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Marco De Santis
I conti in tasca
03 nov 2015
03 nov 2015
Juve, Inter, Roma e Lazio hanno presentato i bilanci, guardandoci dentro si vede un po' del loro futuro.
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Marco De Santis
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Nel periodo estivo abbiamo analizzato i bilanci delle società di Serie A estrapolandone alcuni dati significativi (ricavi, plusvalenze, costi, monte ingaggi, monte ammortamenti e bilancio finale) per provare a spiegare le diverse strategie societarie e tentare di capire le motivazioni alla base di scelte diverse in fase di mercato.

 

Nelle ultime settimane quattro importanti squadre (Juventus, Inter, Roma e Lazio) hanno presentato ufficialmente i loro bilanci annuali relativi alla stagione 2014/15, che ci permettono di fotografare il loro andamento economico e verificare se ci sono stati cambiamenti nelle rispettive strategie di business, o difficoltà nel mettere in atto i piani prestabiliti.

 

Vediamo quindi per ognuna delle quattro società i dati più interessanti che emergono da queste nuove informazioni. Per Juventus e Inter i riferimenti al precedente articolo sono recuperabili

, mentre per Roma e Lazio si fa riferimento

.

 



I dati economici della Juventus confermano la crescita costante degli ultimi anni, che avevamo già sottolineato qualche tempo fa. Il bilancio societario è addirittura migliorato rispetto alle nostre previsioni e ha chiuso in positivo (+2 milioni) dopo sei anni di risultati negativi, sfruttando in maniera importante sia l’inserimento di alcune plusvalenze incassate con la risoluzione delle comproprietà, sia, soprattutto, i tantissimi soldi ricavati dallo straordinario cammino in Champions League. Solo il percorso europeo, arrivato alla finale di Berlino, ha contribuito per quasi 90 milioni sui ricavi, contro i 50 incassati per la partecipazione alle coppe europee nella stagione precedente.

 

Grazie a questo dato e all’aumento dei ricavi da gare, attribuibile al maggior numero di partite di Champions League giocate allo Juventus Stadium, che hanno comportato incassi maggiori rispetto all’Europa League dell’anno precedente, la Juventus ha concluso la stagione con 324 milioni di ricavi escluse plusvalenze. Una cifra che ha permesso di raggiungere il valore record di 348 milioni di ricavi comprese plusvalenze, pur abbassando gli introiti di quest’ultime (24 milioni contro 36).

 



 

I costi sono cresciuti, anche se un po’ meno di quanto ipotizzato (264 milioni contro i 269 delle nostre stime e i 247 della scorsa stagione). Un aumento abbastanza prevedibile, nonostante la scelta societaria di iniziare a ottimizzare alcune spese per i cosiddetti “servizi esterni” (per esempio da questa stagione la Juventus si avvale di steward stipendiati direttamente). Infatti, nel tentativo di aumentare la competitività della squadra anche a livello europeo, è aumentata ancora la cifra messa a bilancio per monte ingaggi (179 milioni contro 168) e monte ammortamenti (58 contro 51).

 

È evidente che l’insperato attivo di bilancio non sarebbe mai potuto essere raggiunto senza la qualificazione alla finale di Champions League, un obiettivo molto difficile da centrare nelle prossime annate: si tratta quindi di ricavi non contabilizzabili come “certi” per le prossime stagioni, ma a venire in soccorso della Juventus per il 2015/16 c’è il previsto aumento dei ricavi commerciali e dei diritti TV sia della Serie A che delle competizioni europee, che dovrebbero portare nelle casse bianconere circa 40 milioni in più rispetto alla scorsa stagione. Inoltre, nel corso del mercato estivo la Vecchia Signora ha incassato notevoli plusvalenze grazie principalmente alla cessione di Vidal (34 milioni ai quali aggiungere i 9 incassati per i prestiti, fra i quali spiccano i 7 per la cessione a titolo provvisorio di Coman al Bayern Monaco).

