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I pirati d'Europa
26 dic 2019
26 dic 2019
Nel 1988 l'Atalanta arrivò in semifinale di Coppa delle Coppe, pur giocando in Serie B.
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«Ma chi me lo fa fare?», deve pensare in qualche angolo remoto della sua mente Emiliano Mondonico. Ha già dipinto sul viso il baffo che lo renderà celebre, alle sue spalle ha una stagione più che brillante con il Como, portato al nono posto in Serie A, eppure ora si ritrova in B, alla guida dell’Atalanta. Ma il fatto di essere in cadetteria, al momento, è l’ultimo dei suoi problemi. Ha già dovuto incassare l’eliminazione in Coppa Italia, terzo posto nel gironcino iniziale dietro a Sampdoria e Torino, e un pareggio amaro in campionato con la Triestina.

Ma ora, santo cielo, cosa sta accadendo? Per quale motivo i suoi ragazzi stanno perdendo contro una squadra di semiprofessionisti gallesi, in una stagione in cui bisognerebbe soltanto pensare a ritrovare un posto al sole della Serie A? Con le mani sulla fronte a cercare di risolvere un dilemma impossibile, Mondonico non ha la minima idea della stagione che sta per affrontare. L’Atalanta perde 2-1 in casa del Merthyr Tydfil, un mucchio di consonanti e di vocali messe assieme alla rinfusa come se fossero uscite per sbaglio da un sacchetto dello Scarabeo. Perde perché, pur essendo in Serie B, deve giocare la Coppa delle Coppe, visto che alcuni dei suoi giocatori nella stagione precedente, chiusa mestamente con la retrocessione, hanno raggiunto la finale di Coppa Italia, poi persa contro il Napoli di Maradona, agli ordini di Nedo Sonetti. Perde e finisce nel mirino della critica di tutta Italia, che aspetta il sedicesimo di ritorno con il fucile puntato. Sull’Atalanta, su Mondonico, su Icardi e Progna che hanno firmato gli autogol che hanno spalancato agli sconosciuti gallesi la possibilità di prenotare un posto nel mito. Quella partita diventerà il punto più alto della storia del Merthyr, immortalata e narrata in un documentario denominato “The Martyrs of ‘87”. In quel momento neanche Mondonico può immaginare che da lì, da una sconfitta disgraziata in un posto dimenticabile, stia per partire una delle stagioni più incredibili della storia della “Dea”.

La lunghissima sintesi del primo match della Coppa delle Coppe 1987-88, chiuso con un’inattesa sconfitta. La voce calda di Gianfranco De Laurentiis accompagna il racconto.

Who’s that girl di Madonna monopolizza gli impianti stereo di mezza Italia, il garofano rosso di Bettino Craxi è più rigoglioso che mai dopo quattro anni di governo e il 15% sfiorato alla Camera nelle elezioni di giugno, mentre i Radicali portano in Parlamento Ilona Staller, per tutti Cicciolina: quasi 20.000 preferenze nella tornata elettorale che regala due seggi anche alla neonata Lega Lombarda, che a Palazzo Madama riuscirà a portare anche un certo Umberto Bossi, che da quel momento diventerà per tutti il “Senatur”.

Il carrozzone organizzativo di Italia ’90 muove i suoi primi passi, ma a Bergamo non c’è tempo per guardare così tanto in là. Emiliano Mondonico è stato chiamato per la risalita in Serie A, in cassa ci sono i quasi 3 miliardi incassati per la cessione di Marino Magrin alla Juventus. Il tecnico chiede di sostituirlo con Eligio Nicolini, che arriva dal Lanerossi Vicenza appena retrocesso in C insieme a un altro centrocampista tutto fosforo e sostanza, Daniele Fortunato. Dalla Juve viene prelevato a stagione in corso Ivano Bonetti, Mondonico può inoltre contare sulla permanenza di Glenn Peter Strömberg, una semidivinità scandinava che porta a spasso per il campo il suo metro e novantuno con insospettabile eleganza. In avanti non c’è più Trevor Francis, ma non se ne sentirà la mancanza: l’ex leggenda del Nottingham Forest aveva messo a segno un solo gol nel maledetto campionato precedente. Il nuovo re dell’attacco nerazzurro è Oliviero “bomber vero” Garlini, reduce da una stagione complicata con l’Inter, che lo aveva acquistato dalla Lazio per farne la riserva di Rummenigge e Altobelli.

