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I New York Knicks non vincono mai
06 mar 2020
06 mar 2020
Anche quando potrebbero godersi un momento positivo, James Dolan trova sempre come farlo girare dalla parte sbagliata.
(articolo)
10 min
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Sono passati poco meno di tre mesi da quando abbiamo pubblicato un pezzo dal titolo piuttosto emblematico come “Non c’è più speranza per i New York Knicks?”. Un po’ di cose sono cambiate al Madison Square Garden: non c’è più David Fizdale in panchina, non c’è più neanche la dirigenza guidata da Steve Mills, ovviamente non ci sono molte più vittorie rispetto a quelle che c’erano prima (erano 4-18, ora sono 19-42).

Soprattutto, quello che non è cambiato è che anche quando le cose dovrebbero girare per il verso giusto, i Knicks sembrano impegnarsi per farle girare da quello sbagliato. Anzi, più che “i Knicks”, sarebbe più appropriato riferirsi direttamente al proprietario James Dolan, che anche in una serata in cui c’era tanto altro di cui poter parlare (e per una volta in maniera positiva!) si è infilato in una diatriba pubblica anche con l’ultimo totem rimasto a seguirli, vale a dire Spike Lee. Una diatriba dal quale ovviamente non poteva uscirne in alcun caso vincitore.

Riassunto delle puntate precedenti

Per chi fosse stato distratto negli ultimi mesi, nel giorno della deadline del mercato è arrivata la notizia dell’arrivo del nuovo capo della dirigenza dei Knicks, il potente agente Leon Rose. Poi prontamente Dolan lo ha smentito, perché sia mai che le cose vengano fatte per bene, ma il rumor si è poi rivelato esatto. Effettivamente Rose ha poi preso il controllo del front office della squadra, anche se insieme a lui — al contrario di quello che si pensava inizialmente — non è stato assunto il famigerato “World Wide Wes”, amico di tutte le stelle della NBA e collaboratore di Rose da anni.

La scelta di Rose si inserisce nel solco di quella già esplorata dai Golden State Warriors con Bob Myers (pur con un supporto molto rilevante e un apprendistato sotto la guida di Jerry West) e dai Los Angeles Lakers con Rob Pelinka (seppur con la presenza ingombrante di Magic Johnson), ovverosia quella del procuratore molto quotato che decide di passare dall’altra parte della barricata. Rose ha alle spalle una carriera quasi trentennale di tutto rispetto, gestendo gli interessi di numerose superstar da Allen Iverson a LeBron James fino agli attuali Joel Embiid, Karl-Anthony Towns e Devin Booker. In pieno stile Knicks, dopo l’annuncio del suo arrivo Rose non ha parlato direttamente alla stampa per presentarsi al pubblico, ma ha scelto di scrivere un asettico comunicato giustificando la scelta con la volontà di mantenere un profilo basso.

https://twitter.com/nyknicks/status/1234499971325579265

Evidentemente dalle parti di Manhattan sono rimasti scottati dalla presentazione in pompa magna di Phil Jackson nell’ormai preistorico 2014.

La decisione di non organizzare una conferenza stampa, un’intervista o qualche cosa in più rispetto a tre semplici tweet si inserisce nel solco di quanto voluto da Dolan, che negli ultimi anni ha pressoché azzerato la comunicazione verso l’esterno da parte sua e del resto della franchigia, lasciando spesso l’allenatore di turno come unica voce a rappresentare la squadra o terrorizzando tutti con i suoi comunicati che possono arrivare a qualsiasi ora del giorno e della notte, come quello per smentire una battuta in telecronaca di Richard Jefferson.

Poi è capitato anche che, dopo una tremenda sconfitta interna, i vecchi capi della dirigenza, Steve Mills e Scott Perry, fossero stati costretti da Dolan ad andare in sala stampa in una delle scene più umilianti di questa stagione — con l’unico risultato di finire per esonerare di fatto Fizdale in quel momento, anche se la separazione si è consumata solo più tardi. E anche in quella occasione i Knicks sono riusciti a gestirla malissimo, facendo preparare la partita successiva all’ex allenatore di Memphis salvo poi cacciarlo a poche ore dalla palla a due.

