
CONOSCI LA TUA SQUADRA DEL GIOVEDì SERA: SHELBOURNE FC

Nel 2024 lo Shelbourne ha vinto il campionato irlandese dopo 12 anni dall’ultima volta. Sulla panchina dello Shelbourne c’era uno dei più grandi rosci della storia, Damien Duff. Lo ricorderete: pelle asciugata e tesa attorno al teschio, bocca sottile come una goleador, dribbling fulminante. Ai Mondiali del 2002 era un’esperienza esotica, vederlo giocare, nell’ultima Irlanda che si è qualificata al Mondiale. Lui e Robbie Keane davanti, baricentro basso, velocità nettamente superiore alla media. In una partita contro la Spagna c’era Maradona travestito da Duff: un’ala immancabile, veloce, capace di andare lungolinea o di convergere al tiro verso il sinistro. Una delle migliori prestazioni mai viste al Mondiale.
L’anno successivo Duff ha dato le dimissioni con lo Shelbourne quinto in classifica e al suo posto è arrivato Joey O’Brien, che ha un nome così irlandese che sembra inventato. O’Brien, ex giocatore dell’Aston Villa, era assistente di Duff. Questa estate lo Shelbourne si è giocato l’accesso alla fase finale di Conference League in una sfida dai contorni simbolici pesantini contro i nord-irlandesi del Linfield. Per O’Brien era «L’occasione per creare nuovi ricordi».
Lo Shelbourne è stata una presenza fissa delle competizioni europee dagli anni ’60 fino al 2006. Da quel momento è iniziato il medioevo del club, fra retrocessioni e problemi finanziari che ne hanno declassato lo status. Per questo noi millennial non abbiamo mai veramente conosciuto lo Shelbourne, che tra il 2003 e il 2004 ha conosciuto l’apogeo del proprio splendore, vincendo il titolo per la prima volta back-to-back. Nel 2005 lo Shelbourne è diventata la prima squadra irlandese a spingersi fino al terzo turno preliminare di Champions League, dove poi fu fermato dal Deportivo la Coruna.
Ancora prima, nel 1997/98, lo Shelbourne aveva vissuto la stagione più dura della propria storia: coppa nazionale e coppa di lega perse in finale, e campionato perso all’ultima giornata. L’anno nero dello Shelbourne. Tutti questi anni possono essere riassunti in qualche titolo e una serie praticamente sterminata di eliminazioni nei turni preliminari delle competizioni europee, contro squadre più o meno strane. O anche celebri e pericolose per ragioni di ordine pubblico, come il Glasgow Rangers, affrontato in una sfida pazzesca all’inizio della stagione 1998/99. I Rangers dentro cui giocavano Lorenzo Amoroso, Sergio Porrini e Gennaro Ivan Gattuso. La partita, di cui vi invito a guardare gli highlights per avere una ventata di immotivata nostalgia, si apre con uno spettacolare autogol di Porrini. Lo Shelbourne va addirittura 3-0 sopra. Pubblicità McEwan Lager, entrate in scivolate per rompere le tibie, case col caminetto sullo sfondo, Giovanni van Bronckhorst che segna il 3-3; Gabriel Amato che segna il 4-3; i tifosi dello Shelbourne che vogliono fare invasione per la rabbia, gli Stewart si schierano a falange. L’allenatore dello Shelbourne che a fine partita chiosa: «Non potevamo certo chiedere di più ai lads».
Era insomma giunto il momento di creare nuovi ricordi, nei tifosi dello Shelbourne che queste partite le hanno vissute solo per sentito dire. E quindi “The Battle of Ireland”, rossi contro blu, un numero non quantificabile di errori individuali. Un calcio che, in generale, definire “slapstick”.
Non sta andando benissimo, in Conference, come potete immaginare. Lo Shelbourne siede tra gli ultimi posti, tra le squadre disgraziate, con un solo un punto fatto. Il campionato lo ha chiuso terzo e O’Brien è pieno di rimpianti. Però ci sono altre partite da giocare, possibili ricordi da costruire.
I 3 MIGLIORI GOL SBAGLIATI DELLA SERATA
Semplice, pulito, immediato, classico: ecco i tre peggiori gol sbagliati in questo plumbeo giovedì sera.
- 3° LUKE MCCOWAN CONTRO IL FEYENOORD
Perché non ci è andato col sinistro? A cosa è dovuta questa sciatteria? Ha avuto troppo tempo per pensare a come fare uno dei tap-in più semplici della storia di questo gioco? Si potrebbe giustificare McCowan dicendo che sapeva di essere in fuorigioco, che era lì sicuro che il suo gol sarebbe stato annullato e non ha voluto segnare. Ma sapeva di essere in fuorigioco? A vedere come si dispera dopo, sembrerebbe di no. Le mani tra i capelli, il corpo che cerca di farsi piccolo per sfuggire alla vergogna, il senso di inutilità: tutto ci dice che McCowan non ha sbagliato per quel senso di colpa che ti viene quando sai di essere in fuorigioco, ha sbagliato perché è un giocatore del giovedì sera.
