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Triple H, il costruttore di mondi
23 mag 2025
Breve storia del leggendario wrestler, da poco inserito nella Hall of Fame della WWE.
(articolo)
15 min
(copertina)
IMAGO / ZUMA Press Wire
(copertina) IMAGO / ZUMA Press Wire
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Tra i primi ricordi di Paul Levesque ci sono sono gli show di wrestling visti sul divano col padre. Da piccolo rimaneva affascinato dai wrestler e li considerava personaggi lontani dalla realtà, larger-than-life, con quelle doti atletiche fuori dal comune e i fisici scolpiti.

È la fascinazione che lo porterà alla passione per il bodybuilding e il sollevamento pesi che inizia a praticare già a 14 anni. È in questo contesto che incontra Ted Arcidi, il primo uomo a stabilire il record mondiale di sollevamento di oltre i 320 chili. I due si parlano, si capiscono, e Arcidi arriva a confidargli di essere in una fase stagnante della sua carriera e di voler passare al mondo del wrestling professionistico.

Questa dimensione, quella del pro-wrestling si intende, passa quindi nel mondo reale di Levesque, che lo inizia a percepire non come una fantasia infantile ma come un “vero lavoro”. Per questo chiede di entrare in contatto con il suo futuro allenatore, Edward Władysław Spulnik, o come viene chiamato: Killer Kowalski.

Gli allenamenti di Kowalski erano famosi per essere duri. La sua idea era quella di forgiare i performer con il dolore fisico e lo stress psicologico. Paul Levesque, cioè Triple H, però non si spaventa e oggi conserva un ottimo ricordo di quegli anni, che definisce come il suo primo incontro con il suo habitat naturale, il ring.

Kowalski non era molto interessato allo sviluppo del personaggio e affibia a Levesque il vago e curioso soprannome di “The Terrorizer” che divenne poi, con qualche modifica, Terra Ryzing con cui debuttò nel 1992.

Levesque comunque non abbandona del tutto la carriera da bodybuilder e fortuna vuole che la palestra per cui lavora abbia una partnership con Ric Flair, ai tempi asso della WCW (World Championship Wrestling). Levesque lo conosceva bene e, quando viene a sapere dell’organizzazione di una convention con il leggendario wrestler, implora i suoi superiori di presenziare per conto della palestra. L’obiettivo era quello di consegnargli di persona dei DVD con le sue performance e il curriculum. Levesque in quell’occasione non ci riesce ma successivamente, quando gli viene in aiuto Chip Burnham, un promoter WCW a cui consegna tutto il materiale.

L’idea funziona. I DVD convincono i vertici della WCW a provarlo per 5 minuti sul ring. Quell’incontro conoscitivo non li lascerà indifferenti. Due veterani della disciplina come Arn Anderson e William Regal gli fanno i complimenti e riveleranno successivamente di aver pensato subito che avesse qualcosa di speciale.

Eric Bischoff, ex vice presidente della WCW, gli propone un accordo di due anni per 52mila dollari. Levesque prova ad impressionarlo: risponde che gli basta un anno di contratto, «per dimostrargli che lui valesse molto più di 52.000 dollari».

In ogni caso l’affare è fatto. Levesque comincia a passare moltissimo tempo al WCW Power Plant, il centro d’allenamento della federazione, insieme a Regal e a un’altra leggenda come Terry Taylor, che insieme provano trasmettergli tutto ciò che sanno. È in questo periodo che Regal lo definisce «un pezzo d’argilla».

La svolta arriva con una telefonata dalla CNN, che gli chiede di fare una promo - una richiesta piuttosto sorprendente se si pensa che stava ancora cercando la sua dimensione in federazione. Ric Flair allora gli dà un consiglio per rendere il suo personaggio più televisivo: «Hai questo nome un po’ francese, Paul Levesque... a questo punto parla in marcato accento francese, fai finta di essere un nobile decaduto, chiamati Jean Paul Levesque».

