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Il bello del giovedì 2023 vol. II
16 set 2022
16 set 2022
Il meglio di due competizioni che il 25 settembre voterebbero per voi.
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25 min
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Stephen McCarthy/Sportsfile via Getty Images
(copertina) Stephen McCarthy/Sportsfile via Getty Images
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Conosci la tua squadra d’Europa League: Silkeborg

Nessuno aveva mai sentito nominare il Silkeborg fino al 1996. D’altronde fino al 1987 non erano mai stati in prima divisione e quando ci hanno messo piede la loro presenza era così improbabile che un giornalista danese si era detto stupito se il Silkeborg avesse vinto anche solo un calcio d’angolo.

A Silkeborg, come a Scranton, si produceva carta. È una cosa che si fa dal 1844, quando è nata la fabbrica e quindi la città moderna sopra quella antica - fatta da una fattoria, un monastero, un castello. Un grosso edificio di mattoncini rossi innalzato addosso al fiume Gudena, che attraversa una buona parte della penisola dello Jutland ed è nato 15000 anni fa, al termine della prima era glaciale.

Nel 1993 la fabbrica è entrata in crisi e nel 2000 ha chiuso. Nel frattempo la squadra di calcio di Silkeborg era incredibilmente riuscita a vincere il campionato, nel 1994. Una vittoria sorprendente, costruita soprattutto grazie a un rendimento casalingo praticamente impeccabile. Se conoscete il danese, se volete solo vedere dei danesi ubriachi, o se volete stupirvi delle facce di questi calciatori che sembrano tutti dirigenti di banca, eccovi un documentario su quella vittoria magica.

Tre anni dopo è il 1996, e se non siete appassionati di calcio danese è questo l’anno in cui avrete sentito nominare per la prima volta il Silkeborg. È l’anno in cui riesce a vincere la Coppa Intertoto, in un girone zeppo di squadre che oggi non pensiamo esistano ancora (Ried, Conwy United, Zaglebie Lubin e Charleroi - la squadra della città più brutta del mondo). Il Silkeborg vince il girone con 10 punti. Due anni dopo affronta la Roma in Coppa UEFA. I giallorossi vestono di nero, quella maglia Diadora con il lupo di Gratton enorme sulla spalla come le spalline dei soldati napoleonici. Totti la indossa col colletto tirato su. Se non sapete come passare questo venerdì sera, esiste un video quasi completo del match.

La squadra è tornata nella massima categoria nel 2019, e la scorsa stagione si è piazzata terza. Nell’attuale rosa il talento più lucente è Sebastien Jorgensen e ci auguriamo che un nuovo Jorgensen possa splendere nel calcio europeo.


Osservatorio Cristiano Ronaldo in Europa League

Benvenuti all’Osservatorio Cristiano Ronaldo in Europa League, un osservatorio nato, per chi non lo avesse capito, per tenere traccia della sorprendente presenza di uno dei due migliori giocatori di calcio degli ultimi vent’anni nella migliore coppa internazionale in assoluto. In questo episodio Cristiano Ronaldo è finito a giocare contro una squadra di un paese che non esiste, la Transnistria, una squadra con un nome che sembra il nome di un’automobile - Sheriff, Toyota Sheriff, Hyundai Sheriff, Volvo Sheriff - di proprietà di un’azienda fondata da due ex membri del KGB che possiede praticamente il Paese intero.

Forse dobbiamo mettere in chiaro, prima di cominciare, il fatto che uno degli scopi di questo osservatorio è aspettare il momento - o magari i momenti - in cui il talento di Cristiano Ronaldo brilla, deflagra in tutto il suo splendore, sulle immagini pixelate di una partita giocata a più di mille chilometri da Manchester. Nel frattempo, però, considerando anche che Cristiano sembra patire un ritardo di forma dovuto al fatto, forse, che ha passato l’estate a cercarsi un’altra squadra, dobbiamo annotare anche i momenti in cui l’Europa League diventa il buffo teatro del suo lento dissiparsi. Una lunga e sfumata uscita di scena che potrebbe improvvisamente trasformarsi in una nuova rinascita, oppure no, rivelarsi solo la fine di uno dei più grandi calciatori mai esistiti. Un modo come un altro per finirla, d’altra parte, non è che c’è un modo giusto e uno sbagliato per passare ad altro.