- 2° ADAM WHARTON CONTRO IL SALISBURGO
Adam Wharton è l’erede putativo dei Gerrard e Lampard, un centrocampista box-to-box inglese che sembra saper far tutto. Almeno così dicono in Inghilterra, dove il costo del suo cartellino si aggira intorno ai 100 milioni di sterline ed è stabilmente tra i convocati della Nazionale, non certo la più accessibile al mondo. Wharton, però, non ha mai segnato con la maglia del Palace, in 60 partite giocate. Come è possibile? Onestamente non lo so, ma ieri l’ho capito. Come si fa a sbagliare un gol del genere? Che brutto rapporto devi avere con la porta? Cosa ti spinge ad alzare così tanto il tiro? Non ci importa se magari Wharton non sia mancino, se stava correndo verso l’esterno e può aver influenzato il suo tiro. Qui siamo oltre il giustificabile, un errore da non dormire la notte, da essere ripudiato come figlio e come padre, anche considerando che poteva essere il 2-1 per il Palace, che invece poi 2-1 ci ha perso.
- 1° ALEMAO CONTRO LO SLOVAN BRATISLAVA
Che hai combinato amico? Quel fottuto pallone sarebbe entrato senza il tuo colpo di testa? Alemao, al 94esimo di Rayo Vallecano-Slovan Bratislava, ci ricorda che provare a segnare può diventare anche un atto negativo. Quello che mi spezza è la puntigliosità con cui cerca di impattare il tiro del compagno, come agisca pensando di aver avuto un’idea geniale e come invece finisca per ritorcerglisi contro, con il pallone che finisce sul palo e lui che neanche ci prova a correggere il suo sciagurato intervento. Il calcio, lo sappiamo, può essere ferro o può essere piuma, ieri per Alemao è stato ferro.
GOL PIÙ GIOVEDì SERA
Virilità: 0
Assurdità: 7
Anti-epicità: 10
Paura della morte: 9
Sarò onesto, certe volte scelgo il gol più giovedì sera, che dentro di me continuo a chiamare gol più Europa League, perché mi fa ridere. Ridere è una parte importante della nostra vita, ce lo insegna il successo della stand-up comedy nella mia generazione, che immagino, più o meno, sia anche la vostra, una generazione che sarà cancellata dalla storia, ma che si porta dietro Luca Ravenna che fa le imitazioni in un teatro dei primi dell’ottocento.
Non voglio voltare le spalle a una forma artistica che apprezzo e consumo, ma la realtà è che a me fanno ridere, proprio nel senso della risata, solo le cose buffe che prevedono un atto fisico. A me, per dire, fa ridere veramente un botto Jackass, o la sua versione italiana: Paperissima Sprint. Insomma, avete capito. In questo caso, a farmi ridere, è stato il gol di Ahmad Ghali.
Per ridere con me, o di me, fate voi, dovete concentrarvi non tanto sul gol, quanto sul gesto di Ahmad Ghali. Sul suo tuffo. C’è qualcosa di strano, no? Lo vedete anche voi, no? Si dice tuffarsi a pesce, ma di solito non c’è molto dei pesci in chi si tuffa a pesce. In questo caso, però, mi sembra ci sia davvero qualcosa di salmastro, come se Ahmad Ghali, più che reagire rapidamente al tocco del portiere che gli aggiusta il cross, abbia fatto quel tuffo perché è nella sua buffa natura.
È comunque un gol che, oltre il gesto, rimane fedele alla grande tradizione dei gol più giovedì sera, dove la paura della morte resta al centro di ogni pensiero. Prima, un calciatore del Celje scivola mentre prova semplicemente a portarsi il pallone in avanti, dando il via all’azione del gol, poi il portiere che non riesce a respingere un cross come il suo mestiere vorrebbe. Perché sì, ok ridere, ma si ride soprattutto per esorcizzare la morte, sentirne meno il peso sulle spalle. Come diceva quella canzone, che potrebbe essere l’inno di questa rubrica, Ridere, ridere, ridere ancora / Ora la Conference League paura non fa.
IL BOLOGNA GIOCA MEGLIO OGNI PARTITA
Il Bologna aveva iniziato la stagione con qualche dubbio. Pur non giocando male, i risultati erano un po’ grigi. La squadra sembrava aver perso un po’ di brillantezza, un po’ di intensità. Nell’ultimo mese, però, il Bologna ha cambiato marcia. Non perde da fine settembre (1-0 contro l’Aston Villa) ed è diventata una squadra più incisiva offensivamente. Non c’è forse sintomo migliore che le cose vanno bene che un gol di Bernardeschi. Cioè, anche l’acquisto sulla carta più scellerato fatto in estate sta finendo per funzionare. Contro il RB Salisburgo abbiamo visto un Bologna leggermente diverso dal solito. Una squadra ancora più ambiziosa e determinata nell’imporre la propria supremazia territoriale.
Diciamo che il RB Salisburgo l’ha facilitata, apparendo subito molto lunga sul campo. In transizione il Bologna riusciva a trovare velocemente i tre trequartisti - Bernardeschi, Orsolini, Odgaard. Tutti piuttosto ispirati. Orsolini - che non segnando da fine novembre fremeva - ha cominciato a bombardare la porta del Salisburgo fin dai primi minuti. (Orsolini pare stia imparando anche a calciare di destro). Se a destra Orsolini bastava a sé stesso, la catena di sinistra fra Bernardeschi e Miranda ha funzionato particolarmente bene.
