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Il derby della Madonnina povera
20 apr 2015
20 apr 2015
Il miglior derby degli ultimi due anni, finito zero a zero.
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È ormai diverso tempo che, a livello calcistico, «Milan [non] l’è un gran Milan». Sommando i punti delle due squadre cittadine, Milano viene dopo Roma, Torino e Genova e sta davanti solo a Verona. Cinque mesi fa il nostro direttore creativo, Timothy Small, aveva raccontato il derby d’andata in una pagina di diario intrisa di una nostalgia che ben descrive l’attuale momento storico di Milan e Inter. L’avvicinamento a quel derby, però, era stato ravvivato dal ritorno sulla panchina nerazzurra di Roberto Mancini. Stavolta non c’è stato nessun appiglio per elevare i toni dimessi di una partita che a livello di classifica valeva poco. Lo stesso Mancini si è allineato utilizzando uno dei termini più associati al derby in tempi recenti: “povero”. «Rispetto agli anni passati è più povero, perché entrambe le squadre non attraversano un grande momento». Il ridimensionamento quindi non è percepito solo all’esterno da tifosi e commentatori, ma anche all’interno dagli stessi protagonisti. Lo 0-0 si può leggere come la logica conclusione di questo discorso, nonostante, paradossalmente, si sia trattato del miglior derby delle ultime due stagioni. Esordienti Si sono visti due esordi dal primo minuto, quelli di Suso nel Milan e Gnoukouri nell’Inter. Tutti e due sono stati positivi. Lo spagnolo ha mostrato buone capacità di smarcamento (con tre passaggi chiave ricevuti guida la speciale classifica nel Milan insieme a Ménez), un’ottima tecnica nello stretto e un sinistro pericoloso nelle conclusioni da fuori: i due tiri in porta ne fanno il miglior milanista da questo punto di vista. A ciò ha aggiunto due passaggi chiave, come Ménez e appena uno in meno di Bonaventura, il migliore tra i rossoneri. A Suso è riuscito un solo dribbling riuscito su 5 tentati, ma di sicuro è un giocatore che non ha paura di prendersi responsabilità. Gnoukouri ha fatto vedere buoni movimenti da mezzala, in particolare alcuni tagli interno-esterno, e un buon piede (d’altronde nella Primavera viene fatto giocare davanti alla difesa). È rimasto un po’ ai margini della manovra, una cosa normale visto che parliamo di un classe ’96: ha ricevuto un solo passaggio chiave, sull'esterno, testimonianza dei buoni movimenti senza palla, con cui è andato anche due volte al cross. Affinità e divergenze Inzaghi è tornato all’antico: 4-3-3 con Ménez al centro dell’attacco; mentre Mancini ha dato continuità al rombo di centrocampo. Da un lato il Milan ha puntato sul controllo degli spazi, con gli esterni offensivi a ripiegare sulla linea dei centrocampisti per non lasciare buchi e ostacolare la circolazione nerazzurra (da qui la scelta di Bonaventura e Suso, più portati al sacrificio di Cerci e Ménez, ultimamente riportato sulla fascia sinistra e per il derby tornato al centro del tridente); dall’altro l’Inter ha puntato sul controllo della palla, cercando la riconquista immediata una volta persa. Semplificando potremmo dire che si trattava di una lotta tra una squadra che voleva controllare lo spazio e una che voleva controllare del pallone. Nonostante ciò, l’inizio della manovra delle due squadre ha diversi punti di contatto. Sia Mancini che Inzaghi fanno giocare davanti alla difesa un incontrista, Medel e de Jong: se è vero che entrambi si abbassano in mezzo ai centrali di difesa per cominciare l’azione, tutti e due si limitano ad appoggi laterali, non avendo grandi doti tecniche. Entrambe le squadre, quindi, cercano di sviluppare la propria manovra sulle fasce, con una fascia più propositiva dell’altra: l’Inter privilegia il proprio lato sinistro, quello di Kovacic, il Milan il lato destro, sfruttando l’intesa Suso-Abate.

