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Serie A Daniele Manusia 12 aprile 2022 6'

Con la calma di Igor

Un difensore eccezionale in questa stagione.

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Erano passati meno di due minuti dall’inizio della partita quando una palla filtrante di Fabian Ruiz, data un po’ di fretta per evitare la pressione di Duncan alle sue spalle, coglie di sorpresa la difesa alta della Fiorentina e mette Insigne in condizione di puntare Venuti a pochi metri dall’area di rigore. Dato che si tratta di Insigne, e si sa che da quella posizione potrebbe (chissà, forse, nel 90% dei casi lo fa in ogni caso) rientrare e calciare sul secondo palo, Milenkovic raddoppia la marcatura al centro. Così facendo, però, si apre un buco in cui si fionda velocissimo Osimhen, appena rientrato dal fuorigioco. Insigne lo vede e prova a servirlo di esterno sulla corsa, Milenkovic sporca il passaggio che si trasforma in un filtrante rasoterra che Osimhen controlla col destro direttamente in area di rigore. 

 

A quel punto Osimhen deve essersi accorto di una presenza che, come in un film di spionaggio, lo aveva seguito senza farsi notare. La presenza del centrale sinistro di difesa della Fiorentina, Igor, che anziché anticipare la copertura in profondità, rischiando di lasciare lo spazio a Osimhen di girarsi – come ha fatto Giroud contro l’Inter, nel secondo gol della loro incredibile rimonta; o come ha fatto Vlahovic, sempre contro l’Inter, quando poi ha calciato di destro al lato del secondo palo – arriva al contatto con l’attaccante del Napoli giusto dopo il controllo. 

 

Senza commettere fallo, Igor si inserisce tra Osimhen e la palla, li separa, come una guardia del corpo che tiene a distanza il fan dal personaggio famoso, lasciando che la palla vada tra le mani del portiere senza nemmeno toccarla. 

 


Alla fine della partita Osimhen avrà perso abbastanza duelli corpo a corpo con Igor da aver capito che lo spazio se lo deve ricavare in modo più ingegnoso, e alla fine è riuscito a segnare il gol del 2-3 con un controllo di petto dietro Igor, e una conclusione di collo prima che arrivi Igor – tutto piuttosto bello – non dandogli il tempo di intervenire o di frapporsi tra palla e porta. 

 

Si può dire con sufficiente certezza che una delle cose che ancora riescono bene al nostro campionato è produrre difensori di alto livello nei duelli uno contro uno. Forse è qualcosa che ha a che fare con la nostra secolare attenzione alla fase di distruzione del gioco, la maniacalità con cui insistiamo sul fatto che, in teoria, se una squadra non commette davvero nessun errore per quella avversaria è impossibile segnare – e questo, per noi italiani, è la cosa più vicina al Nirvana, il distacco da qualsiasi sensazione, emozione, desiderio, la difesa come forma di meditazione.

 

Un’idea così passiva di difesa – “non sbagliare niente” – è decisamente poco attuale e per emergere ad alto livello c’è bisogno di qualcosa di più. I migliori difensori, in questa stagione 2021/22 di Serie A, non hanno niente di passivo. Bremer, Skriniar, Koulibaly, Smalling, de Ligt, proprio come Igor e il suo compagno di reparto Milenkovic, sono tutti difensori aggressivi che cercano di anticipare e dominare l’avversario, prendendo parte nel duello quando ancora la palla è lontana. 

 

Difendere è un lavoro più difficile, più tecnico e più cerebrale di come di solito viene descritto. I dettagli da tenere in considerazione sono molti e il tempo è poco. E basta davvero una sbavatura perché l’attaccante crei i presupposti per segnare.

 

Un mese fa, nella partita di Coppa Italia della Fiorentina contro la Juventus (persa in casa 1-0) in cui i tifosi hanno citato Dante per maledire il tradimento di Dusan Vlahovic, Igor lo ha marcato pressoché alla perfezione per 90 minuti. Ma all’inizio del secondo tempo è bastata una leggera indecisione su un lancio lungo di De Sciglio perché Vlahovic andasse vicino al gol. Igor aveva il corpo rivolto verso la palla, ma non è riuscito a intervenire e quando la palla è rimbalzata alla sua destra Vlahovic ha preso posizione di forse ricavandosi lo spazio per provare un pallonetto di sinistro che fortunatamente è arrivato corto tra le braccia di Terracciano già uscito dalla porta. 

