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Lorenzo Neri
Il bello della March Madness
21 mar 2017
21 mar 2017
Cosa è successo nel primo weekend del torneo NCAA.
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Lorenzo Neri
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Nella parte occidentale del bracket sono arrivate le due maggiori sorprese del primo weekend. La storia ripete se stessa - e se vincere è un’impresa e ripetersi è leggenda, uscire durante il primo weekend invece è una consuetudine per Jay Wright e i Villanova Wildcats: dal 2010 l’unica volta che sono usciti vittoriosi dalle prime due gare hanno vinto il titolo. Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta, ma questa ennesima sconfitta da numero uno della nazione ha rialzato il coro di

che solitamente accompagna i Wildcats a Marzo

C’è da dire che il comitato selezionatore non ha fatto nulla per dare una mano ai campioni in carica proponendogli subito nel classico #1 vs #8 del secondo turno una formazione solida ed esperta come Wisconsin. I Badgers, nonostante la deludente stagione nella Big Ten che ha portato al criminoso

, conoscono bene i trucchi del mestiere per destreggiarsi nei matchup del Torneo e hanno una classe di senior che non ha mai mancato le Sweet Sixteen. Trascinati da Bronson Koenig e Nigel Hayes non hanno lasciato scampo a Villanova impedendogli lo storico repeat, permettendosi anche l’irriverente citazione.

 

https://www.youtube.com/watch?v=Jl0ksYfx9g0

 

Sindarius Thornwell non è un personaggio di Harry Potter pur avendone il nome, ma con un colpo di bacchetta ha fatto scomparire Duke dal tabellone del Torneo NCAA, unendo i tifosi di North Carolina e South Carolina in un gigantesco abbraccio come fossero in una partita del cuore. Il giocatore dell’anno nella SEC ha guidato i Gamecocks all’upset del weekend, facendo uno sgambetto alla squadra che tutti già vedevano tagliare le retine in Arizona. I ragazzi di Frank Martin hanno esposto tutti i limiti dei Blue Devils, la loro cronica mancanza di playmaking (18 palle perse) e la difficoltà nel limitare le penetrazioni con la palla costringendoli a spendere falli a ripetizione, che hanno portato Tatum, Jones e Kennard a lasciare il campo anzitempo. Quest’ultimo, con il suo capello piastrato da Disney Channel, a terra dopo il quinto fallo è diventato in un battito di ciglia il meme del weekend. Nei suoi occhi sbarrati c’è l’intera stagione dei Dukies che improvvisamente andava verso sud. Invece di giocare la prima fase del regional a Greensboro, NC, praticamente il giardino di casa Durham, è stato deciso di spostare la sede a Greenville, SC, in pieno territorio Gamecocks. Il motivo è lo stesso che ha portato Adam Silver a muovere l’All-Star Game da Charlotte: la Bathroom Bill, la legge omofoba firmata dal Governatore della North Carolina Pat McCrory.

 



 

Non è mai stato solo a proposito dei bagni in North Carolina, non è mai stato solo a proposito del basket per Duke. La squadra numero 1 in pre-stagione non ha superato il primo weekend per la prima volta dalla

contro Kansas, scrivendo la parola fine sulla stagione sulle montagne russe per Coach K: dopo tutte le aspettative di trionfo, gli infortuni, le controversie, i team-only meeting, il The Grayson Allen Charles Manson Challenge, l’incredibile resurrezione durante il torneo di Conference fino all’ultimo, brutale atto dentro l’inferno della Bon Secours Arena di Greensville. Come una stagione che doveva tendere alla perfezione è finita dentro una mortale corrida, con Thornwell e P.J. Dozier a prendere a spallate le guardie di Duke, sarà magari un giorno raccontato da un

o di un reality su tv via cavo. Per ora abbiamo la certezza che è finita, e che le restanti squadre possono finalmente tirare un sospiro di sollievo. Alla fine, Marzo trionfa sempre.

 

 



 

Durante la sfida tra Duke e South Carolina il pubblico era apertamente schierato con la squadra di casa. Ma non tutti coloro che inneggiavano a Sindarius Thornwell erano tifosi Gamecocks: molti di loro erano i supporters di North Carolina che erano rimasti nello stadio dopo la partita dei Tar Heels solo per gufare gli arcirivali di Duke.

