Nella finale di domenica l’Italia non c’era, ma per le giocatrici allenate da Milena Bertolini questo Mondiale è stato un successo al di là delle migliori aspettative: la squadra si è spinta oltre i propri limiti con tenacia, qualità e organizzazione di gioco. Ha fatto squadra, come si è visto in un’immagine rimbalzata in questi giorni: quando, dopo aver perso contro l’Olanda, tutte le giocatrici e lo staff della Nazionale italiana si sono riunite, abbracciate, per qualche minuto, e hanno concluso così il Mondiale, con un momento in gruppo.
Al termine di una competizione per molti versi sorprendente un po’ di amarezza c’è stata, come è giusto che sia. Nei giorni che hanno preceduto la partita dei quarti di finale le "Azzurre" avevano iniziato ad accarezzare l’idea di fare il colpaccio, di raggiungere una semifinale mondiale per la prima volta nella storia. D’altronde, perché non sperare? I risultati delle partite possono essere molto diversi dalle quotazioni dei bookmaker e già all’esordio contro l’Australia era andata così. Ma il colpo di testa di Miedema e van der Gragt ci hanno riportato con i piedi per terra.
Per un tempo le giocatrici hanno retto il confronto con l’Olanda campione europea in carica e finalista, riuscendo a impensierirne la difesa in almeno due episodi dove, però, sono mancate le energie per essere davvero efficaci. Poi, complici la stanchezza e il bizzarro orario della partita giocata nel primo pomeriggio sotto un sole cocente e quasi 40 gradi, dal settantesimo minuto in poi la squadra ha sofferto l’atletismo dell’Olanda. Ma sarebbe sbagliato farne una questione puramente casuale o, peggio, di caratteristiche individuali delle calciatrici in campo: l’energia dipende anche dalla sistematicità e dalla costanza con cui ci si allena, e che l’Italia avesse un gap ancora da colmare si sapeva.
È stato un successo?
La Nazionale italiana è stata praticamente l’unica rivelazione della prima fase del Mondiale: ha superato il proprio girone da prima mentre le previsioni la vedevano eliminata a favore delle più blasonate Australia e Brasile. Poi, da vera outsider, è arrivata ai quarti di finale battendo la Cina, ancora una volta contro ogni previsione.
La stessa allenatrice azzurra aveva posto gli ottavi come l’obiettivo a cui aspirare e questo traguardo era in linea con la quindicesima posizione assegnata all’Italia nell’ultimo ranking mondiale che la FIFA aveva diffuso a fine marzo (nelle edizioni precedenti della classifica internazionale ideata nel 2003 l’Italia non era mai andata oltre la decima posizione). Anche se confrontata con lo storico dell’Italia al Mondiale la prestazione della squadra è stata un successo: l’Italia non aveva mai raggiunto la seconda fase a eliminazione diretta di un Mondiale. Nel 1991 la Nazionale era arrivata ai quarti, ma il pionieristico Mondiale cinese era a 12 squadre e gli ottavi di finale non erano nemmeno previsti (le azzurre erano arrivate seconde nel loro girone, qualificandosi direttamente ai quarti).
Nella partecipazione a USA 1999, invece, la Nazionale italiana era uscita dalla competizione alla fase a gironi, e non è più riuscita a qualificarsi per le edizioni successive. La qualificazione a Francia 2019 era stata già un ottimo risultato per la squadra, a 19 anni dall’ultima partecipazione in un Mondiale.
Ma arrivate in Francia, di partita in partita le calciatrici hanno iniziato a farsi un’idea del proprio valore. «Credo che ora le ragazze abbiano molta più consapevolezza delle loro qualità. Questo è un punto di partenza, c’è una base per poter lavorare per il futuro», ha dichiarato Milena Bertolini nella conferenza stampa con cui si è chiusa l’esperienza francese della Nazionale.
A questa base contribuirà anche il successo di pubblico delle Azzurre che durante il Mondiale è cresciuto. Giocata in un sabato pomeriggio torrido anche in Italia, la partita con l’Olanda ha incollato davanti al televisore più di sei milioni di spettatori, ossia il 44.35% delle persone che stavano guardando la tv. Quattro milioni e mezzo di spettatori hanno guardato in TV la partita contro la Cina, sebbene le squadre siano entrate in campo alle 18. Ma il vero punto di svolta c’è stato nella fase a gironi: da quando la RAI ha trasmesso le partite dell’Italia su RAI 1: contro il Brasile sono stati 7.303.000 gli spettatori sintonizzati sulla prima rete pubblica e su Sky.
Se pensiamo che lo scorso marzo la partita dei record tra Juventus Women e Fiorentina Women’s aveva avuto 343.000 spettatori su Sky, i numeri sono da capogiro.
Gli ascolti della partita con il Brasile hanno fatto notizia a livello internazionale.
«Sono orgogliosa del fatto che le ragazze abbiano fatto conoscere il loro calcio a tutti gli italiani, facendoli appassionare: è questo il vero successo del Mondiale», ha osservato Milena Bertolini durante la conferenza stampa conclusiva.