Nonostante le premesse, l’Atalanta non vuole saperne di vincere una partita a inizio stagione. Si arriva alla gara di ritorno con i gallesi con la squadra che ha messo insieme la miseria di tre pareggi in campionato, contro Triestina, Taranto e Bari, segnando un solo gol. I giornali italiani rincarano la dose alla vigilia del ritorno con il Merthyr, club nel quale finì la sua gloriosa carriera John Charles. Vengono elencati i mestieri svolti dai semiprofessionisti gallesi: si va dal commerciante di carbone all’impiegato di banca, passando per qualche muratore e David Webley, pantalonaio da sessanta gol nella stagione precedente.

Non tira un’aria piacevole e Mondonico lo sa: «Abbiamo svolto una preparazione utile per il campionato di Serie B, che dura fino a giugno. Siamo ancora in fase di rodaggio. Dobbiamo abbandonare l’idea di essere più forti, i nostri avversari saranno dilettanti come qualifica, ma corrono e giocano con entusiasmo». La tensione è incredibilmente alta alla vigilia: «Atalanta, dietro l’angolo c’è la vergogna», titola La Stampa del 30 settembre 1987. La coppia-gol di Mondonico scaccia gli incubi: Garlini prima e Cantarutti poi spengono la minaccia gallese, la Coppa delle Coppe non sarà l’obiettivo primario della stagione ma evitare una figuraccia del genere aiuta il morale degli orobici.

Il primo turno presenta già qualche big che saluta: il Lipsia, finalista l’anno precedente, viene eliminato dall’Olympique Marsiglia, insieme all’Ajax - la grande favorita per la vittoria finale. Da una parte la grande scuola olandese, con il club di Amsterdam che ha perso van Basten ma può contare sull’astro nascente Bergkamp e su un mostro sacro come Cruijff in panchina, dall’altra il mare di franchi fatto scorrere dal nuovo patron dell’OM, Bernard Tapie, che ha messo le mani sul club su spinta del sindaco Defferre. L’Atalanta deve soltanto schivare le pallottole nel sorteggio degli ottavi di finale, e tutto sommato non va malissimo: dall’urna di Zurigo esce l’Ofi Creta.

L’andata non si gioca sull’isola ma sul neutro di Salonicco a causa della squalifica dell’impianto cretese. Mondonico continua a vivere la Coppa delle Coppe come se fosse un chiodo infilato nella scarpa: «A me interessa più il torneo cadetto, sarà bello battersi al massimo ma reputo più importante la trasferta di Arezzo». Il tecnico deve anche sbrogliare la matassa Incocciati: l’attaccante è indietro nelle gerarchie rispetto a Cantarutti e Garlini, e non ha la minima intenzione di restare a guardare. «Non mi sarei aspettato di restare fuori proprio in Coppa dopo aver lottato con i denti per arrivare a questo traguardo, mi sento incompreso, pago lo scotto della retrocessione, con Bonetti in arrivo sono ancora più chiuso. Alla Samp dovrei pur sempre cominciare dalla panchina, ma almeno nessuno avrebbe preconcetti o idee sbagliate su di me», spara a zero poche ora prima del match con l’Ofi. Mondonico fa finta di niente ma a Salonicco presenta un’Atalanta rinunciataria, che va sotto presto (colpo di testa di Persias) e non riesce a rimontare.