L’Inter inizia l’azione preferibilmente a sinistra, dalla parte di Kovacic: se non trova spazio, come in questo caso, gira il pallone dall’altro lato fraseggiando corto. Qui si nota il movimento di Gnoukouri ad abbassarsi per aiutare Medel e il buon sincronismo delle due punte: Palacio va incontro, Icardi scatta in profondità.

L’inizio azione del Milan: de Jong scende in mezzo ad Alex e Mexès, Poli e van Ginkel vanno incontro, ma i veri riferimenti sono i due terzini, cui spetta il compito di portare avanti il pallone e di combinare con gli esterni d’attacco e le mezzali.

Nello sviluppo dell’azione le due squadre seguono strade diverse: l’Inter fraseggia corto e con pazienza: se non trova sbocchi da un lato gira la palla dall’altro. I centrocampisti e il trequartista del 4-3-1-2 nerazzurro, Hernanes, si muovono soprattutto in appoggio al portatore di palla, a dare profondità ci pensano i terzini, con D’Ambrosio ovviamente più portato di Juan Jesus ad accompagnare l’azione offensiva, oltre a uno dei due attaccanti. Il Milan puntava alla costruzione di triangoli sulle fasce, anche se non si sono visti movimenti organizzati e tutto sembrava lasciato alle iniziative e alla creatività dei singoli, in particolare degli esterni d’attacco. È una differenza che si nota nel numero di dribbling tentati: 24 (di cui 9 riusciti) tentati dal Milan, contro i 15 (6 riusciti) dell’Inter. Il Diavolo tiene larghi i giocatori di fascia sul lato debole e il cambio di gioco è una soluzione cercata con continuità per sorprendere la difesa dell’Inter. In questo modo Suso per due volte è andato al tiro nel primo tempo.

Van Ginkel è in possesso del pallone, ma da quella parte non ha grandi soluzioni. Suso e Abate restano larghi sulla destra per permettere all’olandese di cambiare gioco.

Scarsa pericolosità Nessuna delle due squadre ha dimostrato di avere una fase offensiva sofisticata e l’Indice di Pericolosità di SICS alla fine segna 48 per i nerazzurri e 20 per il Milan. Ai difensori dell’Inter è bastato giocare una partita attenta sui rispettivi avversari. D’Ambrosio e Juan Jesus accorciavano subito su Bonaventura e Suso: il brasiliano in particolare si è distinto vincendo 12 duelli (dato top della partita insieme ad Antonelli) e conquistando 11 palloni, dato battuto soltanto dai 12 di Vidic. Proprio il serbo, con Ranocchia, è stato bravo a rendere inoffensivo Ménez, vincendo quasi sempre i duelli: il capitano ne ha vinti 9 su 11, Vidic 5 su 6. Ai rossoneri è bastato difendere con linee compatte per ostacolare la circolazione dell’Inter e rendere sterile il possesso palla nerazzurro. A quel punto alla squadra di Mancini non restava che giocare in modo diretto verso le due punte: va detto, però, che Icardi e Palacio hanno raggiunto un ottimo livello d’intesa e la soluzione si è dimostrata efficace, le occasioni migliori l’Inter le ha costruite proprio grazie ai movimenti e alla bravura dei suoi attaccanti.

Kovacic verticalizza per Icardi mentre Palacio taglia sulla fascia sinistra. Sul suo cross arriverà Hernanes, il cui tiro verrà deviato con la mano da Antonelli.

Pressing o no In fase di non possesso le due squadre hanno invece mostrato idee opposte. L’Inter ha pressato molto alto il Milan, aggredendolo fin dal primo possesso. Una volta persa la palla i nerazzurri attaccavano gli avversari per cercare la riconquista immediata. Il Milan, al contrario, attendeva nella propria metà campo, pressando i nerazzurri solo una volta passata la linea di centrocampo. Persa la palla, la priorità rossonera era quella di scappare indietro per riposizionarsi. I dati SICS ci dicono che l’Inter ha recuperato 15 volte il pallone nella metà campo avversaria, contro le 9 del Milan. Sorprende invece il dato sull’altezza media dei recuperi: il Milan ha fatto meglio dell’Inter, seppur di poco, recuperando palla in media a 38 metri dalla sua porta, contro i 36 dei nerazzurri. L’esecuzione del pressing da parte della squadra di Mancini non è stata perfetta, e forse è necessario migliorare anche nella gestione del pallone, evitando quegli errori che hanno favorito il recupero palla del Milan.

