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Calcio Fabio Barcellona 1 luglio 2019 6'

Cosa rimane del Mondiale dell’Italia

La Nazionale è uscita contro l’Olanda ma è stato un grande Mondiale.

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Prima della partita con l’Olanda, l’Italia aveva già superato l’obiettivo minimo fissato dall’allenatrice Milena Bertolini prima dell’inizio della Coppa del Mondo. Inserita in un girone difficile, dove si pensava che la presenza di Australia e Brasile avrebbe relegato “le Azzurre” al terzo posto del gruppo C, l’Italia, grazie alla vittoria all’esordio contro le australiane, era addirittura riuscita a concludere il suo girone al primo posto, regalandosi un ottavo di finale contro la Cina, un’avversaria ostica, ma alla portata.

 

Giunta tra le prime otto del mondo, l’avversaria per i quarti di finale non poteva certo essere agevole e, nonostante prestazioni non sempre convincenti nei turni precedenti, le campioni d’Europa dell’Olanda rappresentavano un ostacolo difficilissimo per la squadra di Bertolini.

 

Le mosse di Milena Bertolini e il calo nel secondo tempo

Per la sfida contro l’Olanda l’allenatrice azzurra ha operato alcuni significativi cambi rispetto alla partita contro la Cina. Bertolini ha rinunciato all’attaccante Cristiana Girelli, inserendo tra i titolari la centrocampista Aurora Galli, modificando quindi la struttura posizionale della sua squadra. In fase di non possesso “le Azzurre” si sono schierate con un 4-3-1-2 finalizzato a schierare il proprio centrocampo a specchio con le avversarie. Galli si è occupata di marcare la mediana Spitse, con Bergamaschi e Cernoia, rispettivamente mezzala destra e mezzala sinistra, nella zona delle mezzali avversari e la mediana Giugliano a protezione della linea difensiva. 

 

A completare la disposizione in fase difensiva era la posizione delle due punte, Bonansea e Giacinti, che si orientavano sulle centrali avversarie indirizzando così la costruzione bassa olandese verso le due esterne basse, Van Lunteren e Van Dongen. Bertolini ha invertito anche la posizione delle due terzine, Guagni e Bartoli, spostando la prima sulla sinistra, in marcatura della veloce ala Van de Sanden e lasciando alla Bartoli il controllo di Lieke Martens. L’Olanda, dal canto suo, non ha abbandonato il suo rigido 4-3-3 e la volontà di fare circolare il pallone e avanzare palleggiando lungo il campo.

 

Il copione tattico della partita, sin dai primi minuti, non si è discostato dalle previsioni della vigilia. L’Olanda ha dominato il possesso muovendo ordinatamente il pallone, mentre l’Italia provava a utilizzare il pressing, portato ad altezza media e fortemente orientato sulla posizione delle avversarie, sia come mezzo difensivo che come piattaforma per ripartenze su distanze medie. 

 

L’Olanda è riuscita a manovrare con più continuità sulla fascia destra, sfruttando a proprio vantaggio la strategia di pressing dell’Italia. Le olandesi sono state brave, sulla destra, a punire gli attimi di ritardo delle uscite in pressione su Van Lunteren della mezzala Cernoia. La terzina orange aveva il tempo e lo spazio per servire l’ala Van de Sanden o la mezzala Groenen, che si muoveva alle spalle di Cernoia, creando di fatto un due contro uno con la terzina Guagni – mentre Giugliano non riusciva a coprire in tempo le uscite in pressione della mezzala italiana. 

 

Dal lato sinistro, il maggiore dinamismo di Bergamaschi e la libertà tattica della mezzala sinistra Van de Donk e di Lieke Martens, spesso accentrate nella zona degli half-spaces, non hanno creato i presupposti per il dominio della catena laterale del 4-3-3. 

 

Nonostante il ripetuto svantaggio strategico sulla propria fascia sinistra, l’Italia è riuscita a prevenire i pericoli per Giuliani grazie all’abilità della linea difensiva, capace di proteggere l’area di rigore dai cross avversari. Sara Gama è stata abilissima nelle letture, mentre Elena Linari si è distinta nelle uscite in anticipo sulla centravanti Miedema. L’estrema solidità difensiva, una delle migliori qualità della Nazionale azzurra, ha permesso all’Italia di limitare a soli quattro tiri su azione il bottino offensivo dell’Olanda nel primo tempo. 

 

Le migliori occasioni dei primi 45 minuti sono state invece a favore delle “Azzurre”, figlie di due azioni paradigmatiche della fase offensiva della squadra di Bertolini. L’Italia, come in tutta la competizione, ha puntato sulle ripartenze medio-corte dopo azioni di pressing e, in fase di possesso consolidato, su un gioco verticale capace di innescare velocemente le punte, da utilizzare come riferimento per risalire il campo, o da servire in profondità alle spalle della linea difensiva avversaria. 

 

La migliore occasione per le azzurre, capitata al diciassettesimo minuto tra i piedi di Bergamaschi, è nata proprio da un lancio verticale di Cernoia che ha raggiunto Bonansea alle spalle della centrale Van der Gragt. Anche l’ottima occasione del minuto trentasei, conclusa con un tiro in diagonale di Giacinti terminato al lato, è nata dalle consuete direttrici di gioco azzurre: lancio in profondità dietro le centrali avversarie e riconquista della seconda palla sulle affannosa difesa della profondità delle olandesi.