 



 









Kansas torna a casa, ma nel significato più positivo possibile per i Jayhawks. Dopo due partite vinte con 60 punti di scarto in quel di Tulsa, la squadra di Bill Self fa i bagagli e torna nello stato di residenza, pronta a battagliare con la frontline di Purdue sul campo amico di Kansas City. La #1 del Midwest è sembrata la testa di serie più in forma e, dopo la non competitiva contro UC Davis, si è sbarazzata senza troppe difficoltà anche degli uomini in verde di Michigan State. Su Kickstarter è partita una campagna per trovare una Point Guard capace di rimanere davanti a Frank Mason III con la palla in mano, il primo token è

; BIFM che entra come un ninja nel pitturato e Graham che bombarda triple di pura arroganza è una ricetta con cui si vincono i titoli. Se poi si aggiunge l’incredibile versatilità di Josh Jackson, che in uno vs uno da playground contro il suo amico d’infanzia e discreto prospetto Miles Bridges ha scalato qualche altra posizione al Draft, i Jayhawks hanno il match point in casa per strappare il biglietto per le Final Four.

 

Quando Jackson ha scelto, dopo lunghissime riflessioni, di passare il suo unico anno collegiale a Kansas la memoria è corsa subito agli ultimi one&done passati per Lawrence. Wiggins, Oubre, Embiid sono sempre sembrati ai margini del progetto tecnico e non avevano minimamente avuto l’impatto di Josh sulla squadra. E’ davvero la chiave di volta che sorregge l’architettura disegnata da Self che in sua assenza crolla miseramente, come è successo contro TCU. Jackson non fa niente benissimo ma fa di tutto e lo fa molto bene, tanto da rendere la vita ai suoi compagni piacevole come un cocktail fruttato.

 

https://www.youtube.com/watch?v=B22LpDS_wCE

Ok una cosa la fa davvero benissimo. Dominare la riga di fondo.


 

 

Sad news: abbiamo solo poche partite ancora per goderci Jackson in maglia Jayhawks
Good news: ce lo godremo per 10+ anni in NBA a schiacciare sulla gente

 

Caleb Swanigan sta giocando come il ragazzino obeso che è stato bullizzato tutta la sua adolescenza ed ora che potrebbe fare da testimonial per i centri dimagranti, entrando in modalità John Wick contro tutti i suoi aguzzini. La Big Ten è stata pangrattato per le sue braccia, smontata a furia di doppie doppie (28 per la precisione) e vinta in rimonta da Purdue. Anche nel torneo la vendetta è stata consumata senza sconti: doppia doppia robusta contro Vermont e partita monumentale contro Iowa State, sfiorando la tripla doppia e dando vita ad un duello cavalleresco con Deonte Burton.

 

La vera storia di Marzo però è che Michigan ha

. Dal momento in cui l’aereo che li stava portando da Ann Arbour a Washington, Dc. è stato costretto ad un atterraggio d’emergenza, i Wolverines sono entrati in uno stato di Near Death Experience che li ha resi intoccabili ai comuni mortali. Sono arrivate così sei vittorie di fila, le prime quattro per vincere il Torneo della Big Ten e garantirsi il posto alla Big Dance, le altre due contro Oklahoma State e Louisville per prendere il volo verso Kansas City - sperando che almeno questo atterri regolarmente. La mistica della squadra del destino a cui Michigan aderisce con sconvolgente verosimiglianza non deve distogliere dai meriti dei giocatori e soprattutto del coach, John Beilein. Nonostante le critiche piovutegli addosso per tutta la stagione ha continuato a predicare il suo basket fatto di spaziature sartoriali e angoli di blocchi fuori dall’ordinario finché tutta la squadra non ha interiorizzato il suo mantra come una disciplina zen. Ora l’attacco di Wolverines è una macchina inarrestabile capace di rovesciare 16 triple sui Cowboys e di mettere punti a tabellone con estrema regolarità anche contro la migliore difesa della nazione. Merito di un Derrick Walton in missione per conto di Trey Burke, della

Moritz Wagner e del dj più caldo del momento, D.J. Wilson.

 

Per uno scherzo del sempre presente destino sulla loro strada troveranno un giocatore con una

che mi ricorda molto il Jalen Rose

, con il sorriso beffardo e la maglia larga con il numero 5: Tyler Dorsey sta rendendo giustizia al soprannome con cui lo chiamano i suoi compagni, Mr. March, con canestri che valgono un pezzettino di stagione.