Ma il Bologna gioca così bene, oggi, che è difficile trovare un solo tipo di sviluppo prevalente nella squadra. I rossoblù brillano per palle conquistate in avanti, sviluppo centrale e sulle catene laterali. Resta una squadra per lo più verticale, che risale il campo con una certa urgenza, ma ultimamente sembra anche più ordinata quando attacca la metà campo avversaria. Miranda, a sinistra, sta prendendo un’influenza sempre più grande nello sviluppo del gioco. È il segreto di pulcinella, il fatto che i terzini hanno più spazio di altri giocatori, e Miranda è uno di quelli con la qualità per sfruttarlo, questo spazio. Nell’immagine sotto, appena prima del gol di Dallinga, Miranda serve un assist delizioso, ma il Bologna è scaglionato bene nei corridoi. Odgaard attira su di sé la linea e attenzione, e un attaccante non bravissimo spalle alla porta com Dallinga può approfittarne per attaccare la profondità alle sue spalle.

Ieri il Bologna ha attaccato con tanti giocatori sopra la linea della palla. Più del solito. Talvolta si è fatta sorprendere in transizione, e ha beneficiato anche dell’imprecisione sottoporta del Salisburgo, ma ha creato tante occasioni. È sembrata cambiare leggermente identità, rispetto a una squadra estremamente organizzata ma a volte un po' dipendente dalla sua intensità senza palla.
Nell’ultimo scorcio di partita si è rivisto anche Benjamin Dominguez, sparito nella prima parte di stagione. Un giocatore con caratteristiche completamente diverse dagli altri attaccanti: associativo, amante degli spazi stretti, che cerca sempre di avvicinarsi ai compagni per dialogare. Una soluzione in più per il Bologna, che nella vittoria di ieri ha lanciato una candidatura forte per questa competizione.
HAS SCIENCE GONE TOO FAR?
Has Science Gone Too Far? diceva il meme, prima di trasformarsi in realtà. La scienza, lo sappiamo, si sta spingendo pericolosamente avanti, ma anche la Conference League non scherza. Ieri si è giocata Ħamrun Spartans-Lincoln Red Imp, e cioè la miglior squadra di Malta contro la miglior squadra di Gibilterra. Malta e Gibilterra sento che hanno qualcosa che le accomuna, un destino storico simile, sicuramente del colonialismo, ma tutto quello che ho trovato, facendo una rapida ricerca, e non volendo sforzare il cervello, è che sono citate, insieme, nello stesso verso dell’Inno della X Mas.
Ma torniamo a noi, capite che qui siamo davvero al limite di cosa possiamo accettare dal calcio dell’Europa, anche in questa forma minore e crepuscolare. Il calcio del giovedì sera deve essere brutto? Sì, anche, ma così brutto?
Non lo so, è tutto così troppo che non me la sono neanche sentita di metterlo nel gol più giovedì sera perché - comunque - bisogna mettere dei paletti anche alle cose peggiori. Qui c’è proprio aria disperata del calcio amatoriale, della partita del calciotto tua e degli amici tuoi, dove c’è quello che non sa colpire di testa e quello che non sa parare, come è giusto che sia. Colpire di testa e parare sono due delle cose più difficili da fare su un campo da calcio, se non lo si è mai fatto. E sembra che questi due - Jaylan Hankins il portiere e Semir Smajlagić l’attaccante - non l’abbiano mai fatto. Così però viene meno il patto di fiducia tra me spettatore e la Uefa, che deve garantire, almeno, che ci sia uno scarto tra me che guardo e lui che gioca. Altrimenti perché guardare il calcio? Basterebbe giocarlo con gli amici al giovedì sera.
Forse starò esagerando, forse sono io a essere invecchiato, e quindi con me questa rubrica, ma sentivo il dovere di dire questa cosa. Perché va bene tutto, ma c’è una linea che va tracciata e, questa linea, mi pare, è appena sopra questo gol. Il gol che ci ha detto che sì: Science has gone too far.
LE MIGLIORI RECENSIONI GOOGLE DI STADI DEL GIOVEDÌ SERA: STADIO RENATO DALL'ARA
Il Renato Dall’Ara è stato il primo vero stadio italiano, voluto dal gerarca fascista Arpinati. Inaugurato nel 1927 col nome Littoriale, Giuseppe Ungaretti gli dedico un’ode: "Or dunque che è? / Mutata tu sei civiltà? / Questa palestra novella / è la sede più bella / di te, Verità?". Sul pennone della torre era collocata una statua rappresentante la Vittoria alata con fascio littorio e un'imponente bandiera della Regia Marina dalla superficie di 100 m², mentre di fronte alla nicchia dell'arco monumentale, rivolta verso l'interno dello stadio, c’era la statua equestre di Mussolini.
Ma oggi? Il Dall’Ara è uno degli stadi italiani più scenografici, con la torre di Maratona e gli spalti che salgono dolcemente lasciando spazio al tramonto. Ma è anche uno stadio vecchio, con la pista d’atletica e tutti i suoi problemi strutturali. Come viene recepito dai tifosi? Ce lo dicono le recensioni su Google, lo strumento attraverso cui guardiamo il mondo oggi. Per il Dall’Ara sono ben 11635, con una media di 4.4 su 5. Ecco le migliori.