Il consiglio inizialmente gli sembra ridicolo. Un ragazzo del New Hampshire che fa l’accento francese? Rispetto a Terra Ryzing, però, gli sembrava comunque un compromesso migliore. Negli show, quindi, inizia a sfoggiare questi modi aristocratici, con una lunga coda di capelli biondi e la storiella di essere scappato dalla Francia in preda ad attacchi di rabbia e a un’indole violenta.

In WCW, interpreta con William Regal una coppia di heel aristocratici franco-britannici, i “Blue Blood”. Dopo essere riuscito a strappare i titoli di coppia agli “Harlem Heat” (la coppia formata dai fratelli Booker T e Stevie Ray), però, i due capiscono che la WCW non può dargli ciò di cui avevano bisogno. La federazione, infatti, era in procinto di tagliare significativamente il numero di house-shows (cioè gli show dal vivo, non trasmessi in TV) per rendere la programmazione più centrata sulla TV. Ed è qui che entra in gioco Vince McMahon, allora proprietario della WWF.

Nel 1995 Jean Paul Levesque debutta in WWF con una nuova gimmick e un nuovo ring name: Hunter Hearst Helmsley, l’elitista americano. È in questo periodo che viene notato prima da Diamond Dallas Page e poi da Kevin Nash, anche per la sua abitudine - rarità per i wrestler di quegli anni - di non consumare né alcol né droghe.

Nash, in realtà, lo conosceva già per via degli show della WCW ma quando lo incontra nasce un’idea. Aggregarlo a Shawn Michaels, Razor Ramon (il futuro Scott Hall) e 1-2-3 Kid (il futuro X-Pac) per creare la cosiddetta Kliq (La Cricca). Michaels, Nash e Hall godevano di grande potere contrattuale, tale da far virare le decisioni di booking e della dirigenza a proprio favore, ma la loro alleanza dura poco. Fino al 1996, per la precisione, quando sia Scott Hall che Kevin Nash lasciano la WWF per compiere lo storico debutto in WCW.

L’ultimo show a cui i due prendono parte è un house show al Madison Square Garden di New York in cui Hall viene battuto da Triple H, e Nash da Michaels. Al termine della seconda contesa, i quattro si abbracciano con affetto, come se volessero augurarsi reciprocamente buona fortuna per i futuri impegni lavorativi.

È un gesto che produce un’eco imprevista. La kayfabe (cioè la sospensione dell’incredulità) nel wrestling allora era infatti ancora più protetta di adesso e un gesto del genere, tra avversari, poteva significare mettere a rischio l’intera industria. I wrestler non dovevano mai uscire dal personaggio in pubblico, figuriamoci negli show. È per questa ragione che questo avvenimento successivamente prese addirittura un nome: Curtain Call (più o meno: "cala il sipario").

Dietro le quinte, però, la dirigenza è furiosa. Vince McMahon convoca Hunter in ufficio e gli promette una punizione esemplare, cioè la sua sostituzione come vincitore del prestigioso King Of The Ring a favore di “Stone Cold” Steve Austin.

Durante quei mesi la sua carriera è un continuo susseguirsi di sconfitte. «Spalerai letame e inizierai ad apprezzarne l’odore», gli dice McMahon, finché la luce non riappare nell’ottobre del 1996, quando arriva la sua prima vittoria del Titolo Intercontinentale.

Ci vuole ancora del tempo per rimetterlo definitivamente in pista, però. Una sera, insieme a Shawn Michaels, si trova davanti in un hotel una donna particolarmente muscolosa, una bodybuilder che scoprono sia interessata al mondo del wrestling. È una presenza talmente affascinante e carismatica che propongono a McMahon di ingaggiarla come manager o bodyguard di Triple H - un archetipo femminile finora mai visto nella disciplina.

Ci vuole un po’ a convincere McMahon ma alla fine ce la fanno. Nel 1997, quindi, debutta la leggendaria Chyna, nome che fa riferimento ad un gioco di parole tra la delicatezza della porcellana (che in inglese può essere chiamata china, un termine mutuato dall'importazione della porcellana dalla Cina) e la durezza del suo personaggio. Soprannominata anche la “nona meraviglia del mondo”, Chyna ha il merito di introdurre una nuova immagine femminile forte in un ambiente in cui le donne erano comparse o costantemente sottostimate.

