Conosci la tua squadra d’Europa League: Nizza
Nessuno di voi immagino ricordi l’ultimo titolo vinto dal Nizza del campionato francese. Magari non eravate nemmeno nati. Era il 1959, il Nizza giocava sempre con la maglia a strisce rosse e nere e aveva appena vinto il quarto titolo di campione di Francia. La squadra era messa in campo con uno spregiudicato 4-3-3.
In attacco Victor Nurenberg detto “Vic”, uno dei più grandi giocatori della storia del Lussemburgo, di certo una leggenda del Nizza. Coi nizzardi vince 4 titoli nazionali e una Coppa di Francia. L’anno dopo si permette persino di segnare una tripletta al Real Madrid in Coppa dei Campioni. Chiude la carriera allo Spora Luxembourg, club dalla curiosa assonanza con la più nota Rosa Luxembourg. Dopo il ritiro si è messo a lavorare al Casino di Nizza (che è come immagino la vita a Nizza: o giochi a calcio o lavori al Casino). Poi, stufo di avere ludopatici attorno, si è aperto un bar, Lestaminet chez Vic. Decisamente più tranquillo. Due anni fa il Nizza gli ha reso omaggio con una cerimonia pre-partita.
Accanto a lui Alberto Muro, naso a tramezzino, baffi grandi come uno scopettone. Argentino con una lunga e nobile carriera in Francia.
Accanto a lui Jacques Foix. Bell’uomo, atleta totale, si diceva facesse i cento metri in undici secondi (un secondo e mezzo più di Usain Bolt). Forte nella canoa, nella pelota basca, persona di sani principi. Di lui si diceva: «Ci sono diversi giocatori nel calcio francese con le sue qualità, ma non ci sono molti uomini con le sue qualità». È stato tra i fondatori del sindacato dei calciatori francesi.
Dietro di loro l’estro, il talento, di Jean Pierre Alba, franco-marocchino.
La difesa si regge su André Chorda, che poi tornerà al Nizza nel momento di massima difficoltà, quando la squadra sarà retrocessa in seconda divisione. Vincerà la seconda divisione, e poi tornerà a vincere un trofeo col Nizza nel 1970, una bella Supercoppa di Francia.
A difendere la porta Georges Lamia, nato in Algeria, vicino a un piccolo porto al confine con la Tunisia. L’anno dopo, nel 1960, gioca gli Europei con la Francia e subisce 3 gol in 3 minuti contro l’Unione Sovietica. L’Equipe commenta: «Tre gol indegni della società civile. Lamia raggelato, disorientato, stupido, sopraffatto».
E questo è tutto riguardo il glorioso Nizza che vinse il campionato francese nel 1959.
Negli anni ’70 la squadra è stata soprannominata “il club dei milionari”, poi è fallita. Poi è rinata. Dopo anni di seconda divisione e patimenti, è stata una complessa e strampalata proprietà italiana a far rinascere la squadra: una società formata, fra gli altri, dal procuratore Federico Pastorello e dall’ex presidente della Roma Franco Sensi. Nel 2019 il club è passato al gruppo britannico Ineos.
Che giocatore del Friburgo sei
Matthias Ginter
L’estate del 1986 hai 6 anni, indossi la maglia delle tartarughe ninja e non ricordi niente del tuo luglio a Pineto. Un giorno hai seguito il tuo amico Niccolò in spiaggia e avete camminato fino alla fine delle cose. Tua madre ci ha messo almeno un paio d’ore a ritrovarti a farti ombra sotto la torretta di un bagnino. Quando ti ha visto era sconvolta, ti ha detto: «Dovresti essere figlio di quella là» intendendo la vostra vicina di casa di Roma. Quello non lo dimenticherai mai.