 

https://www.youtube.com/watch?v=zpC1XzykW0M

 

 



 

Quando sai solo vincere sai anche cosa ti aspetta dopo ogni vittoria. Così John Beilein dopo aver sconfitto Louisville entra negli spogliatoi brandendo un superliquidator e sparando all’impazzata.

 



 







 

Tra le quattro squadre che troveremo a San Jose per il primo atto della fase finale dei Regional abbiamo il seed più basso (#11) tra quelle rimaste in gioco. Solo che questa non è una vera e propria Cenerentola: ha ai piedi entrambe le scarpette e soprattutto sembra non avere tempo limite per non trovarsi la carrozza trasformata in zucca.

 

Xavier ha vissuto un pessimo periodo nel momento della stagione in cui il ginocchio di Edmond Sumner ha fatto crack, privandoli della loro point guard titolare nonché del più dotato atleticamente del gruppo, subendo sei sconfitte consecutive a febbraio che inevitabilmente li ha messi sotto una luce differente agli occhi del Selection Committee.
Eppure, guidati egregiamente da Chris Mack, i Muskateers hanno trovato la giusta quadratura quando il gioco si è fatto serio, dando i primi segnali nel Torneo della Big East e confermandoli prepotentemente nel primo weekend del Torneo, vincendo senza problemi con Maryland e ancor più agevolmente con Florida State, mostrando un gioco camaleontico su entrambi i lati del campo grazie alla grande preparazione di coach Mack e al talento balistico di Trevon Bluiett e del

JP Macura.

 

Arizona ha intenzione di giocarsi tutte le carte a sua disposizione per arrivare a una Final Four in casa dopo aver sofferto più del dovuto la perfetta esecuzione offensiva di St.Mary’s, ma una squadra che ha mostrato di avere un assortimento di vite feline non trascurabile potrebbero metterli nella brutta condizione di essere dalla parte sbagliata di

.

 

Nella parte alta del Region invece tutto è andato come da pronostico e l’altra semifinale vedrà di fronte Gonzaga e West Virginia. Dopo aver dominato tutto l’anno gli Zags si sono ritrovati davanti i fantasmi del 25 febbraio scorso quando, nell’ultima partita di regular season della Conference, hanno issato bandiera bianca per la prima e unica volta nella loro stagione contro BYU. Sabato scorso la rimonta forsennata di Northwestern - matricola terribile

- sembrava poter mettere in dubbio quanto costruito durante l’anno sportivo.

 





 

Affermazioni facilmente disintegrabili che però nella dura legge del win-or-go-home tendono ad appesantirsi sempre di più in questo tipo di situazioni. Ma rispetto agli scorsi anni coach Few può disporre di una panchina con elementi capaci di poter sostituirsi ai titolari come han fatto vedere Silas Melson, Killian Tillie ma soprattutto quel diamante grezzo di Zach Collins, determinante con canestri pesanti e difesa del ferro (frase che possiamo anche usare

).

 

È certo che ora la sfida con

Virginia dello zio Bob Huggins li mette di fronte a una squadra che ha lanciato segnali particolarmenti forti non solo dall’asfissiante difesa, capace di costruire 31 punti direttamente dalle palle perse di Notre Dame, ma portando l’attacco a livelli di efficienza che con Huggins in panchina non era mai arrivata a toccare. Due squadre che fanno della solidità difensiva il loro punto di forza, senza però mai perdere di vista il fatto che comunque in questo sport fare canestro, come dire,

.

 



 



 

Tornando solo brevemente sul

non fischiato contro Gonzaga, mi permetto una considerazione: gli arbitraggi della NCAA sono semplicemente

. E non solamente per quanto riguarda le chiamate — anche se ce ne sono state almeno quattro o cinque clamorose solo nei primi due giorni —, ma proprio per una questione di metro arbitrale e atteggiamenti. Su

hanno raccolto una lista delle cinque chiamate peggiori, avvenute tutte in momenti topici delle partite — con decisioni portate al limite e a volte di puro e semplice protagonismo. Visto che è un problema che si ripropone da tantissimo tempo, sarebbe ora che la NCAA ci mettesse mano sul serio.

 



 

Northwestern era alla prima partecipazione al torneo della sua storia e dopo aver sconfitto col brivido Vanderbilt ha perso con l’onore delle armi contro la corazzata Gonzaga. Una sconfitta onorevole, accettata da molti tifosi Wildcats contenti di essere comunque arrivati ad un risultato storico. Molti ma non tutti, visto che un ragazzino in maglia viola è letteralmente impazzito come se dalla vittoria di NW dipendesse la sua intera esistenza futura.