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Da segnalare una polemica infrasettimanale: Cristiano Ronaldo posta foto con discutibile, e infatti discusso, psicologo/filosofo/commentatore culturale conservatore canadese, Jordan Peterson. Lo scorso giugno Twitter gli ha sospeso l’account per dei tweet offensivi nei confronti di Elliot Page, coerenti con la sua idea che i trattamenti medici per cambiare genere siano esperimenti dannosi al livello di quelli dei nazisti. Negazionista climatico, nemico del politicamente corretto e della cancel culture, nemico anche dell’idea di “patriarcato” (nel senso che non esiste), Peterson è una delle figure più influenti della cultura anglosassone contemporanea e il fatto che piaccia soprattutto a maschi bianchi conservatori getta una strana luce su Cristiano Ronaldo come icona globale nel momento in cui ci si fa una foto e sotto lo chiama “my friend”.

Al tempo stesso, teniamo conto anche del fatto che Cristiano Ronaldo e la sua famiglia hanno vissuto una vera tragedia lo scorso aprile quando, dopo il parto, hanno perso uno dei due gemelli appena nati. Che Jordan Peterson, che per quanto bislacco in fondo è uno psicologo, gli sia stato di aiuto? Che sia uno di quei casi in cui bisogna guardare oltre le strutture sociali, culturali, politiche, e sospendere il giudizio su questioni profondamente umane?

Andiamo avanti.

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Una foto di Ronaldo pubblicata il giorno della partita.

Cristiano Ronaldo sembra decisamente più in forma rispetto alla settimana scorsa - nel senso che la sua forma corrisponde di più a quella che di solito ha Cristiano Ronaldo: capello perfetto, scolpito, sguardo affilato come una lama di acciaio valyriano, barba inesistente, occhiale rosato cyberpunk e vena in evidenza sulla fronte.

Contro lo Sheriff, Ronaldo ha segnato il suo 699esimo gol con la maglia di un club, su calcio di rigore che non si è procurato lui ma che, appena è stato fischiato, Jadon Sancho lì vicino si è premurato di dirgli che lo avrebbe tirato lui, indicandogli la palla. Forse perché Sancho si sentiva in colpa del fatto che sul primo gol, che aveva segnato lui, tutto lo United aveva orchestrato una bella azione ignorando Cristiano Ronaldo al limite dell’area.

Ronaldo ha calciato centrale, teso, sicuro come sempre del fatto suo. Questa è la buona notizia di questo episodio, oltre al fatto che Ronaldo si è mosso di più, è venuto a prendersi la palla all’altezza del terzino per scambiarla con Varane, ha fatto qualche buona sponda di prima e qualche buon movimento in profondità.

Altri momenti da segnalare.

Al minuto 8.30, circa, viene a prendersi una palla dalla difesa e si fa intercettare un passaggio per Dalot. Il giocatore che gli intercetta la palla è il numero 10, Cedric Badolo, 23enne burkinabé in prestito allo Sheriff dalla squadra slovacca Pohronie. Per intercettare il passaggio si allunga overestendendo la gamba destra, Cristiano per provare a riprendersi la palla gli calpesta la caviglia. Badolo soffre a terra ma Cristiano allarga le braccia e protesta, chissà forse non ha sentito la carne e le ossa sotto i tacchetti del suo piede. La difficoltà di Cristiano Ronaldo nel vedere i giocatori avversari, che forse è una forma di regale rifiuto della realtà in cui si trova, lo spinge a provare a rialzare Badolo mentre quello si sta ancora rotolando dal dolore.

Poco dopo Ronaldo chiede un rigore, per l’intervento di un tale Gaby Kiki che, in area di rigore, lo carica con la spalla. Mentre Ronaldo protesta con le braccia larghe Kiki gli parla, ma Ronaldo non lo vede, gli guarda attraverso. Poi lo sposta con una spintarella antipatica che spinge Kiki a parlargli ancora un po’, ma è come parlare a un fantasma, anzi è come se Kiki fosse un fantasma e Ronaldo non sentisse la sua presenza.

