
CONOSCI LA TUA SQUADRA DEL GIOVEDì SERA: BRANN

Avete mai immaginato, che sapore aveva l’aria, a Bryggen nel 1360?
Avete mai immaginato, come poteva pizzicare l’umidità sono ai panni di lana marrone; la lama di vento sulla guancia, sotto la cuffia. Avete mai immaginato il silenzio, a Bryggen, nel 1360, o del 1412, o nel 1441. Avete mai immaginato la notte a Bryggen, davanti alle case di legno col tetto spiovente; alle case poi diventate rosse, e gialle, e bianche, e la loro sagoma frastagliata, dietro all’acqua, davanti alle foreste, incastrate tra i fiordi, è diventata un’icona stessa della Norvegia.
Guardando queste case, nelle foto di google, nelle immagini di Instagram, ci sentiamo invasi dal calore artificiale della modernità. Il piacere che si prova a privare l’asperità da un ambiente climaticamente ostile: l’idea del rifugio.
Ci pensate, però, come doveva essere la notte, che sapore doveva avere l’aria, a Bryggen, nel XV secolo, quando qui la Lega Anseatica commerciava stoffe e stoccafissi, baccalà e olio di pesce. Le barche attraccavano davanti a Bryggen e scaricavano le merci direttamente dentro gli edifici.
Ci pensate, al legno cigolante delle navi, alle grida dei marinai, alle facce torve dei commercianti, all’odore di pesce e piscio.

Oggi chiudendo gli occhi, seduti al Brann Stadion, concentrandosi molto, se si è fatto i propri esercizi di sinestesia, sembra di vivere in quegli anni in cui Bergen era un porto commerciale di riferimento del nord Europa. Se si perde per un attimo la concentrazione, però, si possono sentire i cori e ancora il rumore del pallone umido sul cuoio della scarpa. La realtà ci riporta in basso. Se è il 2007 su quel campo possiamo veder volare Erik Huseklepp, quello strano uccello crestato che per un breve momento è stato un grande attaccante della Serie A, in un Bari poi retrocesso.
È il 2007, e c’è Huseklepp - oltre Helstad e a Saeterness - nell’attacco del Brann che si qualifica in Coppa UEFA. Ci riesce dopo aver passato un numero spropositato di turni preliminari, una serie di partite giocate mentre le persone sono in vacanza in Grecia, e infine battendo il Club Bruges fuori casa nell’ultimo turno di qualificazione. Un 1-2 in cui Huseklepp, con le sue classiche movenze da giocatore finto forte, ed Helstad seminano paura e terrore. È una delle partite più importanti della storia del Brann.
Il Brann riesce a superare pure i gironi e quella corsa pazza finisce ai sedicesimi, dove incontra l’Everton e uno Yakubu semplicemente indomabile. Centravanti grosso e tecnico ingiustamente dimenticato. Su YouTube ancora si trovano i video della trasferta dei tifosi del Brann che cantano dentro locali che non possono contenerli tutti, con soffitti più bassi dei loro corpi. Sembrano inscatolati, mentre cantano canzoni in una lingua di cui non possiamo riconoscere nemmeno le briciole.
Ieri i tifosi del Brann di 20 o 25 anni sono partiti per Bologna per la loro prima trasferta europea. Nel 2007 avevano 10 o 15 anni ed erano rimasti a casa. Si sono sparsi tra i vicoli di Bologna, pallidi, biondi, con corpi più spessi di quelli italiani. Si sono stesi al sole di Piazza Maggiore, clemente anche a novembre, bevuto Borghetti, mangiato mortadella e probabilmente sono stati felici.
Poi il Brann alla sera ha giocato contro il Bologna e non ha perso - e questo di per sé è un successo non da poco. C’era anche tutto il resto. La coreografia stupenda della curva Bulgarelli, i fumogeni, i colori, una partita di sofferenza pura. Pure in superiorità numerica il Bologna è andato più vicino al gol del Brann. Questo però è il destino di chi tifa Brann: sofferenza dentro al campo, goduria fuori.
CUBI CHE SOMIGLIANO A SHAQIRI
Onestamente non capisco se Shaqiri si sia solo ingrassato o se si è accorciato col passare del tempo, per somigliare sempre di più a un cubo. Non voglio fare body shaming: Powercube è il suo soprannome e rimane un fenomeno, davvero un fenomeno. Ieri si è procurato un rigore, lo ha segnato, ha segnato ancora e poi ha fatto assist per il terzo gol del Basilea. Insomma: un grande. Questa però è la sua forma attuale e siamo d’accordo che non è quella tipica di un calciatore.
Shaqiri somiglia davvero a un cubo e il cubo è una delle forme intorno a cui si è sviluppata la nostra società. Ecco alcuni dei cubi che somigliano a Shaqiri e che si equiparano in importanza storica al calciatore svizzero.
- KAʿBA

