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La complicata eredità di Hulk Hogan
25 lug 2025
Breve storia di una figura leggendaria e controversa.
(articolo)
6 min
(copertina)
IMAGO / Newscom World
(copertina) IMAGO / Newscom World
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Terry Gene Bollea, conosciuto ai più come Hulk Hogan, simbolo del wrestling in tutto il mondo, è morto. Se ne parlava da quasi un mese, per via di una notizia fatta trapelare da una controversa personalità radiofonica, Bubba "The Love" Sponge, secondo il quale Hogan era sul letto di morte, con i familiari avvisati di prepararsi a dargli l’ultimo saluto.

Al tempo non si è dato troppo tempo alla notizia, che forse però era più fondata di quanto si pensasse, forse per via della pessima reputazione della fonte, che tra l'altro aveva rapporti complicati con Hulk Hogan (tra i motivi che poi hanno portato allo storico processo , importante per ragioni che vanno oltre la vicenda in sé e protagonista del documentario di Netflix, tra Hogan e la rivista scandalistica Nobody Speak di Netflix, tra Hogan e la rivista scandalistica Gawker, che fallì proprio a seguito di quel processo).

Forse l'aspetto più interessante della morte di Hogan, almeno per adesso, è la spaccatura molto netta nelle reazioni che ha provocato. Da una parte quello che ci si aspetta: ricordi accorati dell’uomo che per il mondo rappresenta il wrestling più di qualsiasi altro lottatore che sia mai esistito; cordoglio per un mito, fosse di infanzia, adolescenza o ancora in età adulta; la sensazione che se ne sia andata via un’altra importante icona culturale degli anni ‘80, dopo le recenti morti di Malcolm-Jamal Warner (Theo de “I Robinson”) e di Ozzy Osbourne - Ozzy che, per altro, come Hogan, fu insignito del titolo di “Hall of Famer” della WWE. Per non parlare poi dei ricordi dei suoi colleghi, che si sono subito lanciati in elogi per il loro grande amico e icona. Dall'altra, però, ci sono anche le tantissime reazioni da parte dei fan assidui della disciplina, di quelli che sono “dentro” al wrestling: reazioni che, per usare un eufemismo, mancano di quella riverenza che ci si aspetterebbe per il lottatore simbolo della disciplina.

Hogan è arrivato a 71 anni dopo una vita disordinata, segnata da molteplici operazioni chirurgiche, infortuni, abusi di sostanze di vario tipo e continue apparizioni pubbliche. È durato molto più di tanti suoi storici colleghi - come per esempio “Macho Man” Randy Savage e The Ultimate Warrior. Nel 2011 un articolo denunciava un problema relativo allo stato di salute dei lottatori osservando come il 25 per cento dei lottatori apparsi a Wrestlemania VII, nel 1991, fosse già morto, alcuni molto giovani. Oggi quella statistica è intorno al 50 per cento, un dato piuttosto impressionante.

Hogan di certo non ha fatto nulla per risultare meno controverso, termine che forse è persino troppo sfumato per la sua figura, raccontata in diversi frangenti dagli altri lottatori. Gli steroidi, il razzismo, le innumerevoli bugie e racconti fasulli diventati oggetto di altrettanti meme (tra tutti quello per cui, secondo Hogan, sarebbe stato vicinissimo a essere bassista dei Metallica), la sua controversa famiglia, il suo comportamento dietro le quinte e, infine, l’endorsement pubblico a Donald Trump, che ha ricordato con un post sui social la scomparsa del suo “grande amico”.

Hogan, negli ultimi anni della sua vita, era diventato una figura sbrindellata ai bordi dai suoi aspetti più problematici, come ci ha ricordato anche lo show Monday Night Raw, con cui il wrestling ha fatto il suo tentativo per tornare mainstream. Nella prima puntata, per dire, l'apparizione di Hogan serve sostanzialmente a una sola cosa: promuovere la sua birra, la Real American Beer. Anche per il pubblico che gli era rimasto vicino quella è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Per la prima volta in anni, la figura di Hogan è stata totalmente rigettata, con una serie di fortissimi fischi che hanno, di fatto, ucciso l’Hulkamania una volta e per sempre, relegandola definitivamente in un passato lontano.