La pressione alta e organizzata dell’Inter: il meccanismo prevede l’uscita della mezzala (in questo caso Gnoukouri) sul terzino avversario (in questo caso Antonelli), con Medel che accorcia per tenere compatta la squadra e non lasciare buchi nel pressing.

Quando ha provato a fare la partita attaccando più in alto, il Milan si è allungato molto, prestando il fianco alle ripartenze nerazzurre. Il peccato originale sta in una coppia difensiva statica, che evidentemente si sente più sicura restando bassa: con la linea difensiva che non accorcia sul centrocampo, però, il risultato è che la squadra si spezza in due. L’Inter avrebbe potuto vincere in contropiede, ma un fuorigioco di Icardi e un fallo di Palacio su Antonelli hanno vanificato le due azioni che avrebbero potuto decidere il derby. Gli ingressi di Cerci e Destro non hanno cambiato la partita. Quest’ultimo sembra ancora un pesce fuor d’acqua: incide poco sulla manovra e ha poche palle per farsi valere area di rigore. Se è vero che la squadra non lo supporta, è altrettanto vero che lui non fa quasi nulla per la squadra: da quando è entrato non è mai stato in grado di tenere il pallone alto né di guadagnarsi un fallo. Guardare al futuro Più che alla classifica a Milano si dovrebbe guardare al futuro. Il derby ha detto che l’Inter è leggermente davanti al Milan nella programmazione: Mancini sta provando a dare ai nerazzurri un gioco ambizioso, ma l’esecuzione è ancora ben lontana dalla sua idea. Esiste un problema di interpreti e probabilmente il Mancio, per continuare su questa strada, sarà costretto a fare scelte impopolari. Le assenze di Brozovic, ma soprattutto di Guarín, il miglior giocatore dell’Inter insieme a Icardi da gennaio in poi, si sono fatte sentire. Kovacic si è dimostrato ancora una volta inadatto nel ruolo di mezzala di possesso e in coppia con Hernanes (un altro portatore di palla) rischia di rendere impossibile un gioco più collettivo. Mantenendo come base il centrocampo a rombo, i tre giocatori di maggior tasso tecnico, Shaqiri, Hernanes e Kovacic, si troverebbero in concorrenza per un solo posto, con nessuno dei tre che, peraltro, sia riuscito a imporsi come trequartista (anche se va detto che Hernanes ha giocato un buon derby, sia dal punto di vista qualitativo, 5 passaggi chiave e 3 assist, sia dal punto di vista dei movimenti tra le linee, con 5 passaggi chiave ricevuti). L’identità del Milan sembra essere quella attendista, basata sul controllo degli spazi e su ripartenze veloci, con Ménez al centro del tridente offensivo. Durante la stagione le migliori prestazioni sono arrivate con questo sistema, che escluderebbe Destro e probabilmente anche Cerci, visto che Suso ha dimostrato di essere più utile allo sviluppo della manovra rispetto all’ex del Torino. Lo spagnolo è una piacevole sorpresa e magari si giocherà il posto con Honda da qui alla fine. Ciò che resta di questa partita è il ridimensionamento di tutte e due le squadre e le difficoltà a invertire la tendenza: il fatto che il derby più “vivo” delle ultime due stagioni sia finito con un pareggio senza troppe emozioni evidenzia che la strada verso i piani alti della Serie A non è breve e dovrà passare necessariamente per dei grandi cambiamenti, anche di programma. Ringraziamo per i dati SICS (che potete anche seguire su Facebook e Twitter).

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