Un anno dopo, nel 1997, arriva la tanto sudata vittoria al King Of The Ring. Hunter vince finalmente le perplessità nel backstage, dove adesso McMahon si fida di lui. Il personaggio viene scolpito soprattutto attraverso la faida tra lui e Mankind, che gli permette di superare una narrazione troppo ambigua tra codardia e alterigia.

I AM THE GAME

Il rapporto con gli avversari in questo senso è sempre stato importante. Nello stesso periodo, infatti, in WCW, il duo di Scott Hall e Kevin Nash, chiamati gli “Outsiders”, utilizzano la rottura della kayfabe a proprio vantaggio fingendosi delle spie della WWF che progettavano di invadere la WCW dando vita alla memorabile NWO, una fazione di ribelli.

Shawn Michaels e Hunter, vedendo il successo di questa storyline, propongono a loro volta di formare una stable a McMahon, che però inizialmente non è convinto. La cosiddetta "D-Generation X”, nome di questo gruppo che alla fine riuscì a crearsi con la formazione originale di Triple H, Michaels e Chyna, appare per la prima volta nel 1997 con dei modi di fare all’insegna della trasgressione e della ribellione, generando molto interesse nella fascia demografica dai 18-49, la più contesa durante la guerra dei rating tra le due promotion. È in questo periodo che avviene il simbolico cambio di ring name: da Hunter Hearst Helmsley a Triple H, che fa riferimento alle tre H iniziali di quello precedente.

Grazie a questo successo Triple H riesce a imporre a poco a poco il suo nome per la scena del main event. E quando nel 1998 Michaels decide di prendersi del tempo per recuperare dagli infortuni perdendo il titolo mondiale WWF, Triple H prende le redini del gruppo col famoso promo “the ball is mine”. Il gruppo adesso si chiamerà DX Army e verrà arricchito dall’aggiunta di X-Pac e il tag team dei “New Age Outlaws” cioè Road Dogg e Billy Gunn.

Triple H diventa leader indiscusso, godendo del pieno controllo creativo, e così arriva il primo momento iconico della sua carriera. Si tratta dell’Invasion, una vera e propria invasione della DX nell’arena in cui la WCW stava producendo il suo show.

È un punto di svolta non solo per Triple H ma anche per l’intera WWF che riesce a mettere in difficoltà l’avversaria e ad accaparrarsi un grandissimo seguito di ascolti. Una valanga che porterà alla vittoria delle Monday Night Wars e all’acquisto della WCW.

Celebre, in questo periodo, anche la faida con un’altra fazione, la "Nation Of Domination”, capitanata da The Rock, che contrappose il carattere comico e ironico dei primi con la serietà e la competitività dei secondi. Uno scontro che sfocia nel famoso Ladder Match dell’edizione di Summerslam del 1998.

La combinazione delle due storyline legittima ancora di più Triple H, permettendogli di entrare finalmente nel main event, la sua consacrazione da star in singolo e soprattutto da heel. Triple H ha sempre voluto essere odiato, essere il cattivo numero uno della federazione. A quel punto la scelta di abbandonare la DX è naturale, seppur difficile. Siamo nel luglio del 1999.

La mossa diventa ufficiale con l’iconico discorso durante un’intervista con Jim Ross, in cui introduce per la prima volta il soprannome “The Game”. Triple H sfoga la sua frustrazione per le punizioni subite dopo l’incidente della Curtain Call, esplorando i lati più narcisisti del suo personaggio, che si rivela essere anche un fine stratega, un "assassino cerebrale", come qualcuno lo definisce.

La prima vittoria del titolo mondiale WWF arriva in una puntata di Raw del 1999. Un successo che convince definitivamente anche Vince McMahon. D’altra parte, Triple H è disciplinato, affidabile, è di bell’aspetto e ha una larga fanbase. Come si fa ad andare più di così? Triple H scopre di nuovo che un incontro finirà per cambiarlo. In questo caso ad essere decisiva è Stephanie McMahon, la figlia di Vince.

