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Marco D'Ottavi

Il bello del giovedì sera 2024 Vol. 4

Due competizioni che valgono per quattro.

 

Conosci la tua squadra del giovedì sera: Rakow

 

 

Il giovedì ci ha abituato a familiarizzare con nomi ed entità aliene. 

 

Giocatori e squadre che sembrano appartenere a un altro multiverso, dove si gioca a calcio con le mani segnando su porte sospese per aria. Un multiverso in cui il campo si stende in diagonale, le consonanti sono più delle vocali, e i calciatori più lenti sono più preziosi di quelli veloci. 

 

Da questo multiverso ogni giovedì spunta una squadra nuova.

 

Vi eravate accorti, per esempio dell’esistenza stessa del Rakow? Non sembra nemmeno il nome di una squadra: Rakow. Al massimo di un terzino slovacco basso e tarchiato che ogni volta che lo vedi pensi: mica male; dandoti un’impressione di solidità maschile massima. Al massimo è il nome di un paese di passaggio in cui ti imbatti nei tuoi viaggi verso est. Durante la tua trasferta a Praga, a Bratislava, a Graz, compare questo Rakow dove fanno stufato di ghiro.

 

La storia del Robotniczy Klub Sportowy Raków Częstochowa S.A., meglio noto (!) come Raków Częstochowa è nata male. Nel 1921 i suoi fondatori hanno provato a registrare il club come Rakowia, ma non ci sono riusciti. Hanno compilato male i documenti; sappiamo quanto può essere intricato e ottusa la burocrazia. Nel 1927 il club rinasce con quel nome pieno di consonanti ed è la volta buona. A proteggerlo c’è il partito socialista, a finanziarlo le acciaierie. Ha la chiarezza e la determinazione del progresso che avanza. I carrarmati della storia vi passeranno sopra, e dovrete chiamarli Rakow. Certo, bisognerà aspettare quasi un secolo dalla fondazione del club, ma nel 2021 il Rakow vince il suo primo titolo nazionale (la coppa di Polonia) e nel 2023 il primo campionato – dopo più di 80 anni trascorsi nel buio delle serie inferiori polacche. I carrarmati della storia hanno preso un’immagine molto specifica, quella del pullman scoperto rossoblù sul quale i giocatori hanno fatto la parata fra le strade di Częstochowa – la “capitale della corona di Polonia”.

 

Fino allo scorso anno la cosa più famosa della città era la madonna nera del monastero di Jasna Gora. La madonna sarebbe stata dipinta da San Luca in persona, contemporaneo a lei, e che quindi ne poteva conoscere il vero aspetto. La madonna era nera. A lei si affidano le preghiere per le fasi di passaggio, quelle più delicate, della vita.

 

 

“O Chiaromontana Madre della Chiesa, con i cori degli angeli e i nostri santi patroni, umilmente ci prostriamo di fronte al Tuo trono. Da secoli Tu risplendi di miracoli e di grazie qui a Jasna Gòra, sede della Tua infinita misericordia. Guarda i nostri cuori che ti presentano l’omaggio di venerazione e di amore. Risveglia dentro di noi il desiderio della santità; formaci veri apostoli di fede; rafforza il nostro amore verso la Chiesa. Ottienici questa grazia che tanto desideriamo: ….. / O Madre dal volto sfregiato, nelle Tue mani pongo me stesso e tutti i miei cari. In Te confido, sicuro della Tua intercessione presso il Tuo figlio, a gloria della Santissima Trinità. (3 Ave Maria). Sotto la Tua protezione ci rifugiamo, o Santa Madre di Dio: guarda a noi che siamo nella necessità. Nostra Signora della Montagna Luminosa, prega per noi.” (sintetico del santuario di Częstochowa)

 

Il campionato vinto dal Rakow non è arrivato né per caso né grazie alle suppliche alla madonna. Nelle scorse due stagioni la squadra si era classificata seconda. Un salto notevole, considerando che prima degli ultimi anni il periodo d’oro del club era stato a metà degli anni ’90, quando il Rakow era stato promosso in prima divisione per la prima volta nella sua storia. La decisione rivoluzionaria è stata quella di assumere l’allenatore Marek Papszun, insegnante di scuola, allenatore della serie inferiori, il Sacchi polacco. Introduce nel Rakow principi di gioco innovativi che portano il club a una rapida ascesa. Il Rakow ha grandi ambizioni tattiche: vuole dominare il gioco. Tiene molto palla, con una struttura posizionale definita (3-4-3 che diventa 3-2-5) e vuole riconquistarla subito (e quando la riconquistano diventano molto diretti in transizione).