L’estate del 1992 hai 12 anni, indossi una maglia bianca e odi tutti. Non vuoi andare in spiaggia, a Pineto, resti intorno a casa e osservi le formiche. Le conti, ne studi le dinamiche sociali e i comportamenti individuali. Ti piace una ragazza che hai visto di sfuggita in spiaggia, mora con la frangetta, ma non sai perché e comunque non sapresti che fare.
L’estate del 1996 hai sedici anni e indossi una maglia dei Nirvana. È la tua ultima estate a Pineto, o almeno questo è quello che ti racconti. Odi sempre tutti ma il tempo non lo passi con le formiche. Stai al bar del paese con Niccolò, Maria, Fabio. Fantasticate sul vostro futuro a Londra, rifiutate il biliardino e create un’invalicabile pellicola sociale fra voi e gli altri.
L’estate del 2000 hai 20 anni e sei a Corfù. Noleggi un motorino, hai una maglia aderente grigia con lo scollo a ‘v’ e la scritta “ALIEN”. Hai un anellino argentato sul sopracciglio e l’aria sempre arrabbiata. A maggio ti sei lasciato con Simona, era la tua prima storia seria e ora pensi di avere il diritto di tenere il broncio. Anzi, quasi ti si chiede.
L’estate del 2004 indossi una polo Lacoste e il tuo viaggio nei Paesi Baschi si è incasinato col maltempo. Non ti importa perché sei coi tuoi amici di sempre e con Simona. Ti ci sei rimesso dopo l’estate del 2000. Le hai chiesto se ti ha lasciato per scopare in giro, lei nega ma tu pensi sia stato così. Poco male. Siete più amici che amanti, non avete mai fatto una vacanza assieme, soli tu e lei. L’argomento non esce mai fuori ma tu temi che in fondo non avreste niente da dirvi. Al massimo vi fareste la compagnia muta dei cani.
L’estate del 2010 hai 30 anni e ti sei sposato con Livia, la figlia del medico di famiglia. L’hai conosciuta al corso d’inglese pagato dall’azienda. È passato un anno e in dieci mesi avete organizzato il matrimonio. La sua famiglia è molto cattolica. Quando sei triste ti accarezza la faccia e ti dice che andrà tutto bene. Sognate di trasferirvi a vivere a Venezia ma nel frattempo passate l’estate a Pineto.
Mark Flekken
Avevi dieci anni ma ricordi tutto di quel giorno. La giornata secca, il caldo che di accarezzava la testa, la levità dei primi giorni d’estate dopo la fine della scuola, prima della partenza per le vacanze. Coi tuoi amici passavate il tempo insieme come un branco di lupi. Sulla salita della parrocchia trovate un mazzo di carte strano. Sono diverse dalle carte con cui il nonno gioca a Traversone, e diverse da quelle con cui la mamma fa i solitari la sera davanti a un bicchiere di vino. Sono piene di disegni e di colori, di facce spaventose, teschi, uomini a cavallo, spade, ruote. Non hai mai visto delle carte così belle. Con i tuoi amici ve le dividete e tornate a casa. I vostri genitori però vi danno tutti la stessa risposta: sono arnesi del diavolo. Sono stati creati dal diavolo per corrompere i cuori e le menti pure. Sono stati creati per guardare dentro al passato e dentro al futuro, dove quindi può guardare solo Dio, mentre agli uomini tocca avere fede e pregare, per il passato e per il futuro. Sono stati creati dal diavolo e al diavolo devono tornare. Quelle carte nelle tue mani sembrano infuocate. Con i tuoi amici vi incontrate nello stesso punto in cui v’eravate lasciate, e partite con una piccola processione verso un canale ai bordi del paese. Lì ci buttate le carte, che vengono portate via dalla corrente. Immagini il loro fuoco spegnersi, il loro potere dissiparsi.
Michael Gregoritsch
È una di quelle giornate in cui rimpiangi di esserti fatto crescere sto ciuffo anacronistico sopra alla testa. Tira un vento freddo e secco e i capelli sono diventati dritti e spenti. Ti scendono sopra alla faccia e lottano per tarparti tutti i sensi. Non ci vedi, ti pizzica il naso, tieni lo sguardo basso a terra, mentre torni a casa dall’ufficio, e noti una carta da gioco. È un tarocco, cos’è un film di Rohmer?