La Kaʿba è un edificio cubico situato al centro della Grande Moschea della Mecca, il luogo più sacro dell’Islam. Rivestita di un drappo nero, rappresenta il punto verso cui i musulmani di tutto il mondo si orientano per la preghiera.
- IL CUBO DI RUBIK
Non voglio inventarmi niente qui. Il cubo di Rubik è il cubo per eccellenza. Sarebbe bello poter manipolare anche Shaqiri fino a ottenerne la perfetta combinazione.
- IL CUBO IN MELENCOLIA I

Melancholia I è un'incisione di Albrecht Dürer datata al 1514. È ricca di riferimenti esoterici, tra cui questo misterioso cubo, che secondo i critici è il simbolo della conoscenza e del limite umano, proprio come Shaqiri.
CELEBRIAMO IL GOL SBAGLIATO DA CELIK
Cosa intendiamo per grande gesto tecnico? Un’intuizione felice nel rapporto tra il corpo, la palla e lo spazio. Un fondamentale tecnico - un tiro, un dribbling, un passaggio - particolarmente sensibile, o elegante; oppure eseguito con originalità. Un grande gesto tecnico è anche quando un calciatore prende il dicibile del calcio da un’altra angolazione. Ci mostra cose.
Messa sotto una certa prospettiva, quindi, anche alcuni errori possono essere considerati dei Grandi Gesti Tecnici. Sicuramente quello di Zeki Celik lo è stato. Come un bel gol, un superbo momento da highlights, riguardiamo ipnotizzati l’errore sotto porta di Celik e ci poniamo la domanda eterna che abbiamo di fronte ai grandi gesti tecnici: come ha fatto?!
C’è un cross che dopo una respinta arriva sui piedi di Tsimikas. Quello fa un tiro tremendo, da persona che è arrivata a giocare a calcio a quei livelli senza davvero imparare a tirare. La palla ciancica il prato, scorre sul secondo palo, e Celik ha una grande intuizione a tagliarne la traiettoria. La palla però gli scorre verso una sezione del corpo non adibita a calciare in porta. La palla è veloce, Celik deve inventare: andare di testa, di piede, come? Il suo corpo va in cortocircuito e dal video si riesce a intuire quanto si siano scollati cervello e corpo; quanto uno stia trasmettendo input sbagliati e lacunosi all’altro. Prova ad andare con la testa, ma si rende conto di non farcela quindi la parte superiore del suo corpo impenna verso l’alto, riesce a prendere la palla con la coscia. Era così vicino alla riga di porta che bastava veramente frapporre il corpo al pallone per fare gol. Però Celik tira troppo su la coscia, troppo di scatto, e la palla prende la traversa.
Un grande gesto tecnico è anche una lotta alla probabilità. Si celebrano quei tiri che diventano gol nonostante una probabilità bassissima; allora dovremmo forse celebrare anche quei tiri che non diventano gol nonostante una probabilità bassissima. Da lì era quasi impossibile non segnare: Celik ce l’ha fatta.
LA DIFFERENZA CON UN GOL SBAGLIATO INGLORIOSO: ROBERTO PICCOLI
Se l’errore di Celik brilla per il suo estremismo, quello di Piccoli invece è triste, mesto, banale. L’errore di Celik a un centimetro dalla riga di porta ci stupisce, ci fa sussultare, ci mostra una realtà più capace di cambiare forma, questo errore di Piccoli ci deprime. Ci mostra un mondo che si accartoccia su sé stesso, un calcio in cui i centravanti tirano di piatto rasoterra centrale addosso al portiere. Un mondo di centravanti senza immaginazione che visualizzano più il portiere che la rete.
Siamo sull’1-0 per la Fiorentina in una partita pazza fatta tutta di transizioni. La Fiorentina è in vantaggio con un bel gol di Sohm. Un’azione ben congegnata in cui Piccoli fa un bell’assist di prima. Questa è un’altra bella transizione: Fortini gli fa un assist perfetto, sulla corsa, coi tempi giusti. Piccoli ha il tempo per fare tutto quello che vuole, e quello che vuole è un tiro di prima centrale che prende il portiere in pieno.
Lo so: sembra che sto buttando la croce su Piccoli in una partita che la Fiorentina ha perso non solo per colpa sua. Fazzini per esempio poco dopo si mangia un gol forse pure peggiore. Nel secondo tempo Kean di testa uno ancora peggiore. Ma che tristezza un centravanti che calcia così.
PER IL BOLOGNA UN’ALTRA “VITTORIA MORALE” CHE PERò NON VALE TRE PUNTI
Nell’ultimo turno, contro la Steaua, il Bologna ha vinto la sua prima partita europea da quando è tornato dopo più di vent’anni, una stagione fa. È stato un grande sollievo. La squadra aveva giocato 9 partite tra Champions e l’esordio in Europa League senza vincere, con la beffa di giocare molto spesso bene, di meritare più di quanto raccolto. Errori sottoporta, prestazioni generose, episodi che vanno sempre per il verso sbagliato. Sembrava aleggiare un incantesimo di magia nera attorno alla squadra nelle sue partite europee. La vittoria contro la Steaua sembrava averlo spezzato, ma poi ieri è arrivato il Brann e si è tornati al punto di partenza.
Una di quelle partite in cui gli episodi girano tutti dalla parte sbagliata.
Al 23’ Lykogiannis porta palla ma non si accorge che Kornvig, ex trequartista del Cittadella, gliela sta portando via. Crede di essere ancora in possesso quando stende il piede in avanti e ci timbra, coi tacchetti, la tibia avversaria. L’arbitro lo espelle. L’intervento rischiava di essere pericoloso: ma si può punire un intervento pericoloso anche se non è un vero intervento? Cioè se il giocatore in possesso pensava di giocare la palla, era in possesso?
Da quel momento la partita del Bologna si complica, ma nonostante l’inferiorità numerica la squadra riesce comunque a soffrire poco e a costruirsi qualche occasione per fare gol. Il Bologna ha ormai un’identità così consolidata che riesce a mettere in pratica la propria idea di gioco anche con un uomo in meno e una squadra piena di rotazioni.
Al 39’ non viene dato un rigore al Bologna per presunto fallo di Miranda che in effetti non c’è: è più lui che va cerca l’intreccio di gambe col difensore del Brann
All’86’ Ferguson calcia da questa posizione.