Aggiornamento dei nemici di Cristiano Ronaldo, quindi: Gaby Junior Kiki, camerunense, arrivato in Europa nel 2017, in Bielorussia, per la precisione a Mahiliou dove era l’unica persona di pelle nera e per non essere insultato dai passanti preferiva girare sempre con un compagno di squadra vicino.

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Al 21esimo Cristiano Ronaldo fa un bel movimento in profondità, Antony batte velocemente una punizione e scavalca il difensore che lo insegue. Cristiano arriva in area di rigore, in una posizione un po’ defilata sulla destra, ma con la palla che rimbalza e sembra chiedergli per piacere di calciarla il più violentemente possibile sul secondo palo. Una palla che sembra essere stata cucita solo per essere calciata in quel momento da Cristiano Ronaldo, che però la spara alta, nella tribuna gremita di persone che Cristiano Ronaldo non avrebbero mai pensato di vederlo se non sul proprio cellulare.

Azione da inserire nella categoria “questa il vecchio Ronaldo l’avrebbe messa dentro”?

Non ne siamo sicuri, ci dobbiamo pensare. Questo osservatorio, accusato di eccessiva severità dopo il primo episodio, vuole essere il più imparziale possibile. In questo caso va detto che: quella palla era difficile.

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A fine partita l’allenatore di Cristiano Ronaldo, che per chi non lo sapesse si chiama Erik Ten Hag, ha detto che Ronaldo è “totalmente coinvolto” nel progetto Manchester United. E anche che “è molto vicino” all’essere in forma, perché quando finalmente sarà in forma “arriveranno altri gol”.

Ah già, perché quello segnato su rigore a una squadra con un logo disegnato da un bambino di sei anni è il primo gol stagionale di Cristiano Ronaldo.


La cornice dello stadio di Riga

L’RFS fino a poco tempo giocava in uno stadio incastonato nel centro di Riga chiamato Arkadija fino al 2021, ma che poi è stato rinominato a Janis Skredelis, leggenda del calcio lettone. Lo stadio conteneva 250 persone. Da poco si sono spostati al LNK Sporta Parks, un complesso sportivo costruito a sud della città che di posti ne ha un paio di migliaia. Le partite di Conference League, però, deve giocarle in un altro stadio ancora per rispettare i parametri imposti dalla UEFA. Messa così viene da pensare che siano stadi mastodontici, quelli affittati per queste notti europee, ma non è così: sono posti che quando vengono inquadrati nelle notti d’Europa e Conference League, sembrano appartenere a una galassia diversa dalla nostra, in cui gli oggetti abitano l’atmosfera con la mollezza svagata dei dipinti di De Chirico.

Eccovi un camion bianco inghiottito dall’oscurità.

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Ed eccovi questo edificio di mattoncini rossi con questo tabellone luminoso retrò che pare la versione povera di quello del centrale di Wimbledon.

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La grande partita di Gustav Isaksen

Dopo la sconfitta per 5-1 con il Midtjylland, Sarri è stato apocalittico, cercando le risposte dentro la propria squadra. Ha parlato di «presunzione immensa» dei suoi giocatori, accusando qualcuno che «insinua un germe» nella sua squadra. Se la Lazio ha mostrato il suo volto peggiore, una passività difensiva che le è costata più di una partita ma forse mai in maniera così netta, è giusto anche celebrare la grande prestazione dei danesi, una squadra peculiare gestita in maniera quasi algoritmica, tanto che viene spesso equiparata a quel famoso film sul baseball con Brad Pitt. Se in molti hanno giocato bene, a brillare è stata la stellina Gustav Isaksen, che partendo da sinistra (e poi da destra) ha fatto a fette la difesa della Lazio, entrando in 3 dei 5 gol totali.

L’azione che porta al primo gol

L’evidenza di questa azione è il tiro che Isaksen scaglia sulla traversa, ma è come ci arriva a essere notevole. Isaksen riceve dal terzino, sulla fascia, spalle alla porta, con la pressione di Hysaj in arrivo. Una situazione complicata da cui esce benissimo, toccando il pallone di prima con l’esterno per servire la mezzala che gli si è avvicinata. Il 4-3-3 del Midtjylland ha creato uno di quei triangoli sulla fascia tanto cari proprio a Sarri e grazie alla qualità del tocco di Isaksen riesce a sfruttarlo in pieno, con il terzino che riceve di nuovo dopo aver tagliato dentro al campo. Dopo aver ricevuto di nuovo poi Isaksen è bravo a trovare lo spazio e calciare forte. Il suo tiro non è fortunato, ma sul ribaltamento arriverà il primo gol.