Ne Il Raggio Verde la confusa protagonista li trova per strada e sembrano comunicarle qualcosa sulla sua vita. È così confusa che guarda al mondo come una foresta di simboli, a un segno del destino.
È la carta dell’impiccato, ti viene l’ansia. Mentre torni a casa continui a guardare la carta e c’è qualcosa che ti disturba profondamente. Non è solo l’impotenza di quella figura umana, appesa a testa in giù, le mani legate dietro alla schiena, le gambe intrecciate. È il suo sguardo. Uno sguardo totalmente rassegnato all’impotenza. Ti ci rispecchi molto. Quando torni a casa scopri che la carta dell’appeso ha in effetti dei significati preoccupanti. Al rovescio, che è come l’hai trovata per terra, significa che non ti senti in grado di affrontare una situazione in cui sei bloccato e che ti sta lentamente soffocando.
Sta parlando di te, della tua situazione al lavoro. Un lavoro che non ti piace da cui ti senti umiliato giorno dopo giorno. Senti montare dentro di te una strana tranquillità, non eri mai riuscito ad ammettere a te stesso questa cosa. Hai deciso: il giorno dopo ne parlerai col tuo capo. La mattina ti svegli e ti senti una persona nuova. Non sai come ma ti sembra di avere più tempo, di avere un controllo diverso sulle cose. Arrivi in ufficio di buonissimo umore, hai appuntamento alle 10 col tuo capo. La sua segretaria è momentaneamente assente, sono le 10 e 10, decidi di entrare senza filtro. Bussi, non senti risposta. Bussi, niente. Ti guardi intorno, non c’è nessuno. Pensi di tornare alla tua postazione, si farà sentire lui. Poi non sai perché decidi di aprire la porta. La visione è straziante. Il tuo capo impiccato con una corda a una trave sul soffitto della stanza.
Il gol più giovedì sera definitivo
Virilità: 100
Assurdità: 100
Anti-epicità: 100
Paura della morte: 100
Avevamo messo da parte il gol più giovedì sera perché pensavamo di aver detto tutto. Non lo avevamo fatto. Cosa poteva ancora succedere che non era ancora successo? Beh, quello che vedete. Rakitskiy che si spalma sul terreno, la sua schiena - la parte bassa della sua schiena - usata come la punta del piede di un Ronaldinho qualsiasi, uno scavetto subdolo e imprendibile. Rakitskiy è esattamente il tipo di uomo che sta bene in questa rubrica: i migliori anni alle spalle, una tendenza a mettere peso sui fianchi, la faccia dura di chi ne ha viste tante. È tornato da poco in Ucraina allo Shakhtar, dove qualche anno fa si era messo in evidenza come uno dei difensori coi piedi più raffinati d’Europa. In mezzo un passaggio anche allo Zenit, la squadra di San Pietroburgo che si dice sia tifata da Putin. Dopo l’inizio della guerra era stato messo fuori squadra, il suo contratto rescisso, un passaggio in Turchia, allenato da Montella. Si può dire che tutta la vita difficile e tortuosa di Rakitskiy sia stata vissuta per questo momento? Forse sì.
Voleva farlo apposta? Non fatevi neanche questa domanda, non solo non è importante, sarebbe addirittura di cattivo gusto verso Rakitskiy e verso il giovedì sera, uno spazio di circa 4 ore in cui può succedere di tutto. Si dice che, in una storia, se il protagonista viene rimpicciolito e i vestiti si rimpiccioliscono con lui, allora è fantasia. Se i vestiti rimangono della stessa misura è fantascienza. Dove si colloca il gol di Rakitskiy in questa visione del mondo? È fantasia o fantascienza? Ognuno di noi ha la sua risposta, lì dove conta, lì dove Virilità, Assurdità, Anti-epicità e Paura della morte non sono solo vaghi concetti che non abbiamo mai spiegato, ma solidi principi morali. È il giovedì sera, bellezza.