Questa evoluzione finale è stata piuttosto drammatica, se si pensa al punto da cui partiva la figura di Hulk Hogan, che per anni è stata un'icona seguita e attesa con trepidazione. Come non ricordare allora i suoi momenti più leggendari? La sua entrata sulle note di Eye of the tiger prima, dopo aver partecipato in Rocky III nel ruolo di Thunderlips (Labbra Tonanti in italiano), e di Real American poi? Hulk Hogan, emblema a stelle e strisce dell’eroico patriottismo statunitense della World Wrestling Federation (WWF), che vuole che i bimbi dicano le loro preghiere, prendano le loro vitamine e facciano di tutto per essere dei bravi americani e “Hulkamaniacs”. Hogan che lotta insieme a Mr. T nella prima Wrestlemania, Hogan che solleva per un Bodyslam il colossale Andre The Giant a Wrestlemania III, di fronte a più di settantamila spettatori.

E l’Hogan heel, poi? Quello che, nel 1996, nella federazione rivale della WWF, la World Championship Wrestling (WCW), si unisce a Scott Hall e Kevin Nash per formare il New World Order (NWO), un gruppo di lottatori mercenari e spietati, pronti a prendere il controllo della federazione solo per se stessi in nome dei soldi. In un’epoca pre-internet Hogan si era messo talmente tanto in vista da smaterializzarsi come persona e diventare una specie di cartone animato. Poi quella figura, come detto, ha iniziato a colare, sbavarsi, andare verso il lato oscuro. Hogan fumatore di sigaro, baro spietato, che entra sul ring assieme a Dennis Rodman la sera dopo che i Bulls avevano conquistato il campionato NBA, riportando il wrestling al centro dell’attenzione mediatica come era stato nel suo periodo d’oro degli anni ‘80. Al centro sempre lui, in una veste più cinica e crudele, ma altrettanto iconica.

E anche negli anni 2000 Hogan non conosce pausa; tornato nella ora WWE nel 2002, Hogan rientra da cattivo, da membro del NWO, per andare contro Dwayne Johnson, The Rock, uno dei pochi ritenuti carismatici quanto lui. Il match tra i due, a Wrestlemania X-8, si svolge in Canada, ma è comunque carico di una atmosfera unica, irripetibile, leggendaria. Ad accompagnare le mosse dei due c'è un'ovazione assordante, il pubblico sembra consapevole di essere di fronte a uno spettacolo storico. Nonostante la vittoria di The Rock, è Hogan a uscirne rinato, di nuovo amato dalla folla. Quell’incontro e quella reazione, forse anche sulla spinta della nostalgia, lo porteranno a vincere di nuovo il titolo della WWE contro Triple H il mese dopo, il suo ultimo regno con la cintura massima della federazione di cui era stato campione per tanti anni.

Questo ultimo regno titolato sarà breve e nato appunto da un momento nostalgico, ma il solo fatto che sia avvenuto è indicativo della potenza del nome e della figura di Hulk Hogan, che d'altra parte ha provato a tenerlo in vita fino all'ultimo. Quest’anno Hogan aveva addirittura cercato di creare una sua federazione, la Real American Freestyle, che fondesse il wrestling con le MMA. Ora che è venuto a mancare non si sa che fine farà questo progetto.

Cosa rimane quindi? È complicato - certo, è complicato per tutti, ma per Hulk Hogan un po' di più. Forse è impossibile fare ordine tra i ripetuti errori dell’uomo e l’assoluta importanza del personaggio, senza il quale, con ogni probabilità, non avremo mai avuto la possibilità di fruire della WWF e del wrestling in generale, almeno così com'è oggi.

E quindi oggi si può fare solo una cosa. Dite le vostre preghiere, prendete le vostre vitamine, e ricordatevi, se non di Terry Bollea, almeno di Hulk Hogan, che combatte per i diritti di ogni uomo.

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