Una brutta busta a Hysaj

Hysaj non è nel miglior momento della carriera, ma rimane un terzino con esperienza, soprattutto difensiva, ma niente: Isaksen lo salta con un tunnel di quelli che invitano chi lo subisce a riflettere sul proprio ruolo nel mondo. Hysaj subito dopo si vede costretto a stenderlo (ne prenderà un altro più avanti nella partita).

Il primo rigore guadagnato

Defilato a destra, Isaksen fa capire ai giocatori della Lazio che anche da lì fa male. Prima punta Cataldi in campo aperto, costringendolo ad arretrare fino al limite dell’area, poi con una finta manda al bar sia Cataldi che Radu (che, certo, potevano sapere che è destro e non avere così paura del tiro). Il contatto successivo è lieve e forse il rigore generoso, ma la giocata di Isaksen rimane.

Il secondo rigore guadagnato

Un po’ ironico che abbia guadagnato un secondo rigore pochi minuti dopo con una giocata molto simile. Nel frattempo Sarri aveva cambiato Radu con Marusic, che forse dalla panchina non aveva visto quello che era successo. Prima manca un pallone lento sul cambio gioco, poi abbocca alla finta di Isaksen, come altri prima di lui, per poi stenderlo (come altri prima di lui). Il danese però è bravo nel rendere credibile quella sterzata, nel muoversi in controtempo per ingannare Marusic e costringerlo anche al fallo. Quando poi Provedel parerà il rigore, sarà lui il primo ad arrivare sulla respinta e a segnare.




L’allenatore dell’Omonia Nicosia, il nordirlandese Neil Lennon, ma ad ogni foto diventa più fucsia

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C'è da scorrere, ma non ve ne pentirete.


Gol più giovedì sera

Virilità: 3

Assurdità: 10

Anti-epicità: 10

Paura della morte: 10

Ci dispiace infilarci una squadra italiana qui, tornata in Europa dopo anni difficili. Cosa voleva fare Gollini? Ce lo siamo chiesti tutti nelle ultime ore, ma forse è la domanda sbagliata, il calcio raramente è un posto dove ti chiedi "cosa voglio fare ora"? Qualcosa nel profondo dell'anima del portiere viola gli ha detto di fare quel palleggio in più. Poteva essere qualcosa del fanciullo pascoliano, oppure magari una piccola ribellione da portiere, che rifiuta l'essenzialità per i barocchismi da trequartista. Ma, più probabile, essendo giovedì, è che Gollini si sia trovato invischiato in questa categoria dello spirito, gol assurdi che accadono il giovedì e che nessuno può spiegare se non creando parametri fuori dal tempo come abbiamo fatto qui. Su con la vita Gollini: alla paura della morte, di solito, segue una grande voglia di vivere (anche se, prima, mi scuserei con Italiano).


Dove comprare la cravatta dell’allenatore dell’AEK Larnaca

Perché non mettiamo più cravatte? Un tempo la cravatta era un accessorio di tutti i giorni, che gli uomini indossavano non solo in ufficio come un simbolo, ma anche fuori. Forse è un mondo migliore quello che non riconosce nella cravatta uno status, ma ci sono cravatte e cravatte. Guardate ad esempio quella indossata ieri dall’allenatore dell’AEK Larnaca José Luis Oltra: è qualcosa di più convincente di una semplice cravatta. Il verde petrolio gli dà un tono elegante e minimale, che la fa andare bene su tutto, ma la vera chicca è la testa dell’ammiraglio Kimon, eroe greco noto soprattutto per la battaglia del fiume Eurymedon. Quando morì invito i suoi generali a tenere segreto il suo decesso, per non dare vantaggi ai nemici: «Kimon, vittorioso anche nella morte» è il motto con cui vi si riferisce.