Non sarebbe male aggiungere un paio di bagni femminili nel settore ospiti, anche le donne vanno allo stadio (1 stella)
Uno stadio che sa di antico e moderno allo stesso tempo. Visitato per occasioni diverse, sempre suggestivo. (5 stelle)
Non esiste parcheggio Ospiti, per entrare più controlli che al pentagono e tempi di attesa che neanche al traforo del Frejus. Stadio bello, vista ottima (3 stelle)
Sedili sporchi di cacca di uccello e polvere in tribuna, dopo due giorni mi è comparsa una macchia fungina sulla parte posteriore della coscia (1 stella)
Ma perché, lo chiamate ancora Stadio??? Nu Ve sete accorti che Ve se sta smontá anni dopo anno! Poi nel 2023 ancora state senza copertura, e Ve domandate come mai lottate ogni anno per la salvezza (1 stella)
Grande stadio è visitato in occasione del concerto del leggendario Vascoooooo (5 stelle)
UN CASO DI NEPOTISMO?
Ieri sera Robin Van Persie, che da qualche mese è l’allenatore del Feyenoord, ha fatto esordire in prima squadra il figlio Shaqueel. Ora, iniziamo dal nome: che cazzo di nome è Shaqueel? Un omaggio sbagliato a Shaquille O'Neal? L’origine dovrebbe ritrovarsi nel termine arabo Shaqīl che sta per “bello” o “di bell’aspetto”. E, comunque, guardando padre e figlio si può dire che sia un nome azzeccato. Rimane una scelta controversa.
Passiamo al cognome. Dopo la partita, Van Persie ha detto che ha fatto entrare il figlio non perché fosse il figlio, ma perché è un attaccante e loro avevano bisogno di segnare. «Shaqueel è un giocatore che può segnare da ovunque» ha detto, e chissà quanto c’è di vero e quanto è l’immagine che il padre ha del figlio.
Indubbiamente dal punto di vista umano è una bella storia: padre e figlio uniti per la squadra del cuore. Chi non vorrebbe essere al loro posto? In questo momento della storia, però, con il mondo del lavoro che diventa sempre più un imbuto che favorisce i privilegiati, le storie di nepobaby non piacciono a nessuno. C’è spazio per il nepotismo nello sport? È una domanda interessante, ma qui non stiamo a rispondere a nessuna domanda interessante, qui raccontiamo solo una piccola parte del mondo, una parte che da oggi contiene anche i Van Persie, padre e figlio.
LA JUVENTUS HA SCELTO IL KOOPMEINERS SBAGLIATO?
Se seguite l’AZ tanto quanto noi lo sapete già: qui ci gioca Peer Koopmeiners, il fratello di Teun. Due anni più giovane, non ha avuto la stessa carriera del fratello che partendo dall’AZ è finito a essere acquistato dalla Juventus per quasi 60 milioni di euro. Peer gioca all’AZ da due stagioni, dopo aver girato un po’ per club minori dell’Olanda. Gioca mezzala/mediano, dopo che in passato ha fatto il difensore. Vi ricorda qualcuno? Ieri, in una partita bloccata, ha servito l’assist per il primo gol con questa giocata:
Bell’assist, no? Sembra proprio il tipo di giocata che la Juventus avrebbe voluto da Teun: visione di gioco, precisione nel sinistro, capacità di capire il momento della partita. La domanda a questo punto diventa legittima: la Juventus ha scelto il Koopmeiners sbagliato?
NON C’È COSA PIÙ DEPRIMENTE, CHE DI HAALAND ESSERE IL CUGINO
Jonatan Braut Brunes è il cugino di Erling Haaland. Hanno la stessa età, gioca anche lui a calcio, anche lui è un attaccante. Come deve essere alle cene di Natale? Con la nonna che ti chiede come va la vita e tu non puoi certo flexare il tuo curriculum da calciatore professionista perché non faresti certo una bella figura. Deve essere deprimente.
Qualcosa, però, sta cambiando. Alla seconda stagione in Polonia, con il Robotniczy Klub Sportowy Raków Częstochowa, Braut Brunes è sbocciato. Ieri, nella bella vittoria per 4-1 contro il Rapid Vienna, ha segnato il suo primo gol in Europa, fatto assist e causato un altro gol con un suo tiro deviato. I gol in stagione sono già 11, che non è per niente male come score a questo punto dell’anno. Braut Brunes potrà tornare a casa a Natale e essere fiero del suo percorso, con alcune squadre di buon livello interessate a lui già a gennaio. Si siederà a tavola e aspetterà il momento per parlare dei suoi risultati, di raccontare di un grande 2025, a cui far seguire un migliore 2026. Poi, però, prima di aprire bocca si girerà verso sinistra e lì, sorridente come sempre, ci sarà ancora suo cugino, che ha già segnato più di 30 gol stagionali, portando il vostro Paese ai Mondiali dopo quasi 30 anni.
Allora Braut Brunes chiuderà la bocca e si ricorderà che la vera felicità è non essere in competizione con nessuno.
DONYELL MALEN CONTRO I TIFOSI DELLO YOUNG BOYS
Ieri Malen ha segnato ed è andato a esultare sotto lo spicchio riservato ai tifosi dello Young Boys. Perché l’ha fatto? Non è chiaro, forse si è solo sbagliato, forse è un provocatore. Quelli, nel dubbio, gli hanno tirato di tutto, approfittando della vicinanza tra campo e tribune negli stadi inglesi. Un boccale di birra, sembra di plastica, ma comunque abbastanza duro, lo ha preso in testa, lasciandogli una ferita sulla testa rasata.
