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I problemi della FIFA non finiscono mai
31 mag 2017
31 mag 2017
A più di un anno dall'elezione di Gianni Infantino, l'onda lunga dello scandalo del 2015 produce ancora danni.
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Non sono passati nemmeno due anni dalle dimissioni di Blatter, che aprirono il vaso di Pandora delle inchieste americane sulla corruzione nella FIFA, ma l’impressione generale è che da quel momento ne siano passati molti di più.

 

La FIFA è stata molto abile in questo lasso di tempo nel trasmettere all’esterno un’immagine di riforma senza stravolgimenti, ben personificata dalla faccia severa ma rassicurante di Gianni Infantino.

 

Il nuovo presidente della FIFA nei suoi primi mesi di presidenza ha portato a termine alcuni punti del suo programma elettorale, ponendo sempre l’accento sulla trasparenza, la fermezza e la velocità. Infantino, tra le altre cose ha fondato un

sui diritti umani; ha cambiato il nome al comitato esecutivo della FIFA in Consiglio della FIFA, ripulendolo dai membri implicati nello scandalo precedente che erano ancora in carica;

il format della Coppa del Mondo, portando le squadre partecipanti da 32 a 48; e ha accelerato il processo di assegnazione dei

, promettendo una decisione per il maggio del 2018.

 

All’ultimo congresso della FIFA, tenutosi in Bahrain lo scorso 11 maggio, Infantino

come il capitano che riporta miracolosamente la nave in porto dal mare in tempesta: «Stiamo ricostruendo la reputazione della FIFA dopo tutto quello che è successo, siamo subentrati in un’organizzazione che era nel punto più basso della sua storia. Se c’è qualcuno in questa stanza che pensa di poter utilizzare il calcio per arricchirsi, ho un messaggio per lui: vattene. Vattene dal calcio oggi. Non ti vogliamo».

 

Nelle ultime settimane, però, la narrazione di Infantino si è rivelata essere più vuota di quanto non sembrasse, con le inchieste sulla corruzione che sono tornate a mettere in discussione la credibilità dell’organizzazione con sede a Zurigo.

 

 





 

Il 23 maggio

insieme alla moglie senza possibilità di cauzione Sandro Rosell, ex presidente del Barcellona già sotto accusa in Spagna per presunte irregolarità nel trasferimento di Neymar nonché ex uomo della Nike in Brasile. Rosell è accusato di aver utilizzato dei contratti fittizi per la vendita dei diritti d’immagine di alcune amichevoli della nazionale brasiliana per riciclare una cifra intorno ai 15 milioni di euro attraverso una banca di Andorra.

 

L’arresto è stato uno shock per tante ragioni: per la visibilità di un personaggio come Rosell; per la sua retorica da

quando era presidente del Barcellona; per la severità delle autorità spagnole; per la gravità dell’accusa.

 

Tutto questo, però, ha anche oscurato un aspetto altrettanto importante, e cioè che le autorità spagnole sono arrivate all’arresto di Rosell proprio grazie alle informazioni contenute nella mega inchiesta dell’FBI contro la FIFA, la stessa che portò ai famosi arresti a Zurigo nel maggio del 2015. Non è un caso, insomma, che l’intera operazione si chiami Rimet, e nemmeno che gli Stati Uniti abbiano richiesto per lui l’estradizione.

 

Per capire come questo arresto si colleghi con la FIFA bisogna però introdurre un altro personaggio, che secondo l’accusa è la vera mente dietro lo schema criminale di Rosell: Ricardo Terra Teixeira.

 

Ex presidente della federazione brasiliana, ex membro del comitato esecutivo della FIFA ed ex suocero di Joao Havelange, Teixeira avrebbe utilizzato un’azienda con sede in Qatar per acquistare i diritti d’immagine delle amichevoli in questione, con i fondi che poi finivano o ad Andorra (di cui tra l’altro Teixeira ottenne la cittadinanza nel 2012, forse proprio con l’aiuto di Rosell) o a società fittizie con sede in paradisi fiscali, alcune delle quali intestate all’ex presidente del Barcellona. Per lui si parla addirittura di associazione a delinquere, possibilità di cui tra l’altro in Brasile si parla da diverso tempo, soprattutto grazie

del giornalista Jamil Chade.

 

Teixeira è però un personaggio già allontanato dalla FIFA e non sarebbe rilevante se quel kraken dai mille tentacoli che è l’inchiesta dell’FBI non avrebbe trascinato a sé anche uomini molto più vicini di lui alla “nuova” FIFA e a Infantino.

 

 





A fine aprile davanti ad una corte di Brooklyn ha patteggiato la sua accusa per corruzione Richard Lai.