Senza Progna e il nuovo arrivato Bonetti, e con Incocciati dirottato all’Empoli, i nerazzurri ospitano l’Ofi per la sfida di ritorno rilanciando Prandelli nel ruolo di libero, con il solo Garlini lì davanti supportato da Consonni e Nicolini. La critica non risparmia Strömberg, alle prese con un brutto momento di forma: «Le sue lunghe leve trasportano per il campo solo il fantasma di un vero giocatore», scrive Franco Badolato nella cronaca del match. Barcella pesca Nicolini al limite dell’area poco dopo il 20’, stop e destro nell’angolo a sorprendere Chossadas.

La partita è spigolosa, l’Ofi prova a pungere con Samaras (che da due anni è il papà di Giorgos, futuro attaccante di Manchester City e Celtic) e va vicino al pari con un pasticcio di Barcella, che sfiora l’autogol. A poco meno di un quarto d’ora dalla fine, Nicolini pennella da sinistra su punizione per la testa di Garlini, che fa fede al soprannome di bomber vero e di testa mette in porta in pallone che trascina di peso l’Atalanta ai quarti di finale di Coppa delle Coppe. Ne restano otto in gara: ovviamente Marsiglia (7-0 all’Hajduk) e Ajax (3-0 all’Amburgo), cui si aggiungono Dinamo Minsk, Malines, RoPS, Young Boys e Sporting Lisbona.

Altra maxisintesi, utile per ammirare uno stadio abbastanza pieno alle 14.30 di un mercoledì invernale. Adesso pensate ai primi turni di Coppa Italia in epoca attuale.

Le metropoli italiane sono fuori dalle coppe, con Juventus, Milan e Inter uscite prematuramente. Restano il Verona in Coppa UEFA e l’Atalanta in Coppa delle Coppe: il sorteggio riserva lo Sporting, che a fine novembre è a metà classifica nel campionato portoghese. «Ci sono superiori dal punto di vista tecnico, ma la storia delle competizioni europee insegna che l’entusiasmo è importante», afferma Mondonico, che sta vedendo i suoi riassestarsi in zona promozione in campionato e inizia ad avere il ghigno di chi capisce che può divertirsi.

La Coppa delle Coppe si prende una bella pausa e l'Atalanta mette fieno in cascina per la primavera, dovendo comunque dare l'assalto alla promozione. Cade in maniera sfortunata all'Olimpico contro la Lazio, poi infila cinque vittorie in sette partite (Barletta, Udinese, Piacenza, Genoa e Brescia) prima di cedere di schianto il 10 gennaio 1988 in casa del Bologna di Maifredi. La prova di maturità arriva sette giorni più tardi, quattro schiaffoni al Catanzaro, con i calabresi in lotta per salire in A tanto quanto i nerazzurri. La strada è tracciata, l'andata con lo Sporting Lisbona è in programma il 2 marzo, stavolta si gioca la prima in casa. C'è un problema: mancherà Garlini, che in campionato sta mettendo insieme mucchi di gol. A Bergamo si gioca alle 19 ma è previsto ovviamente il record di incassi.

L'Atalanta diventa improvvisamente orgoglio da sbandierare ai quattro venti anche per le personalità politiche, il sindaco della DC, Giorgio Zaccarelli, prende spazio sui giornali quanto e più di Mondonico: «Rivedo nella squadra quella tipologia garibaldina che è sempre stata un connotato di Bergamo, la città dei Mille. Tutti i giocatori dell'Atalanta fanno faville qui e poi, quando vengono ceduti al Milan o alla Juve, non offrono lo stesso rendimento», dichiara quasi a voler ignorare esempi di eccellenza assoluta come Donadoni e Scirea. Mondonico è nuovamente afflitto da pessimismo cosmico: «Non possiamo illuderci, lo Sporting ha settanta probabilità su cento di eliminarci, le stesse che aveva l'Ofi Creta. Solo dopo questo incontro vi saprò dire se le possibilità di giocarci la qualificazione a Lisbona saranno aumentate. Rispetto a loro abbiamo un vantaggio: andremo in campo con motivazioni altissime, lottare per la Serie A e in Coppa delle Coppe è uno stimolo che batte anche la stanchezza fisica. Loro invece potrebbero snobbarci, giocare da presuntuosi, fare una gara mediocre. E in quel caso...». Morais, tecnico dello Sporting, subentrato da circa un mese a Burkinshaw, sente puzza di bruciato: «L'Atalanta ci farà soffrire, si trova in B solo per caso, da noi lotterebbe per un piazzamento UEFA. Ma la tradizione è dalla nostra, abbiamo già eliminato in passato la Fiorentina e la conquista di questo trofeo è l'unico traguardo stagionale che ci resta».