 

Nel 2017 la promozione nella seconda divisione. La formula è quella vincente solita: sviluppo dei giocatori dalle giovanili e acquisti azzeccati a prezzi bassissimi. La corsa arriva fino alla qualificazione di quest’anno all’Europa League, poi Papzun decide di andar via: rifiuta ogni offerta di estensione del contratto e fa come Borg: molla all’apice. Sembrava poter essere il nuovo allenatore della nazionale polacca, poi della nazionale ceca, poi ha rifiutato la panchina del Wisla Cracovia.

 

Il Rakow ha puntato sul giovanissimo David Zwarga, trentatreenne. Quando ha affrontato l’Atalanta Zwarga ha definito il Rakow una specie di Atalanta del discount – a noi del giovedì sera piace definirlo “Nuovo Bodo”, anche se deve ancora guadagnarselo sul campo. 

 

 

Quando gli parlate della magia del giovedì sera e non vi credono mandategli questo video

 

 

Cioè, poi dicono che siamo noi.

 

Le migliori recensioni Google di stadi della Conference League: Gradski Stadion Dubočica


A Belgrado ci sono decine di club sportivi, tutti seppelliti sotto la fama di Stella Rossa e Partizan, il derby eterno. Grazie alla Conference League il Čukarički è riuscito a fare capolino, anche se non è che ora la sua storia cambierà davvero. Sapevate che Čukarički è una squadra di Belgrado? Beh, ora lo sapete. Eppure, nonostante sia una squadra della capitale serba, gioca le sue partite di Conference League a Leskovac, al Gradski Stadion Dubočica. Possibile che non è stato possibile trovare uno stadio adatto a Belgrado? Le stranezze della UEFA con gli stadi, o forse delle squadre serbe con altre squadre serbe. 

 

Il Gradski Stadion Dubočica, comunque, è una specie di gioiello, almeno a fidarsi delle 185 recensioni su Google che poi, lo sapete, è quello che facciamo qui. 4.9 di votazione media non ce l’ha l’Osteria Francescana di Bottura ce l’ha invece questo stadio. C’è da dire che è un impianto giovane, il più giovane di sempre forse, essendo stato inaugurato il 21 agosto 2023 con una capienza di 8136 posti, tutti coperti. Lo hanno da subito ribattezzato “l’Old Trafford di Leskovac”, anche perché Leskovac è chiamata la “Manchester serba”, che onestamente non sembra un grande complimento se non hai il Manchester United e gli Stone Roses. Queste comunque sono le migliori recensioni (tutte in serbo, tradotte sempre con Google)(grazie Google per aver atrofizzato le nostre vite).

 



Sembra fantastico per cominciare. Vedremo come lo manterranno.
(5 stelle)


potente
(5 stelle)


Stadio extra, l’erba dello stadio non merita la sufficienza.
(5 stelle)

 

Tutto secondo lo standard. Carino. (5 stelle)

 

Devi visitare il nuovo edificio del calcio e sentire lo spirito del calcio moderno. (5 stelle)

 

Servizi igienici puliti e facilmente accessibili, caffè per rinfrescarsi… (5 stelle)


No comment
(5 stelle)

 

 

La concentrazione del rigorista

 

Ieri sera sono stati calciati 17 rigori. Diciassette. C’è un problema con i rigori nel calcio moderno? Noi non lo sappiamo, ma per l’occasione la DUCE11 (Documentaristi uniti contro estremismi dagli undici metri) ha realizzato questo breve documentario per sensibilizzare il pubblico sui rigori. Si chiama “La concentrazione del rigorista” e onestamente ci pare una cazzata (ci potete scrivere in privato se volete proiettarlo nelle sale della vostra città).  

 

 

 


Organizza la tua trasferta: Goteborg


Vedi com’è la vita: è bastato cercare su Google (sempre grazie Google) per scoprire che l’Hacken non rappresenta la città di Hacken (che non esiste), ma Goteborg. Anzi, più che Goteborg l’isola di Hisingen, quest’isola che non sembra un’isola e su cui si sviluppa la parte nord di Goteborg. Goteborg è la seconda città della Svezia e ci arrivate facilmente in aereo, ma forse la cosa migliore è volare su Stoccolma e poi prendere uno di quei treni svedesi che sembra uscito dal sogno socialdemocratico, viaggiando in un proiettile silenzioso tra laghi, betulle, pini e welfare di alto livello.

 

Un museo: il museo della Volvo

 

 

Dici Svezia, dici Volvo, almeno se parli di macchine, quindi quasi mai personalmente (mi sono sempre chiesto chi e perché parla di macchine se non per dire: oggi prendo la macchina per andare a lavoro). In ogni caso le radici della Volvo sono proprio qui, a Goteborg. Qui fu installata la prima fabbrica, qui nacque nel 1926 la prima automobile, la Volvo ÖV 4, e qui hanno piazzato il loro museo: non fa una piega. Perché andare a vedere un museo di un marchio che non fa neanche macchine così belle? Secondo loro perché c’è molto di più: ci trovate infatti il camion ibrido più veloce al mondo, un Suv a grandezza naturale fatto di Lego e modelli vintage più o meno raffinati. Valutate voi. 

