Qatar 2022 si porta dietro questioni problematiche, in questo articolo abbiamo raccolto inchieste e report che riguardano le morti e le sofferenze ad esso connesse.
Mohamed Kanno - Arabia Saudita
di Fabrizio Gabrielli
In un contesto ipermedializzato come quello del calcio moderno è complicato imbattersi in un giocatore di cui non abbiamo, almeno una volta, non dico ammirato le gesta in campo, ma quantomeno sentito parlare: figuariamoci in un Mondiale. Mohamed Kanno è una di queste rara avis: il centrocampista dell’Arabia Saudita, alto e brevilineo, sinuoso come canna di giunco al vento, si è abbattuto sulle nostre certezze di sicumera, sulle nostre vite piene di pregiudizi e ignoranza, come un temporale inatteso, fragoroso e inarginabile.
Kanno, che fisicamente ricorda un po’ Nwankwo Kanu, di cui effettivamente sembra il cosplayer in un videogioco a basso budget, veniva peraltro da cinque mesi di squalifica, che gli hanno impedito di scendere in campo per l’Al-Hilal nelle ultime partite della stagione, una squalifica rimediata per via di un accordo di trasferimento sottoscritto segretamente con l’Al-Nassr (e poi non rispettato). Era nella rosa saudita ai Mondiali 2018 (non è proprio giovanissimo, il ventottenne Kanno), ma sorprendentemente non tra gli otto che la federcalcio del reame spedì a fare uno stage in Liga: questo per rimarcare, insomma, che in Kanno non è che credessero in tanti.
Sicuramente ci ha creduto Hervé Renard, che ne ha fatto il baluardo del suo centrocampo arcigno: contro l’Argentina ha giocato una partita sontuosa, dominato De Paul, gestito ogni situazione di gioco con una tranquillità disarmante, tanto da scomodare, nel giochino delle similitudini, Paul Pogba. Ha giocato in maniera così arrogantemente superiore che a fine partita, quando ha provato a chiedere a Leo Messi di scambiare la maglia, il diez stizzito si è rifiutato.
Contro la Polonia ha rischiato di segnare uno dei gol più belli del Mondiale: si è involato, partendo dalla sua metà campo, verso l’area polacca, attirando a sé tre avversari e risucchiandoli durante la corsa come in un buco nero spaziotemporale: solo Szczesny gli ha impedito che la sorpresa si raggrumasse in qualcosa di più simile alla glorificazione.
Dopo l’esordio abbacinante contro l’Argentina, l’Arabia Saudita si è un po’ afflosciata: negli occhi però ci resterà quel secondo tempo contro l’Albiceleste giocato col coltello tra i denti, e nel mezzo di tutta quella schiuma di rabbia la calma serafica di Mohamed Kanno, i suoi stop di petto, i palloni giocati dalle sue lunghe leve con eleganza di fenicottero, meraviglioso e inatteso come un tramonto sulle dune del deserto.
Enner Valencia - Ecuador
di Marco D'Ottavi
Non ha il futuro o il talento di altri nomi in questa lista, ma Enner Valencia coglie in pieno quello spirito del mondo di cui parlava Hegel (riferito ai Mondiali, ovviamente). Tre gol in tre partite, sommati ai tre segnati in Russia 2018, lo mettono in striscia come marcatore unico degli ultimi sei gol dell’Ecuador ai Mondiali, e insomma sarebbe stato bello vederlo provare a migliorare ancora questo strano record. Una statistica che, messa così, magari non sembra niente di che, ma dovete pensare che - in fin dei conti - su una popolazione di quasi 18 milioni di abitanti, i gol li ha segnati tutti lui.
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L’Ecuador ha messo in mostra una squadra con diversi giovani interessanti, Moisés Caicedo su tutti, che dovrebbe toccare il suo picco tra quattro o addirittura otto anni. Purtroppo per Enner Valencia sarà tardi. Nel 2026 avrà 37 anni e chissà se sarà in grado di segnare il settimo, l’ottavo e il nono gol consecutivo per il suo paese ai mondiali (anche se occhio, al Fenerbache sta avendo una seconda giovinezza: in questa mezza stagione ha segnato già 15 gol). Intanto ce lo siamo potuto godere per tre partite, col suo carico di carisma, uno stile di gioco da grande rettile. Se non ci rivediamo, caro Enner, è stato bello.