.Nella sua lettera di presentazione ai tifosi e agli abbonati del Garden, Leon Rose ha chiesto pazienza ma ha anche promesso di essere “onesto e diretto”, facendo intendere quindi un cambio di direzione quantomeno comunicativo rispetto alle dirigenze precedenti. Una bella idea, peccato che già solo il fatto che non ci fosse la sua bocca a pronunciare quelle parole (sarebbe bastato anche solo un video, siamo pur sempre nel 2020) non abbia dato ai tifosi un volto a cui associare quelle frasi. E anche già solo questo è un autogol in partenza, visto che il nome di Rose è noto ma il suo volto non altrettanto.

https://twitter.com/nyknicks/status/1234541602208546816

Almeno hanno avuto l’accortezza di fargli una foto al campo di allenamento.

Quel pasticciaccio brutto con Spike Lee

L’incontro con gli Houston Rockets di qualche giorno fa è stato probabilmente il miglior momento della stagione dei Knicks. Una vittoria contro un avversario di livello, reduce da un momento positivo e un successo pesante a Boston, per di più impreziosito da una serie di prestazioni scintillanti da parte dei giovani, in particolare RJ Barrett — vale a dire l’unica vera speranza di All-Star rimasta a New York.

Il canadese in quella partita ha fatto vedere il meglio del suo repertorio, chiudendo non solo con il suo career high di 27 punti ma anche con il canestro decisivo a pochi secondi dal termine, spazzando via nientemeno che PJ Tucker nella sua avanzata verso il ferro. Un’occasione finalmente per essere felici ed esaltarsi come solo sa fare il Madison Square Garden quando i Knicks vincono, per di più in quella che era ufficialmente la prima partita di Rose da presidente della squadra. Vittorie come quella servono a nascondere anche le sconfitte passate o future, lasciando negli occhi della stragrande maggioranza degli appassionati un ricordo positivo prima di passare a prenderne 20 o 30 in un’altra.

E invece, proprio quando sarebbe stato bello godersi finalmente del karma positivo, i Knicks hanno pensato bene di andare da Spike Lee — il loro tifoso più famoso nonché il volto più riconoscibile dell’intera franchigia — a dirgli che entrava dalla parte sbagliata del Madison Square Garden. Nelle ore precedenti alla partita aveva cominciato a circolare un video nel quale si sentiva Spike Lee gridare perché un membro della sicurezza gli aveva richiesto di utilizzare l’ingresso VIP dell’arena invece di quello dei media e degli addetti ai lavori, che il regista ha utilizzato negli ultimi 28 anni nonché non più tardi della settimana scorsa per una rappresentazione di “To Kill a Mockingbird”.

I Knicks hanno provato a gestire la cosa dicendo semplicemente che Spike Lee aveva sbagliato a prendere un ascensore e che la questione era stata risolta con una stretta di mano durante l’intervallo con James Dolan. I rapporti tra il proprietario e il tifoso più visibile della squadra sono però a dir poco freddi da parecchio tempo, tanto che Spike — pur essendo sempre fatto entrare alle partite, anche perché i suoi posti a bordo campo vengono via a poco meno di 300.000 dollari — non risulta persona gradita alla franchigia, complici le parole tutt’altro che positive di Lee nei confronti di Dolan negli ultimi anni e in particolare dopo quanto accaduto con Charles Oakley nel 2017.

https://twitter.com/BroTalkLivePod/status/1234640956135235587

Nel video circolato online, Spike Lee dice chiaramente “Arrestatemi come avete fatto con mio fratello Charles Oakley”.

Durante la partita sembrava che tutto fosse stato risolto, ma dopo lo spin dato dai Knicks definendo l’incidente come un errore nel prendere l’ascensore, Spike Lee ha voluto spiegare come sono andate le cose secondo il suo punto di vista, andando su ESPN nel programma del mattino di Stephen A. Smith e scatenando un gran casino. Lee sostiene che nessuno lo aveva avvisato del cambio di ingresso rispetto a quello che ha sempre fatto e soprattutto che, dopo aver già effettuato la scansione del suo biglietto, gli era stato richiesto di tornare in strada e utilizzare l’altra entrata, quella per i VIP. Temendo di essere lasciato fuori, Lee si è impuntato per rimanere dov’era ed è poi andato al suo solito posto dove Dolan all’intervallo gli si è avvicinato per parlare.