 

Questi introiti permettono alla Juventus di guardare con molta serenità ai risultati sportivi di questa stagione europea: anche nella peggiore delle ipotesi, con una prematura estromissione dalle coppe, nonostante i buoni risultati ottenuti nel girone fino a questo momento, è a oggi molto probabile che la società chiuda in attivo anche il 2015/16. Ovviamente questa conclusione può venir meno in caso di mercato invernale particolarmente dispendioso, un’opzione da non sottovalutare, perché per la prima volta da anni i bianconeri non arrivano a gennaio con il portafoglio vuoto e sono, teoricamente, in grado di mettere a segno almeno un colpo importante.

 

In quest'ottica non va escluso nemmeno lo scenario che prevede il riscatto anticipato di Cuadrado, anche perché questa operazione non andrebbe a peggiorare troppo la stima di bilancio finale, dovendo inserire fra i costi non lo stipendio del giocatore, già pagato dalla Juventus, ma solo l’ammortamento semestrale relativo al costo del suo cartellino (ipotizzando un prezzo di 22 milioni e un contratto come minimo di tre anni e mezzo, quindi di sette semestri, il peso sul bilancio 2015/16 sarebbe di poco più di 3 milioni di euro).

 

https://www.youtube.com/watch?v=0pXNvqa6vbA

I dividendi, per ora, più alti dell’acquisto di Cuadrado.



 

Problemi economici zero per quest’anno, quindi, ma vista la partenza a handicap in campionato ci si può chiedere quanto rischi in futuro la Juventus, in caso di mancata qualificazione alla Champions League. Nonostante la gestione oculata di questi anni, favorita da un ciclo vincente di risultati sul campo che ha inciso notevolmente sull’aumento dei ricavi, anche per i bianconeri come per qualsiasi squadra italiana non partecipare alla massima competizione continentale non sarebbe affatto indolore.

 

La rinuncia ad almeno una trentina di milioni di ricavi (se non di più) rispetto agli ultimi bilanci e l’osservazione che i buoni risultati economici del 2015/16 dipenderanno anche dall’elevata plusvalenza incassata per Vidal lasciano presumere che senza la Champions League la dirigenza bianconera si ritroverebbe in una situazione già vissuta fino a due anni fa, ovvero con la necessità di finanziare le eventuali operazioni di mercato con una o più plusvalenze importanti.

 

Senza la “coppa dalle grandi orecchie” la vociferata cessione di Pogba diventerebbe probabilissima, sia perché con il ricavato si metterebbero sicuramente a posto i conti e rimarrebbero anche dei margini per intervenire sul mercato sia perché il calciatore potrebbe essere ulteriormente attratto dall’idea di trasferirsi in una squadra impegnata nella Champions League 2016/17. Viceversa, se la Juventus riuscirà anche quest’anno ad arrivare almeno nelle prime tre le strategie di mercato dipenderanno in misura non irrilevante dal percorso in Champions League di quest’anno: incassare tanti soldi superando qualche altro turno potrebbe permettere alla società di mettere fieno in cascina e non essere così obbligata a cedere nessuno, nemmeno di valore inferiore a Pogba, se non alle proprie condizioni.

 



Ha fatto molto parlare il passivo “monstre” dell’Inter, che ha chiuso il bilancio consolidato 2014/15 con un –140,4 milioni che a prima vista, invece di dare un segnale di risanamento societario, farebbe sprofondare i nerazzurri verso disequilibri finanziari di “morattiana” memoria.

 

In realtà, pur essendo senza dubbio problematica, la situazione dell’Inter non è così disastrosa come quel semplice numero lascia pensare. Questo perché l’amministrazione Thohir ha deciso di sfruttare al massimo una gentile concessione della UEFA all’interno dell’accordo sottoscritto dalla società per rientrare—nell’arco di alcune stagioni—all’interno dei vincoli del Fair Play Finanziario.

 

Preso atto di uno scenario particolarmente negativo dei conti dell’Inter, la UEFA ha dato credito alle promesse societarie di migliorare la situazione nel medio periodo “regalando” una stagione di bonus: da una parte ha fissato paletti molto stringenti per le stagioni 2015/16 (-30 milioni come disavanzo massimo al netto dei costi virtuosi) e 2016/17 (richiesta di pareggio di bilancio), dall’altra non ha posto alcuna condizione sull’esercizio 2014/15.

 



 

L’Inter ha così deciso di anticipare pesanti voci di spesa del 2015/16 nel bilancio 2014/15, sfruttando alcune opzioni lecite che vengono concesse a chi redige i bilanci, peggiorando così oltre misura il passivo e presentando costi elevati, ma poco indicativi della reale situazione societaria.