Riflettiamo un secondo sulla goal-song della Fiorentina
Dopo che ha segnato un gol la Fiorentina allo stadio Franchi parte la canzone C’est la Vie di Khaled. Parte a un volume supersonico, esagerato, e ci sono pochi momenti più strani del calcio europeo. Voglio dire, le goal-song sono spesso strane. Quando ci è venuto in mente di ascoltare i Blink-182 o Gigi D’Agostino dopo aver visto un gol? Ma la domanda vera è come gli è venuto in mente di associare C’est la Vie a un gol della Fiorentina? Una squadra che gioca a duecento all’ora, caotica, imprecisa; una tifoseria ardente, pessimista, incredibilmente polemica. Firenze e la Fiorentina hanno molti pregi, ma non certo quello della leggerezza. Poche tifoserie forse si prendono più sul serio. E come fa questa canzone di Khaled?
«Troveremo l’amore / Balleremo / Questa è la vita / Lalalala».
Vediamo questi tifosi della Fiorentina esultare facendosi uscire le budella dalla bocca, in un grido in cui felicità e dolore sono perfettamente commisurati, e poi questo signore algerino che canta di trovare l’amore, ballare, che la vita in fondo è semplice e bella. Bisogna fare qualcosa. Ecco 6 canzoni che secondo noi potrebbero sostituirla.
R.E.M. - Everybody Hurts
La voce di Michael Stipe è particolarmente cristallina mentre canta che tutti piangono, tutti soffrono. Attraverso il dolore la voce di Stipe si purifica e sarebbe bello sentirla risuonare nello stadio Franchi, mentre ci ricorda di trovare conforto nei nostri amici e di aspettare il nostro momento - che comunque in quel momento è arrivato: è un gol di Biraghi.
Heaven knows i’m miserable now
Quanto siamo felici quando la nostra squadra segna un gol, quanto ci sentiamo miserabili il giorno dopo però. Sarebbe bello ricordarci della tristezza sempre in agguato proprio in quel momento. Sarebbe bello far risuonare la lezione di Morrissey dopo un bel gol a giro di Ricky Saponara. “Volevo che Saponara segnasse un gol e ora Saponara ha segnato un gol e Dio sa quanto sono miserabile adesso”. Sì!
Dodenkrocht - Devoid
Un po’ di sano Black Metal depressivo.
Sheryl Crow - The first cut is the deepest
La Fiorentina ci vuole ancora al suo fianco, solo per aiutarla ad asciugare tutte le lacrime versate. È sicura che proveremo ad amarla ancora.
Gary Jules - Mad World
Tutto intorno facce conosciute: Mandragora, Biraghi, Igor. Corrono in circolo, gli scendono le lacrime sugli occhiali, non hanno espressione. È un incubo davvero, ma per fortuna Ikonè ha appena segnato un gol.
Sinead O’Connor - Nothing compares to you
Nulla può togliere questa malinconia perché niente è paragonabile a un gol di Bonaventura sotto alla Fiesole <3
Il momento prima di un non gol
Guardate questo fermo immagine e provate a immaginare come è possibile che non sia finito con un gol. Non è impossibile ma neanche facile. La risposta la trovate qui, se proprio volete scoprirlo.
Organizza la tua trasferta: Sivas
Avevamo accannato questa rubrica, uno dei pochi lasciti del Covid: viaggiare con la mente quando non si poteva viaggiare con le gambe. La trasferta a Sivas dei tifosi della Fiorentina, però, richiede grande organizzazione: non è come farsi due birre a Praga o una paella a Valencia. Ecco quindi alcuni consigli da non prendere per buoni per chi vuole - o non vuole - viaggiare fino a Sivas.