Salem Al-Dawsari - Arabia Saudita
di Daniele Manusia
Sembra passato un mese ma la prima grande sorpresa del Mondiale è stata la vittoria, in rimonta, dell’Arabia Saudita sull’Argentina. Il gol di Al-Dawsari, un tiro a giro dal limite dell’area, con la 10 sulle spalle contro la nazionale in cui il numero 10 è praticamente un’investitura divina, è stato il primo segnale che, nonostante tutto, il Mondiale avesse comunque senso dal punto di vista sportivo. A 31 anni è troppo tardi per vedere Al-Dawsari (di nuovo) in un contesto diverso da quello del campionato arabo, dove nell’Al-Hilal ha giocato anche con Giovinco e Gomis (e che oggi gioca con Moussa Marega e Luciano Vietto). Dopo questo Mondiale, però, dove tecnicamente è sembrato al livello dei suoi colleghi europei e sudamericani, sembra un’ingiustizia che guadagni un ottavo di loro (cioè circa un milione). La sua chance ce l’ha avuta nel 2017-18 quando dopo l’accordo con la Liga alcuni giocatori arabi (lui, Fahad al-Muwallad al Levante e Yahya al-Shehri al Leganés) sono finiti in prestito a squadre spagnole. Ma Al-Dawsari ha giocato una sola partita, entrando dalla panchina contro il Real Madrid e contribuendo alla rimonta da 0-2 a 2-2. Nel Mondiale russo del 2018 l’Arabia Saudito ha perso le prime due partite vincendo solo con l’Egitto e Al-Dawsari ha segnato il gol del definitivo 2-1 con un bel tiro al volo con un angolo strettissimo. In quel Mondiale era una delle possibili sorprese mentre questo, di Mondiale, è stato probabilmente il suo canto del cigno, l’ultima fiammata che preannuncia talenti arabi forse ancora più tecnici e atleticamente al livello delle scuole europee. Chi vivrà, come si dice, vedrà.
Aissa Laidouni - Tunisia
di Daniele Manusia
Aveva promesso che avrebbe reso miserabili le vite dei giocatori francesi e alla fine si è accontentato di rovinare la serata a Camavinga, “provato” da Deschamps a terzino sinistro e subito punito da Aissa Laidouni con un tunnel di quelli che fanno rumore. D’altra parte aveva iniziato il suo Mondiale con una scivolata da pazzo (ma pulita) su Christian Eriksen, battendosi il petto davanti ai molti tifosi tunisini presenti allo stadio dopo neanche un minuto di partita. Laidouni non ha deluso i buoni propositi e, anzi, lascia nel Mondiale l’impressione che forse a 26 anni non sarebbe troppo tardi per fargli tentare un salto di livello.
Il dinamismo e l’intensità di Laidouni sono andati un po’ fuorigiri (come il resto della Tunisia) nella partita contro l’Australia che a conti fatti è costata l’eliminazione alla sua squadra, ma contro Danimarca e Francia è sembrato all’altezza di giocatori come Fofana, Guendouzi, Veretout, Delaney, Hojbjerg. Dinamismo e intensità ma anche una buona tecnica con la palla tra i piedi, in una squadra verticale e fluida come la Tunisia Laidouni ha giocato quasi a tutto campo. Miglior giocatore del campionato ungherese lo scorso anno e unico giocatore di quello stesso campionato presente al Mondiale. Chissà che non lo vedremo presto in Ligue 1 o in Premier League (oppure, perché no, in Serie A, a fare a sportellate col suo emulo marocchino Amrabat) intanto però possiamo vederlo in Europa League dove con la maglia del Ferencvaros (con cui ha vinto gli ultimi due campionati) è arrivato primo nel girone, a pari punti con il Monaco ma sopra per gli scontri diretti.
In ogni caso ci mancherà la sua intensità da pazzo, lo sguardo infuocato che passa attraverso gli avversari, quell’aria da giocatore di strada anche se si trova davanti avversari coperti da un alone d’oro, già decisivi in Champions League, come Camavinga, appunto. Il bello del Mondiale sono proprio quelle squadre, e quei giocatori, che giocano senza nessun timore reverenziale e provano a usare gli avversari magari più famosi come trampolini per innalzarsi al loro livello. Laidouni ci è riuscito ed è un peccato averlo visto solo per tre partite.
Tajon Buchanan - Canada
di Emanuele Atturo
C’è un modo un po’ tranchant per descrivere la fase a gironi di questo Mondiale qatariota: le squadre prudenti sono andate avanti, quelle coraggiose sono state eliminate. O almeno: le squadre coraggiose ai limiti dell’incoscienza, considerato il rapporto fra la loro ambizione e i loro mezzi, sono state eliminate. Il Canada è stata la Nazionale che ha proposto il rapporto più sbilanciato, forse, tra mezzi e ambizioni; e tuttavia è sembrato mancare davvero davvero poco a una qualificazione. In fondo sarebbe bastata un po’ di fortuna in più, e molta precisione in più, in quella maledetta prima partita contro il vecchio Belgio. Il Canada era una squadra stipata di giovani in bilico fra l’essere promesse scintillanti o gli ennesimi bluff di un movimento che si sforza fin troppo di raccontarsi grande. Col loro stile sparagnino, e una coolness più da NFL che da calcio, hanno realmente incantato le prime tre partite del girone.