Appena l’ho vista ho capito che doveva essere mia. La prima cosa che ho fatto è stata spulciare lo shop dell’AEK Larnaca dove ho trovato: un bel taccuino tipo moleskine sempre con la faccia di Kimon (8 euro, un affare), un Begleri (un piccolo skill toy che consiste in una o più perline all'estremità di un cordino o una catenella); una pennetta USB dell’AEK, gli asciugamani, ma non la cravatta (che scemi).

Allora cosa ho fatto: ho cercato per mezz’ora un sito che mi facesse personalizzare la mia cravatta, ho fallito almeno per 10 volte, mi sono ricordato la lezione di Michael Jordan e ho continuato nonostante tutto, nonostante soprattutto le mie zero skill nel campo della moda. Alla fine sono riuscito a creare questa cosa:

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Comprarla mi sarebbe costato una trentina di dollari, ma poi avrei dovuto farmela spedire da qualcuno che conosco negli Stati Uniti che poi dovrebbe spedirla a me e non mi andava di scocciare. Potevo anche metterla in commercio, non ho indagato quanto avrei guadagnato su ogni singola cravatta venduta, ma non mi è sembrata una grandissima idea di business. Se siete davvero interessati, magari, fatemi sapere: in qualche modo ci organizziamo.


Organizza la tua trasferta Conference League: Edimburgo

di Fabrizio Gabrielli

La Conference League è l’anello di congiunzione tra il mondo del calcio e quello del teatro, delle arti figurative, delle performance di strada: il fatto che l’esordio degli Hearts of Midlothian sia avvenuto a pochi giorni dalla conclusione del Festival di Edimburgo ci sembra una naturale conclusione, e una meravigliosa prosecuzione. Inoltre tra circa tre settimane saranno i tifosi della Fiorentina a volare verso Edimburgo per una partita che è già fondamentale.

Anima storica e tradizionalistica della Scozia, contrapposta al giovanilismo hipster e un po’ rivoluzionario di Glasgow, Edimburgo offre molteplici spunti di grande interesse, il minore dei quali, in effetti, a pensarci bene, è proprio andare a vedere una partita degli Hearts of Midlothian, che peraltro stando agli edimburghesi non è neppure considerabile la squadra principale della città, a differenza degli Hibernians. Ciò detto, dopo esservi procurati un ombrello, preparatevi a visitare Edimburgo.

Una strada: il Royal Mile

Il Royal Mile, in effetti, non è neppure una sola strada, ma una successione di strade che copre la distanza tra l’Holyrood Palace, cioè l’antica residenza dei regnanti di Scozia, e il Castello, cioè la fortezza che caratterizza lo skyline cittadino. È lunga un chilometro e settecento metri, vale a dire un miglio scozzese, appunto, e a seconda dell’altezza prende le denominazioni di Lawnmarket, High Street, Canongate e Abbey Strand. Ma indovinate: è sempre il Royal Mile. Percorrerlo è l’attività principale degli edimburghesi: quando sentirete detonare un colpo di cannone non preoccupatevi, è lo One O’Clock Gun: saprete che è ora di pranzo, e che - nel caso in cui siate quasi arrivati al Castello - potete tornare verso Holyrood Palace. O viceversa.

Un simbolo: il cuore

Di fronte alla cattedrale di St. Giles potrete imbattervi in un mosaico a forma di cuore: non è lo stemma degli Hearts, o meglio, lo stemma degli Hearts è esattamente ricalcato sulla base di questo mosaico, che simboleggia oggi quello che nei gloriosi giorni andati (gli auld lang syne) è stata, rispettivamente, sede dell’erario, prigione, centro amministrativo e luogo deputato alle esecuzioni pubbliche. L’ingresso della brutale prigione di Old Tolbooth, demolita nel 1817, era ubicato esattamente in prossimità del mosaico e no, non era per niente un posto accogliente. Di fronte al piazzale di ingresso, infatti, venivano regolarmente impiccati e impalati i peggiori criminali di Scozia. Per questo è sorta l’abitudine, tra gli edimburghesi, di sputare sul mosaico, in segno di disprezzo: con il tempo, il gesto è stato interpretato come ben augurante, perciò non stupitevi se passeggiando troverete una fila di sputazzatori. Unitevi piuttosto al simpatico rituale: non fatevi spaventare dall’idea di sputare sul simbolo della squadra che siete venuti a tifare. Probabilmente, anche tutti gli altri edimburghesi che vi circonderanno - tifosi Hibs - manifesteranno la stessa nonchalance.