 

 

Prima e dopo quella singola azione Igor ha dominato nel duello con Vlahovic, concedendogli qualche protezione di spalle e un paio di rifiniture sull’esterno, negandogli però ogni spazio in profondità, tagliando le linee di passaggio che lo collegavano ai suoi compagni e coprendo lo spazio che portava alla porta.

 

Sia nella SPAL di Semplici, nella prima parte di stagione 2019/20, sufficiente per attirare l’attenzione della Fiorentina, che in maglia viola con Iachini e Prandelli (e poi di nuovo Iachini) in panchina, Igor era sembrato il classico difensore aggressivo perfetto per la difesa a 3. E ancora lo scorso gennaio lui stesso diceva che per giocare a 4 serviva tempo. Poi però è arrivato Italiano che, rispetto alla struttura difensiva della passata stagione, ha tolto un difensore considerando evidentemente che sarebbero bastati Milenkovic e Igor per difendere.

 

Italiano ha avuto ragione. Non solo quella della Fiorentina è una delle coppie difensive meglio affiatate del campionato, ma le prestazioni dei due centrali stanno dimostrando che, in fin dei conti, si può essere aggressivi giocando a 4 come lo si è giocando a 3. 

 

Igor, in particolare, non sembra fare nessuna differenza tra i due moduli, non nel modo in cui difende almeno. Porta meno palla in conduzione, questo sì, ci sono meno occasioni per avanzare, ma il fatto di non avere un difensore alle spalle non lo rende meno aggressivo, né lo spinge ad abbassare la linea temendo di avere troppo spazio alle proprie spalle.  

 

 

Igor è aiutato da quel tipo di forza fisica che rende difficile a chiunque spostarlo, che ha fatto sembrare Osimhen un turista che prova a spostare una colonna del Partenone. Unita, oltretutto, a una velocità eccezionale in campo aperto. Le qualità di Igor senza palla permettono alla Fiorentina di mantenere la propria difesa alta (è la seconda squadra del campionato a effettuare, in media, interventi difensivi in zone di campo più avanzate, dopo l’Atalanta) e di allungarsi per giocare in verticale senza temere un’eventuale transizione. 

 

Per non parlare delle qualità con la palla (le sue, ma anche quelle di Milenkovic, non è un caso se si tratta in entrambi i casi di centrali che possono essere adattati a terzino): Igor ha una percentuale di passaggi riusciti superiore al 92%, e anche se spesso si tratta di passaggi corti e sicuri, anche verso Terracciano, servono alla Fiorentina per attirare la pressione avversaria e creare spazi. Pressione che Igor spezza anche dribblando verso l’interno, o portando palla dritto per dritto quando ha spazio davanti. E sa anche lanciare in diagonale, pescando Venuti o Nico Gonzalez al di là del terzino sinistro avversario e spostando il gioco nella trequarti.

 

Anche se ci piace immaginare il lavoro dei difensori come una questione elementare, basata per lo più sullo sbagliare il meno possibile, nel calcio che si gioca oggi un difensore completo deve saper fare molte cose all’interno di contesti diversi, spesso anche all’interno di una stessa gara. Igor le sa fare più o meno tutte con un’apparente tranquillità, con una compostezza, che fa sembrare i duelli con i migliori attaccanti di Serie A impegnativi come portare un bambino al parco. E in effetti sono queste le metafore che usano i tifosi per sottolineare la prestazione di un difensore. 

 

«Se lo è messo in tasca», si sente spesso. Non esistono tasche in cui mettere gente come Vlahovic o Osimhen, ovviamente. I difensori come Igor, però, possono restringere il campo a loro disposizione fino quasi a renderlo delle dimensioni di una tasca, facendogli toccare meno palloni possibile e allontanandoli dalle zone più pericolose. È sempre un lavoro di approssimazione verso una perfezione impossibile, che però giocatori come Bremer, Igor o Skriniar, forse anche per merito della passione tutta italiana per l’arte difensiva, sta portando a risultati eccellenti anche per gli standard di campionati che possiedono molta qualità in più di noi.

 

Tags : fiorentinaigorvictor osimhen

Daniele Manusia, direttore e cofondatore dell'Ultimo Uomo. È nato a Roma (1981) dove vive e lavora. Ha scritto: "Cantona. Come è diventato leggenda" (Add, 2013) e "Daniele De Rossi o dell'amore reciproco" (66th & 2nd, 2020) e "Zlatan Ibrahimovic, una cosa irripetibile" (66th & 2nd, 2021).

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