Il glorioso primo posto dell’Atalanta
L’autorità con cui l’Atalanta ha affrontato questo girone di Europa League è sorprendente. Forse perché non siamo abituati a squadre che affrontano la minore delle competizioni europee con questa serietà. La partita di ieri ne è stata la conferma ulteriore e forse più grande. L’Atalanta era già qualificata e, a pari punti con il Lione, aveva la possibilità in casa di passare da prima nel girone. Di un girone complicatissimo, dove la maggior parte di noi la consideravano spacciata. Per una squadra con i mezzi dell’Atalanta, che sta smaltendo l’impegno europeo in Serie A, dove è a metà classifica, un perfezionismo simile non era richiesto.
Il Lione peraltro è una grande squadra. I bookmaker quotano a 16 la sua vittoria finale dell’Europa League, quindi la sesta squadra più probabile (l’Atalanta è quotata a 25). Lo scorso anno del resto è arrivata in semifinale e in questa stagione, pur avendo ceduto Lacazette, ha mantenuto l’ossatura della squadra. Ha recuperato del tutto Fekir, inserito il centravanti Mariano Diaz (12 gol in 16 partite) e sta beneficiando della crescita di giovani come Diakhaby, Cornet e Mendy. In Ligue 1 la squadra è seconda in classifica, 9 punti dietro il PSG, a pari punti con Monaco e Marsiglia.
Questo per dire che ieri l’Atalanta partiva sfavorita anche al massimo delle sue possibilità, figuriamoci in una partita in cui non era scontato dovesse o potesse fare il massimo. Gasperini invece ha schierato la sua formazione titolare, come sempre aggiustandola leggermente alle esigenze della partita. Particolarmente interessante, ad esempio, la posizione di Ilicic, che pur partendo a destra si accentrava più del solito per agire quasi da trequartista centrale classico, con Gomez più largo a sinistra
Le ricezioni tra le linee di Ilicic sono state un fattore. Spesso anche decentrandosi dal centro all’esterno per andare alle spalle dei mediani. Troppo facile per l’Atalanta costruirsi un vantaggio posizionale.
Per il resto l’Atalanta ha attaccato il Lione attraverso l’esecuzione dei suoi pattern tattici tradizionali. Costruendo soprattutto sulle catene laterali, come dimostrano queste pass-map gasperiniane così originali da essere diventate quasi un’opera artistica a sé. Nella galleria sotto l’azione del gol di Hateboer, con i classici triangoli di fascia sia a sinistra che a destra. L’Atalanta comincia l’azione a sinistra, poi va a destra passando dai difensori, e torna a sinistra grazie a un’ottima penetrazione di Petagna che corre in diagonale da destra per portare la palla a Spinazzola. Al momento del cross l’Atalanta attacca l’area in superiorità numerica.



A dire il vero è stata una partita con poche occasioni. Il Lione ha controllato il pallone cercando di rendersi pericolosa ma riuscendosi solo attraverso punizioni, calci d’angolo e tiri da fuori. Dei 9 tiri del Lione 7 sono arrivati da fuori area e se escludiamo il giro ravvicinato di Mariano Diaz sullo 0 a 0 – su cui Berisha ha compiuto un mezzo miracolo – i francesi non si sono costruiti un’occasione pulita. Segno dell’ottima prova difensiva dell’Atalanta, che in questa stagione di solito si è comportata molto meglio quando attaccava che quando difendeva.
La squadra di Gasperini in questa Europa League restituisce l’idea del campionato italiano come eccellenza tattica. Qualcosa che mentre ce la ripetiamo abbiamo paura di peccare di eccessivo patriottismo, o comunque di un difetto percettivo. Questo primo posto nel girone significa molto. È un esempio virtuoso di come si dovrebbe affrontare l’Europa League, ed è la dimostrazione che anche in Europa un’ottima preparazione tattica può fare la differenza con squadre di livello teoricamente più alto.
La partita di Felipe Anderson
Qualificata con due turni di anticipo, la Lazio non aveva molto da chiedere alla sfida in casa dello Zulte. Simone Inzaghi ne ha approfittato per far giocare le seconde linee e alcuni dei giovani più interessanti della Primavera biancoceleste. Il vero motivo di interesse era tutto nell’annunciato rientro di Felipe Anderson dopo più di 5 mesi di assenza, un ritorno spesso posticipato e atteso con ansia dai tifosi. Il brasiliano è entrato al posto di Crecco al decimo minuto del secondo tempo per aiutare la squadra a recuperare da un risultato di svantaggio di un gol.