 

Lai è l’ex presidente della federazione di Guam, una piccola isola ad est delle Filippine in cui gli Stati Uniti hanno una base militare strategica, ma soprattutto membro della commissione “Audit and Compliance” della FIFA, quella che si occupa grosso modo della revisione e della conformità dei conti. Ma Lai è, come si dice, un pesce piccolo. Ciò che è più importante è che uno dei suoi corruttori principali potrebbe essere lo sceicco Ahmed Al-Sabah.

 

Al-Sabah era una delle facce della nuova FIFA di Infantino: era un membro molto influente del Consiglio e faceva anche parte della commissione addetta alle riforme. Lo sceicco del Kuwait è anche molto vicino a Salman Al-Khalifa, presidente della confederazione asiatica in cui deteneva un altro ruolo istituzionale.

 

A seguito di queste accuse, il 30 aprile Al-Sabah

da tutte le sue posizioni ufficiali nel mondo del calcio, ma è chiaro che questa situazione ha lasciato un’ombra molto pesante sulla figura di Infantino. Se le accuse nei confronti dello sceicco del Kuwait venissero confermate, sarebbe difficile inserire una figura simile nella nuova immagine di una FIFA trasparente e corretta. E, purtroppo per la FIFA, Al-Sabah non è nemmeno l’unica figura ad aver gettato una luce diversa sull’operato di Infantino.

 

Il 10 maggio, appena un giorno prima del congresso in Bahrain, la FIFA ha infatti deciso di rimuovere dalla sua posizione Miguel Maduro. Maduro, un ex giudice della Corte Europea di Giustizia, era stato scelto da Infantino l’anno scorso come presidente di una commissione indipendente, con il ruolo di controllare e dare pareri sulle nuove nomine all’interno della FIFA.

 

Secondo fonti

, Maduro è stato rimosso principalmente per aver impedito a Vitaly Mutko, uomo vicinissimo a Putin e attore principale nell’organizzazione dei Mondiali del 2018, di mantenere il proprio posto all’interno del consiglio della FIFA, per via dell’indipendenza dalle autorità politiche che l’organizzazione con sede a Zurigo dovrebbe avere. Poco dopo, Maduro

che la FIFA non è ancora pronta per un controllo indipendente: «Non ho mai subito così tante pressioni né in politica né nei tribunali».

 

La rimozione di Maduro, insieme a quella di altri membri,

un’ondata inaspettata di dimissioni in segno di protesta, tra cui quelle di membri molto prestigiosi e rispettati, come Navi Pillay e Ron Popper. Due di questi, Cornel Borbély e Hans-Joachim Eckert,

una conferenza stampa molto dura in Bahrain in contemporanea al congresso della FIFA, in cui hanno accusato l’organizzazione di voler neutralizzare la sua attività contro la corruzione: «Questo è un enorme passo indietro. Il processo di riforma è tornato indietro di diversi anni».

 

 





Come dicevamo, Infantino ha risposto alle accuse tenendo al congresso in Bahrain un discorso molto duro e severo, finendo per citare addirittura Donald Trump.

 

«Purtroppo», ha detto Infantino «la verità non è necessariamente ciò che vero, ma ciò in cui si crede. Ci sono tante

e

che circolano riguardo la FIFA. Stroncare la FIFA è diventato uno sport nazionale in alcuni paesi».

 

Per la verità, è stata una difesa molto vaga, basata tra l’altro su un senso di accerchiamento che nella realtà dei fatti non sembra esistere, visto che le accuse partono principalmente dall’interno della FIFA e che si riferiscono comunque ad un’inchiesta precedente allo stesso Infantino.

 

Al di là delle accuse di corruzione comunque, che ad oggi non possiamo sapere né presumere come andranno a finire, il dato politico che rimane è lo spostamento dell’asse geopolitico all’interno della stessa FIFA: da ovest a est. Da quando è scoppiato lo scandalo corruzione, nel 2015, la FIFA ha pagato il crollo di credibilità soprattutto ad Occidente e non ha più attratto sponsor da Europa e Stati Uniti. Al tempo stesso, però, lo ha compensato con un sostegno politico da Oriente, soprattutto da parte dei paesi più intenzionati ad organizzare i Mondiali nei prossimi anni, raccogliendo diversi accordi con Cina e Qatar (

, in ordine di tempo, con la Qatar Airways fino al 2022). In questo senso, ricollegandoci al caso particolare, mi sembra indicativo anche che Maduro, appena espulso dalla FIFA,

immediatamente lavoro proprio alla UEFA.

 

Un cambiamento politico che sembrava abbozzato già con la riforma del format della Coppa del Mondo, che ha finito per avvantaggiare soprattutto la confederazione asiatica (che è passata da un massimo di 5 squadre qualificate a 8), ma che adesso è ancora più palese. Non è detto, insomma, che nell’infinita crisi della FIFA non ci siano dei vincitori.

 

 

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