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Marco D'Ottavi

La seconda vita di Hiannick Kamba

L'assurda vicenda dell'ex compagno di Neuer, riapparso dopo essere stato dichiarato morto.

Il 9 gennaio 2016 la placida patina di immortalità del calcio viene sfiorata appena dalla notizia della morte di Hiannick Kamba. La sua figura occupava un punto lontanissimo nella memoria calcistica, avendo percorso la parabola che in tanti percorrono, passando per le giovanili di una squadra di prima fascia per poi rimanere impantanato nel calcio delle leghe minori e rapidamente sparire. Più che di un calciatore, la morte di Kamba rappresentava la morte di un compagno di un calciatore molto famoso, avendo diviso gli anni delle giovanili allo Schalke 04 con Manuel Neuer, il portiere più forte del mondo, eroe del Mondiale vinto appena due anni prima dalla Germania.

 

 

Kamba era arrivato con la famiglia in Germania dal Congo nel 1986, poco dopo la sua nascita. Si erano stabiliti a Essen, nella Ruhr, e a 15 anni era entrato nelle giovanili dello Schalke. Nel 2005 la famiglia viene espulsa dal paese, nonostante in Congo fosse ancora in corso la guerra civile da cui erano scappati anni prima. Kamba riceve la notizia mentre si trova a Berlino per partecipare alle finali della Coppa di Germania U19. In quel momento fa parte di una squadra giovanile e quindi il provvedimento di espulsione lo costringerebbe a lasciare il paese con la famiglia, ma lo Schalke decide di offrirgli un contratto tra i professionisti con la sua seconda squadra, permettendogli di ricevere un regolare permesso di soggiorno e rimanere in Germania.

 

Come si racconta in questo articolo, la scuola e la società lo aiutarono molto in quelle settimane, organizzando una raccolta fondi per il suo sostentamento e mettendogli a disposizione un avvocato. Non viene spiegato, ma sembra quasi che il gesto dello Schalke di tenerlo nella sua seconda squadra, quella che usa per svezzare i suoi migliori talenti, sia stato più di umanità che non di interesse tecnico verso il suo profilo sportivo. Grazie a questi aiuti Kamba riesce a terminare gli studi e continuare a giocare a calcio. L’articolo è l’unico che si trova su di lui prima della sua morte e si chiama Hiannick Kamba: dal Congo a Neuer e non accenna mai al suo talento calcistico, neanche il ruolo ci viene rivelato. Non esistono articoli o schede tecniche sulle sue qualità. Non ha mai fatto parte di liste di giovani promettenti, sicure stelle, possibili fenomeni. Non sappiamo quanto fosse forte all’epoca, è difficile giudicare i giocatori periferici delle formazioni giovanili, probabilmente per Kamba il calcio è stato più che altro il modo per sfuggire a una vita segnata, sicuramente la via di scampo da un rimpatrio coatto.

 

La morte

Nel documentario Zero a zero Paolo Geremei segue tre ex stelle del calcio giovanile italiano che non ce l’hanno fatta. Una di loro giocava con Totti, ed era lui ad indossare il 10; un altro era il titolare della Nazionale U15, Buffon il vice. Chissà se qualcuno ha mai pensato che Kamba potesse essere un terzino più forte di Höwedes, che giocava nella seconda squadra dello Schalke 04 insieme a lui e Neuer, dove l’anno prima aveva giocato Özil e dove crescerà anche Leroy Sané, nato a Essen dove Kamba è cresciuto. Probabilmente no: secondo la scarna pagina che gli dedica Transfermarkt (sono dovuto risalire al suo nome dalla rosa dello Schalke 04 II del 2007, usando la ricerca sulla home il suo nome non compare), dopo quell’esperienza Kamba si trasferisce al Germania Gladbeck, nella Oberliga Westfalen, il quinto livello del calcio tedesco, in tutta la stagione mette insieme 9 presenze. Da lì inizia una girandola di movimenti che lo porta a cambiare squadra praticamente ogni anno, nomi che a noi sembrano uscire da un racconto di Günter Grass: SV Zweckel, FC Recklinghausen, SV Vestia Disteln, sempre categorie minori.

 

Al momento della sua scomparsa, Kamba aveva 29 anni e giocava in Bezirksliga per il VfB Hüls, una squadra della città di Marl nella Renania Settentrionale-Vestfalia. Il 15 gennaio l’account Twitter ufficiale della squadra piange la sua perdita, rimandando a un link che però non è più attivo. La notizia ha tre retweet e un commento – RIP KAMBA. Due giorni dopo presentava un necrologio scritto dal presidente della squadra, indicando come la sua morte fosse stata “sorprendente”. Anche questo non è più disponibile. Sulla pagina Facebook appare una foto in cui dei suoi compagni tengono in primo piano quella che doveva essere la sua maglia, le facce sono tristi, il contesto casalingo.

 

 

Nessuna notizia appare però sui canali ufficiali dello Schalke 04, almeno non che sia stato in grado di recuperare. A dare la notizia della sua morte era stata la moglie: Kamba era rimasto ucciso in un incidente stradale in Congo. Avrebbe presentato come prove dei documenti, tra cui un certificato di morte congolese. Sulla sua pagina Transfermarkt, l’unico segno della sua carriera di giocatore, al 2016 c’è scritto “ritiro”.