55′ – 🔁🔁 per #Inzaghi
⤵️ @CreccoLuca e #Miceli
⤴️ @F_Andersoon e @LucasLeiva87 #UEL #ZulteLazio 1-0— S.S.Lazio (@OfficialSSLazio) 7 dicembre 2017
Con il suo ingresso è arrivato anche un cambio di modulo. Il brasiliano si è posizionato tra le linee andando ad occupare il ruolo di trequartista in un 3-4-1-2 in cui Palombi e Caicedo erano i due terminali offensivi. Anderson soprattutto nei primi minuti si spostava spesso sul lato destro dell’attacco, come per cercare la sua comfort zone, per creare superiorità in quella zona insieme a Basta e Murgia, rendendosi più volte pericoloso nei suoi tagli verso l’interno.
Felipe Anderson è ripartito più o meno da dove si era fermato. In 35 minuti di gioco ha eseguito 5 cross, giocato un passaggio chiave, ma soprattutto completato 4 dribbling, almeno il doppio di ogni altro giocatore. In alcuni momenti sembrava essere l’unico vero giocatore di calcio tra i ventidue in campo: poco dopo il suo ingresso si è liberato di tre giocatori dello Zulte con un passo di danza rendendosi poi pericoloso all’interno dell’area; da una sua giocata in velocità sull’esterno destro è partita l’azione che ha portato al gol di Caicedo; si è occupato anche di calciare la punizione dalla quale è scaturito il momentaneo pareggio di Leiva. Il suo ingresso in campo ha dato alla Lazio un’altra marcia a livello offensivo, che infatti ha realizzato due gol in venti minuti.
I dribbling di Anderson, tutti molto vicini all’area.
Il brasiliano si è spento dopo il gol del pareggio, insieme a tutta la Lazio. È evidente che la sua condizione fisica è ancora deficitaria, e che ci vorrà del tempo per vederlo di nuovo al meglio.
Ieri ha giocato da trequartista, nella scorsa stagione ha spesso occupato il ruolo di esterno a tutta fascia. La sua posizione in campo è il dilemma più delicato per Simone Inzaghi. Ad oggi l’undici titolare della Lazio sembra ben equilibrato e inserire il brasiliano richiederebbe un cambio tattico importante o l’uscita dai titolari di Luis Alberto.
Al momento Anderson non ha i novanta minuti nelle gambe e può essere una carta davvero interessante da giocare in corsa per Inzaghi, con la sua capacità di puntare l’uomo che può diventare letale negli ultimi quarti di gioco. Arriverà il momento in cui Inzaghi dovrà trovare una soluzione, l’Europa League intanto ringrazia di aver ritrovato un giocatore così forte e bello da vedere.
Il giocatore più Europa League
Ormai siamo giunti alla terza puntata di questa nuova rubrica, per cui possiamo dare per assodato che sapete di cosa stiamo parlando. Non avendo molto tempo, per chi capitasse qui per la prima volta, userò un po’ di parole chiave per spiegarvi chi o cosa è un giocatore Europa League: successo, disgrazia, periferia del calcio, destino, Europa League.
Dmytro Chygrynskiy
Quanto ci abbiamo creduto: 8
Quanto è stato realmente forte: 7
Quanto è caduto in disgrazia: 9
Quanto sembra depresso: 9
Dmytro Chygrynskiy è nato a Izjaslav, una piccola cittadina dell’Ucraina famosa perché qui vi è morto Paolo Fontana, architetto italiano tra i più famosi esponenti dell’arte barocca ucraina. Conduceva la sua vita tranquilla da difensore di buon livello, arrivando a guadagnarsi il posto di titolare nello Shakhtar Donetsk, una delle migliori squadre del paese.
Coi suoi capelli lunghi e i calzettoni abbassati, ma soprattutto coi suoi 190 centimetri, Chygrynskiy rimandava proprio l’idea di difensore sovietico vecchia scuola, tutto pragmatismo e stazza. Invece l’ucraino eccelleva particolarmente quando si trattava di portare il pallone fuori dalla difesa. E questo lo ha fregato.
Nell’estate del 2009, mentre forse pensava che avrebbe giocato tutta la vita allo Shakhtar, si è fatto avanti il Barcellona. E allora che fai? Dici no al Barcellona? Il 31 Agosto 2009 i blaugrana si assicurano le prestazioni di Chygrynskiy per 25 milioni di Euro, confondendo quasi tutti.
Chygrynskiy ha giocato 12 partite in Liga, soprattutto brevi apparizioni, soprattutto giocando male. Nelle sue apparizioni appariva sempre un pesce fuor d’acqua, inadatto al gioco di Guardiola. E se alla fine di quella stagione il Barca ha sacrificato Ibrahimovic, la stessa cosa ha fatto con lui, senza particolari rimpianti.
Tornato a casa, Chygrynskiy non è più riuscito a riprendere il proprio posto. Piano piano è scivolato fuori dallo Shakhtar, passando al Dnipro, per poi finire all’AEK dove giochicchia a fasi alterne. Ieri era al centro della difesa nel noioso 0 a 0 tra i greci e l’Austria Vienna, per lui un cartellino giallo e la sensazione di aver buttato tutto per essersi voluto avvicinare troppo al sole.