La crescita di interesse non si è fermata alle partite dell’Italia. Il quarto di finale tra Francia e Stati Uniti, trasmesso in prima serata da RAI 2, ha avuto più di un milione e mezzo di spettatori e, sempre su RAI 2, 1.720.000 persone hanno guardato la semifinale vinta dagli Stati Uniti contro l’Inghilterra. Anche la finale, vinta dagli Stati Uniti contro l'Olanda, ha attirato molto pubblico davanti alla TV: domenica pomeriggio, dalle 17 in poi, ben 1.468.000 persone (13,4% di share) hanno seguito la partita su RAI 2.Si può dire quindi senza timore di essere smentiti che, a fronte di qualche irriducibile scettico, molte persone si sono appassionate al calcio femminile grazie al Mondiale, e che hanno apprezzato il gioco e lo spettacolo offerto dalle atlete in campo.
Come se ne è scritto?
Non soltanto il pubblico, ma anche gli articoli sui giornali sono aumentati nel tempo: negli ultimi anni c’era già stata una certa attenzione per la Nazionale e per il calcio femminile da parte della stampa generalista e dei periodici femminili, ma con il Mondiale l’interesse dei media è aumentato.
Per cominciare, oltre a trasmettere le partite, entrambe le emittenti televisive hanno seguito la competizione con approfondimenti e speciali. Inoltre, i quotidiani sportivi hanno dedicato molto più spazio alle partite giocate dalla squadra di Bertolini che è stata più volte sotto i riflettori.
La vittoria con la Cina in prima pagina.
Pur venendo eliminata ai quarti, la Nazionale femminile è stata elogiata sui principali quotidiani, che ne hanno evidenziato l’impegno e la prestazione al di sopra delle aspettative. Alcune calciatrici sono state paragonate a grandi giocatori del passato e del presente, ma al centro del racconto c’è stato un gruppo che, di partita in partita, ha convinto con i propri risultati, si è raccontato e si è lasciato raccontare con semplicità.
“Come raccontare il Mondiale dell’Italia” è stata una domanda centrale nelle scorse settimane, a cui i media hanno risposto in modo vario (e più o meno attinente, anche con aneddoti simpatici come quello della processione a Castelguidone ai tabellini delle partite). Qualcuno, anche stavolta, ha colto l’occasione per sparare a zero contro il calcio femminile, ma sono stati pochi e poco ascoltati. Grande risonanza, invece, è stata data all’Italia sulla stampa internazionale, che ne ha apprezzato i risultati e il gioco. La difesa della Nazionale italiana, per esempio, è stata elogiata più volte dai giornalisti sportivi del Guardian.
Stilando la classifica delle squadre più forti del Mondiale al termine degli ottavi di finale, il quotidiano britannico ha inserito la squadra di Bertolini al quinto posto, sostenendo «se non vi siete ancora innamorati un po’ dell’Italia, è perché non l’avete guardata con sufficiente attenzione».
Non soltanto la stampa ha parlato del Mondiale dell’Italia, ma se ne è parlato anche sui social network, così come nelle discussioni al bar. Provando a districarsi in mezzo ad inevitabili preconcetti (da «eh, vedi, non sono come i maschi: si rialzano subito» a «a me non piace perché è lento») il pubblico italiano si è avvicinato al calcio femminile: «Credo che questo Mondiale abbia velocizzato un cambio culturale, ha modificato un po’ la testa degli italiani sul calcio femminile», ha riassunto Bertolini. Perché adesso, oltre alle figure leggendarie del calcio italiano del passato (Carolina Morace e Patrizia Panico, per esempio), le aspiranti giocatrici hanno anche degli esempi attuali a cui ispirarsi.
Professioniste tra quanto?
In questi giorni, complice il passaggio alla Camera del collegato in materia di sport, si è discusso molto anche dello status delle calciatrici (e in modo piuttosto sloganistico in alcuni frangenti). Il professionismo arriverà, ma non subito: il presidente della FIGC ha ribadito che questo passo dovrà essere sostenibile per tutte le squadre.
Il Chievo Verona Valpo, per esempio, nei giorni scorsi ha cessato le proprie attività e ha rinunciato a iscriversi al campionato. A prescindere dagli sviluppi futuri, però, l’attenzione di questi giorni è stata di supporto alla squadra e a tutto il movimento: «Ci auguriamo che tutto questo non finisca», ha auspicato Bertolini ai microfoni di Sky, «ma che si continui con l'interesse. Le ragazze lo meritano».
Un interesse costante e non effimero: questo è quanto è mancato finora al calcio femminile. La prossima squadra a farne le spese potrebbe essere l’ASD Mozzanica, imparentata dal 2017 con l’Atalanta. Venerdì la società ha comunicato di voler rinunciare al prossimo campionato, dopo che l’Atalanta ha deciso di non prendere visione dei progetti proposti per la squadra.
Eppure le calciatrici sono triplicate in vent’anni: da 8.000 si è arrivati a 23.903 tesserate, come emerge dai dati diffusi venerdì dal Censis, e su cento persone tesserate dalla FIGC in Italia, due sono di sesso femminile. E il calcio femminile non si ferma qui, anche in Italia. Già a fine agosto la Nazionale giocherà la prima partita di qualificazione agli Europei, e il campionato di Serie A ricomincerà il 14 settembre, il giorno dopo la Serie B.
Solo allora capiremo se l’interesse di questi giorni è stato sporadico e legato a una manifestazione con un fascino indiscusso (in fondo anche per il maschile ci sono quei tifosi che “guardano solo i Mondiali”) e magari anche a dei risultati per una volta sorprendentemente positivi.