 

Il progetto tattico dell’Italia ha mostrato però la corda nel secondo tempo. Il gioco delle azzurre aveva bisogno di un’intensità che non ha retto ai secondi 45 minuti. Il palleggio dell’Olanda si è fatto più insistito e ha abbassato il baricentro delle azzurre, spostate sempre più indietro. 

 

Negli ultimi minuti del primo tempo Bertolini ha provato a rendere più sicuro il palleggio delle “Azzurre” scambiando le posizioni di Galli e Bergamaschi, con la prima dirottata al fianco destro di Giugliano per provare ad alleggerire la pressione con il pallone delle olandesi, cercando di manovrare di più e tenere il possesso. La mossa dell’allenatrice italiana non ha avuto però successo e le azzurre gradualmente si sono ritrovate a subire la circolazione palla olandese, difendendo sempre più vicine alla propria area. 

 

L’affanno italiano si è tradotto in un maggiore numero di punizioni concesse alle avversarie (solo 3 nel primo tempo, 10 nella ripresa) e proprio due calci piazzati hanno generato i due gol della vittoria olandese. Le sostituzioni di Bertolini, con l’ingresso di Sabatino per Bonansea e di Serturini per Bergamaschi, e i continui rimescolamenti tattici dell’allenatrice italiana per provare a ribaltare la situazione ormai compromessa, hanno tenuto in vita la partita e hanno fruttato una buona occasione proprio per Sabatino, la cui conclusione all’83’ è stata però neutralizzata dall’uscita bassa di Van Veenendaal.

 

Cosa rimane della Coppa del Mondo dell’Italia

Per settanta minuti l’Italia è riuscita a tenere testa alle olandesi, campionesse d’Europa, con una partita davvero emblematica dalle caratteristiche delle due squadre e persino della tradizione calcistica dei due paesi. 

 

L’Olanda è una squadra impostata su un rigido 4-3-3 e sulla ricerca del palleggio favorito dai triangoli che naturalmente il modulo di gioco disegna in campo. L’Italia è invece una squadra che basa gran parte della sua forza su una linea arretrata di alto livello, grazie alle perfette letture tattiche di Sara Gama, alle capacità di anticipo di Elena Linari e all’attenzione nella difesa degli uno contro uno, e del lato debole delle terzine Guagni e Bartoli, supportata da un’ottima Laura Giuliani. 

 

La qualità difensiva del reparto arretrato ha consentito a Bertolini di proporre con sufficiente continuità un pressing orientato alla marcatura individuale che ha spesso offerto, come nell’ottavo di finale contro la Cina, il migliore innesco delle azioni offensive azzurre, basate su ripartenze medio-corte. A completare il quadro la continua ricerca di aggiustamenti per adattarsi alle caratteristiche degli avversari e ai momenti della partita e la predilezione per fasi d’attacco rapide e dirette. Un calcio così definito richiede però un’intensità di gioco sempre elevata, e non prevede strutturalmente fasi di gestione del ritmo con il possesso del pallone (41% di possesso palla e 66% di precisione contro l’Olanda), e, come in occasione della partita con il Brasile e in parte dell’ottavo di finale contro la Cina, anche la partita contro l’Olanda ha visto le azzurre calare nella seconda parte del match. 

 

Nella ripresa le azzurre hanno concesso 16 tiri in porta alle olandesi, contro i soli 5 tiri della squadra di Sarina Wiegman nel primo tempo. In fase d’attacco l’Italia non è più riuscita a rendersi pericolosa, dopo le due buone occasioni avute nei primi quarantacinque minuti, concludendo verso la porta avversaria solo due volte e solo dopo essere passata in svantaggio.

 

This isn’t the end, it’s just the beginning 🇮🇹👊#ForzaAzzurre https://t.co/jRpH7yDXaN

— Italy (@azzurri) June 29, 2019

L’Italia non partecipava da 20 anni alla fase finale della Coppa del Mondo e prima della competizione occupava la posizione numero 15 del ranking FIFA. Per il gioco espresso e il risultato raggiunto, che fissa “le Azzurre” tra le prime 8 formazioni mondiali, la spedizione dell’Italia è molto positiva, anche in considerazione della difficoltà del girone eliminatorio. 

 

Un ulteriore miglioramento della nostra Nazionale potrebbe passare dallo sviluppo, senza però abbandonare il pressing e l’attenzione alla fase difensiva, di una fase di possesso palla meno diretta e più palleggiata, in accordo anche alle caratteristiche delle giovanissime centrocampista Giugliano (ventunenne) e Galli (ventiduenne), che potrebbe regalare una maggiore varietà offensiva e la possibilità di gestire in maniera più efficace i ritmi delle partite. Sabato però era difficile chiedere di più alla squadra di Milena Bertolini, che merita il plauso dell’intero movimento calcistico nazionale.

 

 

Tags : italia femminileolanda

Fabio Barcellona, chimico e allenatore UEFA B. Scrive di calcio per L'Ultimo Uomo.

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