 

Un arcipelago:  L’arcipelago meridionale di Goteborg

 



Dal centro città prendete il tram 11 e scendete a Saltholmen, il capolinea. Da lì, con lo stesso biglietto potete prendere un traghetto che vi porta sulle principali isole dell’arcipelago di Goteborg, praticamente una delle cose più simili al paradiso, se anche per voi il paradiso è fatto di natura aspra e selvaggia, barche e solipsismo. La principale è Styrso (dove è anche nato Ruben Östlund), ma c’è anche Donso, Vargo, Aspero e più sono piccole più la natura è selvaggia e il silenzio un compagno. Insomma, ci siamo capiti. 

 


Un gruppo: i Dark Tranquillity 

 


Come è possibile che una piccola città della Svezia abbia dato vita a una delle scene più influenti di un genere importante come il metal si chiedono in questo articolo? Il Gothenburg sound nasce negli anni ‘90 e si caratterizza per essere – e cito – un “death metal melodico”. Se ci vedete un ossimoro, è solo dentro la vostra testa. Band come i Dark Tranquillity, i Ceremonial Oath, gli In Flames e gli At the Gates si formarono a Goteborg negli anni 90′. Partirono da cantine umide, coi loro capelli lunghi e il buio alle tre del pomeriggio, bevendo birra in lattina e mangiando male per portare in tutto il mondo del metal questo genere a metà tra un viaggio all’inferno e gli Evanescence. Quindi growl e chitarre melodiche, idee oscure e pensieri puri. 

 

L’esperienza metal, comunque, è da fare a Goteborg. Il miglior bar per farla e magari beccare anche concerti dal vivo si chiama The Abyss (e come altro poteva chiamarsi?) 

 

Lo Slavia Praga ha distrutto la Roma

 

La Roma di Mourinho arrivava a questa partita dopo la rimonta strappacuore contro il Lecce e il decisivo derby contro la Lazio. Con 9 punti in 3 partite, e la vittoria all’andata per 2-0, c’erano tutte le premesse per prendere sotto gamba l’impegno. La Roma è scesa in campo con pochissima intensità, fisica e mentale, e lo Slavia Praga se l’è mangiata. Stiamo parlando di una delle squadre leggendarie del giovedì sera, che soprattutto in casa ha costruito campagne europee napoleoniche. Se siete frequentatori di questa rubrica lo sapete, siamo tutti fan di Jindřich Trpišovský, che ha l’aria di uno che si fa il primo Campari alle 8.45, ma che fa giocare le sue squadre come il Liverpool di Klopp.

 

Lo Slavia Praga negli ultimi anni, sotto la guida di Trpišovský ha messo a ferro e fuoco l’Europa. Ha giocato la Champions, dato filo da torcere a squadre dei maggiori cinque campionati, battuto il Fenerbahce, l’Union Berlin, il leggendario Siviglia. In patria ha ribaltato le gerarchie del derby con lo Sparta, il cui allenatore lo scorso anno ha riconosciuto la superiorità tattica di Trpišovský. Dallo Slavia sono uscite fuori leggende del giovedì sera come Soucek o Coufal, e oggi Masopust o Provod. Lo Slavia dimostra che anche in campionati periferici si possono sviluppare proposte di gioco coraggiose e sofisticate, che poi portano a essere competitivi anche nel contesto europeo. 

 

Lo Slavia si schierava quasi a specchio con la Roma, ma con principi di gioco del tutto opposti. La squadra di Trpišovský vuole dominare il gioco, e lo ha fatto praticamente dal primo minuto. Il 3-4-1-2 aveva posizioni molto fluide e la Roma ha fatto fatica tutto il tempo a leggere le posizioni di Zaiferis e Provod, che senza palla erano stretti al centro ma col pallone si muovevano su tutta la trequarti, a volte defilandosi sull’esterno per creare superiorità numerica – leggendo sempre bene i vuoti posizionali della Roma. Nell’immagine sotto la Roma aveva provato a distendersi in transizione, ma lo Slavia sfruttava bene la superiorità numerica tra la propria difesa e i pochi attaccanti giallorossi, uscendo sempre molto molto aggressivi. Una volta recuperata palla Provod legge il buco lasciato da El Shaarawy e ci si infila, mentre i suoi compagni si preoccupano di fare densità centrale per creare un’altra superiore numerica. Provod, una specie di Colpani ceco, e che quindi ha mangiato molti gnocchi di rinforzo, sbaglia la scelta.

