
CONOSCI LA TUA SQUADRA DEL GIOVEDì: DRITA FC

Dio disse: “Sia la luce!”. E la luce fu. Ma non era proprio la Luce - “Ente fisico al quale è dovuta l’eccitazione nell’occhio delle sensazioni visive, cioè la possibilità, da parte dell’occhio, di vedere gli oggetti” - ma una squadra chiamata Luce, che in albanese si dice Drita.
Il designer dello stemma del club credo volesse evocare la luce, facendo partire dei raggi dal pallone, ma l’effetto concentrico è strano. Ne viene fuori una specie di cresta invertita sul pallone come una testa. Sotto la scritta Drita compare quella di “Gjlan”, che forse non sembra ma è il nome di una città in Kosovo, dove nel 1985 un contadino serbo si è recato all’ospedale perché aveva una bottiglia frantumata nel culo. Questo contadino di Gjilan, probabilmente non un tifoso del Drita, ha accusato due kosovari di origini albanesi di avergliela ficcata nel culo dove poi la bottiglia è esplosa. Naturalmente la cosa non ha fatto piacere alla comunità serba del luogo, che in qualche modo si è risentita. “Noi le bottiglie le usiamo per bere la rakja” gli avranno detto, risentiti. È uno degli episodi più curiosi che vengono citati per descrivere come la tensione sia cresciuta, durante gli anni ’80, tra le varie comunità etniche. Anche episodi molto piccoli e stupidi, il più delle volte travisati.
Qualche tempo dopo il contadino serbo ammise una verità più scomoda: la bottiglia nel culo se l’era messa da solo.
Cosa faceva il Drita nel 1985?
Giocava a calcio ma a quale livello è difficile da dire. Era sepolto nella lega provinciale del Kosovo, all’interno della mastodontica piramide calcistica jugoslava. A differenza dei rivali cittadini, la stella rossa Giljan, i fondatori e i giocatori del Drita erano esclusivamente di etnia albanese. Era stato fondata dalla classe intellettuale albanese della zona. Oggi la Stella Rossa si chiama solo KF Gjiliani e le due squadre danno vita al derby dell’Anamorava, la regione del Kosovo - di monti e valli - dove nascono queste squadre. Nonostante il Drita sia il club della classe operaia della città, il suo gruppo ultras prende il nome di “Intelektualët”. Dallo stadio - che si chiama Ramadani non in onore del mediano del Lecce - si può ammirare il triplice strato architettonico della zona: case basse col tetto color vinaccia, palazzoni verticali grigi come il cielo di Stalingrado e un minareto.
Dal 1991 il Drita gioca nel nuovo campionato kosovaro, che nel 2017 è riuscita a vincere. L’anno dopo ha quindi partecipato ai preliminari dei preliminari di Champions League. Una fase ultra-preliminare che probabilmente si gioca in qualche montagna segreta di Andorra lontana dagli occhi di tutti. Ci hanno partecipato i campioni di Gibilterra, di Andorra e, appunto, il Drita, che ha poi vinto. Il 4-1 inferno al Lincoln Red Imps è indimenticabile.
Purtroppo il Drita venne poi eliminato al primo turno dei preliminari dal Malmoe. Oggi il Drita sta soffrendo un inizio di stagione al di sotto delle proprio possibilità. In campionato è terzo, dietro l’altra leggenda del giovedì - il Balcani - e gli odiati rivali del Prishtina. Nel classificare di Conference è imbattuta, grazie anche alla affidabilità sotto porta di Arb Manaj.
ARB MANAJ
La Conference League è una competizione talmente disgraziata che non può permettersi nemmeno il vero Manaj; non può avere Rej e deve accontentarsi di Arb. Centravanti kosovaro di quasi un metro e novanta che organizza barba e capelli esattamente come fanno tutti gli uomini balcanici nel 2025: capello corto, doppio taglio, barba lunga ma non troppo. Gioca come un centravanti base, e cioè un uomo grosso che deve farsi spazio a forza imponendo il proprio corpo tra altri corpi, staccare di testa, tirare di collo in campi che dietro la porta si estendono verso boschi di conifere o autostrade e i tiri di Arb Manaj si perdono nello sprawl di google maps.
Ieri sera, contro l’Omonia Nicosia, Manaj ha segnato uno dei suoi gol da centravanti della tradizione. Dopo dieci minuti, uno sviluppo arioso di una transizione del Drita, Manaj che agita il braccio per chiedere palla già a inizio azione, quando è francamente impossibile che gli passino la palla, poi prende posizione in area usando il braccio per tenere lontano il marcatore, e gli arriva questo cross preciso che però deve impattare veramente lontano dalla porta, e lui incorna verso il palo. La palla prende il palo ed entra in porta.
Poi il Drita purtroppo subisce il gol del pareggio da Masouras, ma chissà che queste azioni prestanti di Arb Manaj il giovedì sera non gli valgano qualche contratto a Malta o addirittura Cipro il prossimo anno.
5 COSE DI CUI LA ROMA DEVE PRENDERE ATTO DOPO LA SCONFITTA DI IERI
La Roma ha perso tre partite in casa consecutive per la prima volta dal 2011. Con 10 gol segnati nelle prime 10 partite, è il peggior avvio offensivo di una squadra di Gian Piero Gasperini. “Statistica, eh?!” direbbe Tudor scocciato, ma sono statistiche che qualcosa vorranno pur dire. Gasperini aveva detto che la difficoltà casalinga della Roma nasce dal fatto che di fronte a squadre chiuse la squadra fatica a trovare spazi, ieri però gli spazi c’erano, come ammesso da Gasperini, ma il risultato è stato identico. Gli xG, questi, qui sotto, raccontano una verità parziale.