Come arrivare: macchina
Ok, la benzina costa; le macchine hanno contribuito a distruggere il pianeta. Ma ormai che saranno 2874 km di Co2 in più? Magari avete anche l’elettrico. Da Firenze è facile: dritti sull’A1 verso Bologna, poi salite a Venezia, la porta d’Oriente. Lasciata l’Italia diventa una grande gita: fermatevi al volo a Zagabria, scoprite Belgrado; fatevi un tuffetto nella Drina prima di lanciarvi dentro melodie bulgare. Sofia e le sue chiese ortodosse, i reperti romani di Plovdiv. Il tempo è vostro amico, non abbiate fretta. Sarà un sogno arrivare su quattro ruote alle porte di Istanbul, la vecchia Bisanzio, la capitale di un impero. Non dobbiamo neanche dirvi che siete in una delle città più belle del mondo. Rifocillatevi, affacciatevi sul Bosforo e poi ripartite: dovete ancora tagliare mezza Turchia in due, fino all’Anatolia centrale. È li che siete diretti, è lì che sorge Sivas, la vostra meta.
Cosa vedere: Gök Medrese
Traducibile come la “Madrasah celeste” fu costruita dall’architetto "Kaloyan" (letteralmente buon Giovanni) per volere di Sahib-i Ata, il gran visir del sultano Gıyasettin Keyhüsrev III. La facciata è abbellita da vivaci maioliche azzurre, da qui il nome, e varie incisioni che ricoprono le pareti e il classico portale intarsiato. È un bellissimo esempio di architettura orientale, un luogo da contemplare ammirati pensando al tempo che fu.
Cosa mangiare: Tarhana
Ricette con sotto musica da jazz club fumoso, perché no?
La Tarhana è una zuppa tipica dell’Anatolia di cui oggettivamente non ho capito quasi nulla. Quello che posso dirvi è che oltre a essere il nome della zuppa, la Tarhana è anche una miscela disidratata di grano, yogurt e verdure che sta nella zuppa. Sarà buona? Non lo so, ma se siete arrivati fino a qui tanto vale scoprirlo. Per il resto sono più o meno ingredienti che trovate anche al supermercato: burro, concentrato di pomodoro, latte, spezie varie. Se giovedì prossimo non sarete a Sivas, potete provare a farvela a casa.
Un souvenir: una penna
Buttatevi su Via Atatürk, la via principale, la via dello shopping e fate vostra una penna fatta di legno. Perché dovreste? Onestamente non ne ho idea, non sembrano neanche particolarmente belle, online costano pure parecchio. Il motivo è quello che vedete: c’è un grande lavoro artigianale, la sapienza delle mani, secoli di storia. Se non vi convince questo, pensate che con questa penna, se siete fortunati, potreste chiedere l’autografo a uno degli eroi della Conference League, Arthur Cabral.
Union Berlin-Union Saint-Gilloise ha rispettato le attese
Quando l’urna di Nyon ha messo contro Union e Union in cuor nostro siamo stati contenti. Una partita in cui poteva scoppiare l’hipsterometro, che rispettava molte delle istanze di questa rubrica aggiungendone altre che non sapevamo di avere. Due squadre che si sono costruite questo momento con la programmazione, il duro lavoro e dei tifosi unici. Se volete saperne di più abbiamo scritto sia dell’unache dell’altra. Qui però siamo per parlare della partita: praticamente una specie di Italia-Germania 4-3 a cui è mancato un gol. Una delle migliori performance dell’anno. Ecco 3 motivi che hanno reso grande questa partita.