Malen non ha fatto una piega, non si è buttato a terra fingendosi morto. Ha accettato la sfida, forse riconosciuto l’errore. Pochi minuti dopo ha segnato ancora, e ancora è andato a esultare sotto i tifosi dello Young Boys scivolando sulle ginocchia. Questa volta sì, sicuramente per ripicca. Quelli non l’hanno presa bene. Alcuni hanno provato a entrare in campo, probabilmente per strangolare Malen, ma sono stati fermati dagli stewart. Ne è nato un parapiglia in cui è dovuta intervenire la polizia.
La partita è stata sospesa ed è servito l’intervento del capitano dello Young Boys Benito per convincere i tifosi che bisognava abbozzare. Di solito, in questi casi, uno dice: ci vediamo al ritorno. Questa nuova formula, però, ha abolito i ritorni e le vendette. Forse meglio così.
IL MOMENTO GIANLUCA MANCINI
Cos'è il momento Gianluca Mancini? È quel momento in cui Gianluca Mancini fa qualcosa da finto pazzo. Cioè non da pazzia vera, quella clinica, quella specie di pazzia autoindotta, in cui dici: adesso devo fare il pazzo, così il mio avversario pensa che io sia pazzo ed ha paura. È una forma di controllo sugli avversari strana e rischiosa, ma che dopotutto fa parte della valigia dei trucchi di un difensore. Quindi nessuno giudizio.
ORGANIZZA LA TUA TRASFERTA: MADRID
C’è un'occasione migliore per andare a Madrid che quella di andare a vedere il Rayo Vallecano giocare in Europa? Del terzo club della capitale spagnola ci sarebbero tante cose da dire, sulla sua identità, i suoi tifosi, sul quartiere che rappresenta, Vallecas, ma qui, lo sapete, o forse no, siamo praticamente un’agenzia di viaggi, quindi parliamo di turismo, di cose da vedere (rubrica nata in pandemia, come idea di viaggio digitale, comunque ci scusiamo per contribuire alla piaga dell'over tourism).
Quando vi ricapita di andare a vedere il calcio del giovedì a Madrid, la capitale del calcio del martedì e mercoledì? Prenotate quel volo, rispolverate quei vecchi dizionario italiano-spagnolo: si parte.
- UNA STATUA: LA NONNA ROCK

Vallecas è un quartiere operaio, non da turisti, ma qui trovate la statua dedicata a Ángeles Rodríguez Hidalgo, la nonna rock. Non era infatti una ragazzina quando, a 70 anni, si trovò ad accompagnare la nipote a un concerto di musica metal, il primo della sua vita, da cui uscì trasformata. Al contrario degli stereotipi, Hidalgo si innamorò della musica rock e metal, diventando una figura amatissima nella scena di Madrid degli anni ‘80, tanto da guadagnarsi il soprannome di abuela rockera. La passione di Hidalgo divenne quasi un lavoro: collaborò con programmi radio e TV, arrivò ad avere una sua rubrica su una famosa rivista spagnola di musica. La sua immagine apparve sulla copertina dell’album “Toca Madera” della band heavy Panzer, che la ritraeva vestita di pelle mentre faceva il segno delle corna.
E proprio da qui, qualche anno dopo la sua morte, venne realizzata la statua che oggi la ricorda.
- UNA FONTANA: L’ANGELO CADUTO

Se invece volete rimanere nei classici giri turistici, ma soprattutto volete omaggiare Lucifero, a Madrid c’è l’unica statua dedicata al diavolo che potete visitare, almeno pubblicamente. Si trova nel Parque del Buen Retiro, a esattamente 666 metri sul livello del mare. Al centro della fontana c’è Lucifero, raffigurato nel momento in cui viene cacciato dal Paradiso. La statua è ispirata da un passaggio del Paradiso Perduto di John Milton.
- UN BAGNO: IL BAGNO DEL RE FERDINANDO VII
Vi siete mai chiesti com’era andare in bagno per un Re di fine settecento? No? Vabbè, comunque è il tipo di cose che trovate in questa rubrica. Siamo nell’epoca crepuscolare dei reali europei, sovrani minacciati dalla borghesia ma ancora sul trono per volere di Dio. Ferdinando VII di Spagna decide di trasformare il Museo di Scienze Naturali nel museo reale. Al suo interno viene costruito anche il “gabinetto di riposo” riservato alla famiglia reale, cioè il loro bagno privato. Le pareti e la volta erano decorate con pitture in stile neoclassico, con motivi vegetali, grottesche, trompe-l’œil, cesti di fiori e figure allegoriche. Il punto forte era un mobile-toilette in mogano e velluto, di fatto un water reale.
Oggi quel water si trova ancora al suo posto, e cioè nella sala 39 del Museo del Prado.
- UN RISTORANTE: EL SOBRINO DE BOTIN
Solitamente in questa rubrica vi consiglio dei piatti tipici, con le ricette da replicare in casa. Questa volta, però, mi sento di consigliarvi direttamente un ristorante, el Sobrino de Botin. Non perché ci sia stato, figurati, ma perché figura nel Guinness dei primati come il ristorante più antico del mondo ancora in attività, sostenendo di essere stato aperto nel 1725. Ma, rullo di tamburi: non è vero. Cioè, voglio dire, bella fregatura.