Un piatto: l’haggis

Robert Burns, il più grande poeta scozzese, lo ha battezzato simbolo della tradizione nazionale: si tratta di uno stomaco di pecora riempito di frattaglie come cuore, fegato e polmone macinate con cipolla, grasso di rognone e farina d’avena. L’origine etimologica del nome può significare sia “pasticcio di carne” che “colpire duramente”, e la coincidenza non è per niente casuale. Per sposare appieno la tradizione, dopo averlo bollito e servito in tavola dovrebbe essere tagliato con una spada: il suono che a questo punto dovrebbe produrre, uno sfiato leggero ma deciso, dovrebbe essere testimonianza di preparazione rispettosa dei crismi.

Il Lancio dell’Haggis è anche una delle discipline degli Highlands Games.

Un consiglio sul Tynecastle

Abbinate alla partita una visita all’Ocean Terminal, dove è ormeggiato lo Yacht Reale Britannia. Nell’impossibilità di consultare le previsioni meteo prima dell’acquisto dei biglietti, assicuratevi di essere ben coperti se deciderete di assistere alla partita dal Wheatfield Stand, il cuore della tifoseria, perché è esposto a nord, tra curve e tribune si aprono spicchi di panorama spalancato e se tira tramontana correte il rischio che vi cadano le orecchie dal freddo.


Come sarebbe una curva se fosse ripresa da Peter Jackson come nella battaglia del fosso di Helm

https://twitter.com/hardfootyvideos/status/1570512209452863489

La tifoseria del Lech Poznan è una delle più spettacolari d’Europa, capace di distinguersi anche per creatività. Col tempo hanno brandizzato una particolare esultanza: prima di una una vittoria o dopo un gol i tifosi rivolgono le spalle al campo e cominciano a cantare e a saltare abbracciati. I tifosi del City hanno copiato questa celebrazione chiamandola “The Poznan”. Uno dei più celebri rapper polacchi, Peja, è un ultrà del Lech Poznan, a cui ha dedicato un pezzo. Come sta messo il vostro polacco?




Il giovedì sera e la costruzione dal basso

Forse abbiamo già inaugurato questa rubrica, poi l'abbiamo presa e scartata come un difensore dello Sturm Graz ieri (in realtà ci siamo scordati). Tuttavia non è finito nel dimenticatoio il rapporto di amore e odio tra le partite del giovedì e la costruzione dal basso. Se il calcio ci ha detto che questa è la strada, la via per la perfezione passa dagli errori, e il giovedì sera questi errori diventano un po’ così: comici. Tuttavia in questo gol non bisogna far passare in secondo piano la volontà dello Shamrock Rovers di provare a seguire la propria idea nonostante la superiorità dell’avversario, ma soprattutto bisogna in qualche modo celebrare Dan Cleary, il difensore che fa il pastrocchio.

Solo una settimana fa, intervistato prima dell’esordio in Europa, Cleary aveva detto che «Dobbiamo essere fiduciosi, ma c'è una linea sottile tra essere presuntuosi e essere sicuri di sé». Su questo non ha arretrato un millimetro: con il pallone ricevuto al limite dell’area piccola e un avversario in pressing, Cleary è stato sicuro di sé. Purtroppo una volta rientrato verso l’interno - una buona scelta - è incespicato sul pallone come può capitare a tutti. Lui però non si è dato per vinto: pur carponi si è buttato sul pallone, riuscendo miracolosamente a respingere il tiro a botta sicura dell’avversario con la testa (vi rendete conto di quanto può essere pericolosa questa cosa?). Purtroppo il destino non guarda in faccia a nessuno, figurati a Cleary: il pallone si è impennato finendo dalle parti di Vadis Odjidja-Ofoe che con una specie di sforbiciata ha segnato il 2-0.