La neve
Cosa poteva rendere ancora più leggendaria questa partita se non un clima da canzone di Battiato? Lo stadio dell’Union Berlin non è ad Alexanderplatz, ma neanche così lontano. Entrambi rimandano un’idea di Germania Est che è diventata nostalgica e che ieri si poteva sentire nell’aria. Parte dell'Europa League è il suo clima e ieri a Berlino c'era la neve. Un freddo cane che i giocatori hanno sentito nelle ossa, chiedendosi perché non potevano invece incontrare il Benfica: ieri sera a Lisbona c'erano 14 gradi. Nessuno però si è tirato indietro: è così che si vive l’Europa League.
Victor Boniface
Al freddo deve esserci abituato Victor Boniface, che fino allo scorso anno giocava nel Bodo, pieno circolo polare artico. In estate l’Union Saint-Gilloise ne ha fatto l’acquisto più caro della sua storia (neanche così caro: 2 milioni di euro, ma il concetto di soldi è sempre relativo) stupendo molti: Boniface non sembrava poi questo fenomeno. E invece i numeri sono dalla sua parte. Con la doppietta di ieri è arrivato a 19 gol stagionali, distribuiti in maniera unica: 7 in campionato, 2 nella coppa del Belgio, 5 in Europa League e 5 nelle qualificazioni alla Champions League (con il Bodo). Con 10 gol in partite europee è quello ad averne fatti di più in questa stagione, meglio di Salah e Mbappé.
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Victor Boniface è uno di quei centravanti che non nascondono nulla: grandi e grossi, danno il meglio negli ultimi metri di campo, col pallone in aria o se possono fare a sportellate. Ieri ha segnato due gol, prima con un tiro deviato che si è infilato all’incrocio dopo una lunga azione macchinosa, poi con un appoggio facile facile dopo una grande azione di un compagno. Non gol spettacolari ma decisivi, per un attaccante non spettacolare ma solido, quadrato, in ogni senso.
Per questo momento qui
Come ogni grande partita che si rispetti, l’Union Berlin ha trovato il pareggio proprio al 90’. Sven Michel, una vita nelle categorie minori, è uscito vincitore da un rimpallo, poi col destro è riuscito a calciare al volo. Il suo tiro deviato è finito in porta: succede. Appena il pallone è entrato in rete, Michel si è girato per correre a esultare coi suoi compagni. Alle sue spalle però c’era il povero El Azzouzi. Michel lo ha preso in pieno, con la forza di un uomo che ha appena segnato il gol più importante della sua vita. El Azzouzi è caduto a terra, Michel ha continuato a correre ancora, la forza della gioia. Poi però il dolore ha avuto la meglio: il giocatore dell’Union si è buttato a terra, un forte dolore al collo che lo accompagnerà per qualche giorno. Non come la gioia per questo gol: se l’Union Berlin dovesse arrivare ai quarti, questo gol rimarrà eterno.
Alex Sandro è arrivato a 30
Nel contratto di Alex Sandro c’è una clausola per cui raggiunte le 40 presenze stagionali si rinnova automaticamente per un anno. 40 presenze sono tante, in una squadra dalla rosa lunga, devono aver pensato alla Juventus, che forse preferirebbe tenere il brasiliano a condizioni diverse, un contratto meno remunerativo diciamo. Non è chiaro come procedono le trattative, ma intanto Alex Sandro sta provando ad arrivare al numero fatidico. Domenica contro la Roma è uscito a fine primo tempo per dei problemi muscolari, ma ieri era di nuovo in campo. Partito terzino, nel corso della stagione si è riciclato come centrale della difesa a tre, preferito da Allegri a centrali di ruolo come Rugani e Gatti. Allegri è il tipo di persona che ama i giocatori come Alex Sandro, soldati invisibili di una crociata invisibile, pochi fronzoli tanto sudore.
Ieri era di nuovo in campo, sebbene non al meglio Alex Sandro ha stretto i denti. Dopo 22 minuti però, non ce l’ha fatta: ha messo il pallone in fallo laterale e ha chiamato il cambio. Questa gli vale come presenza numero 30. Alla Juventus mancano almeno altre 16 partite, che possono diventare anche una ventina con la finale di Coppa Italia e continuando il cammino in Europa League. Dovrebbe tornare dopo la pausa, saltare quindi solo due partite. Ce la farà Alex Sandro? Siamo tutti qui per scoprirlo.