 

 

Nel primo tempo il dominio dello Slavia Praga si è tradotto in una superiorità soprattutto territoriale. La Roma non riusciva a venir fuori dalla propria metà campo, ma lo Slavia Praga attaccava soprattutto tramite cross, sempre ben letti dalla difesa della Roma. Si è chiusa la partita con 23 cross dello Slavia. Si è giocato nella metà campo della Roma per il 40% del tempo. È stata soprattutto l’intensità dei cechi in fase di rinconquista, unita alle difficoltà della Roma in palleggio (difficoltà tecniche e tattiche che la squadra di Mourinho si porta dietro da anni), che hanno creato un contesto asfissiante. Il primo tempo è stato simile, per certi versi, a Fiorentina-Juventus: una squadra che domina l’altra, senza però riuscire a costruire azioni veramente pericolose. Il primo tempo si chiude con lo Slavia al 60% di possesso palla, la Roma al 66% di passaggi completati.

 

Nel secondo tempo però lo Slavia Praga segna quasi subito, e proprio grazie a un cross. La Roma prova a costruire dal basso, ma senza crederci nemmeno lei. Karsdorp fa la cosa che i giocatori giallorossi hanno fatto per tutta la partita: lancia per Lukaku, isolatissimo in avanti. Il belga viene anticipato facilmente, si apre una lunga fase di palla contesa, spazzate, pallonetti in cielo, colpi di testa, con la Roma che non vuole proprio mettere ordine. Lo Slavia fa densità col possesso sulla fascia sinistra, la Roma è così schiacciata in area di rigore che i cechi fanno salire a colpire di testa uno dei difensori, Lukas Masopust. Sulla respinta si genera poi il caos che porta al gol di Jurecka.

 

 

La situazione di classifica a quel punto è ancora favorevole alla Roma. Le due squadre sono a pari punti, ma la Roma è in vantaggio nella classifica avulsa. Con un altro gol si andrebbe in parità (e contenderebbe la differenza reti, dove lo Slavia è avanti grazie al 6-0 dato allo Sheriff). La Roma prova ad alzare il baricentro e a uscire dalla morsa dei cechi, ma non sa davvero cosa sta facendo. Più la Roma si alza, più piovono occasioni per lo Slavia Praga, che segna il 2-0 ancora con un inserimento da dietro di Masopust – con la Roma sempre schiacciata a difendere in area. La partita si chiude con 19 tiri a 5 per lo Slavia, 7 a 2 se consideriamo solo quelli in porta. La Roma va vicina più volte a subire il terzo gol, e anche inserendo Dybala e Renato Sanches non riesce a costruire nemmeno un’occasione.

 

Oltre al gap tattico fra le due squadre, c’è stata un’enorme differenza di intensità, con i giocatori dello Slavia che hanno cercato di intimidire fisicamente quelli della Roma sin dal primo minuto. Una partita di incitamenti al pubblico, risate da joker e falli (17 a 9 per lo Slavia).

 

 

Doudera ride in faccia a Dybala come il pazzo che è capace di piantargli un coltello nel cuore in un istante.

 

Una sconfitta veramente inquietante per la Roma, che mette in grande salita la qualificazione al primo posto, buono per non giocare il turno di spareggio con la squadra che scende dalla Champions League. Una partita che però ci ha ancora confermato il livello altissimo della squadra di Trpišovský, il Klopp ceco.

 

 

Il gol più giovedì sera del giovedì sera 

 


Virilità: 0

Assurdità: 10 

Anti-epicità: 10 

Paura della morte: 0

 

Come diceva quello: O muori da eroe, o vivi tanto a lungo da diventare il cattivo. Alberto Brignoli forse ve lo ricordate, fu lui con un colpo di testa volante a regalare il primo punto della storia al Benevento, nel recupero di una partita con il Milan. Oggi è il portiere del Panathinaikos e pure qui si era preso il suo momento, parando un rigore a Guendonzi al Velodrome per andare avanti nella qualificazione in Champions League. Forse, simbolicamente, sarebbe stato meglio per lui morire in quel momento. Il Pana, alla fine, non si è qualificato per la Champions, ma è finito nel girone infernale dei gironi dell’Europa League, un posto dove i difensori hanno zampe da caproni al posto dei piedi e i portieri si ritrovano le mani fatte come saponette. 

 

Il gol sotto le gambe è l’umiliazione finale per un portiere, la buccia di banana del ruolo, la figura di merda da cui non ti puoi riprendere. Non sbaglia a tuffarsi, non è lento nel leggere il tiro, fa tutto bene Brignoli è solo che – all’improvviso – smette di saper fare il suo lavoro: bloccare il pallone. Guardatelo come gli passa in mezzo, come un fantasma, il fantasma del Natale passato. Brignoli non ha neanche il tempo di capire: un momento sei un uomo, quello dopo sei l’involucro di te stesso. Subito dopo il gol vediamo inquadrato in tribuna Steve Mandanda, il grande spirito dei portieri dell’Europa League, in borghese col figlio che ride. Sarà un caso? Non credo: il giovedì sera è come un grande e unico spirito animista, dove sacro ed esoterico si mischiano. 