La Roma non è stata sfortunata: ha perso una partita mal giocata in cui gli avversari hanno avuto le idee più chiare. Ecco alcune cose che, purtroppo, la Roma deve aver capito dalla partita di ieri.
1. Dovbyk è andato, bisogna riprovare con Ferguson
Gasperini ce l’ha messa tutta per recuperarlo e il contesto tattico quest’anno era decisamente più favorevole a lui. Dovbyk però deve avere qualcosa di davvero marcio dentro, in questo momento della sua vita, e non riesce a essere utile in nessun modo alla Roma. Ieri ha sofferto il duello con Jemelka (uno dei peggiori centrali che gli capiterà di affrontare in stagione) e in area di rigore è rimasto sempre nascosto. Era arrivato un giocatore come pregi e limiti molto chiari, ora però sono rimasti solo i limiti. Ferguson ha gli stessi problemi di finalizzazione, ma almeno sembra più presente sul piano fisico, più pronto a battagliare con i difensori. Gasperini dovrà sperare di cavare fuori qualcosa da lui.
2. Dybala non è più un lusso gestibile
Dybala è partito sull’esterno destro, nella sua posizione naturale, e da quella parte - sfruttando anche lo scarso lavoro difensivo di Dybala - il Viktoria Plzen ha costruito il suo primo gol con Prince Adu. Gasperini è stato così costretto a invertire di nuovo gli esterni. Dybala però è in condizioni fisiche troppo scadenti per essere utile alla Roma, e negli ultimi metri sembra aver perso quel tempo di gioco che gli permetteva di liberarsi per il tiro. Senza poter tirare, Dybala è davvero poco utile a questa Roma.
3. La Roma non può permettersi errori difensivi
“È la difesa che ci tiene su” ha detto Gasperini, fotografando impietosamente il momento. Anche ieri il reparto difensivo della Roma ha fatto una partita coraggiosa e precisa, gestendo un contesto di gara difficile e riuscendo a strozzare sempre il campo in avanti. Nel primo tempo un singolo errore di un giovane di vent’anni, Ziolkowski, in una situazione di gioco molto difficile, è costata tutta la partita. Gasperini gli ha inferto una sostituzione punitiva. La Roma non fa gol, attacca male, e così la coperta è così corta che basta un singolo errore per far collassare le speranze di vincere le partite.
4. El Aynaoui non è ancora pronto
Questa è forse la notizia peggiore ma Ein El Aynaoui, che sembrava l’acquisto più promettente del calciomercato giallorosso, continua a offrire prestazioni insufficienti quando gioca titolare. Sembra faticare a gestire tatticamente le grandi distanze che un centrocampista della Roma deve coprire, leggendo bene le giocate difensive - quando uscire forte, quando tenere la posizione, quando scivolare di lato. Col pallone, invece, è troppo scolastico, e non sta trovando i tempi per mettere in mostra una delle sue caratteristiche più promettenti, ovvero l’inserimento dalla seconda linea.
5. Tornano attaccanti, ma la Roma resta sbilanciata verso destra
È rientrato Bailey ma per farlo giocare Gasperini è stato costretto ad arretrare Soulè di una linea - ovvero il miglior attaccante della squadra - per farlo giocare. A dispetto di quanto si diceva in estate, e cioè che Bailey potesse essere adattato come attaccante di sinistra, per ora è entrato in campo solo come esterno destro. Del resto ne ha tutte le movenze e in carriera ha giocato quasi sempre lì. A sinistra la Roma non riesce ad avere esterni che rientrano, cruciali nel gioco di Gasperini, tanto che ieri si è tornati a far giocare El Shaarawy, pregando ritrovi la condizioni di cinque anni fa.
Questi cinque problemi sono più grandi delle possibilità di Gasperini e hanno a che fare con la costruzione della rosa. Con gli errori fatti in estate, ma anche dalle carenze oggettive da cui partiva la Roma, e che era utopico immaginare di poter risolvere in una sola sessione di mercato. A gennaio però Massara dovrà intervenire.
L’ULTIMA VITTORIA EUROPEA DEL BOLOGNA
Prima di quella di ieri contro la Steaua, era arrivata nel 1999 nel gelo di San Pietroburgo.
TOP-3 CREATURE DI HALLOWEEN DEL GIOVEDI
La notte scende ad orari diversi sui campi del giovedì sera. Il sole scompare dietro l’orizzonte a seconda dell’inclinazione della superficie terrestre, e mentre ad Atene si gioca già nella completa oscurità alle 18.45 a Kopavogur gli ultimi raggi dorati ancora illuminano i calci d’angolo di Hoskuldur Gunnlaugsson. Nel secondo tempo, però, la notte avvolge tutti i campi del giovedì: su ogni meridiano e parallelo d’Europa è solo la luce dei riflettori a proiettare sul campo delle strane ombre. Dietro le sembianze di giocatori normali compaiono vite passate, anime maledette che credevamo ormai espulse dal calcio. Morti che tornano a tormentare i vivi.
-3. IL FANTASMA MONTENEGRINO
Uno schema su calcio d’angolo. Una scucchiaiata lunga che percorre tutta l’area di rigore e che cerca di farlo arrivare al giocatore tecnicamente più dotato. Quello che la può mandare in porta. Il tiro, però, è troppo difficile e risulta sbilancio, totalmente sbagliato. Chi è l’autore di questo tiro?
In una chiesa di Podgorica Marx, Engels e il maresciallo Tito sono ritratti mentre bruciano tra le fiamme dell’inferno, dove gli ortodossi hanno ficcato anche alcuni attaccanti acquistati da Corvino, tra cui il demone corviniano archetipico.