La reale apertura, secondo dei documenti, risalirebbe al 1865, comunque piuttosto vecchio. È uno di quei posti in cui, come si dice, si respira la storia. A me questi posti piacciono. Per dire el Sobrino de Botin è citato da Ernest Hemingway in Morte nel pomeriggio e in Fiesta. Ci hanno mangiato Truman Capote, F. Scott Fitzgerald e Graham Greene. Qui, sempre secondo la leggenda, avrebbe lavorato un giovane Francisco Goya come cameriere. E poi la cosa più incredibile di tutte: il suo forno a legna, dove viene cucinata la specialità della casa, il maialino al forno, è acceso da 300 anni: nemmeno durante la guerra civile spagnola o la pandemia COVID-19 è stato spento.
LE MIGLIORI SCENE DI ROBIN HOOD IN ONORE DI ROBINHOOD
Al centro del petto delle maglie rosse e nere del Nizza campeggia la scritta Robinhood e siccome è sicuro un’altra azienda di criptovalute non voglio nemmeno approfondire. Piuttosto facciamo una classifica delle migliori scene di Robin Hood, il cartone animato.
5. ROBINHOOD RUBA L’ANELLO
Robin Hood è Ulisse: uno che risolve i problemi attraverso l’astuzia, che sa cambiare forma a seconda delle necessità. Qui è una specie di gitana manipolatrice che sfila dolcemente l’anello di rubini dalla mano pelosa di Re Giovanni. È il ladro gentiluomo, ruba ai ricchi per dare ai poveri. Ve lo immaginate un remake con un criptobro nei panni di Robin Hood?
4. RE GIOVANNI PIANIFICA CON BIS
Bis è un ruffiano e riempie di complimenti Re Giovanni che personifica la figura del politico avido e corrotto. (Robin Hood è uno dei pochi film veramente anti-sistema di Disney, che per il resto ci ha educato al fascismo neoliberale). La sua figura del tiranno è comunque più statalista che militare: esercita il suo potere attraverso le tasse. Re Giovanni però è un debole, si ciuccia il pollice, si infantilizza, Bis lo ipnotizza, perché è il servitore scaltro e manipolatore.
3. GIOVANNI RE FASULLO D’INGHILTERRA
Il menestrello Cantagallo suona un pezzo folk-satirico contro Re Giovanni, nel frattempo c’è uno spettacolo di marionette ad accompagnare la canzone. bambine-coniglio col fiocco sulla testa ridono a crepapelle, un maiale suona il banjo, scoiattoli ballano su un ramo, Lady Cocca flirta con Johnny. Sembra la scena di un film di Ken Loach, con la classe operaia che si diverte alla faccia dei padroni
2. È L’UNA DI NOTTE E TUTTO VA BENE
Scene di notte con animali antropomorfi che dormono ma stanno per essere sorpresi, un vero trademark Disney. Questa scena è inferiore solo a quella degli Aristogatti. Qui c’è lo stesso doppiatore del cane Lafayette. Qui c’è una ronda paranoica tenuta da due avvoltoi, Tonto e Crucco, uno con la balestra e uno con un’alabarda. E poi lo sceriffo. Arriva Robinhood vestito da avvoltoio, coperto da un mantello pulcioso. Tensione pazzesca, grandi trovate comiche, uso magistrale degli spazi e poi alcune canzoncine iconiche che non riuscirete più a togliervi dalla testa: “È l’una di notte e tutto va bene”; “Dormi bambino, dormi tesoro”. La chicca è l’avvoltoio Crucco doppiato da un liceale di un film di Muccino.
1. URCA URCA TIRULERO
Semplicemente iconica.
4 IDEE PER IL VOSTRO TAGLIO DI BARBA DEL GIOVEDÍ SERA
Guardando Zohran Mamdani il New York Times ha certificato una realtà che già si conosceva: la barba non è più un dettaglio proprio delle sottoculture ma lo standard per un uomo nel 2025. Senza barba sei strano. La barba di Mamdani è bella, ma anche convenzionale. Ecco dei suggerimenti da parte dei giocatori del giovedì sera su barbe decisamente più originali.
JAN-NIKLAS BESTE

Fatevela se: siete tondi.
Baffi molto leggeri, appena accennati, ma barba folta che cade verso il petto. Lo stile è quello di una “dwarves beard”, la barba da nani - nani intesi proprio come le creature mitologiche degli universi fantasy. Parliamoci chiaro: questa barba a Beste sta malissimo. È un genere di barba che si può portare solo se si è davvero corpulenti e il volume della barba è all’altezza del volume del corpo. Ai nani, ovviamente, sta benissimo, perché sono bassi e tondi e sono tutti barba. Beste è magro, piccolo, e questa barba è un po’ ridicola. È chiaro che la sua idea è rendere meno evidenti le orecchie a sventola, ma finisce per generare l’effetto opposto. Per le orecchie a ventola, due consigli: 1. operazione chirurgica molto semplice; 2. tienitele perché sono carine.
KEVIN MBABU

Fatevela se: il vostro riferimento di stile è Wagner - QUEL Wagner.
Una barba che parte silenziosamente dalla basetta dei capelli e che cinge il mento come una cuffietta. Ma senza baffi. Stiamo parlando di una Chinstrap beard, portata con grande stile dal filosofo naturalista Henry Thoreau ma anche da Richard Wagner. Per Mbabu l’effetto è strano: crea un effetto oscurità attorno al mento, insieme ai capelli che gli scendono a tenda sui lati dandogli così una specie di tensione in avanti della faccia, immagino utile se bisogna sfrecciare sulla fascia. Per voi non so.
