate a disinnescare i suoi punti di forza e massimizzare le debolezze



 

In fase d’attacco il perimetro delle possibilità del Napoli è definito, oltre che dalla volontà del proprio allenatore, dalle caratteristiche dei giocatori offensivi che non consentono grosse variazioni rispetto al tema prestabilito. In fase difensiva, i tanti gol subiti da situazioni di calcio piazzato sembrano suggerire che le qualità dei difensori di Sarri si sposerebbero male con una strategia di difesa bassa e posizionale; le incertezze talvolta mostrate dalla fase di non possesso del Napoli, sembrano maggiormente figlie di errori individuali di una linea difensiva che pratica un calcio coraggioso e ambizioso.

 

A questo va aggiunto che il Napoli non riesce ad alternare momenti di maggiore controllo ad accelerazioni e, come dichiarato dallo stesso Sarri, la squadra deve sempre giocare al ritmo per cui è stata programmata.

 

In generale la possibilità di variare le proprie soluzioni di gioco in entrambe le fasi di gioco è un’opportunità tattica che se ben giocata può essere preziosa per ogni squadra. Rimanendo in Italia, una delle forze della Juventus di questi anni, è stata proprio la capacità di interpretare più registri tattici in funzione della partita e degli avversari, mutando anche all’interno della singola partita. Il Napoli, per scelta del proprio allenatore e per oggettive limitazioni della propria rosa, ha poche possibilità di variare il proprio approccio tattico. Questa può essere considerata a tutti gli effetti un’arma in meno da giocare nella sfida strategica contro gli avversari.

 

Di contro, l’estrema chiarezza nei compiti dei calciatori porta a meccanismi di gioco oleatissimi, e i fugaci e improvvisati tentativi di 4-2-4 messi in mostra talvolta per cercare di segnare un gol nei minuti finali, hanno evidenziato come il Napoli non abbia le capacità necessarie per giocare un calcio che non sia quello iper organizzato dal proprio allenatore.
La crescita della squadra di Sarri deve necessariamente passare per da quella della qualità complessiva della propria rosa: sembra necessario migliorare il reparto offensivo, aggiungendo un calciatore in grado di potere variare il registro tattico della fase di finalizzazione. Un centravanti moderno, in grado di fare tutto, come ad esempio è Lacazette del Lione, sarebbe ideale. La difesa andrebbe rinforzata, affiancando a Koulibaly un giocatore più giovane di Albiol e capace di interpretare il ruolo in maniera cerebrale come la zona di Sarri impone; un calciatore della caratteristiche di Rugani, esploso proprio con il tecnico azzurro, sarebbe perfetto. Anche il livello degli esterni difensivi andrebbe alzato per migliorare significativamente la squadra e c’è da chiedersi se il prezzo pagato tra i pali alle qualità in costruzione di Pepe Reina non sia troppo alto.

 

Tornando alla domanda iniziale, nel calcio non esiste una dicotomia tra giocare bene e vincere: nel lungo periodo non si può vincere giocando male. Il punto è che non esiste una sola maniera di giocare bene e nemmeno una definizione univoca di “bel gioco”.

 

Una buona definizione potrebbe essere quella che identifica il giocare bene con il riuscire a esprimere in campo ciò che si è progettato di fare prima della partita, indipendentemente da ciò che questo sia. Se diamo per buona tale definizione, è possibile pensare che il Napoli giochi bene, perché il più delle volte la partita prende la direzione tattica immaginata dal proprio allenatore. Ma chiaramente ha ancora dei limiti insiti nella propria maniera di interpretare il calcio e nella qualità dei propri calciatori.

 

La capacità di superare questi limiti darà la misura della bontà a lungo termine del progetto del Napoli, e soprattutto non dipende solo da Sarri.

 

 

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