 



 

Ovviamente le telecamere sono immediatamente planate sul suo primo piano trasformandolo in un’icona che troverà sicuramente spazio sotto la voce di Luther Vandross a fine torneo. Per ora lo ringraziamo anche perché

a

.

 







 

Il 3 dicembre scorso UCLA e Kentucky diedero vita a una delle più belle partite dell’anno, finita con la vittoria 97-92 dei Bruins alla Rupp Arena, chiudendo una striscia di vittorie casalinghe che durava da ben 42 partite. Fu la partita della consacrazione di Lonzo Ball, non solo come prospetto NBA ma anche come uno dei migliori giocatori della stagione collegiale. Non può che essere questa la partita più attesa delle Sweet Sixteen perché mette in campo due squadre protagoniste di questi mesi e una dose massiccia di talento che andrà a ripopolare i roster delle franchigie NBA dei prossimi anni.
Per gli Wildcats il cammino è stato tutt’altro che facile, dato che hanno dovuto fare i conti per il secondo anno consecutivo con le competenze tecniche di Gregg Marshall e la sua Wichita State, sudando le solite sette camicie per conquistarsi il viaggio verso Memphis, dove Calipari dovrà combattere con un ambiente ostile, sedotto e abbandonato dal coach italo-americano quando emerse lo scandalo dei test d’ammissione di Derrick Rose.

 




 

UCLA da quel 5 dicembre non è cambiata molto, si affida ancora alle giocate di carisma e freddezza di Ball, dando vita a uno degli attacchi più divertenti da vedere per soluzioni, ritmo e atletismo reggendo l’urto anche con squadre-fortino come Cincinnati, liquidati nel secondo tempo sempre con lo zampino del figlio di LaVar.

 

Questa è stata la Region che più ha mantenuto le attese rispetto ai seed attribuiti dal Selection Committee - tanto che anche gli upset di Middle Tennessee State e Wichita State nel primo turno sono stati tutt’altro che imprevedibili - ed infatti abbiamo le prime 4 del tabellone faccia a faccia nelle semifinali dei Regional. North Carolina però ha rischiato seriamente di fare la fine di Villanova nel finale di partita contro Arkansas nel turno precedente, quando la

di Mike Anderson ha sovrastato il solito, prevedibile e statico piano partita di Roy Williams dopo un avvio che li aveva visti subito veleggiare in doppia cifra di vantaggio. Anche stavolta la profondità del roster e il maggiore talento offensivo ha avuto la meglio contro dei Razorbacks in evidente debito di ossigeno, ma è cristallino che i Tar Heels abbia grandi problemi nell’aggiustare in corsa una partita che non va secondo i loro piani, affidandosi a prestazioni individuali che rischiano di essere l’unico appiglio a una brutta situazione.

 

L’accoppiamento con Butler in questo aspetto è molto interessante: i Bulldogs non sono più la squadra rivelazione che Brad Stevens costruiva anno dopo anno con gli scarti degli altri college. Ora sono una delle squadre di punta della Big East, con un programma che punta a migliorare gradualmente anno dopo anno e che inizia a farsi un nome anche in fase di recruiting, con molti liceali sempre più interessanti al piccolo college dell’Indiana. In campo sono una squadra dal talento non particolarmente accentuato, ma da una solidità che gli permette di giocare 40 minuti di pallacanestro vera con pochi cali e tanta sostanza. North Carolina parte comunque favorita per l’accesso a Phoenix vogliosa di riprendersi quello che Kris Jenkins gli ha tolto allo scadere 12 mesi fa, ma le altre sono tutte lì ad aspettare il minimo passo falso.

 

 



 

Dietro ogni grande Coach c’è una grande donna, recita un famoso proverbio. E in effetti dietro l’eccellente lavoro a Wichita State di Gregg Marshall scopriamo esserci l’incessante sostegno della sua dolce metà, che ha passato l’intera sfida contro Kentucky a insultare i giocatori fino ad essere portata fuori dallo stadio dalla sicurezza. Dai testimoni diretti pare che avesse insulti personalizzati per ciascun membro della formazione avversaria, da Calipari fino all’ultimo panchinaro. Questo, signori, si chiama scouting.

 



 

 

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