La squadra sostiene che in quella occasione tutto si sia risolto in maniera tranquilla con una stretta di mano; Lee invece che il colloquio sia stato ben poco cordiale, e che quando ha chiesto se qualcuno avesse avuto la premura di informarlo in qualche modo che non avrebbe più potuto utilizzare quell’entrata, Dolan gli ha risposto “Beh ora lo sai” chiudendo lì la questione. Poi in televisione Lee ha detto di sentirsi “perseguitato” da Dolan e che anche le persone dell’arena che lo conoscono da più tempo ormai non gli rivolgono la parola per paura di essere licenziate solo per avergli dato confidenza.

I Knicks — invece di far sgonfiare la storia o di gestirla in privato, come sarebbe stato auspicabile fare — hanno deciso di scrivere un comunicato stampa (!) con questi toni: “L’idea che Spike Lee sia una vittima perché gli abbiamo chiesto di non usare l’entrata dei dipendenti e utilizzare invece quella per i VIP — da cui passa ogni altra celebrità del Garden — è risibile. È deludente che Spike voglia creare questa falsa controversia per alimentare la storia. È benvenuto al Garden ogni volta che vuole attraverso l’entrata VIP o quella generale, solo non quella degli impiegati, che è quello su cui hanno trovato l’accordo ieri sera quando si sono stretti la mano”.

https://twitter.com/NY_KnicksPR/status/1234898716076789761

Non contenti hanno anche aggiunto una foto dell’entrata dei media e della stretta di mano, scattata da chissà chi appostato proprio per immortalare quel gesto.

“Sell the team”

Al di là di chi abbia ragione o meno, che non interessa veramente a nessuno, bisognerebbe capire cosa spinge la franchigia di maggior valore di tutta la NBA — per il quinto anno consecutivo, nondimeno! — non solo a voler alienare il suo tifoso più famoso (che ha detto che non tornerà più per questa stagione), ma anche a fare una gigantesca figuraccia nell’unico momento della stagione in cui stava succedendo qualcosa di positivo come una vittoria, una bella prestazione del proprio 19enne di riferimento e l’inizio di una nuova era con una nuova dirigenza.

Già, in tutto questo: che ruolo ha avuto Leon Rose? Era d’accordo con quanto fatto nei confronti di Spike Lee e con il comunicato successivo? È questo che intendeva quando scriveva nella sua lettera che la cosa più importante per avere successo in NBA è “la capacità di forgiare rapporti personali solidi e duraturi”? E ancora: Steve Stoute, assunto come “brand consultant” per cambiare l’immagine della franchigia e subito auto-sbugiardatosi in diretta televisiva mentre parlava della necessità di fare dei cambiamenti anche in panchina (tanto che i Knicks hanno dovuto emettere l’ennesimo comunicato per specificare che il suo ruolo non ha compiti cestistici), che responsabilità ha avuto sulla decisione di comportarsi in questa maniera? Se la risposta per entrambi è “nessuna”, cosa sono stati assunti a fare se il comportamento continua a essere sempre lo stesso di prima?

La realtà è che nulla davvero può cambiare ai New York Knicks fintanto che James Dolan ne rimarrà a capo. Sono ormai 20 anni che la franchigia non va più da nessuna parte, nonostante la montagna di soldi che continua a produrre ogni anno. Lo hanno capito tutti, a partire dai tifosi che cantano “Sell the team” ogni volta che ne hanno l’occasione al Madison Square Garden — salvo essere portati fuori, interrogati per 15 minuti e poi definitivamente cacciati come già accaduto in diverse occasioni.

https://twitter.com/BleacherReport/status/1235400240921866240

Sun Tsu diceva che una delle prime cose da imparare per vincere un conflitto è di scegliere saggiamente le battaglie da affrontare. Una battaglia pubblica o anche solo privata con Spike Lee non avrebbe portato a niente di buono, e anche se i Knicks hanno vinto in tribunale con Oakley, il messaggio che hanno mandato al resto del mondo è stato comunque pessimo. E ogni giorno che passa, le parole di Kevin Durant che definisce i Knicks come “non più la cosa figa di New York” assumono sempre maggiore peso.

Leon Rose potrà anche riportare in città Carmelo Anthony (suo ex assistito), provare ad assorbire il contrattone di Chris Paul (altro ex giocatore della sua scuderia) o dare la panchina a Tom Thibodeau, ma non risolverebbe comunque la questione più grande. Nel suo messaggio ha concluso scrivendo che farà tutto il possibile per creare un’organizzazione vincente; ma ha spiegato al suo proprietario che per riuscirci dovrà fare tutto il contrario di quello che è stato fatto negli ultimi 20 anni?

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