Come da previsione, senza Garlini, Mondonico sguinzaglia l’assetto con una sola punta (Cantarutti) e una batteria di centrocampisti pronti all’inserimento: Bonacina, Nicolini, Bonetti e Strömberg, quest’ultimo finalmente tornato ai massimi livelli di forma. Inoltre, c’è da vendicare il precedente del 1963, con lo Sporting che eliminò in maniera rocambolesca la “Dea” sempre in Coppa delle Coppe dopo la mitica vittoria della Coppa Italia sulle ali di Domenghini. L’Atalanta studia l’avversario per una ventina di minuti, inizia a sporcare i guanti di Rui Correia con Cantarutti e passa in chiusura di primo tempo: mani di Oceano praticamente sulla linea di porta su una conclusione di Bonacina, dal dischetto trasforma Nicolini, non senza un brivido. Ci si aspetta la reazione dello Sporting, ma non arriva. Rui Correia dice no a Fortunato, poi è Cantarutti a far saltare ogni pronostico. Strömberg fa da torre in area, il pallone galleggia in zona, l’attaccante lo arpiona e fa impazzire tutta Bergamo.

Una notte da sogno presentata dalle parole sobrie di Mondonico e chiusa dal volto da angelo con la faccia sporca di Cantarutti.

Adesso è il campionato a intrufolarsi in mezzo alle improvvise ambizioni continentali della “Dea”. I nerazzurri battono il Parma e fanno 0-0 in casa della Sambenedettese. Mondonico deve da un lato sopire gli entusiasmi e dall’altro fare i conti con l’emergenza che lo costringe a schierare, in quel di Lisbona, una formazione rabberciata. Garlini è ancora out, si aggiunge anche il pesante forfait di Strömberg oltre a quelli di Rossi e Gentile per squalifica. Il piano di forza è comunque totalmente ribaltato, le parole di Morais alla vigilia lo confermano: «Dobbiamo segnare tre gol ma siamo spaventati. L’Atalanta saprà renderci la vita dura anche senza Strömberg e i due difensori squalificati».

Nel vecchio Alvalade, che sarà demolito nel 2003 per fare spazio al nuovo impianto, c’è quasi il tutto esaurito: 72.000 anime pronte a spingere lo Sporting, anzi, 71.500, perché 500 biglietti sono ad appannaggio dei bergamaschi. Riecco il pessimismo di Mondonico, ormai più di facciata che di reale convinzione: «Se lo Sporting gioca come sa non c’è partita, ci elimina. Ma se non cadiamo in provocazioni, non pensiamo al 2-0 di vantaggio ma più fortemente al fatto che loro devono farci tre gol senza subirne, se ci adattiamo al loro ritmo come le squadre italiane sanno fare in trasferta, potremo passare il turno, anche se si parlerà di sottomissione».

A Lisbona giungono gli echi dell’eliminazione del Verona, l’Atalanta rischia di essere l’ultima italiana a sopravvivere nelle coppe europee. C’è Consonni a supportare Cantarutti insieme ai soliti Bonetti e Nicolini, Mondonico affida a Icardi la 7 solitamente riservata a Strömberg, dirottandolo in fascia su Silvinho, e recupera il febbricitante Fortunato. Piotti fa gli straordinari in un primo tempo che vede gli orobici andare vicini al vantaggio con una zampata di Bonetti, i portoghesi optano per l’assalto sfrenato nella ripresa e Houtman riesce a bucare Piotti sugli sviluppi di una punizione. Mancano 23 minuti, che per l’Atalanta rischiano di diventare una lenta discesa verso l’inferno, specialmente considerando l’immediato raddoppio di Mario Jorge, per fortuna di Bonacina e soci prontamente annullato dall’arbitro Brummeler. Sarebbe stato un 1-2 da incubo, invece si può ancora respirare.