Il miglior giocatore del Mondiale
Tornano le grandi inchieste del giovedì sera che però escono il venerdì pomeriggio, questa volta occhio che è un’inchiesta un po’ macabra
Ieri all’Olimpico un tifoso della Real Sociedad si è mozzato un dito, il mignolo. Possiamo dire che, tutto sommato, dovendo perdere un pezzo del proprio corpo forse tutti sceglieremo quello. È anche in modo di dire: darei un mignolo per… Forse è quello che ha fatto questo tifoso? Le ricostruzioni dicono che è successo mentre provava a scavalcare una recinzione, altre dicono che semplicemente aveva le mani lì, tipo che si stava riposando e tac, in altre ancora il tifoso era ubriaco, si sarebbe arrampicato dalla grata e poi sarebbe caduto. Difficile, strano:un dito che si stacca per una caduta. Il suo pezzo di mignolo è stato ritrovato dalla moglie che lo avrebbe consegnato ai Carabinieri, proprio come succederebbe in un film. Anzi, in un film probabilmente penserebbero di averlo trovato, poi si sarebbe scoperto che invece era un pezzo di carota, oppure una moneta da due Euro (i film possono essere strani).
Insomma, secondo la nostra indagine questo tifoso della Real Sociedad avrebbe sacrificato il suo mignolo per qualcosa, una specie di patto col diavolo. Ma per cosa? L’episodio è successo prima della partita, che quindi non ha neanche visto, e soprattutto gli spagnoli hanno perso per 2-0, di certo non qualcosa per cui sacrificare una parte del proprio corpo, anche piccola. Possibile che il patto preveda una remuntada al ritorno? No, non basterebbe un pezzo di mignolo per quella.
Che può essere allora? È possibile che avesse un bisogno immediato, qualche voglia improvvisa. Cibo? È una possibilità: spesso è difficile averne di buono allo stadio. Sigarette? Arrivare allo stadio e accorgersi di non averne non è il massimo. Forse un secondo maglione? Ieri a Roma non faceva molto freddo, ma magari non era vestito in modo abbastanza pesante. La soluzione, forse, però, va cercata altrove: e se fosse un grande fan di Nicola Savino? Il conduttore lo ha perso quando era piccolo e sembra cavarsela alla grande anche senza. Certo è una strana forma di emulazione, ma l’emulazione è così. In ogni caso, questa volta, non siamo così sicuri di aver trovato la risposta giusta.
Luiz Henrique cosa fai
Se ieri avete avuto una brutta giornata, pensate a quella di Luiz Henrique: poteva segnare un gol all’Old Trafford, al Manchester United, ma era fermo ad esultare. Guardate bene la sua faccia, quanto è ridicolo il momento. Luiz Henrique, classe 2002, abituato a una vita fatta di video che durano pochi secondi, a un eterno scrolling dell’anima. È una generazione che crede di poter anticipare tutto, che non sa cosa sia la concentrazione, che non pensa all’ipotesi peggiore: un palo e poi tocca a te buttarla dentro. Luiz Henrique ha perso la possibilità di fare un gol all’Old Trafford, ma è diventato un meme. Cosa avrà preferito?
Isaac Cofie vi insegna a fare i passaggi
Oggi guardiamo uno dei pezzi di storia del nostro paese, la serie di video didattici del Chievo Verona. Dopo “Gennaro Sardo vi insegna il colpo di testa” oggi Isaac Cofie vi insegna a passare il pallone. “La capacità più importante del calciatore” la definisce Cofie, e come si fa a dargli torto? Specialmente per un centrocampista. Cofie distingue due passaggi, uno da fare col possesso palla e uno da fare attraverso la verticalizzazione. Il passaggio si può eseguire vicino, in profondità, interno ed esterno. Si può passare la palla sui piedi o nello spazio. Si può passare di prima o a due tocchi o dopo la conduzione. Si può passare d’interno, d’esterno o di collo. Il piede d’appoggio, dice Cofie, va usato come un mirino. Le braccia devono garantire l’equilibrio del corpo. Bisogna tenere la testa ferma. Poi Cofie ci dà un consiglio davvero prezioso, e cioè che l’intesa tra compagni è fondamentale per i passaggi. È questo quel che conta di più: l’amicizia.
