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Marco D'Ottavi
Il miglior Under-21: Nicola Zalewski
03 giu 2022
03 giu 2022
Il giocatore della Roma ha vinto il premio di miglior giovane.
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Marco D'Ottavi
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Ettore Griffoni
(foto) Ettore Griffoni
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Partiamo dalla fine, dai festeggiamenti di Roma-Feyenoord. Pellegrini sta rilasciando una di quelle interviste post trionfo, con la gioia negli occhi e l’atmosfera rilassata da ultimo giorno di scuola, quando Nicola Zalewski, che potrebbe sembrare un liceale, gli lancia della birra addosso. Pellegrini lo riprende bonariamente, da capitano, ma quello continua, alla ricerca di attenzioni. Pellegrini allora lo invita ad avvicinarsi: «vieni vieni deficiente» gli dice, con una sfumatura romana che trasforma un insulto in una carezza. Lui, che a 25 anni per molti è ancora un giovane, abbraccia Zalewski e dice «dobbiamo ripartire da questi ragazzi qui, che ci danno tanto, che si impegnano tanto, anche se ogni tanto possiamo essere un po’ duri, un po’ grandi, per fargli capire delle cose, perché sappiamo che sono importanti, come Nicola». A questo punto l’intervistatore lo interrompe: «Che stagione ha fatto questo ragazzo qua accanto a te?». «Eh ha fatto una gran stagione» risponde Pellegrini come parlasse del figlio «Ha delle qualità impressionanti, non si deve porre dei limiti, può arrivare dove vuole. Gli dico sempre di sbagliare, di provare, di stare sempre sul pezzo». Quando era in Primavera, Zalewski aveva raccontato che Pellegrini era il suo idolo. https://youtu.be/hBPAzYHXS8I La stagione del polacco era iniziata in maniera molto diversa dalla sua conclusione: pochi giorni dopo il suo esordio stagionale (otto minuti nel derby perso con la Lazio) un amico aveva postato due storie su Instagram in cui si rivolgeva a Mourinho sostenendo che quella sera «avrebbe pippato». Zalewski si vedeva sullo sfondo e non diceva nulla, ma comunque il video aveva creato dei grattacapi a lui e alla Roma. Di Zalewski se ne parlava bene da qualche anno, numero 10 di uno dei vivai migliori d’Italia. Era stato anche il primo giocatore ad aver attirato le attenzioni di Dan Friedkin, che nei primi giorni a Roma si fermava a guardare gli allenamenti della Primavera. La scorsa stagione aveva anche causato un autogol nella partita di ritorno della semifinale di Europa League contro il Manchester United, ma è sempre difficile capire quanto tempo serve a un giovane della Primavera per fare il “salto”. Zalewski era rimasto seduto in panchina fino al 19 febbraio: quel giorno la Roma giocava in casa contro il Verona e a fine primo tempo era sotto 2-0 in maniera abbastanza netta. All'inizio del secondo tempo Mourinho lo aveva inserito sulla fascia sinistra al posto di Vina e la partita era cambiata. Zalewski è un ala-trequartista e il suo ingresso al posto di un terzino aveva fatto pensare a un cambio tattico, ma non era andata così: il polacco si era piazzato sulla fascia con il compito di interpretare il ruolo in maniera più propositiva, per infastidire Faraoni sempre molto alto. La partita poi l’avevano ripresa altri due giovani della Primavera (Bove e Volpato) messi dentro da Mourinho con quelle intuizioni che ha lui, che è difficile capire quanto sia tattica e quanto mistica, ma quello a rimanere in campo era stato Zalewski.