 

 

Caduto a terra Brignoli verrà consolato da un paio di pacche in testa. I suoi compagni sono con lui come i discepoli con Cristo. Brignoli allora scende dalla croce, si alza in piedi e con un singolo gesto rivoluziona i gol del giovedì sera: lui non ha paura della morte, perché basta scusarsi.

 

 

Mostrando i palmi al pubblico Brignoli dimostra di rispettare la morte, ma di non averne paura. Si vive per segnare di testa al Milan, ma anche per farsi passare un pallone tra le gambe. Sono tutte e due parte dello stesso grande progetto del giovedì sera e noi non possiamo fare altro che alzare i palmi al pubblico e pregarlo. 

 

 

Chi sarà il nuovo Aritz Aduriz?

 

Se leggete questa rubrica dall’inizio, anche ieri avete pensato ad Aritz Aduriz. La sua assenza pesa e peserà per sempre sul giovedì sera, un vuoto che neanche la creazione di una nuova coppa in toto è riuscito a colmare. Possiamo però provare a trovare dei surrogati, non l’originale ma una somiglianza tra giocatori che non sono ancora affermati ma chissà: forse tra qualche anno saranno loro i nuovi Aduriz. Ecco alcuni Aritz Aduriz wannabe tra cui potete scegliere il vostro preferito. 

 

 

Faris Moumbagna, Bodo/Glimt

 


Faris Moumbagna ha il petto gigante e i bicipiti gonfi. La maglia del Bodo sembra esplodergli addosso. È il nuovo gioiello di una società che sta facendo dei miracoli dal circolo polare artico. Dopo Boniface, lui. In 10 partite in Europa ha segnato 6 gol, una predilezione che lo avvicina ad Aduriz. Non ha la grazia volante del centravanti basco o lo sguardo triste di chi conosce il suo destino, ma ha una certa simile scaltrezza dentro l’area di rigore. Ieri al Besiktas ha segnato due gol, il primo gol lo ha realizzato col ginocchio, ma non per caso: per scelta. 

 

Aleksandar Cavric

 

 

Aleksandar Cavric ha 29 anni e un fallimento sulle spalle: al Genk 18 partite e zero gol. Allora è tornato al calcio slovacco, la sua coperta di Linus. Fino alla scorsa stagione non aveva mai segnato molto, poi è esploso, nella maniera meno letterale possibile. L’anno scorso ha segnato 24 gol, raddoppiando il suo precedente record. Quest’anno sta facendo anche meglio e sta segnando praticamente in ogni partita. Anche ieri contro il Lille, il quarto gol in quattro partite di Conference League. Non è banale segnare al Lille all’andata e al ritorno, ieri addirittura entrando dalla panchina nel finale. Anche lui, come Aduriz, è un late bloomer. Cavric porta una barbetta di una settimana e i capelli già stempiati alzati in una piccola cresta naturale. Non ha il carisma di Aduriz, ma ha una bella tecnica. Segna gol non banali, da chi è stato benedetto, almeno un po’, dal signore del calcio. Non ha il fisico dei grandi centravanti sì, ma ha quell’intuito che viene con l’età, lo stesso che aveva Aduritz (che però, diciamolo, aveva anche un gran fisico). 

 

Hans Vanaken

 


Hans Vanaken ha la stessa faccia da padre amorevole, compagno di squadra ideale, amico sincero che aveva, ha, Aritz Aduriz. Come Aduriz non è un fenomeno, ma è molto forte. Come Aduriz ha una connessione spirituale con il proprio club, il Bruges. Come Aduriz il giovedì sera è il suo regno. Anche quest’anno: 4 partite, 4 gol. Il primo gol in Europa League della sua vita lo ha segnato il 27 novembre 2014, nove anni fa. L’unica differenza con Aduriz è che Vanaken non è un centravanti, ma segna come un centravanti. Quindi, non so, qui mi sembra abbiamo un candidato bello credibile. 

 


La brutta serata di
Maksim Medvedev


Maksim Medvedev è una sorta di Francesco Totti del Qarabag, uno dei calciatori più importanti nella storia del club, di cui difende i colori dal 2006, quasi 18 anni. Ovviamente della squadra è capitano e plurialzatore di trofei (9 campionati, 5 coppe). È anche il secondo calciatore con più presenze nella storia dell’Azerbaijan. Medvedev è nato a Baku nel 1989, quindi – tecnicamente – quando tutto era ancora URSS. Recentemente ha risposto con
una lettera alle parole di Henrikh Mkhitaryan sul Nagorno Karabakh: «Il tuo riferimento all’”aggressione azera” non è corretto. L’Armenia ha commesso la vera aggressione ai danni del popolo dell’Azerbaijan».