Il montenegrino che si era presentato al mondo pieno di boccoli, con le sembianze di un serafino. Col tempo l'inganno si è svelato, quando i suoi ricci sono caduti e i suoi muscoli ipertrofici sono spuntati da sotto la maglietta. Abbiamo riconosciuto Stevan Jovetic.

-2. IL DEMONE CROATO
Nelle profondità dei laghi meno profondi di Plitvice vivono i Bagiennik, stirpe di demoni che vivono ciechi al di sotto di stagni e paludi, nascosti dalla civiltà. Ogni tanto mettono la testa fuori per capire se sta succedendo qualcosa nei dintorni. Se per caso un essere umano si avvicinava a loro imprudentemente, loro potevano schizzare dalle narici un liquido caldo e oleoso in grado di liquefare la pelle di chi vi entrava in contatto.

Ecco a voi la rara immagine del Bagiennik Ante Coric, al di sopra dell’umidità di un campo notturno di Malta, quasi sul punto di rovesciare il suo temibile liquido dalle narici.
-1. IL KAFIR JINN
Un Jinn - demone - può essere benevolo o malevolo. Se è malevolo è un Kafir Jinn. Un Kafir Jinn non crede ai precetti del Corano e si comporta di conseguenza. Una delle cose che fa più spesso è abitare i corpi dei credenti per sviarli sulla via del demonio. È un aiutante di satana a tutti gli effetti. Dobbiamo constatare che un demone ha abitato il corpo del povero Umar Sadiq, lanciandogli nel frattempo un sortilegio terribile che ne ha ristretto il corpo di svariati centimetri. Oggi Sadiq si aggira come una versione ridotta e posseduta, inquieta, sulla fascia sinistra dell’AZ. Molto piccolo, molto inquieto, lontano parente di quel centravanti alto e pacifico che conoscevamo.
TRIDENTE ICONICO DEL GIOVEDì

COSA VEDEVA JOAN MIRÒ PRIMA DI DORMIRE
Ne “La nascita del mondo” Joan Mirò un filo bianco serpeggia verso un cerchio rosso. Una stella, o uno spermatozoo? Sotto la figuratività si disintegra, a simboleggiare l’organo riproduttivo maschile, e poi quello femminile: il pene e la vagina. Il cerchio è un testicolo, e un testicolo e un uovo, e nel rappresentare un uovo, dice Mirò, «Non c’è niente di sessuale. Per me è sacro. È come dipingere un seme di un albero che cresce sotto la terra». Al di sotto delle figure un nero che stinge verso il grigio, quasi industriale. Le figure sembrano stagliarsi incerte da questo sfondo, ancora non del tutto formate, come se anche quelle venissero al mondo: parto dell’immaginazione del pittore. La sua tecnica è nota: Mirò scivola verso il sonno, ma prima di entrare nella prima fase rem cerca di restare vigile e di captare le immagini che gli si formano nella testa. Sono queste.

Ieri ho provato lo stesso procedimento cosa e nella mia testa si è formata questa immagine.

LA PRIMA VITTORIA DI GIBILTERRA
Con i riflettori sparati con una potenza da centrale elettrica le maglie del Lincoln Red Imps sembrano ancora più scarlatte di quello che in realtà sono.
Avevamo già parlato di questa squadra qualche anno fa, quando era diventata la prima società di Gibilterra a qualificarsi per una competizione europea, e ne torniamo a parlare oggi perché ieri sera è diventata la prima squadra gibilterrina a vincere una partita nella fase finale di una coppa europea. La vittoria per 2-1 è arrivata contro i polacchi del Lech Poznan, che nel contesto della Conference League non è poco. Solo due stagioni fa, per esempio, i polacchi si erano spinti fino ai quarti di finale, per poi essere eliminati dalla Fiorentina.
Il Lech Poznan è arrivato al campo a bordo di un pullman che somiglia più a una corriera per una località della riviera romagnola che a un effettivo mezzo di trasporto da squadra di calcio. In questa foto vediamo i calciatori scendere dalla vettura con l’andatura rilassata di una comitiva di anziani pronti per l’entusiasmante settimana a Rimini: ovviamente pensione completa e attività ricreative incluse, rigorosamente fino alle 19:30.