Il tiro nasce da un’iniziativa di Orsolini che fa capire subito la differenza tra lui e Bernardeschi. Non è solo una differenza di passo ma di incisività offensiva: di scelte, di precisione nell’ultimo passaggio. Ferguson calcia troppo addosso al portiere, sulla respinta nemmeno Odgaard riesce a segnare.
All’87’ Lucumi prende il palo su un colpo di testa.
A fine partita il telecronista dice che quella del Bologna è stata una “vittoria morale” per il volume di occasioni prodotto con l’uomo in meno. Le mancate vittorie a testa alta, i successi “ai punti” continuano a essere la costante maledetta del cammino europeo del Bologna di Italiano.
LA GLORIOSA VITTORIA DEL DRITA!
Il Drita ve lo avevamo raccontato nella scorsa puntata, ma è tornato subito a far parlare di sé per la prima vittoria della sua campagna europea in Conference League. A subire la sconfitta è stato lo Shelbourne Football Club. Anche loro citati due settimane fa, sempre dal lato sbagliato (o giusto, a seconda delle inclinazioni filosofiche con cui guardate la competizione) della storia. Gli irlandesi - che avevano per un autogol - anche stavolta pagano le deviazioni dei propri difensori.
La dinamica che porta al gol vede la partecipazione di tre giocatori che vale la pena chiedersi com’è possibile che siano in campo nella stessa partita.
Il primo è Randy Ovouka, terzino sinistro congolese che ha vestito tre maglie in carriera, ciascuna di un continente diverso: è partito dagli Hearts of Oak, squadra che milita nella Premier League ghanese; per poi volare negli Stati Uniti, al New Mexico United - squadra della città di Albuquerque (sì, quella di Breaking Bad che appare come uno sputo di civiltà in mezzo al deserto); e nel gennaio 2023 per la modica cifra di 10mila euro, il Drita FC ne ha acquistato il cartellino. È costato come una buona utilitaria usata.
Ovuoka scende sulla corsia mancina, rientra sul destro e calcia scoordinato. Il tiro è orribile, la gamba resta alta in un turpe passo di danza e la traiettoria incoccia sulla gamba di JJ Lunney che è sorpreso, viene colpito dal pallone e non fa nulla per opporsi.
Giocatore irlandese con tutti i crismi che potete immaginare: una carriera mai fuori dalla Repubblica del trifoglio, pallore malaticcio, mascella squadrata, spalle più da rugbista che da calciatore. Una fisionomia da Derry Girls.
Sulla ribattuta si avventa Almir Ajzeraj: trequartista kosovaro, sempre giocato in patria, ma soprattutto protagonista di un video assurdo sul canale ufficiale del Drita, pubblicato due anni fa. Ve lo lascio qui, ma permettetemi di esaltare questo capolavoro del surreale. Innanzitutto la musica di sottofondo, tipica dei video delle compilation di schiacciate NBA; poi le animazioni con cui cambia la scena che sembrano uscire da un power point delle scuole medie. La prepotenza delle poche immagini fa pensare a un funambolo, l’Houdini kosovaro che compare e scompare a piacimento tra i difensori del Viktoria Plzen.
Ajzeraj si sistema il pallone con il destro, poi inarca la schiena, sembra non riuscire a trovare la coordinazione, come se il suo stesso controllo l’avesse messo in difficoltà. Molto meno fluido di quanto sembra nel video sgranato. Luuney stavolta è uscito forte, vuole respingere lontano, in maniera definitiva, ma il tiro è ancora una volta talmente brutto da lasciarlo inabile alla reazione. La palla tocca prima i suoi tacchetti e poi il ginocchio di Temple, andando a infilarsi beffarda all’angolino destro.
UN MOMENTO A CASO DI CONFERENCE LEAGUE
LA TIFOSA DEI RANGERS CON KERMIT THE FROG
La telecamera spazia tra i tifosi del Glasgow Rangers e all’improvviso ecco lei, regina:

Faccia preoccupata, braccia conserte mentre abbraccia Kermit The Frog, personaggio dei Muppets con cui è molto difficile stabilire una connessione con i Rangers. Cosa c’entra una squadra di calcio, con la sua tifoseria lealista, con Kermit The Frog?
A quanto pare è uno zaino e la signora che lo indossa è una tifosa ortodossa dei Rangers, che si vede sia nelle partite in casa che in trasferta. Questa una sua foto di 13 anni fa.

Di lei ci si interroga anche in questo forum dei tifosi dei Rangers, viene citata come uno dei personaggi storici di Ibrox.
STORIA DELLA HAIRLINE DI BENEDICT HOLLERBACH
Benedict Hollerbach è un attaccante tedesco di 24 anni che come una buona parte dei maschi di 24 anni sta lottando contro il ritiro delle acque, la desertificazione del cuoio capelluto: la pelatizzazione.
Questo è Hollerbach nel 2019, a 18 anni. Una sola parola per descrivere questa foto: abbondanza.

Due anni dopo Hollerbach sembra volersi godere il più possibile questa abbondanza. Comincia anche a tingersi di biondo.

Due anni dopo c’è già una vistosa retrocessione. Hollerbach deve dire addio alla forma tondeggiante dei suoi capelli, a quella chioma fitta e piena di ricci ultra-definiti. È già costretto alla fase difensiva.

Comincia un lavoro di fino. L’idea è di allungare i capelli nella parte superiore della testa per farli spiovere da sopra a pelle d’orso. Durante la partita la complessa architettura salta e si scopre.

Arriviamo così alla forma attuale della hairline di Hollerbach. Il camuffamento non passa solo da un sofisticato gioco di lunghezze sovrapposte, ma anche da una dimensione cromatica. Schiarendo i capelli biondi le lacune sulla testa risulteranno meno evidente. L’effetto però è davvero strano. Da lontano la tesa di Hollebach sembra luminescente, sembra la faccia di Paola Ferrari. Da vicino rivela degli sbalzi barocchi davvero interessanti.