Le distanze si dilatano e le squadre di Mondonico sono maestre nell’attaccare in contropiede. Verticalizzazione centrale di Nicolini a premiare la falcata di Cantarutti in campo aperto, il centravanti vede l’uscita insensata di Damas, lo salta e deposita a porta vuota dal limite dell’area. La sua corsa, impetuosa e sgraziata, diventa il fotogramma da tramandare ai posteri. L’Atalanta umile, modesta, pessimista, sparagnina, in parte catenacciara ma non per questo meno bella, è in semifinale di Coppa delle Coppe, unica rappresentante del rampante calcio italiano pur partendo dalla Serie B. Il suo eroe per una notte è un onestissimo mestierante del gol, che si è anche ritagliato involontariamente uno spazio nella cinematografia italiana per la celebre scena del tredici fatto da Lino Banfi in Al Bar dello Sport: di Cantarutti appare soltanto il nome in sovraimpressione, autore di un fantomatico gol vittoria del Catania a Torino con la Juventus in una sequenza che qui potrete riammirare interamente.

Mondonico continua a volare basso, il suo profilo rasoterra risulta forzato, ma qualcuno deve pur tenere i piedi in terra: «Guai a farsi trascinare dalle facili illusioni, il calcio punisce i presuntuosi». Diventa però un allenatore del quale tenere conto a livello nazionale, il pragmatico che si frappone agli zonisti del momento: «Non si può prescindere dagli altri quando in campo si scende in due. Posso fare la zona benissimo, ma se per sbaglio prendo un gol è inutile insistere, si rischia la goleada. Per questo non riesco a pensare che una squadra possa sempre imporre il suo gioco infischiandosene degli altri, bisogna avere l’umiltà di capire prima gli avversari, se possibile. Dopo il 2-1 con i gallesi ci dissero che dovevamo vergognarci, ci davano tutti per eliminati; dopo la sconfitta a Creta ci hanno fatto passare per quelli che stavano rinunciando alla Coppa».

La squadra atterra a Orio al Serio tra due ali di folla, il sogno è la finale di Strasburgo. L’unico sussulto d’orgoglio di Mondonico, che viene costantemente accostato alla Juventus, è in vista della semifinale: «Giocare a San Siro sarebbe il giusto premio per i nostri tifosi. Il sorteggio? Ormai ogni squadra va bene, l’avventura europea continua ma se non centreremo la Serie A sarà tutto inutile». Chi resta, a questo punto? Il Marsiglia, ovviamente, e anche l’Ajax, anche se in panchina da gennaio non c’è più Cruijff. Il sorteggio risparmia le due big all’Atalanta. La quarta incomoda si chiama Malines, se seguiamo la dizione vallone, o Mechelen, se ci affidiamo al fiammingo. Sono in testa al campionato belga, hanno costruito la loro cavalcata in Coppa delle Coppe con grandi risultati esterni e tra i pali hanno un fenomeno. Ha lo sguardo da pazzo che in molti associano alla fisiognomica del ruolo, si è dovuto rimboccare le maniche per uscire dal fango di uno scandalo che ha coinvolto mezzo Standard Liegi nel 1984, reinventandosi leader di una squadra alimentata dal portafogli gonfio del magnate locale del settore elettronico, John Cordier.

Si chiama Michel Preud’Homme, c’è chi lo chiama “Saint Michel” per la tendenza al miracolo. L’allenatore è Aad de Mos, un olandese cresciuto all’ombra di Leo Beenhakker all’Ajax, poi sostituito alla guida dei “Lancieri” a inizio anni ’80. Ha pazientemente costruito una squadra solidissima, che crea il giusto e subisce poco. In mediana c’è il meno nobile dei fratelli Koeman, Erwin, le punte Ohana e den Boer sono di tutto rispetto, ma per l’opinione pubblica è un sorteggio che sa di regalo del destino all’Atalanta. Nel frattempo, i nerazzurri devono tenere altissimo il livello di attenzione sulla Serie B. Il Bologna è primo con 37 punti dopo 27 giornate, quindi c’è la squadra di Mondonico a 35, inseguita da un agguerrito quartetto composto da Lecce, Lazio, Cremonese e Catanzaro a 31, infine il Bari a 30. Tutto apertissimo in un campionato così lungo, con lo scontro diretto con i biancocelesti in programma quattro giorni dopo la semifinale di andata.