IMAGO / Newspix
Dopo un primo tempo chiuso in svantaggio, il Lech Poznan ha pareggiato al 77’ grazie a un rigore del capitano Mikael Ishak che raccoglie nervosamente la palla e la riporta a centrocampo. Il corpo e l’espressione da lottatore di MMA frustrato lo renderebbero il perfetto protagonista per il gioco Conference o Interpol.
Di professione, in realtà, fa il centravanti e potreste ricordarlo in un’esperienza di una decina di anni fa con la maglia del Crotone in Serie B. Qui lo vediamo segnare l’ultimo dei quattro gol della sua stagione, con una bella zampata a deviare l’assist di Federico Bernardeschi. Gli anni passano anche per lui e la crestina d’ordinanza tipica degli attaccanti di quegli anni è stata sostituita da una taglio cortissimo - per non dire nullo - che non fa che alimentare la sua aura da rancoroso sollevatore di ghisa.
Il gol della vittoria nel finale di partita, invece, lo ha realizzato Christian Rujtens Oliva, opposto estetico di Ishak: barba curatissima, fisico statuario e sorriso seducente da avventuriero spagnolo in vacanza.
Anche lui, incredibilmente, ha giocato dalle nostre parti. Usando la teoria dei gradi di separazione, l’anello di congiunzione con il centravanti svedese del Poznan è Danilo Cataldi.
Con un passato nella Primavera del Benevento, infatti, vanta anche una presenza in Serie A in una dimenticabile ultima giornata al Bentegodi nella stagione 2017-18: entra al 90’ al posto di Sandro e respira l’aria frizzante di in un caldo pomeriggio veronese in cui il Chievo - vincendo con un gol di Roberto Inglese - certifica l’ultima salvezza ottenuta in massima serie.
LA PRIMA VITTORIA MACEDONE
Lo Shkendija ha battuto gli irlandesi dello Shelbourne, ed è quindi diventata la prima squadra macedone a vincere una partita nella fase finale delle coppe europee.
Vi racconto la dinamica che ha portato al gol storico: nasce tutto quando Ronaldo Webster - terzino giamaicano dello Shkendija - addomestica un campanile in area di rigore e calcia forte verso l’area piccola; non ci sono maglie rossonere in zona, ma il pallone incoccia comicamente sul piede di Paddy Barrett - difensore centrale degli ospiti - e la palla si infila docile in porta.
Un trionfo che supera i confini sportivi per intrecciarsi anche con le contraddizioni politiche che colorano la storia dei Balcani. Il successo assume anche un valore simbolico. Lo Shkendija, infatti, è la squadra più tifata dalla frazione di popolazione di etnia albanese e ha sede nella città di Tetovo, infatti - stando ai dati dell’ultimo censimento nel 2021 - è composta più del 70% di abitanti albanesi.
In un’inchiesta realizzata sul Manifesto nel 1999, Marina Forti racconta la storia dell’Università di Tetovo - all’epoca non riconosciuta dal governo centrale di Skopje - e dell’importanza che rivestiva come avamposto di ribellione. Il rettore racconta alla giornalista le condizioni di vessazione a cui erano sottoposti gli albanesi in quel periodo: «Restiamo una minoranza discriminata in tutte le sfere della cittadinanza. Nell'istruzione superiore, ma anche nell'amministrazione pubblica - gli albanesi sono solo nei livelli più bassi, i dirigenti sono macedoni. Così nella polizia e nell'esercito. All'università statale ci sono quattro professori albanesi su tremila docenti. Pensi: avevamo più diritti nella vecchia Jugoslavia che nel sistema cosiddetto democratico».
Fin dalla sua fondazione nel 1979, perciò, lo Shkendija diventa un simbolo dell’enclave albanese prima in Jugoslavia e poi in Macedonia. I colori sociali - rosso e nero - riprendono proprio quelli della bandiera dello stato.
Un’identità così forte non può che riflettersi anche sul tifo organizzato. Il gruppo ultras più importante sono i Ballistët. Nel proprio sito ufficiale, il collettivo di tifosi dichiara che la propria nascita nel 1992 non aveva solo l'obiettivo di sostenere la squadra, ma anche di rispondere ai soprusi che lo stato macedone infliggeva in quel periodo agli albanesi, sfociati nel conflitto armato del 2001.
Alla fine della partita l’allenatore dello Shkendija, Jeton Beqiri, si è presentato in sala stampa. Dopo aver fatto i complimenti ai giocatori e averci ricordato che la strada è ancora lunga, si è concesso una piccola lamentela celebrativa, che è un rito che non conosce confini geografici: «Mi dispiace molto che in questo momento le condizioni del campo fossero pessime e che, quindi, abbiamo dovuto giocare su un campo così».
GOL PIÙ EUROPA LEAGUE
Virilità: 5
Assurdità: 8
Anti-epicità: 10
Paura della morte: 100
Il pallone filtrante dal centrocampo è di quelli coi giri giusti, taglia a fette l’atroce difesa dei Rangers, già al terzo allenatore stagionale. L’ultimo arrivato è Danny Rohl, tedesco, 36 anni, un passato da assistente di Flick. Dicevamo: il filtrante è perfetto e lancia Bard Finne verso la porta avversaria. Finne è cresciuto nel Brann, poi è andato a cercare fortuna in giro per l’Europa, non l’ha trovata, ed è tornato al Brann con più barba e meno grilli per la testa. È uno che segna più o meno un gol ogni due partite, abbastanza fuoriscala nel calcio norvegese. Insomma Finne è lanciato verso la porta, e segnare ai Rangers, anche in questa versione disgraziata, deve essere una bella storia da raccontare a famiglia e amici. Però si allarga un po’ troppo verso sinistra, la porta si stringe, da dietro arriva di gran carriera Souttar. Che fare? Finne pensa: sti cazzi, io tiro lo stesso: quando mi ricapita? Finne tira, ma colpisce per terra. Vi sarà capitato, se avete giocato a calcio e non segnate un gol ogni due partite nel campionato norvegese, di caricare il tiro della vita e pensare di esserci, e poi invece finite per calciare via un pezzo di terra o di sintetico. Ecco, questo è quello che succede a Brann.
Il suo tiro strozzato, però, perché gli dei del giovedì sera sono capricciosi come quelli dei romanzi di Shakespeare, taglia fuori Souttar e Butland e diventa l’assist perfetto per Kornvig, che intanto arrivava da chissà dove. Voi direte: è questo un gol più giovedì sera? A esserlo, mi pare, potrei sbagliarmi, è la reazione di Finne. Qui vi metto un fermo immagine, ma dovreste cercarla e vederla tutta, cercare di empatizzare con lui.