 

 

Ieri la sua squadra ospitava il Bayer Leverkusen, senza dubbio la miglior squadra d’Europa in questo momento. Allenata da Xabi Alonso, guidata da Florian Wirtz, il Bayer Leverkusen ha una striscia aperta di 10 vittorie, quasi tutte goleade. Due settimane fa, ad esempio, il Qarabag lo aveva battuto 5 a 1. L’unica partita non vinta dal Bayer in questa stagione è contro il Bayern Monaco, a cui comunque ha fatto 2 gol (2 a 2 risultato finale). Insomma, non una partita facile per il Qarabag, che però resiste. All’83esimo il risultato è sullo 0 a 0, ma non uno 0 a 0 fortunato, uno che ci sta. Per blindare questo pareggio, che avrebbe delle sfumature storiche, non è un buon momento per il calcio azero, Qurban Qurbanov si è affidato all’esperienza di Medvedev, che dopotutto è un terzino/difensore centrale, uno nato per difendere. Per rendere ancora più evidente la sua presenza, gli hanno anche fatto recapitare la fascia da capitano, come si fa con le vere leggende. 

 

Ecco la sua partita in pillole:

84’: niente

85’: niente

86’: Victor Boniface gli fa una rovesciata in faccia piuttosto simile a quella di Cristiano Ronaldo con De Sciglio (palla fuori di poco)

87’: niente

88’: niente

89’: lancio nel nulla, palla persa, azione del Bayer, rimessa laterale per il Bayer. Poi questo:

 

 

 

Medvedev – in maniera che sembra del tutto volontaria, anche se dobbiamo credere sia solo un modo di saltare molto scomposto – ha regalato un calcio di rigore al Bayer. Dopo non ha neanche protestato, segno questo sì di maturità. Boniface ha segnato lo 0 a 1. La partita è continuata.

 

91’: niente

92’: niente

93’: niente

94’: un passaggio

95’: un passaggio

96’: niente

97’: niente

98’: rimessa decisiva dalla trequarti di quelle disperate con tutti dentro l’area di rigore (corta, respinta fuori).

 

 

Che giocatore dello Sporting sei

 

Ivan Fresneda

Non ti piacciono le sostanze stupefacenti perché hai le manie di controllo, ma le manie di controllo non ti fanno dormire così devi prendere sostanze stupefacenti. Ti sei arreso a un’abitudine che non ha a che fare col piacere ma col limitare i danni: fumarti una canna la sera mezz’ora prima di andare a dormire. È un rito che cerchi di rendere più scabro possibile, tipo farsi una pera nella cabina delle fototessere. Va in balcone con un barattolo vuoto di pesto siciliano usato come posacenere, con al fondo mezzo dito d’acqua. Ti fumi la canna guardando nel vuoto e sforzandoti di non pensare a nulla (e pensando quindi al fatto che non devi pensare al nulla: devi prendere i pensieri ed estrarli fuori da te, guardarli che si allontanano insieme alle nuvole di fumo che sbuffi). Rientri dentro casa, passi un filo d’acqua del rubinetto sull’ultimo tiro di canna e la butti direttamente nel secchio avvolta in una salvietta. È a quel punto che senti i tuoi arti che depongono le armi uno alla volta, e allora puoi adagiare il tuo corpo nel letto, sentirlo liquefarsi. Hai smesso anche di leggere e di lavarti i denti: ti preoccupi solo di non interferire con questa discesa nell’oblio – di te stesso attraverso il tuo corpo. 

 