Kirill Despodov vs Joaquin Sanchez

Despodov era considerato il più grande talento del calcio bulgaro, prima che passasse al Cagliari e finisse in disgrazia. Quando era giovane era stato paragonato a Joaquin. Non a Neymar, non a Messi: a Joaquin. Un paragone che rende Despodov forse l’uber giocatore d’Europa League. O forse il giocatore progettato sin dai suoi inizi per brillare il giovedì sera, cosa che Despodov ha in effetti cominciato a fare.

Ieri i due si sono affrontati in uno degli scontri individuali più giovedì sera di sempre: la vecchia leggenda del giovedì Joaquin, contro la nuova leggenda del giovedì Despodov. L’incontro è finito uno pari.

Al gol di classe eterna di Joaquin (che, diciamo una cosa scontata, è diventato il più vecchio marcatore nella storia dell'Europa League), che poi ride come se non credesse a sé stesso.

Ha risposto la punizione arcuata e complessa di Despodov, ricacciata dalla porta troppo tardi.




Emre Belozoglu sembra un allenatore niente male

Il calcio turco è pieno di Emre, ma in Italia Emre è in primo luogo Belozoglu. Lo conosciamo soprattutto per la sua lunga esperienza all’Inter, dove ha portato allo zenith il suo personale connubio di dinamismo e litigiosità, ma poi la sua carriera è andata avanti e, anzi, per un attimo sembrava potesse non finire mai. Newcastle, Fenerbahce, Atletico Madrid, di nuovo Fenerbahce, infine Istanbul Basaksehir, dov’è rimasto fino alla veneranda età di 39 anni. A quel punto sembrava davvero il momento di appendere gli scarpini al chiodo ma Emre non si è risparmiato un ultimo giro al Fenerbahce, lui che è stato uno dei pochi calciatori turchi ad avere il coraggio di passare per almeno tre delle squadre di Istanbul (la sua carriera iniziò al Galatasaray). Sulla soglia dei 40 anni Emre si è fatto altre 26 partite con una delle principali squadre turche e a quel punto immaginavamo per lui una carriera da Kazu Miura, in cui il corpo sfida le leggi del tempo e continua ad andare avanti come animato da una forza primordiale ed eterna. E se a quel punto la sua carriera fosse andata a ritroso, come un novello Benjamin Button ottomano, ripercorrendo tutte le sue squadre al contrario fino a tornare al Galatasaray?

Invece Emre si è messo in borghese e si è finalmente seduto in panchina, sempre più piccolo e compatto, come se anche la materia del suo corpo stesse seguendo leggi inverse a quelle dell’espansione dell’universo. Nel marzo dello scorso anno subentra a sorpresa a Erol Bulut al Fenerbahce per le 10 partite che rimangono fino alla fine della stagione e ne perde solo una. Per il resto: sette vittorie e due pareggi. Nonostante questi risultati, che portano la squadra turca al terzo posto a soli due punti dal Besiktas, Emre viene lasciato andare. A quel punto si accasa all’Istanbul Basaksehir, la squadra emanazione del potere di Erdogan di cui ha portato la fascia da capitano per quattro anni. L’anno scorso arriva quarto a soli tre punti dal Konyaspor e si qualifica ai preliminari di Conference League. In questa stagione è partito ancora più forte e deve ancora perdere una partita. In realtà, contando tutto l’anno solare, non perde una partita dal 19 marzo (2-1 in casa dell’Adana Demirspor): in mezzo 21 partite, con 15 vittorie e 6 pareggi. Quella di ieri sera contro la Fiorentina è solo l’ultima vittoria di prestigio del Basaksehir. Pochi giorni fa, in campionato, era andato a casa del Besiktas a vincere 0-1. Nella conferenza stampa pre-partita dopo aver parlato di Terim (inevitabile) aveva avvertito: «Vogliamo confermarci e vincere, vogliamo arrivare primi in questo girone». Oggi non sembrano più parole di circostanza.




I tifosi dell’Union Berlin in trasferta a Braga

https://twitter.com/tomasrdacunha/status/1570504818220998657

È inutile stare qui a dilungarsi in stucchevoli celebrazioni della tifoseria dell’Union Berlin. Per fortuna abbiamo ancora molte puntate di questa rubrica per parlarne. Intanto vi lasciamo il video dell’inno della squadra: quanti club hanno un inno scritto da un’icona punk come Nina Hagen?