Finne neanche ci prova a essere felice che la sua squadra è in vantaggio contro i Rangers, è mortificato dal suo errore, dall’aver passato una vita a capire come si calcia un pallone e invece aver fallito quando poteva segnare uno dei gol più importanti della sua vita. E che poi sia diventato un assist non importa, nessuno vuole fare assist così. Si gira sconsolato, neanche guarda i suoi compagni festeggiare, la testa bassa e i pensieri neri. La reazione di Finne ci ricorda che tutto nella vita, anche il calcio, è la realizzazione di noi stessi, la costruzione di una nostra sovrastruttura che ci difenda dall’inevitabile, e cioè la morte e il suo portarsi tutto via. Torniamo quindi al senso profondo di queste notti di calcio, ricordarci che cenere eravamo e cenere ritorneremo. Per la cronaca: il Brann vincerà 3-0 questa partita, Finne però non è riuscito a segnare e voi lo sapevate già.
PIOVE SULLE TAMERICI CROATE
Ieri sono iniziati i gloriosi turni del giovedì sera in cui il meteo sui vari campi racconta di un’Europa in cui può succedere di tutto, almeno a livello climatico. A Malta si giocava in un deserto letterale e metaforico, mentre in altri campi la pioggia e il freddo sferzavano i volti di poveri tifosi inermi. Il picco si è raggiunto in Rijeka-Sparta Praga:
Loro ci hanno anche provato a giocare, per una ventina di minuti hanno sfidato gli eventi, giocando qualcosa di più simile alla pallanuoto. C’è stato anche un gol annullato dal VAR, ma soprattutto la scena di un calciatore che scivolando sul terreno bagnato ha quasi scoperto un nuovo stato della materia. Si è vista durante la Diretta Gol delle 18:45, un grande momento di comicità che però oggi è scomparso, visto che la partita è stata rinviata. Rimarrà nei cuori di chi era davanti alla televisione.
DOVE È FINITA LA CURVA DELLO STADIO BALAÍDOS?
Ieri la curva dello stadio del Celta Vigo si presentava così:

Chi l’ha rubata? Si parla tanto del furto dei gioielli di Napoleone al Louvre, ma poco di questo furto. La scena è a suo modo disturbante: la curva manca proprio, tagliata di netto. Dietro si può vedere il mondo scorrere - le macchine, le case, le persone - rompendo così l’idillio di una partita di calcio, quando il nostro sguardo è confinato nei quattro lati di uno stadio. Se guardiamo una partita è proprio perché vogliamo per almeno 90 minuti ignorare il resto, no? Lo stadio del Celta invece ci costringe a fare i conti con la realtà, con lo spazio aperto.
C’è da dire che ieri i tifosi del Celta hanno saputo come sfruttare a loro vantaggio questo furto di una curva. Dopo la partita hanno organizzato uno spettacolo di droni per celebrare Iago Aspas, che ieri è diventato il calciatore con più presenze nella storia del club. Lo stadio Balaídos è diventato così un teatro nel senso più letterale del termine, con la curva assente a fare da palco alla glorificazione di uno dei più grandi calciatori spagnoli di questo millennio.
RONALDO, MA NON QUEL RONALDO E NEANCHE QUELL’ALTRO RONALDO O ALTRI ANCORA CHE MAGARI VI POSSONO VENIRE IN MENTE
Ieri lo Shkendija ha vinto la prima, storica partita per una squadra della Macedonia del Nord in una competizione europea. Lo ha fatto grazie a un autogol in pieno recupero di un giocatore dello Shelbourne, causato da un tiro-cross di Ronaldo Webster.
Sì, proprio lui, il Ronaldo che possiamo permetterci qui, Ronaldo Webster. Ancora meglio, perché il suo nome completo sarebbe Ronaldo Romario Webster. Se non fosse tutto vero, sarebbe da pensare a uno scherzo, una macchinazione, qualcuno che si diverte a sceneggiare la Conference League come un film surrealista. Ronaldo Webster, dalla Giamaica alla Macedonia del Nord per fare la storia. Che altro aggiungere? Niente.
LE MIGLIORI RECENSIONI GOOGLE DI STADI DEL GIOVEDÌ SERA: DE ADELAARSHORST
Non ho mai capito bene quali siano i criteri per gli stadi in Europa, ma immagino che a questo punto avrete capito che qui non troverete le risposte a queste domande. Fatto sta che i Go Ahead Eagles si sono trovati all’improvviso in Europa League e possono giocarla nel loro stadio da 10 mila posti, il De Adelaarshorst, che significa letteralmente “il nido dell’aquila”. Sapete cosa altro si chiama “il nido dell’aquila”? Un nido di un’aquila, ovviamente, e poi la casa arroccata sulle alpi bavaresi costruita da Hitler come sua residenza estiva/bunker.
Ma torniamo a noi, il De Adelaarshorst è l’unico stadio, tra quelli da me indagati dove, se guardi dall’alto, accanto ha un campo da calcio che sembra più grande e adatto a ospitare calcio.