 

Nello specifico, sono stati anticipati al 2014/15 tutti i 21,3 milioni di stipendi relativi a giocatori e staff non facenti parte del progetto tecnico (in particolare Mazzarri e il suo staff e il giocatore Vidic), le svalutazioni dei costi dei cartellini per un totale di 12,3 milioni e sono stati accantonati anche i 10,5 milioni per il “caso Álvarez”.

 

Queste due ultime operazioni necessitano di una piccola spiegazione: le svalutazioni consistono nell’anticipare, in tutto o in parte, l’ammortamento residuo di un giocatore in modo da evitare di segnare a bilancio minusvalenze nell’anno in cui vengono ceduti. L’Inter ha operato così nei confronti degli ammortamenti residui di Hernanes, Schelotto, Taïder, Vidic e altri giocatori minori. Per il “caso Álvarez”, invece, con il Sunderland che si rifiuta di pagare all’Inter i 10,5 milioni pattuiti per il riscatto dopo aver ottenuto la salvezza nella scorsa Premier League, per ragioni relative allo stato fisico non ottimale del giocatore, accantonando già nel 2014/15 questa cifra l’Inter si pone al riparo per il 2015/16 da eventuali decisioni negative sul caso da parte della FIFA.

 

Sommando le tre voci si ottiene il risultato di 44,1 milioni spostati sul bilancio 2014/15 e che non peseranno su quello 2015/16. Di più: il risparmio relativo a queste tre voci nei conti della prossima stagione di fatto è quasi il doppio, perché nel bilancio 2014/15 sono stati pagati due anni di stipendio a Mazzarri, al suo staff e a Vidic, e l’anno prossimo questi due anni (2014/15 e 2015/16, pari a 21,3 milioni l’uno) non saranno più presenti a bilancio, con un risparmio totale di 42,6 milioni.

 

Il discorso è parzialmente il medesimo anche per le svalutazioni: non per tutti i giocatori si è deciso di ammortizzare esattamente due anni, ma da una stima abbastanza vicina alla realtà la differenza alla voce “ammortamenti e svalutazioni” fra il 2014/15 e il 2015/16 dovrebbe attestarsi attorno ai 16,4 milioni. Sommando i risparmi sul prossimo bilancio relativi rispettivamente a 42,6 milioni di stipendi, 16,4 di svalutazioni e 10,5 dell’accantonamento di Álvarez (in caso di soluzione della diatriba legale con il Sunderland a favore dell’Inter) raggiungiamo la ragguardevole cifra di 69,5 milioni, ai quali aggiungere come ulteriore miglioramento i 6 milioni della multa UEFA per il Fair Play Finanziario che sono stati pagati nel 2014/15 e non verranno pagati in caso di raggiungimento dei risultati economici previsti nel 2015/16.

 


Ricky Álvarez, tristemente svincolato.



 

Quindi, provando a fare i conti sulle voci di bilancio aggregate più in vista, partendo dai 140,4 milioni di passivo di bilancio 2014/15 e togliendo i 75,5 milioni di risparmio previsto per il 2015/16, si scende a un deficit previsto per questa stagione di 64,9 milioni. È possibile per l’Inter recuperare i 35 milioni che servono per raggiungere il –30 richiesto dalla UEFA dalle altre voci di bilancio? I dirigenti nerazzurri hanno espresso ottimismo sul raggiungimento dell’obiettivo negli ultimi giorni e le loro speranze sembrano abbastanza giustificate. La mancata partecipazione alle competizioni europee costerà all’Inter circa 11 milioni in minori ricavi, una cifra paragonabile ai costi virtuosi annuali che non vengono computati per il calcolo del Fair Play Finanziario e quindi possiamo elidere dal nostro calcolo queste due voci.

 

La prima sessione di calciomercato, fra plusvalenze e risparmi in stipendi e ammortamenti, dovrebbe aver portato un guadagno netto rispetto al bilancio precedente di circa 25 milioni (35 “lordi” ai quali sottrarre i 10 milioni di plusvalenze ottenute nel 2014/15 e ovviamente non reinseribili a bilancio quest’anno). L’aumento degli introiti da diritti TV italiani dovrebbe portare nelle casse altri 11,6 milioni in più rispetto alla scorsa stagione che, aggiunti ai 25 del mercato, permetterebbero di raggiungere e superare l’obiettivo dei 35 milioni di maggiori ricavi.