Stephanie non è una wrestler, ma vuole essere una personalità on-screen. Inizia quindi a lavorare con Triple H per una storyline in cui intraprendono una relazione per poi schierarsi contro la famiglia McMahon e prendere le redini della compagnia.

La frequentazione tra i due continua anche dietro le quinte, dove nasce una relazione vera, che però viene tenuta segreta ai McMahon. Vince infatti aveva vietato a Stephanie di intrattenere relazioni sentimentali con i wrestler e Triple H non voleva dar adito a voci di favoritismi.

Alla fine, però, la voce esce, e Triple H sente ancora di più la pressione per essere impeccabile. Forse è questa spinta a fargli vincere la cintura nel 2000, nel 60 Minutes Iron Man Match con The Rock? Triple H rimane una figura di spicco anche nelle storie di rilievo con Kurt Angle, Chris Benoit o Steve Austin fino a quando questo ritmo infernale lo spezza. È la puntata di Raw del 21 maggio 2001 quando arriva il grave infortunio al quadricipite.

Triple H ci mette ben nove mesi a tornare, ma l’attesa non è vana. Nella puntata di Raw del 7 gennaio 2002 si presenta infatti con l’iconica combinazione giacca di pelle e jeans, che è come molti oggi lo ricordano.

Al suo ritorno i fan lo accolgono con un boato clamoroso per un cattivo. Un riconoscimento elevatissimo per la sua dedizione e la sua etica del lavoro, ricompensate con la conquista del Royal Rumble Match e il privilegio di diventare campione indiscusso dei pesi massimi a Wrestlemania 18.

EVOLUTION IS A MYSTERY

Da quel momento Triple H diventa anche un soggetto rilevante all’interno del circuito da un punto di vista creativo. Un esempio è la decisione nel 2002 di ricontattare una leggenda come Ric Flair dopo averlo visto troppo ai margini degli show settimanali, abbandonato a se stesso, per proporgli il ruolo di manager. «Triple H è sempre stato un uomo sensibile in un business insensibile», ha detto una volta Flair.

D’altra parte, Flair è sempre stata una delle principali influenze di Triple H. “Nature Boy”, come si chiamava il suo personaggio, era stato infatti il cattivo per eccellenza degli anni ‘70-’80 nei territori antagonisti alla WWF, iconico per l’ostentazione di abiti firmati o di auto di lusso oltre ovviamente al grandissimo numero di regni titolati. L’influenza di Flair è chiara anche nel tentativo di ricreare la famosissima stable heel dei "Four Horsemen”. È da questa idea che nasce la Evolution, al cui nucleo originario si aggiungono due nuove star da forgiare: Randy Orton e Batista, appena promossi dal territorio di sviluppo OVW che, seppur carismatici e talentuosi, annaspavano un po’ nel roster di Raw per colpa di infortuni e gimmick discutibili.

C’è un periodo d’oro in cui tutti i membri della fazione hanno un titolo nel loro arsenale, diventando una delle forze più dominanti all’interno della federazione. È il momento in cui Randy Orton diventa il campione dei pesi massimi più giovane della storia della promotion e Batista uno dei wrestler più amati dei primi anni 2000.

Certo, va detto che il successo dell’Evolution è la faccia luminosa del cosiddetto regno del terrore, durante quale Triple H decide di affossare lo status di moltissimi talenti come Rob Van Dam, Booker T, Scott Steiner o Kane, guardati con diffidenza dalla dirigenza poiché ritenuti troppo poco interessanti o troppo immaturi per coprire il ruolo di volto della compagnia (che in quel momento era proprio Triple H).

Per via di questo suo ruolo, non sono in pochi a ritenerlo una specie di burattino della dirigenza, soprattutto dopo il matrimonio con Stephanie McMahon nel 2003. È da quell’anno in effetti che Triple H diventa un membro ufficiale della famiglia e inizia a lavorare a più stretto contatto con Vince McMahon.

