Quella tra Toronto Raptors e Golden State Warriors è stata una serie finale di livello tattico altissimo, preparata con dovizia di particolari dai due staff tecnici che hanno svolto un lavoro di scouting capillare per togliersi vicendevolmente i punti di forza. Con la posta in palio così alta, la sfida tra Raptors e Warriors è diventata da subito una sofisticata partita a scacchi tra due squadre completamente agli antipodi: da una parte una squadra allenata in modo lineare, che gioca una pallacanestro semplice ma concreta con gerarchie solide come i Raptors di Nick Nurse; dall’altra una squadra che ha ridefinito i canoni del gioco con il suo attacco elitario, fusione perfetta tra principi di Triple Post Offense, Motion Offense spursiana ed attacco up-tempo d’antoniano come gli Warriors di Steve Kerr.
I campioni in campo hanno mostrato tutto il loro talento, i due allenatori dalla panchina tutta la loro scienza cestistica come in ogni finale NBA che si rispetti, ma questa non era la solita serie finale: era la prima volta dei Raptors a rappresentare un’intera nazione e l’ultima volta dei Warriors per come abbiamo imparato a conoscerli negli ultimi cinque anni. Lo spettacolo, le storie, le tragedie che queste Finals ci hanno lasciato in eredità ci accompagneranno da qui fino al prossimo autunno, ma serviranno anni per metabolizzare tutto quello che è accaduto tra la Scotiabank e la Oracle Arena.
Gli Warriors falcidiati dagli infortuni di Durant, Looney, Thompson e Cousins si sono rotti nel corpo ma non nello spirito arrivando a un tiro dal miracolo di forzare gara-7, nonostante i limiti – ben noti ma usciti fragorosamente allo scoperto – di un supporting cast che non ha saputo e potuto surrogare così tante defezioni. I vari Andre Iguodala, Draymond Green e Shaun Livingston sono stati commoventi nell’energia e nello sforzo profuso, ma sono stati ignorati dalla difesa per tutta la serie e Kerr ha dovuto fare di necessità virtù alla ricerca di qualcuno o qualcosa che togliesse la pressione dalla spalle degli Splash Brothers.
I Raptors invece hanno colto la palla al balzo e si sono stretti attorno a Kawhi Leonard e Kyle Lowry con la forza del collettivo: per la prima volta dai leggendari Boston Celtics del 1986, una finalista ha chiuso l’ultimo atto mandando in doppia cifra di media ben sei giocatori trovando dai vari Siakam, Van Vleet, Gasol, Ibaka (e Danny Green) le giocate spesso decisive.
Come per le finali di conference abbiamo deciso di raccontarvi le Finals attraverso i temi tattici che le hanno determinate, gli X&Os dietro le giocate decisive, le strategie offensive e difensive messe in campo dagli staff tecnici. Da ogni partita abbiamo estrapolato i tre aspetti rilevanti tra i centinaia proposti, sempre diversi tra loro per darvi un’idea di cosa è il Gioco al suo livello più alto in assoluto.