 

Da quel momento ovviamente Kamba smette di essere anche un trafiletto, rimanendo forse un ricordo lontano nei compagni delle mille squadre che ha girato e probabilmente in qualche amico o ex fidanzata. Questo almeno fino al 4 maggio di quest’anno, quando sulla Bild è uscito un articolo dal titolo Il defunto ex Schalke è ancora vivo, in cui viene raccontato che Kamba non è morto in Congo, ma è ancora vivo e lavora come elettricista in un’azienda nella Ruhr, dove era arrivato da neonato 33 anni prima.

 

La resurrezione

«Sono veramente contento di aver saputo che è ancora vivo. La notizia della sua morte mi aveva scioccato». Anche la resurrezione di Kamba è passata inevitabilmente attraverso il suo unico appiglio con la fama, ovvero Manuel Neuer. La sua è l’unica dichiarazione raccolta dal giornale tedesco, che in qualche modo è riuscito a contattare il portiere anche in questo momento particolare, piuttosto che cercare i suoi compagni al VfB Hüls, che da un giorno all’altro si sono dovuti convincere che il compagno morto a metà stagione – per cui magari avevano pianto in spogliatoio o dedicato un brindisi al pub – era invece vivo e vegeto.

 

Non ho trovato una partita in cui sicuramente Kamba era in campo, ma questo è il livello di calcio in cui giocava. È effettivamente strano pensarlo come compagno di Neuer.

 

La ricostruzione della storia di Kamba ha molte ombre, come ogni storia di un uomo che prima muore e poi risorge come elettricista. Secondo la Bild Kamba non avrebbe inscenato la sua morte, ma sarebbe stato abbandonato dai suoi amici senza cellulare, documenti e soldi da qualche parte nel bel mezzo del Congo. Poco dopo l’ex moglie aveva dichiarato la sua morte in un incidente d’auto. Le indagini della magistratura di Essen stanno cercando di capire se la donna abbia corrotto qualcuno per averli o se abbia agito in buona fede. L’ipotesi più probabile è che sia una frode assicurativa, visto che Kamba aveva una cospicua assicurazione sulla vita, anche se è difficile da credere riferito a una persona che era a malapena un calciatore.

 

Due anni dopo la sua scomparsa Kamba si sarebbe recato all’ambasciata tedesca di Kinshasa dove avrebbe raccontato la sua avventura, negando la sua morte. A questo punto la storia, già surreale di suo, potrebbe aver preso dei contorni ilfumattiapascalleschi. Cosa gli avranno detto in ambasciata? Come fa un uomo a smentire la sua morte senza documenti? Cosa ha fatto Kamba in Congo non è chiaro, come sia sopravvissuto per due anni da presunto morto neanche. Fatto sta che in qualche modo nel 2016 riesce a tornare in Germania e trovare lavoro in una centrale elettrica.

 

Probabilmente queste sono le cose che accadono ai calciatori che non sono Neuer. Quelli che scappano tra le maglie poco strette della burocrazia, che sono un incartamento, un numero. Grazie al calcio Kamba è riuscito ad evitare il rimpatrio in Congo, svicolarsi per un po’ dal destino di immigrato irregolare, quello che condivide con milioni di persone che ogni giorno lottano per conquistare uno spazio di diritti. Oggi vive a Gelsenkirchen, proprio dove ha sede lo Schalke 04. Magari ogni tanto va allo stadio a vederli giocare, magari a un certo punto ha creduto davvero di poterci stare lui lì, dopotutto è quello che credono tutti, anche quelli più scarsi di lui. Come è andata veramente la sua storia lo scopriremo forse più avanti, se il processo produrrà delle verità e se magari a Neuer andrà di commentarle.

 

Alla fine di questa storia, mi pare rimanga in sospeso una domanda. Perché una volta tornato in Germania Kamba non è tornato a giocare? Perché non ha provato a rientrare nel circolo di squadre minori che hanno sempre bisogno di un terzino di esperienza, il ruolo più difficile del calcio contemporaneo. Nessuno sembra averglielo chiesto, dopotutto abbiamo capito che non è Neuer, la sua è una storia interessante, – da morto a vivo – ma non è un calciatore interessante. Eppure da quel poco che sappiamo, Kamba deve molto al calcio, la possibilità di rimanere in Germania, di prendere un diploma che magari gli è servito per trovare il suo attuale lavoro. Anche l’idea che a 29 anni giocasse ancora, pur confinato al settimo livello del calcio tedesco – dopo aver frequentato l’opulenza dello Schalke 04 e diviso lo spogliatoio con Neuer – ci fa pensare che per lui il calcio fosse prima di tutto una passione.

 

Idealmente in questi due anni di limbo me lo immagino dominare le partite del giovedì sera tra colleghi, con quel talento appena necessario per sembrare forte tra fisici appesantiti e piedi quadrati. Magari raccontare dopo una birra di troppo di aver segnato a Neuer in allenamento tanti anni prima. Nessuno deve avergli creduto, almeno fino al 4 maggio. Se sei morto e poi risorto, immagino, puoi anche aver segnato al portiere più forte del mondo.

 

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Marco D'Ottavi è nato a Roma, fondato Bookskywalker e lavorato qui e là.