Quel giorno però devi partire per un convegno medico. Devi arrivare fino a Bari: sono 8 ore di treno. Hai di fronte una notte d’albergo e sai che senza la tua canna quella notte non la supererai mai. Sentirai tutti i tuoi corpi tesi, e i cattivi pensieri schiacciarsi nel tuo cervello come in un collo di bottiglia. Infili l’erba in una caccola di carta stagnola. Questa carta stagnola la infila in una bustina di fazzoletti vuota. Dentro questa bustina di fazzoletti ci spruzzi del profumo, e metti tutto dentro l’astuccio col dentifricio. Dentro ci metti un foglietto ORPHEA al gusto cedro. Ti ritroverai a farti una canna al gusto di cedro degli armadi di tua zia di Vicovaro? “Magari!”, pensi: si dormirebbe lo stesso. Infili l’astuccio nella borsa, la borsa te la metti a tracolla, e quando entri in stazione ti sembra di nascondere un cadavere. Ti guardi intorno e ti senti gli occhi addosso. Entri circospetto, guardi in basso alla ricerca di cani-poliziotto. Sei uno stimato psichiatra, ma in quel momento anche un delinquente. Come si può essere entrambe le cose. Ti infili nel vagone, di lavorare non se ne parla. Provi a leggere il tuo libro, 4 righe e poi non se ne parla. Ti riduci a vagare sulla app di Fantagazzetta, ti studi le fantamedie dei giocatori di Serie A, giusto per far scureggiare il tuo cervello, fargli rilasciare l’aria in eccesso, finché il tuo vicino non ti rivolge parola – “anch’io ho Dany Mota al Fantalcalcio”. Vi ritrovate a parlare di underperformance, del gioco di Palladino, del fiuto di Adriano Galliani. All’improvviso ti chiedi che profumo indossi. Tu pensi subito al pandemonio olfattivo che hai creato nella tua borsa, ma in realtà si sta riferendo al tuo Acqua di Bulgari. Ti riprendi, rispondi. Ma c’è qualcosa di sinistro nella sua domanda. Un’estraneo non si prende quella confidenza. Poi ti racconta una storia. Ti dice proprio “ora le racconto una storia”. E prende a raccontare di questa cena a casa di una coppia di amici, lui e sua moglie. E dice che a un certo punto la sua amica tira fuori delle cartine, dell’erba, un grinder, e con assoluta calma si mette a rollare una canna. Lo dice divertito, ma poi prende all’improvviso un’aria triste. Senti le tue mani sudare, istintivamente prendi la borsa e te la metti in grembo. Lui continua a parlare, dice che lui non si è mai fatto una canna, perché farsi le canne, beh, non è da uomini. Tu ti guardi da fuori, sudaticcio, con la borsa sul grembo, e la netta sensazione che quell’uomo faccia parte delle forze dell’ordine. 

 

Marcus Edwards

La mattina accendi il computer, prepari il caffè, ti metti al computer, senti il caffè uscire, vai a prenderlo e lo metti vicino al computer, sopra il sottobicchiere della Guinness col tucano ubriacone. Perché un marchio irlandese di birra ha una mascotte tanto esotica? Un giorno però metti il bicchiere di caffè americano direttamente sulla tavola di legno grezzo. La sera prima avevi messo il sottobicchiere nella lavastoviglie e, sovrappensiero, avevi fatto quest’errore. La tazza di caffè era umida e bagnaticcia. Rilascia un alone nerastro e lo accetti: hai preso quel legno grezzo a venti euro perché sei tirchio, ma anche perché ti piaceva l’idea che potesse macchiarsi. La sera rimetti il sottobicchiere al suo posto e il tuo rito del caffè ritorna come prima.

 

È alcune settimane dopo che ti accorgi di un fatto strano. L’alone ha preso una forma più definita, che comincia a somigliare a un volto umano. Togli il sottobicchiere e non lo usi più. Lasci quell’alone sotto ai tuoi occhi, e sotto ai tuoi occhi quello prende a cambiare. Non c’è spiegazione scientifica, una macchia non dovrebbe avere vita. Eppure noti che la parte superiore si scioglie ancora un po’ verso il basso, formando degli occhi, perfino delle sopracciglia. La macchia, pian piano, si allarga nel tuo cuore, diventa una paranoia della tua vita. Finché non ti accorgi del perché ti fa così paura: somiglia un po’ troppo al volto di tuo padre.

 

 

Le migliori foto di Nino Marcelli dello Slovan Bratislava.

 

 

Francamente incredibile.

 

 

Clamoroso.

 

 

Sta benissimo.

 

 

Baby Marcelli.

 

 

Adult Marcelli.

 

 

Andate dal barbiere e chiedergli un “taglio Marcelli”.

 

 

Un’altra giornata in ufficio per Amahl Pellegrino

 

Amahl Pellegrino è il più forte giocatore al mondo tra quelli che conosciamo solo noi, viziati del giovedì sera. Altri lasciano Bodo per conquistare il mondo, mentre lui rimane lì, a rendere il calcio del circolo polare artico una sciccheria. Le sue giocate sono fuori dal mondo, in senso piuttosto letterale. I suoi gol sono quasi tutti Puskas contender, come scritto nel titolo di questo video, che vi invito a guardare per credere. Se fossimo una società migliore, il suo modo di calciare lo studieremo nelle accademie d’arte, i suoi primi controlli sarebbero in delle teche con quelli di Berbatov. Ieri, per ricordarci chi è il capo, ha fatto questa roba qui contro il Besiktas.

 

 

 

Il replay non gli fa abbastanza onore, ma è un assist no-look con un filtrante telecomandato che ha mandato in porta Moumbagna.  