HAROLD MOUKOUDI

Fatevela se: giocate a Dungeons&Dragons siete un troll.
Siamo sempre nel campo delle Chinstrap Beard ma se quella di Mbabu è una linea mentre qui il pelo invade le guance e l’effetto è più caldo. Come se la vostra faccia fosse avvolta da un bavero di pelo di pecora nero.
WILL HUGHES

Fatevela se: volete creare una specie di effetto trasparenza sulla faccia.
Nel 2025 vediamo molti capelli platinati su barbe nere, ma poche barbe platinate sotto capelli neri. Hughes non è platinato ma solo molto molto biondo, però è una buona reference se volete ossigenarvi la barba.
ARDA TURAN

Fatevela se: ce l’avete.
Forse non lo sapete ma molti uomini che ricorrono alla chirurgia maxilo-facciale si fanno crescere la barba; così se qualcuno gli dice “cosa hai fatto alla faccia” loro possono rispondere “mi sono fatto crescere la barba”. Se vi cresce una barba così folta semplicemente ve la fate crescere e vi aggiusta praticamente da sola i lineamenti del viso. Arda Turan la affianca a un occhiale rosso interessante, che gli dà un’aria ironica e vagamente di sinistra.
ESULTARE MOSTRANDO LA MAGLIA DI CHOCHEV
Leggenda del Palermo, del Ludogorets, del calcio bulgaro in generale. Se avete la sua maglia autografata, come questo tifoso fortunato, non potete far altro che agitarla per esultare ne casi più disparati della vita. Gol a calcetto: maglia di Chochev; aumento di stipendio: maglia di Chochev; arrestano il politico che odiate di più: maglia di Chochev; Kinder Fetta a Latte in offerta: maglia di Chochev; esce un nuovo libro di Brian Phillips: maglia di Chochev; Cremonese-Udinese alle 12.30 del sabato e la pasta e fagioli è già pronta: maglia di Chochev.
IL DIARIO DI ANTE CORIC DA MALTA
Ieri era tutto apparecchiato per la storia: il Lincoln Red Imps giocava contro l’Hamrun Spartans. Stiamo parlando del giovedì sera più estremo che possiate immaginare, il che significa una partita tra due stati che non dovrebbero esistere, con squadre dai nomi che sembrano platealmente inventati. Battendo il Lech Poznan a fine ottobre, il Lincoln Red Imps era diventata la prima squadra di Gibilterra a vincere una partita in una fase finale di una competizione UEFA. L’Hamrun Spartans invece poteva diventare la prima squadra maltese a segnare un gol in una competizione UEFA.
Questo gol storico è arrivato al 65’ e lo ha segnato El Fanis. Un momento celebrato così nella tv maltese.
Come poteva essere suggellata una giornata così? Cosa poteva rilanciare ancora di più il senso di epico e grottesco e schaudenfreude e paura della morte che è tipica del giovedì sera? Ma un gol di Ante Coric, ovviamente.
Coric era stato comprato da Monchi alla Roma per 6 milioni di euro. Nel comunicato lui firma un bel contratto sorridente, la faccia da protagonista di High School Musical. Monchi non sembra ancora uno arrivato per provare a sabotare la Roma per sempre. Coi primi soldi, Coric compra un bar a Zagabria. Nel video di inaugurazione donne e uomini in abiti tradizionali danzano davanti al bar. Sono tutti molto felici. In quel periodo la Roma di Pallotta vuole essere una vera media company e fa cose strane, tipo un diario tenuto dai calciatori sulla tournée negli Stati Uniti. Coric scrive una puntata dopo una sconfitta contro il Tottenham. Racconta che il mister Di Francesco gli ha chiesto se poteva schierarlo esterno sinistro d’attacco, “Per me non sarebbe un problema nemmeno se mi mettesse come terzino destro! Sono un calciatore della Roma e giocherei ovunque in campo!” ha risposto tutto sussiegoso. Dice che per crescere ha bisogno di imparare a pressare: “un giorno forse potrò essere come Kevin Strotmann”. Racconta di aver fatto un tunnel a Pastore in allenamento ma di avergli chiesto scusa. Pare sia molto forte a Fornite.
Anni dopo racconta che a un certo punto a Trigoria non lo facevano entrare più dal cancello principale. Lui ha continuato a percepire lo stipendio dalla Roma fino a giugno del 2023, pur avendo giocato con i giallorossi non più di due partite. Ha 28 anni ma la sua carriera è in caduta libera, anche se a Malta ha trovato una sua strana realizzazione. Dopo anni in cui ha faticato a giocare in squadre com il Rudes o il Varazdin in Croazia, ora sta trovando una sua continuità. In una recente intervista, parlando dei tifosi della Roma, che non lo ricorderanno con piacere, ha dichiarato: “Come direbbe qualcuno adesso la mia vacanza è finita. Non so perché ci sia stato questo tipo di accanimento. Ma non dirò mai nulla di negativo contro di loro”.
IL GRANDE STRATEGA DELLA VITTORIA MALTESE È - OVVIAMENTE - ITALIANO!