Strömberg recupera per la sfida in Belgio. Al seguito dei tanti tifosi atalantini c’è anche Felice Gimondi, atteso dall’amico-rivale di sempre, Eddy Merckx. La Gazzetta dello Sport dedica il taglio alto della sua prima pagina all’Atalanta, mettendo le fototessere degli undici titolari con il titolo “I nostri pirati d’Europa”. I ragazzi di Mondonico, con il ritrovato bomber Garlini in testa, giocano una delle migliori partite dell’anno contro un avversario di tutto rispetto. Il tecnico dirotta Barcella su den Boer e Gentile su Ohana, che però va subito a segno: Malines in vantaggio dopo sette giri d’orologio, con l’attaccante che raccoglie una punizione di destra e si distende in anticipo su Progna. La risposta arriva immediatamente, con un gol in fotocopia. Calcio piazzato battuto da Nicolini, è un cross secco sul primo palo: Strömberg allunga il gambone e fa immediatamente 1-1, un gol pesantissimo in ottica doppio confronto.

L’Atalanta si carica, non pensa più a delusioni ma soltanto a grandi imprese: Koeman mura Bonetti davanti a Preud’Homme, Strömberg di testa non riesce a spaventare il portierone belga. L’intervallo schiarisce le idee al Malines, che nel giro di sette minuti crea due palle-gol da far venire i brividi: Barcella decisivo su De Wilde, Icardi a salvare sulla linea un’incornata di den Boer. Un forcing costante che lascia spazi alle ripartenze nerazzurre, il pallone della storia capita a Nicolini ma il centrocampista alza terribilmente la mira davanti al monumento Preud’Homme. De Mos getta in campo nel finale De Mesmaeker per Benfeld, Mondonico fa l’errore di spaventarsi, richiamando Bonetti per Salvadori. L’Atalanta si rintana e paga a prezzo carissimo. Fortunato si materializza sulla linea di porta su una punizione calciata con potenza da Emmers, il pallone si impenna e ritorna in area di rigore, calciato mirabilmente al volo da den Boer. Una beffa che arriva a otto minuti dalla fine ma lascia ancora spazio per il ritorno: da una parte il ruolino immacolato della “Dea” tra le mura amiche, dall’altra la solidità esterna del Malines.

Nonostante la sconfitta, c’è aria di impresa. «Dover vincere al ritorno può essere un vantaggio per noi, non è nelle nostre prerogative difendere lo 0-0. Faticheremo sempre di più, in questi giorni che ci separano dal ritorno, a dimostrare che questa Coppa non ci piace», confessa Mondonico, dopo mesi passati a far da pompiere. L’Atalanta esce indenne dallo scontro diretto con la Lazio e infila il terzo 1-1 consecutivo in casa del Barletta, gestendo le forze prima del ritorno. I biglietti vengono venduti alla velocità della luce, 37.000 tagliandi polverizzati in qualche ora e 650 milioni in più nelle casse nerazzurre. Tra diritti TV e incassi dal botteghino, i giornali stimano in cinque miliardi gli introiti complessivi per la dirigenza atalantina nell’arco del torneo. De Mos prepara la partita anche sui giornali: «In trasferta abbiamo sempre segnato, l’Atalanta sappia che per sperare almeno nei rigori deve siglarne due». Mondonico punta sul fattore campo, su un Brumana ricolmo d’amore. I tifosi spingono per la coppia Garlini-Cantarutti ma il tecnico non vuole modificare l’assetto a una punta con Bonetti guastatore. Sembra pagare, perché l’Atalanta riesce a sfondare il fortino eretto da de Mos, che rinuncia a den Boer dall’inizio per mettere un difensore in più ed è salvato da Preud’Homme su un’incornata velenosissima di Strömberg.