Questa è la celebrazione di un uomo che ha trovato una via davvero originale per combattere la perdita di capelli.
GIOCA A: È UNA MAGLIA DA CALCIO O UN SUCCO DI FRUTTA ALL'UVA?
Facile, qui c'è una galleria con alcune foto e dovete indovinare quali sono una maglia da calcio e quali un succo di frutta all'uva (no vino).
ANTONY CONTINUA A DELIZIARE I NOSTRI OCCHI
63’ di Betis-Lione. Antony prende palla sulla corsia di destra, ad affrontarlo arriva Tagliafico. Un duello che si è consumato nel secondo tempo: da una parte un’ala brasiliana, funambolica e veloce; dall’altra un terzino argentino, esperto e ruvido. In questo duello archetipico, Antony accarezza prima la palla con il mancino un paio di volte, cerca di depistare l'avversario, e poi prova a sgasare. Tagliafico segue il manuale del difensore alla lettera: lo segue a debita distanza, lo accompagna sul fondo e quando il brasiliano rientra, frappone il corpo a protezione della rimessa. Antony, però, ha l’astuzia di mettere la punta, Tagliafico perde l’equilibrio e la palla gli sbatte sul ventre, poco prima di terminare la sua corsa in calcio d’angolo.
Antony indica la bandierina, assatanato, vuole che quella giocata scaltra venga premiata. Una volta resosi conto che effettivamente si ripartirà da corner, prima si ferma soddisfatto e poi aizza il pubblico.
L’atteggiamento è Antony in purezza. Un giocatore tecnico, ma che ha sempre trovato nei duelli il terreno fertile per caricarsi, per battersi forte la mano sul petto e gridare. Dopo essere stato fagocitato e sputato fuori dal calderone Manchester United, Antony ha trovato a Siviglia una dimensione più consona per far splendere il suo talento. Sicuramente i 100 milioni che gli inglesi avevano speso per portarlo a Old Trafford erano una cifra esagerata, ma Antony non è quel giocatore scadente, quel materiale da meme. Da gennaio dell’anno scorso - quando è arrivato al Betis - Manuel Pellegrini ha completato la cura, ricordandoci che Antony è un calciatore dai colpi balistici notevoli - la punizione dello scorso anno contro la Fiorentina è un capolavoro - ma anche di atletismo. Contro il Lione ieri sera si sono viste entrambe queste dimensioni.
Il Betis orfano di Isco - fermo per una frattura al perone patita ad agosto - è una squadra che dipende ancora di più dai suoi esterni, Abde Ezzalzouli e, appunto, Antony, che hanno trovato entrambi la rete ieri sera. Il gol del brasiliano è sì frutto di una dormita difensiva del Lione, ma anche di un’ottima lettura degli spazi.
Marc Roca sta per battere una punizione dalla trequarti difensiva. Tergiversa, sembra non sapere cosa fare. Non succede niente, ma è intenzionale. Come se fosse risuonato nello stadio lo sparo dello starter, Antony attacca vorace la profondità. Probabilmente è un movimento studiato perché Roca, non appena vede il compagno partire, lancia dritto per dritto verso l’area di rigore. Lo scatto di Antony è bruciante, la mezzaluna per non finire in fuorigioco gli serve da slancio per terminare la corsa dentro l’area. Proprio dove il pallone scende e rimbalza due volte. Antony rallenta e, con il piatto mancino, alza il pallonetto perfetto.
Nel post-partita a Pellegrini viene chiesto cosa mancasse ad Antony per diventare un top player mondiale. L’allenatore non dice niente di straordinario, ma è la frase con cui apre la risposta ad essere degna di nota: «è felice».
POWER RANKING DEI GOL DEGLI EX
Il giovedì sera è spesso il regno degli ex del nostro calcio. Cosa vuol dire questo per lo stato del nostro Paese? Qui non ci facciamo domande e soprattutto non vi rispondiamo: ci limitiamo a fotografare la realtà del giovedì sera, siamo i Robert Capa dell’Europa League, i Carol Szathmari della Conference League. Ecco allora i migliori gol degli ex di questo turno, dall’ultimo al primo in ordine di bellezza (che, ricordiamolo, è sempre relativa).
- LUKA JOVIC
Ex Fiorentina, ex Milan, Jovic, ora all’AEK, ieri ha litigato con la porta per 90 minuti, ma dal dischetto è stato cinico abbastanza da regalare un punto alla sua squadra.
- MARKO ARNAUTOVIC
Ex Bologna, ex Inter, la serata di Arnautovic è stata molto simile a quella di Jovic: gol su rigore. Il suo però ha portato 3 punti alla Stella Rossa, e soprattutto ha segnato il suo rigore scivolando.
- XHERDAN SHAQIRI
Di lui abbiamo già parlato, ma qui è dove ricordiamo che Shaqiri è un ex Inter. Già: come passa il tempo. Anche lui ha segnato su rigore, un delicato cucchiaino che si è appena alzato, per poi completare la doppietta con un tap-in a porta vuota.
- ANGELOS NEOFYTOU
Ex Sassuolo, per saperlo bisogna davvero, davvero tifare Sassuolo. Nell’estate del 2023 Neofytou è arrivato nella Primavera del club grazie all’intermediazione di un agente, almeno così racconta lui, sembra quasi si sia intrufolato di nascosto ma nessuno ha avuto il coraggio di mandarlo via. Lo dice in questa intervista, dove dice anche che Sassuolo gli ricorda Cipro, e chissà perché. In Emilia è stato una meteora, senza neanche esordire con la prima squadra. Comunque, ieri ha segnato con un colpo di testa, uno di quei gol che possono capitare solo il giovedì sera, dove i portieri all’improvviso si scordano di essere portieri. Ve lo lascio perché merita:
- MARTIN ERLIC
Ex Parma, ex Spezia, ex Sassuolo, ex Bologna, Erlic è un gran visir della Serie A, uno di quelli che il nostro calcio ha trattato un po’ male. Quanto è forte Erlic? Abbastanza da finire negli algoritmi del Midtjylland, che in estate ha investito su di lui. Ora si godono questo gol di testa con cui il difensore ha aperto le marcature contro il Celtic (dovete immaginarlo, non mi andava di mettere tutti i gol in questa lista: in ogni caso è il tipico gol di testa di un difensore che si chiama Erlic).
- FILIP DJURICIC
Se ieri avessi avuto un euro per ogni gol di un ex Sassuolo, avrei avuto tre euro, che magari non è molto, ma è strano che sia accaduto tre volte. Djuricic tra tutti gli ex di questa lista è quello forse più malinconico. Oggi segna per il Panathinaikos, un tempo era l’uomo nuovo di De Zerbi. Il tempo passa per tutti.
- PIOTR PARZYSZEK
Una stagione a Frosinone in Serie B nel 2020/21: 28 partite e 5 gol. Ieri un gol di testa nella bella vittoria del KuPs. In questa stagione ha già segnato 9 gol. Tre informazioni su di lui: fu comprato dal Frosinone perché il club cercava un giocatore “alla Ciofani”, ha una frase di Abraham Lincoln tatuata, ha giocato per il Racing White Daring Molenbeek.
- ALESSANDRO BIANCO
Forse vi ricordate di lui - ex Fiorentina, ex Reggiana, ex Monza - per essere quello che prese un pugno da un tifoso del Sivasspor nel bel mezzo della Turchia anatolica, durante una trasferta con i Viola. Ieri ha aperto le marcature per il Paok, segnando il suo primo gol europeo con un bel inserimento da dietro, calciando in scivolata.
- ALEKSA TERZIC
Ex Fiorentina, Ex Empoli, Terzic doveva essere il nuovo Kolarov e almeno ieri lo è stato.
PUÒ UNA BIRRA PARARE UN RIGORE?
È questo il tipo di domande che dovremmo farci più spesso nella vita. Può una birra parare un rigore? Lasciate che ve spieghi.
Mandi Sosa (?) del Lincoln Reds sta per calciare un rigore. Alle spalle della porta in cui deve segnare c’è uno sparuto gruppo di tifosi del Rijeka che ha seguito la squadra fino a Gibilterra, in maniera piuttosto letterale le Colonne d'Ercole d’Europa. Sono appollaiati su una piccola tribunetta, stretti l’uno all’altro come una falange romana pronta a difendere la propria patria.

