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Come Zalewski ha migliorato la Roma
04 mag 2022
04 mag 2022
Un'intuizione felice di Josè Mourinho.
(articolo)
9 min
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Quando è entrato in campo contro l’Hellas, all’inizio del secondo tempo, sembrava una mossa disperata e senza futuro. Nicola Zalewski è un trequartista, un’ala, e invece Mourinho lo ha schierato quinto di centrocampo, per provare a rimontare una partita che pareva compromessa. Classico Mourinho che accumula giocatori offensivi negli ultimi minuti di gioco, ricercando gol e pericolosità per addizione. Dopo venticinque minuti Zalewski raccoglie palla e comincia a correre. Corre con la palla appiccicata al suo esterno destro, e corre a una velocità impressionante e imprevedibile. La palla non si stacca mai dal suo piede, e quando appena prima della metà campo scala ancora una marcia in avanti, Tameze - uno dei centrocampisti più atletici del campionato - prova una scivolata così in ritardo che non si avvicina nemmeno a sfiorare l’esterno della Roma. A quel punto ha molte opzioni da servire in diagonale, ma è la sua prima partita in quel ruolo - non è mai partito titolare - e decide che può accontentarsi, scaricando per Veretout. Non sapevamo ancora che avremmo dovuto fare l’abitudine a quell’azione di Zalewski, che sarebbe diventata una delle sequenze offensive più ricorrenti della stagione della Roma. Una mossa che sembrava disperata si è rivelata lungimirante, e Mourinho ha iniziato a costruire da zero un esterno sinistro che non sembrava tale.

Mentre Zalewski correva, calpestando la metà campo avversaria, nessun giocatore della Roma ha tagliato di fronte a lui, alle spalle della difesa. Dopo quel secondo tempo, però, Mourinho lo ha promosso titolare del ruolo, e la Roma ha adattato i propri schemi offensivi alla presenza di questo ragazzo di vent’anni cresciuto nella Roma, e che prima di quel giorno si vedeva come un giocatore offensivo.

Quando Zalewski porta palla contro il Bodo/Glimt, nella partita di ritorno dell’Olimpico, in un’azione simile, la Roma sa cosa fare. Zalewski corre controllando un pallone difficile e bizzoso, che fatica a restare a terra, eppure riesce comunque a essere più veloce di Koomson - il giocatore più veloce del Bodo/Glimt. Quando quello ormai lo rimonta, Zalewski ha già sterzato verso il centro del campo. A quel punto Zaniolo ha tagliato di fronte a lui, dietro la difesa, e Zalewski lo serve con la precisione e il tempismo di chi è abituato a pensare giocate offensive. Zaniolo poi finalizza con grande classe, scavando la palla con una parte del piede che solo un’élite di giocatore sa utilizzare con delicatezza.

Due settimane dopo, contro il Leicester, stessa azione. Zalewski accelera sulla sinistra, sterza verso il centro aprendosi lo spazio per la rifinitura, e serve Pellegrini che ha tagliato dietro la difesa, e che conclude in rete un gol pesantissimo in una semifinale europea. Magari le squadre ora cercheranno delle contromisure, ma è uno schema difficile da difendere: assorbire l’inserimento del centrocampista armato da un giocatore di qualità che lo serve a palla scoperta. Ricapitolando: a metà febbraio Zalewski ha giocato per la prima volta da quinto di centrocampo; a fine aprile è già uno dei migliori interpreti del ruolo. Forse è esagerato definirlo così, perché nel frattempo ha commesso anche qualche errore, conseguenza del fatto che è nato nel 2002 e per tutta la sua breve vita ha pensato quasi solo ad attaccare.

Contro l’Inter ha dimenticato che era suo compito seguire Dumfries in quel profondo inserimento centrale che ha portato al gol del vantaggio nerazzurro. Una situazione in cui ha mostrato un’immaturità nelle letture difensive del tutto verosimile - e a essere onesti: quanti difensori avrebbero fatto meglio contro Dumfries lanciato da Calhanoglu a palla scoperta?