Buchanan, aletta del Club Brugges con le gambe corte e i capelli gonfi, rischiava d’essere troppo leggerino per quello che noi europei chiamiamo il calcio che conta. È passato sopra all’anzianità del Belgio con ben poco rispetto. Una prestazione generosa, piena di recuperi difensivi e dribbling fulminanti. È fra i giocatori ad aver saltato di più l’uomo in questa prima fase del Mondiale. In questa speciale classifica è in mezzo a riconosciuti mostri della tecnica come Messi, Di Maria e Mbappé. Ha servito anche 4 passaggi chiave e un assist. A 23 anni abbiamo ricevuto sufficienti rassicurazioni, forse, sul fatto che l’oro che il Canada voleva venderci luccica per davvero.
Jamal Musiala - Germania
di Marco D'Ottavi
Può essere un calciatore di 19 anni, eliminato ai gironi, il miglior calciatore del Mondiale? È una domanda retorica, da qui alla finale altri saliranno di livello meritandosi questo premio, ma le tre partite di Musiala rimarranno una di quelle pepite d’oro che si trovano setacciando i fiumi in piena della costa ovest. Vederlo prendere sulle spalle una squadra confusa, che ha creato tanto ma che ha dato l’impressione di essere come scollegata, è stato uno spettacolo, anche solo per gli occhi. Musiala è forse il calciatore più elegante del calcio contemporaneo, la cosa più simile a Zidane che ricordo. Meno estro puro del francese, ma la stessa sensazione di differenza rispetto a tutti gli altri atleti in campo.
Il Mondiale serve anche per confermare quello che, in parte, sapevamo già. Non abbiamo certo scoperto Musiala in queste tre partite, tre partite che per la Germania non sono andate come si aspettavano, ma certo le sue prestazioni sono state una conferma di quanto è già pronto per diventare uno dei migliori al mondo. Contro la Spagna la sua capacità di ricevere negli spazi della trequarti, orientare lo stop, difendere il pallone, saltare l’uomo (simbolica rimane una sua croqueta su Pedri e Gavi) è stata l’unica ancora di salvezza della squadra di Flick.
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Contro la Costa Rica la sua prestazione è sembrata addirittura uno scherzo, quei video in cui si mettono i grandi a giocare coi bambini, quando però sarebbe il contrario, vista l’età del tedesco rispetto agli avversari. A fine partita, mentre lui si scioglieva in un pianto inconsolabile dei giovani che non sanno che il futuro brilla alle loro spalle, abbiamo scoperto che solo un altro essere umano (Jay-Jay Okocha) erano riusciti più dei suoi 12 dribbling in una singola partita del Mondiale. Insomma, tra tutti i giocatori che sarà un peccato non vedere dagli ottavi in poi, per talento ed eleganza nessuno è un peccato più di Musiala.
Leandro Trossard - Belgio
di Dario Saltari
Leandro Trossard non è giovane e non fa parte nemmeno della Generazione d’Oro: semplicemente è un intruso. Nel Belgio è stato convocato per la prima volta nel settembre del 2018, quando aveva già 24 anni, ed è stato così poco considerato che il suo esordio lo ha fatto esattamente due anni dopo, all’80esimo di una partita di Nations League contro la Danimarca che la Nazionale di Martinez stava già vincendo per 2-0. D’altra parte la sua carriera sembrava dovesse non portarlo da nessuna parte: fino al 2019, cioè fino a 25 anni, è rimasto al Genk, e per buona parte della sua esperienza lì è stato girato in prestito a squadre minori di cui sono costretto a copia-incollare i nomi (Lommel United, Westerlo, OH Leuven). Anche in questo Mondiale è partito in panchina e, tra l’ansia per il recupero di Lukaku e l’incognita delle condizioni di Hazard, non erano molti, anzi sono abbastanza sicuro che non c’era nessuno che aspettava un suo ingresso in campo. Trossard ha giocato solo 28 minuti nella partita inaugurale contro il Canada, e ancora meno (16) nella disastrosa sconfitta contro il Marocco, ma è stato l’unico lampo di una squadra che è sembrata stanca e confusa. Quando Martinez si è finalmente deciso a metterlo in campo da titolare, nell’ultima decisiva partita contro la Croazia, ormai era troppo tardi, e mi sembra significativo che, mentre Trossard ha fatto la sua partita, alla fine il Belgio sia stato tradito dalla punta di diamante della Generazione d’Oro, Romelu Lukaku.