Sono contrariati, perché la loro squadra sta per affrontare un rigore, un rigore che a loro sembra ingiusto, per uno di quei falli di mano burocratici al limite dell’area. Comunque. Sono lì che si muovono, fischiano, sbraitano, ma tutto sommato sono rispettosi.
Mandi Sosa prende la rincorsa, si appresta a calciare e poi succede una cosa: dagli spalti viene lanciata una birra. proprio verso il dischetto del rigore.
Il lancio avviene prima dell’impatto di Mandi Sosa col pallone, anche se arriva sul campo dopo. Come una coreografia coordinata, seguono altre birre lanciate, perché l'unica cosa migliore che bere una birra è lanciarla in uno stadio in un momento di gioia. La risposta comunque è no: una birra non può parare un rigore, ma un portiere può. Una birra può però creare una scenografia perfetta, diventare come la busta di plastica in American Beauty: la ricerca della bellezza nascosta nelle cose lanciate in campo, anche in un mondo apparentemente banale o corrotto (scherzo, non lanciate le cose in campo).
GOL PIÙ EUROPA LEAGUE
Virilità: 10
Assurdità: 6
Anti-epicità: 6
Paura della morte: 200
Per coerenza avrei dovuto scegliere il secondo gol del Ferencvaros o il terzo del Braga (recuperateli se avete il kink per i gollonzi) ma ogni tanto, raramente a dire il vero, il venerdì mattina mi sento propositivo. E allora ho scelto un gol bello. Un gol bello può essere il gol più giovedì sera? Sì, perché fondamentalmente sono io a decidere: non siamo in democrazia dentro a questa rubrica.
Guardate la perfezione di questo gol e guardate dove è stato segnato. Non voglio fare quello che dice che dal letame nascono i fiori, perché nel calcio semplicemente non è vero. Oksanen, l’autore di questa punizione/capolavoro, ha un passato al Brentford. Non ha esordito in prima squadra, ma qualcosa vorrà pur dire riguardo al suo talento.
Ma dicevamo, riguardo al contesto: il KuPs è una di quelle squadre che sembrano una forzatura di questo gioco. Nessuno sa come sia arrivata qui e perché gli è permesso starci. Deve giocare le sue partite europee lontano da casa, a Tampere, in uno stadio a quasi 4 ore di macchina da Kuopio, che sarebbe la città del KuPs, per quanto è impossibile capirlo dal nome. Ma non è solo questo: guardate la mestizia del tutto. Il campo è fatto di erba sintetica a buon mercato, gli spalti rimandano un grigio tristezza. I tifosi non sono abbastanza o non hanno abbastanza spirito per riempire lo stadio. Cioè, dico io, come ti viene di fare i seggiolini di questi colori?