END OF AN ERA

Gli ultimi tasselli della sua carriera in-ring sono coronati prima dalla reunion con l’amico di sempre, Shawn Michaels, in una riedizione della D-Generation X che, nell’era PG, si abbandona ad un lato comico e meno ribelle. Celebre in questo periodo la storyline a tre con Undertaker e Shawn Michaels, la End Of An Era.

I due match di Triple H con Undertaker, specie quello di Wrestlemania 28, segnano il definitivo cambio generazionale tra le star dell’Attitude Era e quelle della Ruthless Aggression, tema che sarà molto caro a Levesque nella sua carriera dirigenziale.

Triple H, in quegli incontri, riesce infatti a far sembrare vulnerabile Undertaker per la prima volta durante la sua streak d’imbattibilità a Wrestlemania, portando il match spesso pericolosamente dalla sua parte. In questo modo l’incontro tra i due avversari si sposta da un piano fisico a uno psicologico, emotivo. Alla fine, dalla gogna dell’Hell in a Cell, non escono due vincitori, ma due fantasmi di un’era passata, che si trascinano via a vicenda.

Il finale è leggendario. I tre protagonisti tornano nel backstage mentre il commentatore Jim Ross, in un attimo di commozione, condensa in un’unica frase questo romanzo visivo: «Penso di aver appena assistito alla fine di un’era».

TRIPLE H, IL DIRIGENTE

«Da wrestler, pensi a te stesso. Da leader, devi pensare a tutti gli altri», ha detto una volta Triple H. Il suo cursus honorum nei ranghi della dirigenza WWE è una conseguenza naturale del suo percorso, visti sia i legami con la famiglia McMahon che la sua creatività e ambizione.

Vince McMahon, non a caso, lo nomina vicepresidente delle relazioni con i talenti nel 2010, e il suo primo successo è la fondazione e la completa trasformazione del progetto NXT che diventa un effettivo terzo brand alternativo e competitivo ai più blasonati Raw e Smackdown. Con Triple H, NXT prende una piega internazionale portando in WWE nomi di rilievo come Asuka, Finn Balor, Shinsuke Nakamura o Iyo Sky.

Lo stress imposto da un costante e progressivo aumento delle responsabilità dirigenziali insieme alle ultime attività sul ring, però, presentano il conto. Nel 2021 Triple H ha un arresto cardiaco da cui si salva miracolosamente grazie alla moglie Stephanie. È il momento che lo convince a ritirarsi definitivamente da ogni tipo di attività in-ring e a condurre uno stile di vita morigerato con un defibrillatore al petto.

La sua scalata trentennale però non è finita. Quando il suocero Vince McMahon si dimette nel 2023, lui riceve la nomina di capo del comparto creativo, diventando quindi il responsabile della scrittura degli show, e della gestione degli eventi dal vivo.

La sua introduzione nella Hall Of Fame del 2025, avvenuta ufficialmente alla metà di aprile, è una diretta conseguenza di questo percorso. E il discorso con cui l’ha celebrata riflette appieno la sua storia: una costellazione di incontri, legami e opportunità colte al momento giusto che alla fine hanno premiato l’impegno e l’ambizione.

Triple H cita la collaborazione artistica con Lemmy Kilmister, il frontman dei Motorhead, che ha inciso alcune delle colonne sonore storiche per l’Evolution, come The Game e Line in The Sand; le sue fonti di ispirazione: Arnold Schwarzenegger, definito “il sogno americano", il powerlifter Ted Arcidi, l’allenatore Killer Kowalski, Eric Bischoff, il primo a vedere qualcosa in lui; e poi ancora Dusty Rhodes, Arn Anderson, Harley Race: non solo leggende, ma fari nella nebbia del suo inizio. Ognuno, una lezione. Ognuno, una chiave.

La storia di Triple H è il racconto di un uomo che non si è fatto da solo, come si dice, ma che al contrario ha saputo ascoltare, imparare e trasformare ogni incontro in un tassello fondamentale della sua costruzione identitaria. Un wrestler che ha reso onore non solo a se stesso, ma a un’intera generazione di lottatori che hanno plasmato il suo cammino.

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