Perché non considerare l’acume tattico come il prodotto che esportiamo di più come italiani? L’eccellenza dei nostri allenatori fuori dai confini non la scopriamo certo oggi. A volte il viaggio è verso periferie lontane, - pensate a Vincenzo Annese che è passato dalla panchina del Nepal a quella dell’Afghanistan - a volte verso patrie calcistiche che valorizzano di più il lavoro, - Farioli ne è solo l’esempio di maggior successo - ma più spesso i nostri tecnici si spostano di pochi chilometri, distanziandosi emotivamente, però, di anni luce dalla tossicità ambientale del nostro calcio.
È il caso di Giacomo Modica: «Per lo stress ho anche sofferto di una paralisi temporanea al volto. È stato difficile. Avevo bisogno di disintossicarmi dal calcio italiano» dice alla Gazzetta dello Sport. Una fuga verso la serenità, in un percorso partito da vice di Zeman e sviluppato nelle serie minori italiane, soprattutto nel Meridione. Osservando la sequenza di squadre che ha allenato, fa specie la tendenza - quasi morbosa - nello scendere sempre più giù. Dopo L’Aquila nel 2016, ha allenato il Mazara (suo luogo natale), la Cavese (due volte), la Vibonese (due volte), il Casale (solo tre mesi di tenebroso Piemonte, poi è tornato nel più accogliente sud) e il Messina dove ha chiuso la seconda esperienza nel gennaio 2025.
Modica si è spostato sull’isola felice di Malta dopo aver atteso sei mesi senza squadra. A giugno di quest’anno è arrivata l’occasione: gli Hamrun Spartans, squadra pentacampione in carica, che non ha resistito neanche stavolta al fascino italico, dopo aver avuto come tecnici - tra gli altri - anche Manuele Blasi e Giovanni Tedesco.
Nella conferenza stampa prima della vittoria contro il Lincoln aveva posto l’attenzione sull’importanza di vivere la partita con serenità: «Non voglio che viviamo di ansie. A me hanno insegnato che l’ansia da prestazione diventa capitale garantito di insuccesso». Provate a mettervi nei panni di un uomo che solo dodici mesi fa era immerso fino al collo nella paranoia e nella paura di morire della Serie C italiana. Ora lotta per un titolo nazionale e può vivere il calcio con sincerà curiosità: «Alla mia giovane età (61 anni ndr) sto vivendo un’esperienza meravigliosa. Mi diverto ancora, faccio questo lavoro con passione ed entusiasmo. Il calcio è tutta la mia vita» dice alla Gazzetta dello Sport.
Dopo essere diventato il primo allenatore a condurre una squadra maltese fino alla fase finale di una coppa europea, ieri sera è arrivata la prima vittoria.
Cosa c’è di più bello di essere felici in un posto felice?
RIVEDERE DAVIDE FELICE
Quand’è l’ultima volta che avete visto Davide Calabria felice?
Quando l’ho visto ieri sera, sorridere dopo aver segnato il gol che è valso la vittoria del suo Panathinaikos contro lo Sturm Graz mi sono sentito sinceramente felice per lui.
Gli ultimi mesi di Calabria non devono essere stati facili. Il suo 2025 si è aperto con la lite con Sergio Conçeiçao, le mani al collo e i membri dello staff a separarli, come fosse una rissa tra due ubriachi. Poi le scuse, la non convocazione per il derby e la cessione in prestito al Bologna. Sembrano passati cinque anni, era ancora il 2025.
Quando va via da Milanello piove a dirotto sul parcheggio del centro sportivo, Calabria ha gli occhi lucidi che non si confondono con le gocce solo perché è parzialmente coperto dal tettuccio della macchina. Chiede che non gli vengano fatte domande, ma la voce inconfondibile di Carlo Pellegatti dice semplicemente: «Diciotto anni, Davide».
Ritrova il Milan in finale di Coppa Italia. Vince. Cosa gli passa per la testa?
Il Bologna non lo riscatta e in estate si trasferisce in Grecia, al Panathinaikos dove ieri ha segnato il suo primo gol.
Al 74’ il punteggio è fermo sull’1-1. Calabria porta palla sulla corsia di destra, con il corpo rivolto verso l’area di rigore. Appoggia con il sinistro a Pantovic che prova a chiudere il triangolo. Il suggerimento è impreciso, ma sulla traiettoria compare Bakasetas che allunga con il ginocchio e trova il terzino che nel frattempo si è buttato nello spazio. Calabria flette la gamba destra e tocca di destro; il sombrerino lo aiuta a coordinarsi, ormai è al limite dell’area piccola. Non guarda neanche in mezzo: scarica di esterno sotto l’incrocio.
Come vi sentite, voi, a vedere Davide Calabria sorridere?
COSE CHE ACCADONO QUI
Che altro dire sullo stato del mondo?Nei tg si discute di famiglie nei boschi, sta tornado la leva militare e come non bastasse c’è il black friday. Noi facciamo quello che possiamo, aggiungendo una rubrica inutile a questi 35 minuti di lettura.
- L’EUROPA LEAGUE, MA GIRA GIRA IL MONDO E GIRA IL MONDO E GIRO TE MI GUARDI E NON RISPONDO, AH PERCHÉ RISPOSTA NON C'È NELLE PAROLE
L’EUROPA LEAGUE, MA LA BELLEZZA SALVERÀ IL MONDO
- L’EUROPA LEAGUE, MA LA TUA SQUADRA FA SCHIFO E TUTTO QUELLO CHE VORRESTI È FUMARTI UN DRUMMINO IN SANTA PACE SENZA FINIRE IN MONDO VISIONE
Un abbraccio!