Altre indagini, questa volta in tono minore: Perché Vitinha del Braga ha imitato l’esultanza di Anthony Modeste?

Al ‘77 Vitinha, all’anagrafe Vítor Manuel Carvalho de Oliveira, ha rotto l’equilibrio tra Braga e Union Berlin ribadendo in rete con foga una respinta di Ronnow. Mentre il variegato pubblico dell’ecologico Estádio Municipal de Braga sprizzava gioia per il vantaggio, Vitinha ha esultato facendo il “gesto degli occhiali” con le mani, un gesto reso famoso - oddio, famoso, diciamo che è l’unico calciatore professionista a usarlo, per quanto ne sappiamo - da Anthony Modeste, attaccante del Borussia Dortmund (ma con una lunga carriera alle spalle). Cosa può aver spinto Vitinha, ragazzo di Braga col numero 99 di cui si parla molto bene, a imitare un calciatore con cui non sembra avere nessuna connessione? Alcune ipotesi:

  • Modeste è l’idolo di Vitinha: strano, ma non così strano (possibilità sia vero: 15%).

  • Non c’è correlazione: Vitinha stava semplicemente facendo quel gesto perché è un fan degli occhiali (possibilità sia vero:35%).

  • Casualità: Modeste ha raccontato che il suo gesto non sta a mimare degli occhiali, bensì l’emoji della faccina sorridente con gli occhi giganti (onestamente non ho capito quale). Dice che è stato un suggerimento della moglie e di alcuni amici, visto il suo amore per le faccine: «Adoro queste faccine. Ogni mio Whatsapp finisce con una faccina». Forse anche Vitinha è un grande fan di queste faccine (possibilità che sia vero: 5%).

  • Cattiveria: per ricordare ai tifosi dell’Union Berlin la doppietta di Modeste in una partita della scorsa stagione con il Colonia. In quel caso, però, l’attaccante francese esultò non con il “gesto degli occhiali, ma con un’altrettanto famosa esultanza: si mise in testa il basco del suo allenatore e accennò alcuni passi di danza (possibilità sia vero:25%).




Gioca a “Imperatore o calciatore?”

Esattamente come ve lo immaginate: di seguito una lista di nomi, e voi dovete indovinare se si tratta di un Imperatore (romano o bizantino, gli unici che riconosce questa rubrica) oppure di un calciatore che era in campo ieri. Sembra piuttosto facile, no?

  • Deocleciano

  • Gioviano

  • Savio

  • Artavasde

  • Antonio

  • Nonato

  • Decio

Risposte

1) Calciatore: Emerson Deocleciano, attaccante del RFS Riga.

2) Imperatore: Flavio Claudio Gioviano, è stato un imperatore romano dal giugno 363 alla sua morte avvenuta il 17 febbraio 364.

3) Calciatore: Sávio Moreira de Oliveira, noto semplicemente come Sávio o Savinho attaccante del PSV in prestito dal Troyes.

4) Imperatore: imperatore bizantino, usurpatore al trono dal giugno del 741 al novembre del 743.

5) Calciatore: Michail Gregory Antonio, attaccante del West Ham.

6) Calciatore: Gustavo Nonato Santana, noto semplicemente come Nonato, è un centrocampista del Ludogorec.

7) Imperatore: Gaio Messio Quinto Traiano Decio è stato un imperatore romano dal 249 fino alla morte avvenuta il 1º luglio 251.


Cose che accadono solo il giovedì

Anche questo giovedì sono capitate delle cose che capitano solo il giovedì. Cose non belle o brutte, cose del giovedì, come gli gnocchi o l'Europa League. Alcune passano come trote in un fiume, altre rimangono catturate nella nostra retina di osservatori compulsivi di diretta gol. Sono momenti che riportiamo in maniera decadente, per avere un finale triste a una rubrica triste.

La Conference League, ma ci devono essere più steward che tifosi

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L'Europa League, ma è l'arbitro che guarda un film di karate in televisione

La Conference League, ma è Weekend con il morto

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Ci vediamo al prossimo governo!


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