Un tifoso del Basilea chiede la maglia di Riccardo Calafiori
Non solo la sua ma anche quella di Xhaka (il fratello) e Hitz. È bella però la cura per aver scritto il cartello in italiano. Chissà poi come è andata a finire.
Una cosa divertente che speriamo di non rivedere mai più
Avete presente Michail Antonio, il culturista che accidentalmente gioca titolare nell’attacco del West Ham? Un uomo il cui fisico è così scolpito da essere usato nelle pubblicità. Un uomo così in salute che quando esulta si scopa l’aria davanti a sé saltellando su due piedi. Avete presente, no?
Bene. Ora avete presente Nenad Tomovic? Sì, quel Nenad Tomovic a cui avevamo dedicato un articolo che raccoglieva i 17 errori che esprimevano tutto il suo disagio divensivo. Mi sento ancora in colpa per quel pezzo. Un pezzo intitolato “Che fatica la vita da Tomovic”. Gioca ancora, nell’AEK Larnaca.
Questi due esseri umani, per un errore di questa realtà che speriamo non si ripeta mai più, si sono incontrati e il risultato è stato devastante. Tomovic si è perso Antonio in area di rigore sul primo gol. Non una buona idea, perdersi uno dei calciatori più forti di testa al mondo. La faccia triste di Tomovic, quella dannata faccia triste, l’avevamo dimenticata. E ci mancava.
Dieci minuti dopo Antonio riceve palla al limite dell’area. Tomovic non gli vuole andare addosso, forse perché ha paura di rimbalzare fuori dal campo. Allora gli concede spazio. Antonio, da fermo, tira sotto l’incrocio dei pali. Basta con la violenza vi prego.
Quale faraone?
Ieri El Shaarawy ha segnato un gol importantissimo per la Roma. Dopo ha festeggiato incrociando le braccia sul petto. Era sembrato un tardo rimando al gesto del film Wakanda Forever. Dopo la partita aveva però detto che stava a indicare un faraone, quello che dopotutto è il suo soprannome storico. El Shaarawy, però, non ha detto quale faraone. Noi abbiamo provato a indovinare.
Tutankhamon
Il più famoso dei Faraoni, dodicesimo re della XVIII dinastia. Il suo nome significa “l’immagine vivente di Amon”. Salì al trono giovanissimo, a 8-9 anni, e il suo regno sembra non durò poi a lungo. Addirittura avrebbe avuto diversi problemi di salute, tra cui il piede equino. La sua fama è dovuta principalmente al ritrovamento della sua tomba e alla maledizione a cui è legata. Qualche anno fa è stato anche ricostruito come poteva essere il suo volto. Eccovi l’immagine (la cresta potremmo averla aggiunta noi).
Cheope
È lui ad aver commissionato la Piramide di Giza, uno dei più incredibili esempi di opera umana (che poi umana…chissà). Non sappiamo molto altro, ma sembra sia stato un buon sovrano.
Ramses II
Alto, grosso, sfacciato. Il suo regno è durato 75 anni ed è stato ricco di imprese militari. Gli hanno attribuito la frase «Se qualcuno vuole sapere quanto grande io sia e dove giaccio, superi qualcuna delle mie imprese». Ramses II ispirò al poeta inglese Shelley la poesia Ozymandias.
E questo è quanto: ci si rivede tra sette giorni con altre 30 mila battute di niente.