Questo comunque non è davvero importante, perché la cosa importante è copiare e incollare alcune delle recensioni migliori del De Adelaarshorst che si trovano su Google Maps (recensioni totali 645, voto medio 4,6), cosa che faccio qui sotto.
Prima (3 stelle) (letteralmente la prima persona a lasciare una recensione)
Non potevo dare meno di una stella, peccato... Questo posto è orribile e non lo consiglierei. Puzza ed è brutto (1 stella)
Visita guidata dello stadio guidata dall'ex giocatore Michel Boerebach. Un tour completo, che ha mostrato tutte le aree. Fantastico! (5 stelle)
Uno stadio vecchio, sporco e soprattutto poco invitante. Anche l'aquila che vola prima della partita è un elemento su cui riflettere (2 stelle)
Siamo orgogliosi partner dei Go Ahead Eagles! Abbiamo recentemente completato i lavori di manutenzione sull'illuminazione dello stadio Adelaarshorst. (5 stelle)
PER FORTUNA C’È SEMPRE UN COSPLAYER DI MITROGLU IL GIOVEDì
Vi ricordate di Kostas Mitroglou? Barba da icona ortodossa, fisico da cattivo nei film di James Bond, talento da centravanti di culto. La tradizione da rispettare è avere un suo cosplayer in ogni edizione del giovedì sera e anche quest’anno ci difendiamo bene grazie al buon Mikael Ishak, centravanti del Lech Poznan, che i più crotonesi di voi ricorderanno per una breve parentesi a Crotone nella stagione 2013/14.
Potevo mettervi una sua foto in cui sembra davvero Mitroglou, ma in qualche modo, mi sembra, che usare la foto del murales che gli hanno dedicato i tifosi del Lech a Poznan sia più indicativo di quanto Ishak sia simile a Mitroglou come spirito. Se siete in città e volete farci un pellegrinaggio, dovrebbe essere al deposito dei tram (o chiedete a qualcuno in giro, figurati se non lo sanno tutti a Poznan).
ORGANIZZA LA TUA TRASFERTA: KUOPIO
Kuopio è una città finlandese di 122594 abitanti, situata nella regione del Savo Settentrionale. Questo, ovviamente, l’ho letto su Wikipedia. Non c’è motivo per cui dobbiate conoscere questa informazione e neanche per andare fisicamente a Kuopio, almeno in teoria. E invece siamo qui a organizzare la vostra trasferta a Kuopio, perché a Kuopio gioca il KuPS e il KuPS è in Conference League. Come ci è finito? Meglio non chiederselo, lasciare intatta la magia di questa coppa.
Arrivate a Kuopio come preferite: in aereo passando per Helsinki, in macchina da casa vostra tagliando in due l’Europa come un quadro di Fontana, ma arrivate prima di giovedì 6 novembre, quando giocherà in casa contro lo Slovan (meteo previsto: vicino allo zero, quindi vestitevi bene). Queste sono un po’ di attività che potete fare per distrarvi in attesa della partita, considerando che, probabilmente, siete troppo poveri per ubriacarvi nei pressi dello stadio come si dovrebbe fare in trasferta (scherzo: bevete responsabilmente).
- UNA SAUNA: LA SAUNA DI Jätkänkämppä
La sauna di Jätkänkämppä è la più grande del mondo tra quelle alimentate a fumo. Per come vedo io il mondo questa non è per nulla una buona notizia: dentro possono starci fino a 70 persone (ma può arrivare fino a 130) e 130 persone dentro una sauna è più o meno esattamente l’idea di inferno che ho io (e, se ci pensate, anche tutta la simbologia cristiana). In ogni caso siamo in Finlandia e se volete provare una sauna, questo è il posto giusto per farlo. La sauna di Jätkänkämppä organizza serate “per tutti” che includono sauna, cena con un buffet tradizionale finlandese, musica dal vivo e, in estate, dimostrazioni di taglialegna sul lago.
- UNA TORRE: LA TORRE PUIJO
La torre di Puijo è un colosso brutalista alto 75 metri. Fu costruita nel 1963 in cima all’omonima collina per, se ho capito bene, vedere meglio. Il senso infatti era di avere un punto di osservazione ancora migliore di quello offerto dalla collina sul panorama circostante. Un panorama che dicono essere straordinario, tutto isolotti, boschi e colline. Oltre a vedere, alla torre di Puijo potete anche mangiare in un ristorante girevole situato in cima. Mi sono sempre chiesto che tipo di esperienza può essere mangiare mentre si gira intorno: non eccezionale mi viene da pensare. Se andate, fateci sapere.
- UN PIATTO: Kalakukko
Il Kalakukko è un piatto tipico proprio della città di Kuopio. Come tutti i piatti che vi fanno chiedere “ma che gli diceva il cervello”, anche questo è un piatto povero, la cui origine risale addirittura al Medioevo. Si tratta di un pane di segale ripieno di pesce e maiale. Potrei fermarmi qui, ma questa rubrica prevede che vi spieghi la ricetta di questo pane farcito e allora vai (ricordo che questa rubrica nasce ai tempi del Covid quando non si poteva viaggiare, altrimenti non si spiega perché dovrei darvi la ricetta e non dirvi dove andarlo a comprare a Kuopio) (a me non piace consigliare posti per mangiare, anche per questo mi sono infognato in questa cosa di scrivere ricette)
C’è anche la canzone del Kalakukko, almeno credo.
Prendete della farina di segale. Quanta dipende dalla vostra voglia di realismo. Un tempo si usava solo segale macinata alla bell’e meglio, ma questo è il presente, e di solito si fa metà segale, metà farina 00, o frumento, o altra farina che vi ispira. A queste farine aggiungete acqua tiepida e iniziate a impastare, poi - non so bene quando - potete aggiungere anche del burro, perché comunque stiamo in Finlandia e non lo vuoi usare il burro?