Forse è troppo trarre un qualche insegnamento da questo ultimo, grigio Mondiale della Nazionale di Martinez (anzi ex, visto che si è dimesso subito dopo la sua fine), ma se c’è qualcosa che dice la carriera di Trossard è che anche i giocatori meno appariscenti possono dare un contributo inaspettato se solo ci si crede a sufficienza. L’ala belga, al Brighton, è stato lucidato come una vecchia zuccheriera d'argento da un allenatore sufficientemente umile da capirlo, cioè Graham Potter, e oggi, anche se non è uno di quei giocatori per cui si cambia canale (o come si diceva una volta: si paga il prezzo del biglietto), è comunque un talento interessante, uno su cui poter contare. Quest’anno Trossard ha fatto già segnare 7 gol e 3 assist in 14 partite, nel campionato più competitivo del mondo, appena una rete in meno del suo record personale in Inghilterra. Siamo sicuri che questo Belgio vecchio e stanco ne avesse così poco bisogno?
Mohammed Kudus - Ghana
di Marco D'Ottavi
Abbiamo già parlato approfonditamente di Kudus qui, ma non potevamo non nominarlo. Il Ghana si è dimostrato troppo ingenuo per superare un girone difficile, caduto all’ultima giornata contro le vecchie volpi dell’Uruguay, sbagliando di nuovo un rigore (che, col senno di poi, forse avrebbe dovuto tirare Kudus stesso, visto come calcia bene) e mostrando uno squilibrio tattico che ha spezzato in due la squadra. In tutto questo Kudus si muoveva come un gigante per il campo, in ogni fase di gioco del mondiale è stato il migliore della sua squadra. Chiude con due gol e un assist e alcune giocate da farci stropicciare gli occhi. Schierato a centrocampo - mentre nell’Ajax gioca anche più vicino alla porta - si è messo in luce come uno dei migliori giocatori in conduzione, capace di dribblare con gli stessi numeri di Mbappé e segnare da attaccante. Kudus ha solo 22 anni, viene da una serie di infortuni che ne hanno rallentato l’esplosione, ma oggi è il miglior prodotto dell’Ajax, una delle squadre migliori al mondo nel produrre talenti. Questa volta si è dovuto fermare agli ottavi, ma il suo futuro è indubbiamente luminoso.
Vincent Aboubakar - Camerun
di Marco D'Ottavi
Prima del mondiale Vincent Aboubakar aveva detto che lui poteva fare esattamente quello che faceva Salah, era solo che non giocava in un grande club. Era sembrata la sparata sbruffona di un calciatore pieno di sé, ma questi gironi, a modo loro, gli hanno dato ragione. Aboubakar era stato il miglior marcatore dell’ultima Coppa d’Africa, segnando 8 gol come mai era riuscito a nessuno prima d’ora, eppure in Qatar non partiva neanche titolare. Aboubakar veniva da una mezza stagione non particolarmente brillante nel Al-Nassr (la squadra che ora vuole Cristiano Ronaldo) in Arabia Saudita, mentre Choupo-Moting segnava un gol a partita col Bayern Monaco. Chi doveva essere il centravanti titolare del Camerun se non il secondo? Aboubakar ha giocato appena 16 minuti con la Svizzera alla prima partita, senza incidere in una sconfitta per 1-0. Anche con la Serbia è partito dalla panchina, ma poi, con la squadra sotto per 3-1, il suo ingresso in campo a mezz'ora dalla fine ha cambiato tutto. Prima ha segnato un gol incredibile, il più bello dei mondiali fin qui, con un pallonetto da fermo - scavato - ai danni di Vanja Milinkovic-Savic, un portiere alto più di due metri; un colpo geniale eseguito credendo di essere in fuorigioco, poi è scattato alle spalle della difesa per ricevere un lancio che ha convertito in assist per Choupo-Moting.
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Contro il Brasile si è ripetuto. È stato un suo colpo di testa - un gol più bello e difficile di quello che sembra - a regalare al Camerun una vittoria che non è bastata a passare il turno, ma che è pur sempre decisiva per battere il Brasile. Dopo il gol si è tolto la maglia per celebrare, forse, la sua stessa grandezza, l’idea che sì - magari almeno un po’ - anche lui può fare quello che fa Salah. Era già ammonito e quindi l’arbitro, pur controvoglia, non ha potuto fare altro che mostrargli il secondo cartellino giallo. Un finale in qualche modo romantico di un mondiale breve (meno di 15o minuti) ma intensissimo. Aboubakar non sarebbe neanche vecchissimo per gli standard di un calciatore, è del 1992, ma sembra già nella parte calante della sua carriera. Questo mondiale sarà il picco con cui lo ricorderemo? Chissà, pochi giocatori più di Aboubakar si sono dimostrati adatti a questi grandi tornei e magari il suo carisma resisterà intatto per i prossimi 4 anni, pronto a guidare il Camerun nel 2026. Sarebbe bello.