Dopo la partita Oksanen ha parlato di «un colpo da sogno», arrivato «direttamente dal campo di allenamento». La bellezza, quindi, come risultato della ripetizione del gesto. E molto di questo gol, del suo essere in questa rubrica sta in questa consapevolezza. Il bello può trovarsi ovunque, a livello geografico, anche in un giovedì sera a Tampere, in uno stadio brutto e mezzo vuoto, ma non si trova mai per caso. Dietro c’è studio, lavoro, impegno, talento, abnegazione. Lo so, è una lezione scomoda, una lezione che mi sento di dire di non seguire. Ma è la lezione che ci regala questo giovedì sera. Speriamo che dal prossimo possiamo tornare a parlare di portieri pasticcioni, difensori scivoloni e paura della morte.
LO STRISCIONE CON CUI I TIFOSI DEL RAYO VALLECANO HANNO ACCOLTO QUELLI DEL LECH POZNAN
“Classe operaia”, semplice e diretto.
LE MIGLIORI RECENSIONI GOOGLE DI STADI DEL GIOVEDÌ SERA: MARAKANA
Al secolo Stadio Rajko Mitić, il catino di Belgrado per tutti è il Marakana, un luogo il cui solo nome incute timore e rispetto. Lo chiamano così perché fino agli anni ‘90 qui entravano oltre 100 mila persone come solo al Maracana del Brasile. Oggi, non so se purtroppo o per fortuna, i posti disponibili sono poco più di 55 mila. Bastano per incendiare, metaforicamente, le partite della Stella Rossa.
Ma, oltre il mito, come è questo stadio? A raccontarlo in questa rubrica sono le recensioni di Google, che sono tantissime: 21.321. Un numero spropositato che spiega abbastanza da sé lo status del Marakana, che va oltre quello di semplice stadio per entrare in quello di luogo di culto, da visitare anche solo per rispetto e ammirazione. Ma come sono queste recensioni? La media è di 4.6, non male e queste, lo avete già capito, sono le migliori (in senso le più interessanti, o divertenti o indicative).
Il peggior stadio di sempre, ci sono stato diverse volte, ogni volta era peggio dell'ultima, dai, lo stadio è brutto, ma il club è ancora peggio (1 stella)
Lo stadio della stella rossa si descrive da solo (5 stelle)
Non vedo l'ora di entrare...non appena ne avrò modo. Uno dei templi del calcio europeo, sede di importanti finali e casa della Crvena Zvezda - per i profani Stella Rossa - leggendaria squadra della capitale. Si raggiunge facilmente in bus. (5 stelle)
Se vuoi vomitare, puoi farlo qui. (1 stella)
Il Maracanà tarocco (2 stelle)
Ottimo posto, molti posti dove mangiare ma troppo rumorosi (4 stelle)
staraaaaaaaaaaaaaaaaaaaa (5 stelle)
ORGANIZZA LA TUA TRASFERTA: Ħamrun
Mentre lo Zeitgeist del giovedì sera si sposta verso il freddo, la pioggia, la nebbia e la neve, c’è un posto dove a novembre potete guardare una partita di Conference League a mezze maniche: Malta. Il merito è degli Ħamrun Spartans, squadra maltese di una città che non avevate mai sentito nominare. Tuttavia essendo Malta grossa uno sputo, non cambia molto dove arrivate, conta quello che volete vedere. Che poi è il senso di questa rubrica: quel turismo da tifoso in trasferta, sciarpa legata alla vita, occhiali da sole e l’attesa dell’ora perfetta per bere la prima birra facendo delle attività sceme.
Tra l’altro potete arrivare a Malta in barca partendo dalla Sicilia: prima di oggi non mi ero mai accorto come quest’isola fosse vicina alla parte sud della Sicilia. Con l’aliscafo ci vogliono appena 2 ore da Pozzallo, ma noi vi consigliamo qualcosa di più primitivo, come una barca a vela o ancora meglio una di quelle galee sottili che si usavano all’epoca delle Repubbliche Marinare. In ogni caso, questi sono i nostri consigli turistici: non prendeteli per buoni.
- UN ALBERO: L’ALBERO DI GESù
A Malta c’è un albero che somiglia in maniera incredibile alla crocifissione di Gesù Cristo, o almeno alla sua rappresentazione nel simbolismo cristiano. Secondo la leggenda, questo albero non assomigliava alla crocifissione, poi è stato colpito da un fulmine e ha iniziato ad assomigliare alla crocifissione.

Un miracolo? La Chiesa, pur accettando questo tipo di apparizioni ci va con i piedi di piombo con l'albero di Gesù a Malta e non la considera una rivelazione pubblica. La somiglianza, però, c’è ed è innegabile. Consideratelo così: un interessante esempio di pareidolia che potete andare a visitare prima della partita.
- UN VILLAGGIO: IL VILLAGGIO DI POPEYE
Nel 1980 Robert Altman gira il film Popeye (Popeye - Braccio di Ferro in italiano) a Malta. Popeye è Robin Williams, Olivia è Shelley Duvall, che ha appena girato Shining. Popeye, forse ve lo ricordate, è un marinaio. La produzione quindi ricostruisce il suo villaggio d’origine sull’Isola, poi finito di girare il film lo lascia lì, abbandonato.
Quello che succede dopo è che a Malta, invece di buttarlo giù, pensano di farlo diventare una specie di parco divertimenti. Perché visitare e preservare un vero villaggio di pescatori, quando puoi farlo con un villaggio finito? Il villaggio di Braccio di Ferro è carino e scenografico, inerpicato sugli scogli. Oggi potete visitarlo pagando i 25 euro dell’ingresso, verrete accolti da attori, ci sono spettacoli per i bambini e giochi gonfiabili in acqua.
- UN CONCESSIONARIO ABBANDONATO: FUJI SUBARU
Se vi piacciono le auto brutte questo, mi sembra, è il posto che fa per voi. Un concessionario di auto della Subaru fermo agli anni ‘90, nel momento storico in cui si facevano le macchine più brutte.