Il risultato, che dovrebbe essere una palla, lo mettete a riposare e poi lo dividete in due parti diseguali. Una la stendete per farne la base che riempirete con strati alternati di pesce ( coregone va bene, persico top, anche merluzzo o comunque pesce bianco si può fare) e strisce di maiale. Per il maiale potete usare il lardo a strisce, oppure il bacon, credo, oppure uccidere un maiale e vedervela voi: vi ricordo che si tratta di una ricetta medievale. Una volta composto il ripieno tipo jenga, coprite tutto con la parte rimanente dell’impasto e lo mettete in forno. Sui tempi di cottura le informazioni sono discordanti e trattandosi di pesce e maiale, certo non voglio darvi qui dei consigli che potrebbero mandarvi direttamente al Camposanto.
ABBIAMO TROVATO L’ARITZ ADURIZ DELLA CONFERENCE LEAGUE?
La Conference League è un torneo giovane che sta costruendo la sua identità storica. Uno dei capisaldi, lo sappiamo, è trovare un centravanti che incarni tutto ciò che di positivo ha da offrire. Per l’Europa League è stato Aritz Aduriz, e se seguite questa rubrica da un po’ sapete bene il perché. Per la Conference League potrebbe essere Franco Kovacevic? Il centravanti del Celje ha segnato una tripletta nel primo turno e una doppietta ieri contro lo Shamrock Rovers, tutti e 5 i gol della sua squadra in Conference. Aveva già segnato 7 gol nelle qualificazioni. I due gol di ieri coprono un po’ tutto lo spettro delle richieste a un centravanti Conference League: un gol sorprendentemente aggraziato e uno di pura arroganza, fatto con il petto come se fosse Ibrahimovic.
Se si libera dell'esultanza alla Gyokeres è meglio.
Ma chi è Kovacevic? La sua storia si perde nelle tenebre: cresciuto in Croazia, un passaggio al Cincinnati FC, uno al Pafos, nelle ultime due stagioni si è fatto la doppietta: terza serie tedesca e poi campionato della Corea del Sud, senza mai segnare un granché. In estate è finito al Celje e ora è a 22 gol in 19 partite. Un bel curriculum da centravanti di Conference, se lo chiedete a me. Il Celje di Riera è una delle squadre più interessanti del torneo e ora Kovacevic sogna di essere convocato dalla Croazia. Noi, umilmente, seguiremo la sua stagione nella speranza possa diventare una ricorrenza in questa rubrica.
RITROVARSI CON LA PROPRIA EX
Nella canzone “San Cosimato” il cantautore Germanò cerca di fare i conti con le conseguenze pratiche di una separazione. Il dolore costringe a ripensare le più innocue attività quotidiane:
“Già mi immagino quando dovrò cambiar percorso per andare al bar.
Per evitare di rispondere alla domanda “Come stai?”
Sto bene e invece tu? Che cosa mi racconti?”
Per metterci al riparo da questa sofferenza speriamo di non incrociare più la nostra amata, che le vite prendano all’improvviso la forma di due rette parallele. È quello che sicuramente avrà pensato Matheus Magalhaes, corpulento portiere della Stella Rossa che per undici anni ha giocato nel Braga. Il giorno del sorteggio avrà pregato di non trovarsi davanti il proprio passato, quella maglia che gli fa venire le farfalle nello stomaco.
E invece la crudeltà del calcio lo ha messo proprio di fronte al Braga. L’account ufficiale del campionato portoghese lo ha addirittura immaginato tifoso del Braga.
Anche per noi, era una delle grandi certezze: ritrovarci questo portiere cinghialuto a difendere i pali del Braga - una di quelle squadre limbo che finiscono SEMPRE nelle partite del giovedì. Matheus ha giocato 245 partite con la maglia del Braga. Per anni Matheus è stato il primo tassello della sofisticata costruzione dal basso del Braga, e ieri siamo stati male per lui, vederlo difendere i pali di un’altra porta. Un’altra grande lezione del giovedì sera.
"Se ti incontrassi non ce la farei a fingere
Un sorriso mentre ci abbracciamo
E ad evitare di rispondere alla domanda "Come stai?"
Sto bene e invece tu? Che cosa mi racconti?"
IL MIGLIOR GOL ANNULLATO
Lo sappiamo: il calcio al tempo del VAR è pieno di gol annullati. Potete pensare che sia meglio così, oppure il contrario, ma questa è la realtà, che nei giovedì sera delle 1000 partite in contemporanea si espande fino a diventare un genere a parte. Ieri ci sono stati così tanti gol annullati che mi sembrava giusto premiare i migliori tre, prima che la pioggia li porti via per sempre.
- 3) JOVETIC IN DRITA-OMONIA
Sì, Jovetic è vivo e lotta insieme a noi. Ieri falso 9 nel big match tra Drita e Omonia ci ha deliziato con questo gol al volo, purtroppo in fuorigioco. L’eleganza della coordinazione, la leggerezza del tocco, la postura affettata ci ricordano che certe cose, dopotutto, non cambiano mai davvero.
- 2) ORSOLINI IN FCSB-BOLOGNA
Dopo aver visto la bandierina alzarsi, Orsolini ride con le mani in testa. Non può fare altro, il gesto però resta, l’improvviso colpo di genio, una ruleta per mandare al bar difensore e portiere e segnare a porta vuota. Che sia l’anno di Orso?
- 1) BENJAMIN ANDRÉ IN LILLE-PAOKLille-Paok 3-4 è stata una partita surreale, una di quelle che più che raccontarvi, dovreste rivedere in religioso silenzio. È finita con un gol annullato ad André al 98’, il gol che sarebbe stato quello del 4-4, di una rimonta incredibile. Un gol non bello dal punto di vista estetico, ma da quello burocratico. Guardate perché è stato annullato:

Qui bisogna entrare nell’assurdo insito in ogni regola: Giroud tocca il pallone praticamente sulla linea di fondo e lo passa all’indietro. Come può essere fuorigioco? Lo è perché André ha mezzo corpo DENTRO la porta. L’interno della porta fa parte del campo da gioco, può essere parte del fuorigioco? È una domanda che vi lascio, una questione filosofica magari banale, ma che se ci passate abbastanza tempo a discutere può decisamente migliorare il vostro meritato aperitivo del venerdì.
L’ORIZZONTE DI BREIDABLIK, UNA POESIA

Fra le tribune splende un prato,
Non c’entra niente, questo prato,
Così gentile, così caro,
Col mondo,
Con le bolle di gas sotto alla terra,
con la materia viscosa, incandescente,
Con i tremiti e gli sbuffi,
Con i predatori e i predati.
Sopra questa forza ctonia,
Splende sempre questo prato,
E per due ore io posso sedermi accanto a questo prato,
vicino a te,
e posso tenerti la mano.
Mentre guardiamo Kristin Jonsson sistemare la palla per il calcio d’angolo
Io sento il grido strozzato della terra sotto di me,
Ma ti tengo la mano e guardo oltre,
al piccolo boschetto di abeti dietro l’angolo della tribuna,
e mi sento bene,
e mi sento così bene.
Il verde è il colore del riposo,
Agisce sul sistema nervoso simpatico,
E Kristinn Jonsson tira il calcio d’angolo,
E la palla danza tra i corpi senza entrare nella porta,
Senza mai entrare nella porta,
Mai
Mai
Mai
E io sto bene in questa partita,
dove non succede niente,
E mi riposa tenerti la mano, sentire il tuo odore,
Mentre guardo una partita di calcio e non succede niente
Il verde libera la tensione dei vasi sanguigni,
L’ho letto su Focus.
E allora guardo le maglie del Breidablik Kupavogur,
[di Kristinn Jonsson, di Tobias Bendix Thomsen, di August Orr Thorsteinsson]
E mi sento come se questa fosse l’ultima,
L’ultima parentesi di vita al riparo dalla morte,
E allora guardo David Ingvarsson lottare contro Paulius Golubickas,
E spero che non succeda niente,
Che la palla rimanga soggiogata al suo incantesimo, che pressappoco è questo:
Vagare per questa porzione di mondo senza mai oltrepassare il varco della linea di porta,
Senza mai oltrepassare la linea di porta,
Mai
Mai
Mai
Sarai ancora vicino a me,
quando l’arbitro fischierà la fine?
Mi terrai ancora la mano,
quando Kristinn Jonsson rientrerà negli spogliatoi?
DREAMING RAZVAN MARIN
Può uno screen fatto male diventare opera d’arte? Qui il fermo immagine di Razvan Marin mentre sta per segnare con una mezza rovesciata in corsa da un metro a porta vuota contro l’Abeerden o forse è solo il vostro cervello che ricorda l’esperienza di Razvan Marin nelle nostre vite.

COSE CHE ACCADONO QUI
I più scafati di voi lo avevano già capito, altri l’hanno scoperto leggendo una qualche puntata di questa rubrica, altri ancora non sanno di che cosa io stia parlando: questa rubrica di una rubrica di una rubrica parte da un omaggio ai Verdena. Mercoledì Roberta Sammarelli, la bassista, ha lasciato il gruppo. Sarebbe stato meglio lo avesse fatto giovedì, proprio per una cosa di precisione in questa rubrica, ma vabbè. Cosa cambia per i Verdena? Immagino molto, ma lo scopriremo in futuro. Cosa cambia per questa rubrica? Assolutamente nulla invece.
- L’EUROPA LEAGUE, MA È TUTTO UN SOGNO E TU STAI ENTRANDO IN CAMPO PER IL TUO GRANDE DEBUTTO IN PIGIAMA.

- LA CONFERENCE LEAGUE, MA QUALCUNO HA FATTO CASINO IN BAGNO E TOCCA A TE PULIRE
- L’EUROPA LEAGUE, MA È IL VERO SEGRETO PER VIVERE FELICI?
Ci rivediamo quando ci rivediamo (cioè tra due settimane, purtroppo da qui non si scappa)(poi magari voi vi fermate qui)(in caso non vi giudichiamo)