 

 

Un’altra giornata in ufficio per Dor Peretz

 

Quanti di voi avevano creduto nel sogno di questa mezzala israeliana iperdinamica che aveva vestito la maglia del Venezia? A questa specie di Baiocco israeliano? Del mega-cesto di acquisti strampalati di quel Venezia di Alex Menta, quello di Peretz era quello che mi fomentava di più. È clamoroso quanto non abbia funzionato. Ed è altrettanto clamoroso che tornato in terra santa Peretz abbia ricominciato esattamente da dove aveva lasciato.

 

Cosa pensa Peretz dell’esperienza a Venezia e del suo ritorno al Maccabi? Vorrei davvero saperlo, e se solo sapessi parlare ebraico potrei scoprirlo guardando questa strana intervista fattagli allo BOSS Store di Tel Aviv.

 

Ieri sera contro lo Zorya ha segnato due gol di testa praticamente uguali, con tempi d’inserimento da grande mezzala che avrebbe potuto farci volare al Fantacalcio. Quanto sarebbe cambiata la nostra vita se solo Dor Peretz avesse funzionato al Venezia? Dopo il suo secondo gol Jordan inveisce contro il Dio delle reti delle porte.

 

 

Dopo il primo gol Peretz ha tolto e baciato la fascia a lutto nera per le vittime israeliane del conflitto.

 

 

All’inizio della partita Eran Zahavi insieme al capitano dello Zorya hanno portato la bandiera israeliana unita a quella ucraina. L’allenatore dello Zorya, squadra di Luhansk, ha espresso solidarietà al Maccabi: «La guerra iniziata in Israele è orrenda, stiamo passando per le stesse cose da nove anni».

 

 

Orlando Mosqueraaaaaa

 

Partita perfetta cosa dire di più.

 

Giocatori che somigliano a marche di elettrodomestici

 

Hjulsager

Macchina del pane.

 

Schnegg

Spremiagrumi elettrico a 4 velocità.

 

Motika

Macchina del caffè.

 

Sluga

Macchina del gelato.

 

Saborit

Macchina delle spezie. Crea la tua miscela preferita con Saborit.

 

 

Anche Jurgen Klopp rosica

 

Ieri il Liverpool ha perso 3 a 2 a Tolosa contro il Tolosa. In pieno recupero aveva anche pareggiato, ma il VAR ha annullato il gol per un tocco di mano di McAllister. Dopo il fischio finale, come da rituale, Klopp si è presentato in sala stampa che però, per le partite europee del Tolosa, non è una vera sala stampa (che non è a norma) ma un locale ricavato in una zona esterna allo stadio, proprio lì dove passano i tifosi del Tolosa. E immaginate di essere un tifoso del Tolosa ieri, dopo una delle vittorie più importanti della storia del club. 

 

 

Come potevano non essere rumorosi? Come potevano non farsi sentire anche da Klopp? L’allenatore del Liverpool avrebbe potuto fingere il classico aplomb inglese, ringraziare tutti e andare a casa a tramare vendetta, ma – lo sappiamo – le figure migliori e più vincenti di questo gioco tendono a non lasciarsi scorrere le cose sotto al naso. Klopp allora ha, come si dice, rosicato. Ha chiesto in maniera retorica «Ma chi ha avuto l’idea di mettere qui la sala stampa?», poi ha continuato dicendo «Questa sarebbe una domanda davvero interessante», a lasciare intendere che quelle ricevute non lo erano. Nessuno gli ha risposto.

 

Il vero amore è l’Europa League

 

 

Lui tifoso del Marsiglia, lei tifosa dell’Aek Atene. Ieri erano allo stadio insieme, da rivali, e lui gli ha fatto la proposta di matrimonio. Possiamo dirlo: un amico di questa rubrica. Il nostro sogno sarebbe di essere invitati al loro matrimonio a tema Europa League. Chissà, se avete amici nella tifoseria del Marsiglia, fategli arrivare il nostro messaggio. 

 

In ogni caso tra le due tifoserie c’è una forte fratellanza, come esplicitato dalla coreografia dei tifosi dell’Aek di ieri sera. 

 

 

Cose che accadono solo il giovedì 


Classica chiusura con una rubrica che non vuole presentare Pino Insegno. Insomma, il giovedì succedono tante cose belle – sapevate che la borsa di New York è crollata di giovedì? – tra cui anche queste cose.

 

La Conference League ma gli arbitri formano un perfetto piano inclinato

 

 

 

L’Europa League ma quello con la telecamera vede qualcosa all’improvviso tra il pubblico

 

 

La Conference League ma devi per forza fare un brutto gioco di parole (in alto a sinistra)

 

 

 

So long, Marianne.

 

 

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Marco D'Ottavi è nato a Roma, fondato Bookskywalker e lavorato qui e là.

Emanuele Atturo è nato a Roma (1988). Laureato in Semiotica, è caporedattore de l'Ultimo Uomo. Ha scritto "Roger Federer è esistito davvero" (66thand2nd, 2021).