Prendiamo anche l’ultima partita contro il Bologna. Zalewski entra negli ultimi minuti, gestisce una palla poco oltre il centrocampo e prova un passaggio troppo scolastico, cercando una traccia troppo centrale. Il passaggio viene intercettato e il Bologna avvia una transizione conclusa con un tiro di Barrow. Nel nuovo ruolo, gli è richiesto di essere più accorto nei rischi che si prende. Al termine dell’azione, arrabbiati come solo i calciatori con l’adrenalina da pericolo scampato, i compagni imbruttiscono Zalewski: Cristante, Mancini. Dopo la partita Mourinho lo punzecchia. Come se dopo la partita di Leicester, una semifinale europea da migliore in campo, si fosse montato la testa.

Quest’anno la sua è una storia fatta di altre storie. Ha esordito lo scorso maggio in un’altra semifinale europea, contro il Manchester United, a qualificazione ormai compromessa, e ha procurato un autogol avversario. È stato aggregato al ritiro estivo, ha segnato un gol in amichevole contro la Triestina, ma ha dovuto aspettare fine settembre per esordire in campionato, negli 8’ finali di un derby perso malamente. Pochi giorni prima suo padre era morto di tumore. Aveva fatto in tempo a vederlo esordire con la Nazionale polacca, contro San Marino; era scoppiato in lacrime con la sciarpa al collo per l’emozione. I funerali si erano tenuti a Poli, la cittadina in mezzo alle montagne in cui è cresciuto, figlio di due genitori emigrati dalla Polonia, ed era presente Mourinho, oltre a una piccola delegazione della squadra (Pellegrini, Mancini, compagni coetanei). Qualche giorno dopo il suo esordio è sbucato sui social un video strano in cui un suo amico diceva a Mourinho che quella sera avrebbero pippato. Zalewski è sparito per un po’ - 8 minuti in totale fino alla fine dell’anno - per poi comparire nel secondo tempo contro il Verona, la partita che gli ha cambiato la carriera.

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Zalewski bambino con la maglia del Poli.

Ora la Roma ha degli schemi offensivi che ruotano attorno a lui: oltre all’inserimento del trequartisti dietro la difesa mentre porta palla, anche il cambio di gioco diagonale di Bryan Cristante. Una giocata su cui Zalewski mostra sempre un primo controllo al velcro che è oggi una delle sue migliore qualità. Anche nell’assist al Leicester, forse il dettaglio da sottolineare è il controllo di sinistro con cui si porta avanti un pallone svagato che si era alzato a campanile. Non si tratta solo di tecnica, visto che specie sui primi passi Zalewski ha un’elettricità capace di piegare le gambe della maggior parte dei giocatori che si trova di fronte in campionato. Nell’azione sotto, per esempio, dopo una finta, va via facilmente a Zanoli del Napoli.

Il suo ingresso nell’undici titolare ha risolto un problema nella Roma, che sulla sinistra ha sofferto oltremodo l’infortunio di Spinazzola. Il sostituto acquistato in estate, Matias Vina, si è dimostrato fragile in difesa e inoffensivo in attacco. Zalewski ha aggiunto una qualità tecnica e un’elettricità sui primi passi che ha reso quel lato uno dei più produttivi della Roma. La squadra di Mourinho costruisce preferenzialmente il gioco a destra, dove sono Mancini e Karsdorp, per poi cambiare verso il lato debole attaccato da Zalewski. Una dinamica che esisteva già l’anno scorso con Spinazzola. Dribbla il doppio delle volte di Vina, e ha più del doppio delle sue conduzioni palla al piede (dati Statsbomb). La Roma è una squadra che attacca in modo diretto e verticale, e gli strappi di Zalewski rappresentano una novità complicata da affrontare per le difese avversarie. È come se la Roma attaccasse con un uomo in più rispetto a qualche settimana fa.