 

Va detto che il conteggio in realtà è molto più complesso e dovremmo avere in mano dati non pubblici per ottimizzarlo, quali le previsioni sull’andamento dei ricavi da marketing e su eventuali aumenti o diminuzioni dei costi di gestione. Però quanto descritto dimostra che la prospettiva di chiudere il prossimo bilancio a –30 (o –40 dai quali scalare una decina di milioni di costi virtuosi) è tutt’altro che impossibile.

 

Eventuali aumenti dei costi, dovuti ad esempio a un epilogo negativo del caso Álvarez o a un aumento degli oneri finanziari, dati i prestiti sui quali si basa la gestione finanziaria dei nerazzurri, potranno essere valutati nel corso di questi mesi ed eventualmente essere coperti con una buona plusvalenza nel mercato di gennaio o con un aumento degli introiti relativi alle altre voci di bilancio.

 

Quindi l’Inter può davvero diminuire il proprio passivo annuale di un centinaio di milioni in una singola stagione, ma va comunque dato uno sguardo più ampio all’opera di risanamento tentata da Thohir e alle prospettive di lungo periodo. Finché l’Inter continuerà a chiudere i bilanci in passivo avrà necessariamente bisogno di iniezioni di denaro, o tramite prestiti o tramite aumenti di capitale, per non avvicinarsi al rischio default.

 

L'impressione è che la situazione dei nerazzurri, al di là dei vincoli del Fair Play Finanziario, sia comunque diversa da quella del Parma e quindi in un modo o nell’altro questi soldi verranno trovati anche nelle prossime stagioni. Sia perché Thohir è vincolato a ripianare le perdite almeno per un triennio dal suo ingresso in società; sia perché, a quanto pare, il prestito che ha elargito all’Inter a un tasso di interesse abbastanza alto (ma in linea con le quotazioni di un mercato che difficilmente avrebbe concesso a un club in difficoltà economica come i nerazzurri opportunità più favorevoli) è destinato automaticamente a tramutarsi in capitale sociale nel caso in cui non possa essere ripagato; sia perché il parco giocatori permette, qualora sia necessario, di generare plusvalenze che coprano i buchi di bilancio, magari al costo di indebolire la squadra.

 

Per quanto riguarda la prospettiva sul 2016/17 è evidente che un’eventuale qualificazione alla Champions League renderebbe molto più facile il raggiungimento dell’obiettivo pareggio di bilancio fra due anni, seppur con un mercato per forza di cose ben bilanciato come quello di quest’anno, eventualmente facendo di nuovo ricorso alle opzioni di prestito con obbligo futuro di riscatto per qualche giocatore. Senza la competizione europea principale saranno invece probabilmente necessarie scelte più dolorose per generare plusvalenze maggiori che consentano un’ulteriore miglioramento dei conti rispetto a quello atteso nel 2015/16. Così come la Juventus senza Champions League avrebbe i suoi problemi a tenere Pogba così l’Inter si troverebbe in difficoltà nel mantenere in rosa Icardi, al momento il giocatore nerazzurro che pare poter garantire la migliore plusvalenza in caso di cessione.

 



Il bilancio annuale presentato dalla Roma si è rivelato peggiore di quanto pensassimo, a causa principalmente di un aumento maggiore del previsto del monte ingaggi (passato da 108 a 136 milioni) e dei costi in generale (da 183 milioni a 237, con una crescita di quasi dieci milioni delle spese in “servizi esterni”), che è stato compensato dall’aumento dei ricavi dovuto alla partecipazione alla Champions League, ma non ha portato ai previsti miglioramenti del bilancio nel suo complesso, dato che il passivo finale è stato di 41 milioni, contro i 38 dell’anno precedente.

 

Analizzando più attentamente i ricavi, si nota che manca quell’aumento di ricavi commerciali che si dava quasi per sicuro, essendo la Roma in crescita dal punto di vista di immagine e valore teorico del brand da un paio d’anni. Se questa valorizzazione c’è, non è stata ancora sfruttata, anzi: i ricavi da marketing nel 2014/15 sono stati in leggero calo rispetto all’anno precedente.