Il vantaggio arriva a 6’ dalla fine del primo tempo. Mani di Emmers in area su cross di Nicolini, l’arbitro Butenko indica il dischetto, Garlini batte Preud’Homme e i nerazzurri sono virtualmente qualificati, ma manca ancora un’eternità. De Mos capisce l’errore e inserisce den Boer dopo l’intervallo, il Malines trema su un colpo di testa di Fortunato che Preud’Homme devia sul palo. Al 56’, il gol che toglie il fiato al pubblico del Brumana. Una splendida girata al volo di Rutjes trova l’angolo alla destra di Piotti, ci sarebbe ancora spazio per andare ai supplementari, l’Atalanta è costretta a sbilanciarsi. Mondonico inserisce Cantarutti a 20’ dalla fine e l’attaccante sfiora il 2-1 di testa, i titoli di coda li scrive Emmers, che in Italia, ormai trentunenne, non troverà gloria qualche anno più tardi con la maglia del Perugia dopo un inizio di carriera particolarmente promettente. Stringe da sinistra e sfoga il destro dal limite, Piotti stavolta ha qualche responsabilità in più.

Per la serata di gala, la Rai sfodera il duo Bruno Pizzul-Sandro Mazzola.

Quella che doveva essere la favola a lieto fine dell’Atalanta diventa invece la pagina di storia più bella del Malines, che non solo raggiunge la finale con l’Ajax ma la vince. De Mos provoca Mondonico dopo la partita, ringraziandolo per non aver schierato Cantarutti dall’inizio nelle due partite, il tecnico incassa il colpo senza alzare i toni. Ha una Serie A ancora da conquistare, a Padova arriva il quarto 1-1 consecutivo in campionato, seguito dal 3-3 in casa con l’Udinese. La classifica è improvvisamente corta: il Bologna è già con un piede e mezzo in A, l’Atalanta ancora seconda con 39 punti, quindi Lecce 37, Lazio e Catanzaro 36, Cremonese e Bari 35. Ne salgono quattro, la “Dea” ha in programma gli scontri diretti con Catanzaro e Cremonese. Arrivano due vittorie di fila con Piacenza e Genoa, fondamentali per tirare il fiato, ma l’Atalanta crolla a sorpresa quando deve ospitare la Cremonese, corsara al Brumana (0-3) e di nuovo a tre lunghezze dai nerazzurri, con Lecce e Lazio a fare da cuscinetto.

La paura si affaccia all’improvviso, quando i ragazzi di Mondonico non se l’aspettano, forti come erano della striscia di sedici risultati utili consecutivi. Il derby con il Brescia finisce 1-1, marchiato da Garlini e Beccalossi. Il Lecce batte la Cremonese mentre risale il Catanzaro, a Bergamo arriva il Bologna già promosso ed è un altro 1-1. È il 5 giugno del 1988, con il calcio che si fa piccolo nelle pagine dei giornali per fare spazio al racconto dell’epica tappa del Gavia al Giro d’Italia.

I nerazzurri vengono scavalcati dal Lecce e mantengono tre punti sul Catanzaro quinto quando mancano 180 minuti alla fine del campionato. Il calendario sa essere beffardo, perché l’Atalanta è attesa proprio dai calabresi. È un potenziale match-point ma i nerazzurri, sfibrati da un’annata infinita, non ne hanno più. Il Catanzaro domina, vince 2-0 e torna prepotentemente in corsa per la promozione, trovandosi a un punto da Lazio e Atalanta. Il 19 giugno, al Brumana, è il Messina di Franco Scoglio l’ultimo ostacolo da superare. La sfida a distanza tra Schillaci e Garlini la vince quest’ultimo, segnando il gol che riporta la “Dea” in Serie A e permette a Mondonico di non vanificare il lavoro di un anno storico per il club.

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