I vantaggi però sono diffusi, e vanno oltre le giocate da highlights. Rispetto a Vina offre anche un maggiore controllo nella circolazione della palla. Se nelle prime partite giocava molti palloni di prima in verticale verso trequartisti e punte, col tempo ha acquisito fiducia nel giocare sotto pressione, rallentando e mostrando una lucidità nelle letture col pallone non scontata. La Roma ha un valvola di sfogo più affidabile per alleggerire un’uscita del pallone spesso faticosa. Difensivamente, come detto, mostra ancora dei lati immaturi, protetti dalla difesa a tre. D’altra parte ha mostrato un istinto notevole nell’uno contro uno difensivo, sia nella partita contro il Leicester, che contro la Lazio. Di fronte aveva uno dei clienti più scomodi della Serie A, Felipe Anderson, a cui non è riuscito quasi niente.

Ci sono cose da migliorare. È alto meno di un metro e settanta e contro l’Inter ha sofferto l’esuberanza fisica di Dumfries nell’uno contro uno, e soprattutto nelle sue corse senza palla (situazioni in cui Spinazzola è invece affidabile). Queste fragilità fisiche si intravedono anche in fase offensiva. Quando gli spazi si restringono, e deve giocare di più spalle alla porta, a contatto coi difensori, soffre il contatto. Non sembra riuscire a reggere molto il duello corpo a corpo, a giocare con l’uomo attaccato. L’intuizione di Mourinho di arretrarlo, allora, è stata felice non solo perché ha esaltato alcuni pregi di Zalewski - la velocità e la visione di gioco in spazi ampi - ma anche perché ne ha dissimulato alcuni difetti. Nel suo ruolo naturale di trequartista/ala Zalewski dovrebbe giocare di più spalle alla porta, e in spazi e tempi più ristretti - con una richiesta atletica totalmente differente rispetto al livello della Primavera. D’altra parte abbiamo visto così poco Zalewski in zone avanzate che queste sono soprattutto supposizioni. Magari col tempo, l’esperienza, la sicurezza Zalewski potrà essere avanzato, e lo vedremo soprattutto quando rientrerà Spinazzola (che era già in panchina contro il Bologna). L’impressione, però, è che possa avere un futuro a livelli più alti in zone più arretrate. Il suo talento offensivo non sembra essere all’altezza dell’élite; il suo tiro per esempio non esce sempre potente e pulito dal piede, lo abbiamo visto nelle poche occasioni che ha avuto in prima squadra, ma in parte anche in primavera e con la Nazionale polacca.

Nel calcio contemporaneo abbiamo diversi esempi però di giocatori offensivi arretrati con una certa fortuna. Hanno cambiato ruolo per mascherare i loro limiti offensivi e al contempo esaltare le loro qualità tecniche. La sensibilità del controllo palla in spazi stretti, per esempio, oppure l’abilità nel giocare sotto pressione, o l’intelligenza delle letture con la palla. L’esempio forse di livello più alto è quello di Oleksandr Zinchenko, considerato un talento offensivo generazionale in Ucraina, e che Guardiola ha trasformato in un terzino straordinario nella complessità delle sue letture offensive. Zalewski potrebbe anche essere provato da mezzala, specie se migliorasse nelle letture e nella gestione dei duelli corpo a corpo. Dovrebbe ragionare di più da centrocampista, prendendosi meno rischi, ma è un ruolo in cui comunque pare avere dei margini, specie in una squadra diretta come la Roma di Mourinho. (A proposito: Mkhitaryan sarà fuori qualche settimana, e alla Roma mancheranno le sue conduzioni centrali, perché non provare Zalewski?). Anche Zibi Boniek, che lo ha portato nelle nazionali giovanili polacche, ha commentato che può avere un futuro da 8.

«Ci sono squadre come l’Inter che comprano Gosens e lo mettono in panchina, noi abbiamo Zalewski e lo costruiamo» ha detto Mourinho, rivendicando una delle intuizioni più felici della sua stagione (e nel frattempo tirare una frecciata alla sua ex squadra). Zalewski è un giocatore ancora tutto da costruire, la cui evoluzione rimane incerta e interessante. Il suo ingresso nell'undici titolare, in un ruolo non suo, dimostra però che nel calcio contemporaneo la qualità tecnica e offensiva rimane una delle merci più preziose, e se c'è un giocatore che ha quel tipo di qualità, e altri difetti, bisogna cercare di lavorarci, da qualche parte arriverà.

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