Non so come sia successa questa cosa, cioè di riuscire a cristallizzare il tempo per un concessionario, visto che non ci siamo riusciti con le cose belle che ci hanno lasciato gli anni ‘90. In ogni caso è quel tipo di attrazione eccentrica che magari vi piace, se avete un po’ di tempo da buttare prima della partita e non volete visitare una chiesa o un rudere. Visitate un concessionario abbandonato, perdetevi tra un furgoncino Subaru e una Subaru XT, macchine cancellate dal tempo ma non dalla vostra memoria.
- UN PIATTO: I PASTIZZI
Qual è il legame tra la cucina italiana e quella maltese? Non lo so e non lo voglio sapere, onestamente, ma questi Pastizzi mi facevano ridere per il nome. Che ti mangi oggi? I Pastizzi? E che sono? Semplice, sono una specie di fagottini, quel tipo di cibo che, se ci pensi, potresti davvero farti da solo con le mani, se solo avessi voglia. Hai voglia? Ecco la ricetta. L’impasto è semplice: farina, acqua fredda e un pizzico di sale, poi aggiungete il burro: ovviamente tutto è meglio col burro. Il risultato dovrebbe essere una palla da stendere, arrotolare, ristendere, allungare, riarrotolare, ristendere, ammucchiare, fino ad avere una specie di filone. Tutto per farne una sfoglia croccante. Come? Potete vederlo qui, se davvero vi interessa.
Il ripieno è ancora più facile: ricotta, un uovo, sale, pepe e prezzemolo. C’è chi ci mette anche i piselli, o la carne, o altre cose ancora. Insomma è un ripieno, per definizione mutevole. Vedete voi, basta che vi ricordate che qui la semplicità è un valore. Una volta pronto, tagliate il vostro filone in tanti piccoli rocchetti, prendetene uno a uno e apritelo per trasformarlo in un disco di pasta della dimensione di un CD. A quel punto lavoratelo come se sapeste cosa state facendo e metteteci un po’ di impasto dentro, per poi richiuderlo come se fosse un piccolo fagotto. Fatta questa operazione, via in forno: 200 gradi, 45 minuti. Mentre aspettate, pensate a Malta, all’Ħamrun oppure alla morte.
UNA FOTO DI GIACOMO MODICA CHE GRIDA 1989
Giacomo Modica è l’allenatore dall’Hamrun Spartans. Pochi mesi fa veniva esonerato dal Messina nei bassifondi della Serie C, ora allena in Conference League. Così è la vita. In passato è stato un discepolo di Zeman e ancora più in passato un centrocampista delle serie minori italiane. Soprattutto era questo tipo di persona: quelle persone che sembrano rappresentare perfettamente un anno. Nel suo caso il 1989 (nonostante la foto sia del 1991).

BENVENUTO SEAN DYCHE!
Sean Dyche è un allenatore di culto del calcio minore inglese, la sua carriera è legata soprattutto al Burnley e all'idea di un calcio pane e salame, molto pragmatico. Da qualche settimana allena il Nottingham Forest, squadra con ambizioni di gloria, ma che ha già esonerato due allenatori prima di bussare alla sua porta. Dyche prima non aveva mai allenato nella fase finale di una competizione europea, quindi per dargli un caldo benvenuto ecco due gif che ci raccontano come tutti gli esseri umani si infilano le mani nel naso e nelle orecchie, anche quando sanno di essere osservati da milioni di persone. È nella loro natura e non c'è niente di male.
ALCUNE COSE NOTEVOLI DAGLI ULTIMI MINUTI DI LOSANNA-OMONIA NICOSIA
Proprio così.
- UN ARBITRO GIGANTE

- QUESTA PERSONA MOLTO CONTRARIATA
- LUI A PETTO NUDO CON TIPO 6 GRADI

- LO SPONSOR GIANT HEART DEL PORTIERE A FORMA DI CUORE GIGANTE

- UN’ALTRA PERSONA MOLTO CONTRARIATA
- L’ARBITRO GIGANTE CHE STA PER MENARE UN COSPLAY DI INSIGNE
- CUSTODIO

COSE CHE ACCADONO QUI
Perché aggiungere questi trenta-quaranta secondi di lettura a un articolo che è già lungo quanto in media legge un italiano in tutta la vita (statistica inventata e capziosa)? Mi immagino questa rubrica come quei film di spionaggio in cui chiedono a uno di tenere al telefono un altro ancora un po’ perché stanno cercando di tracciare la chiamata per capire da dove arriva. Io mi metto sempre nei panni di chi deve cincischiare, perché odio stare al telefono. Bene, allo stesso modo odio scrivere questa parte, ma lo faccio come dovere morale.
- LA CONFERENCE LEAGUE, MA TI SEI SCORDATO LE TUE BELLE CUFFIETTE A CASA E PER SENTIRE L’ULTIMA PUNTATA DI TINTORIA DEVI PRENDERE QUELLE CHE IL TUO COLLEGA PAZZO HA LASCIATO IN UFFICIO

- L’EUROPA LEAGUE, MA TU SEI UNO SLITTINO
- LA CONFERENCE LEAGUE, MA È “UN WEEKEND CON IL MORTO 2” (QUINDI LA CONFERENCE LEAGUE POTREBBE DIRE QUALCUNO)
As-salāmu ʿalaykum