 

Emblematica la questione relativa al main sponsor (quello da mettere sulla maglietta): da più di un anno se ne discute, ma la società non ha ancora concluso un accordo a cifre giudicate soddisfacenti rinunciando così a un’importante introito fisso annuale. Basti pensare che al di là del Sassuolo, che per la sponsorizzazione Mapei incassa la cifra di 22 milioni l’anno, totalmente fuori mercato, ma voluta dal patron Squinzi, proprietario sia della squadra che della Mapei, la Juventus e il Milan incassano 17 milioni, l’Inter 12 e il Napoli poco meno di 10, cifra quest’ultima alla quale può ambire o per lo meno avvicinarsi anche la Roma, che un paio di mesi fa ha deciso di non finalizzare un accordo con la Turkish Airlines che avrebbe portato nelle casse societarie sette milioni di euro annui.

 

Come l’Inter, la Roma deve fare i conti con l’accordo transattivo concluso con la UEFA a seguito delle violazioni dei vincoli del Fair Play Finanziario. Ai giallorossi è richiesto di chiudere il biennio 2014/16 con un passivo aggregato totale di 30 milioni di euro. Pur ipotizzando una decina di milioni di costi virtuosi da scorporare, ciò vuol dire che la Roma ha già raggiunto il limite massimo di perdita nel primo dei due anni e dovrebbe puntare a chiudere il prossimo bilancio in pareggio, al netto dei costi virtuosi (migliorando così di circa 30 milioni il risultato economico di quest’anno).

 



 

La dirigenza giallorossa si è dimostrata ottimista in questi giorni sul raggiungimento del risultato anche in caso di eventuale eliminazione del girone di Champions League, anche se i dati a nostra disposizione inviterebbero a essere un po’ meno ottimisti. La decisione di conteggiare sul bilancio 2014/15 alcune plusvalenze concluse in questa sessione di mercato relative a risoluzioni di comproprietà e giocatori ceduti all’estero fa sì che il valore totale delle plusvalenze realizzate nell’annata appena conclusa sia di 28 milioni, contro i 29 contabilizzati sul bilancio di quest’anno nel mercato estivo (soldi in gran parte incassati grazie alla cessione di Romagnoli al Milan).

 

L’aumento degli introiti legati ai diritti tv, più ricchi sia in Italia che in Europa, potrà portare circa 20 milioni in più nelle casse giallorosse, ma i soldi investiti nei nuovi acquisti (quasi tutti in prestito con diritto o obbligo di riscatto) peggiorano i costi annuali proprio di una ventina di milioni.

 

Alla fine dei conti, da questi calcoli sembrerebbe che i giallorossi abbiano bisogno ancora di coprire una trentina di milioni con ulteriori introiti, raggiungibili o tramite i risultati delle coppe o con il calciomercato di gennaio: decisamente troppi per giustificare le dichiarazioni ottimistiche dei dirigenti.

 

Cosa sta succedendo allora? Probabilmente i giallorossi hanno delle buone carte da giocare limando alcune voci di bilancio, che potrebbero andare da un possibile aumento dei ricavi da marketing a una diminuzione dei costi rispetto alla crescita esponenziale dell’ultima stagione; oppure c’è già l’idea di vendere un giocatore a gennaio, anche se sarebbe una decisione difficile da spiegare alla piazza, con la squadra impegnata nella lotta scudetto. Infine, va notato che, a differenza di altre squadre, la Roma a volte contabilizza cessioni di giocatori all’estero nel bilancio dell’anno precedente rispetto alla data di apertura ufficiale del calciomercato (che inizia il 1° luglio, mentre il bilancio si chiude al 30 giugno).

 

È il caso per esempio di Holebas, venduto al Watford “ufficialmente” il 2 luglio, ma la cui plusvalenza è stata inserita a bilancio a giugno e contabilizzata nel conto economico 2014/15. Nella peggiore delle ipotesi è possibile che i dirigenti abbiano in mente di fare una grossa plusvalenza a giugno con questo escamotage, dubbio a livello regolamentare, ma finora sempre lasciato correre dalle istituzioni competenti, recuperando in extremis la cifra necessaria per far risultare il bilancio 2015/16 in pareggio.