Non sappiamo se, dietro le quinte, Mourinho avesse lavorato a questa soluzione per mesi. In quella partita l’intraprendenza di Zalewski, la sua vitalità da ventenne, era tornata utile contro un Verona che nella seconda parte del secondo tempo aveva pagato lo sforzo del primo, ma non era sembrata una soluzione sul lungo periodo. La Roma di Mourinho era partita con la difesa a 4, alternando Vina e Ibanez nel ruolo di terzino, ma ben presto era passata alla difesa a 3. Sulla fascia sinistra aveva giocato quasi sempre Vina, un paio di volte Maitland-Niles, arrivato però per giocare a destra, oppure El Shaarawy, più spesso nei momenti in cui la Roma voleva, o aveva bisogno, di essere più propositiva. Per scelta o per necessità, Mourinho usava la fascia sinistra più per dare equilibrio che non per creare i maggiori pericoli, lasciando le maggiori responsabilità offensive a Karsdorp dall’altro lato. Dopo la partita col Verona, però, Zalewski non è più uscito dal campo, garantendo alla Roma una nuova fonte di gioco che è stata vitale nel dolce finale di stagione. Il polacco è diventato un riferimento per i compagni nei momenti in cui c’è bisogno di far risalire il gioco e lo ha fatto con una naturalezza nell’interpretazione del ruolo di esterno a tutta fascia che è difficile da spiegare, soprattutto considerando che non è il suo ruolo. Sarebbe curioso sapere cosa Mourinho e il suo staff hanno visto in Zalewski, cosa li ha spinti a impiegarlo in quella posizione di campo e non, magari, tra i trequartisti, lì dove invece ha promosso Afena-Gyan, altro prodotto del vivaio. Non è la prima volta che l’allenatore portoghese ha questo genere di intuizioni e Zalewski non manca mai di ringraziarlo in ogni intervista, parlandone quasi come uno stregone che con un incantesimo ne ha fatto un giocatore di Serie A. La realtà è che il polacco - Zalewski ha il doppio passaporto, ma ha deciso di vestire la maglia della Polonia, anche grazie al lavoro di Boniek, lo stesso che l’ha portato alla Roma - ha delle qualità evidenti, di cui avevamo parlato appena qualche settimana fa. Molto rapido sui primi passi, una tecnica di alto livello soprattutto nel primo controllo e nella conduzione palla al piede (è nel 99esimo percentile per palle al piede progressive e 95esimo percentile per dribbling completati, sempre tra i terzini). Inoltre ha un buona visione di gioco e un piede educato, come si è visto negli assist per Zaniolo e Pellegrini in Conference League, due giocate simili in cui ha trovato un imbucata non banale dall’esterno scegliendo tempi e misure giuste nei passaggi. Zalewski ha saputo convogliare l’elettricità del suo gioco all’interno di un sistema molto chiuso come quello della Roma di Mourinho. Quando c’era bisogno di stare basso a ingaggiare duelli uno contro uno con avversari con molta più esperienza di lui, lo ha fatto con un atteggiamento positivo e uno spirito di sacrificio che hanno pagato anche forse più delle sue qualità al momento. Passare dall’essere un giocatore prettamente offensivo in un campionato giovanile, in una delle squadre più forti, al dover difendere nella propria trequarti contro Felipe Anderson nel derby sembra un compito troppo arduo, ma Zalewski lo ha reso semplice, almeno apparentemente (3.75 contrasti ogni 90’, 2.72 intercettazioni, entrambe oltre il 95 percentile tra i terzini).

Qui ha anche l’intelligenza di capire le intenzioni dell’avversario, compiendo un bel recupero.

Se il futuro di Zalewski appare luminoso, bisognerà capire come gestirlo il prossimo anno. Spinazzola dovrebbe tornare a pieno servizio, e prima dell’infortunio aveva dimostrato di essere uno dei migliori nel ruolo in Europa. Inoltre Mourinho potrebbe tornare alla difesa a quattro e vederlo terzino è molto improbabile, anche partendo dalla panchina. La domanda, poi, è se quella di esterno a tutta fascia è la posizione di campo ideale per Zalewski. In questa stagione si è adattato, con merito e spirito, ma non è immediato ipotizzare per lui una carriera di corse sull’esterno. Boniek ha detto che lo vede trequartista o centrocampista, anche lo stesso calciatore ha ribadito di essere un «trequartista, esterno offensivo». Eppure, da quello che si è visto, che non è moltissimo, Zalewski deve ancora migliorare per ambire a occupare uno dei ruoli offensivi dell’attacco della Roma, sia nel gioco spalle alla porta - il fisico minuto sarà forse l’ostacolo maggiore per la sua affermazione ad alti livelli, sia nel tiro in porta.

Come aveva già scritto Emanuele Atturo, ma anche altri, Zalewski potrebbe essere provato anche da mezzala. La sua tecnica, la qualità delle sue conduzioni palla al piede, sono caratteristiche preziose per un centrocampista, soprattutto in squadre dirette come la Roma di Mourinho. Certo anche qui dovrebbe migliorare nella gestione fisica del ruolo e l’allenatore portoghese spesso preferisce giocatori più strutturati in quel ruolo, ma a vent’anni Zalewski è ovviamente un calciatore in divenire, con tutto il bello di scoprire cosa può diventare, ma anche i rischi del caso. Per la Roma è un patrimonio che si inserisce in un solco storicamente importante: romano (più o meno: è di Poli, un paese vicino alla Capitale) e romanista, è subito diventato uno dei preferiti dei tifosi anche per il suo modo genuino di mostrare attaccamento alla maglia. In questa stagione Zalewski ha giocato le migliori partite nel derby di ritorno, contro il Bodo e il Leicester in Conference League: a 20 anni non è scontato giocare le migliori partite quando conta di più, e forse è anche questo uno dei motivi che lo hanno portato a vincere il premio di miglior giovane del campionato, pur avendo - a conti fatti - giocato solo un terzo di stagione. Davanti a lui ora arriva la parte difficile: confermarsi nel tempo, «stando sul pezzo» come gli diceva Pellegrini. La facilità con cui si è adattato alla Serie A ci dice che le sue qualità fisiche e mentali sono di alto livello, per la Roma continuare a scoprire le sue potenzialità sarà come scartare un regalo inatteso.

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