 



Se nel bilancio della Roma abbiamo notato l'anomalia nel contabilizzare alcune cessioni di questa estate nel bilancio 2014/15, la situazione della Lazio lascia qualche perplessità in più. Avevamo presentato la squadra di Lotito come l’esempio di oculata gestione economica che mette l’obiettivo “conti in ordine” prima di tutto, a costo di limitare le ambizioni sportive e, a un primo sguardo, questo approccio pare confermato, dato che la società ha annunciato per la quarta volta negli ultimi cinque anni una chiusura in attivo (+6 contro il +7 dell’anno scorso).

 



 

Spulciando i dati, però, si nota che anche i biancocelesti si sono avvalsi di un escamotage che non si sa quanto sia realmente utilizzabile, tanto che nei documenti ufficiali pubblicati si specifica chiaramente che i risultati di bilancio presentati contengono “dati non ancora verificati dalla società di revisione e non esaminati dal consiglio di sorveglianza”, quindi non possono essere ancora ritenuti ufficiali al 100%.

 

Sto parlando della decisione anomala di contabilizzare nel bilancio 2014/15 gli introiti “certi” dovuti alla partecipazione alle coppe europee nella stagione 2015/16. Se è pur vero che la qualificazione ai preliminari di Champions League ha permesso alla società di essere sicura di disputare almeno la fase ai gironi di Europa League 2015/16, è anche vero che questo modo di contabilizzare le entrate dovute alle competizioni europee rappresenta una novità che non è detto venga accettata dagli organi di controllo.

 

La Lazio ha in questo caso contabilizzato un introito certo di circa 22,3 milioni derivante dalle coppe europee 2015/16, così suddiviso: 3 per la sconfitta ai playoff di Champions League, 11 per il Market Pool Champions League (che quest’anno premia per il 10% della quota nazionale anche le squadre eliminate ai playoff), 2,4 per la qualificazione alla fase a gironi di Europa League, 4,6 per la quota minima di Market Pool Europa League in caso di eliminazione ai gironi e 1,3 di conguaglio previsto per partecipazioni passate.

 

Se togliamo ai 6 milioni di utile i 22 inseriti anticipando i soldi delle competizioni europee di quest’anno avremmo un passivo di –16 assolutamente inusuale per la gestione Lotito. Peserebbe la mancata partecipazione alle coppe europee nel 2014/15, ma non sono da sottovalutare nemmeno l’aumento del monte stipendi (da 52 a 61 milioni a causa, secondo quanto si legge a bilancio, dell’impossibilità di vendere alcuni giocatori fuori dal progetto), dei costi totali (da 83 a 86, con l’aumento del monte stipendi parzialmente compensato da una diminuzione delle spese amministrative), una contrazione dei ricavi pubblicitari (-3 milioni) e soprattutto un secco “0” alla voce plusvalenze, in netto calo rispetto al +23 della scorsa stagione.

 

Plusvalenze che sono state quasi inesistenti anche nel mercato estivo 2015 (circa 2 milioni, principalmente dovuti alla cessione di Cavanda), condotto mantenendo un equilibrio sia relativamente al monte ingaggi che al monte ammortamenti, che dovrebbero rimanere più o meno stabili.

 

A quanto pare, quindi, anche la Lazio inizia a risentire della necessità di partecipare alle coppe europee per riuscire a raggiungere un equilibrio di bilancio ed è costretta a qualche acrobazia finanziaria per far tornare i conti in eventuali annate senza coppe, come successo nella scorsa stagione.

 

Va comunque sottolineato che anche in caso di bocciatura del bilancio da parte degli organi competenti e di un passaggio da +6 a –16 la Lazio è abbastanza solida da far fronte senza problemi a questo valore negativo per una singola stagione e potrà in ogni caso riversare quei 22 milioni sul bilancio 2015/16, che si chiuderà a quel punto quasi certamente in positivo. Viceversa, se venisse accettato l’escamotage laziale, è probabile che per far tornare i conti la dirigenza replicherà la stessa scelta contabile anche l’anno prossimo in caso di qualificazione alle coppe europee 2016/17.

 
 

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