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Emanuele Atturo
Guida a Wimbledon: il maschile
30 giu 2015
30 giu 2015
La presentazione del torneo degli uomini: favoriti, outsider, partite da vedere e un breve riassunto del primo giorno.
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Emanuele Atturo
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Prima del Roland Garros ci domandavamo se sarebbe stato l’anno del dominio di Novak Djokovic o quello del rinnovamento dei vertici del tennis. Nole avrebbe compiuto il Grande Slam—favorito dal declino degli altri big—o ci saremmo dovuti preparare a celebrare dei nuovi vincitori, come già fatto nel 2014 con Wawrinka e Cilic?

 

Due prospettive che coincidevano con due diversi modi di vedere e apprezzare il tennis: da una parte l’ansia di rinnovamento rappresenta il desiderio di facce nuove e di una successione che manca ormai da un decennio; d’altra parte chi si augura che le vittorie slam rimangano un affare oligarchico di solito preferisce la sensazione di vivere in una contingenza storica di perenne straordinarietà, con una continua riscrittura dei record.

 

La vittoria di Wawrinka al Roland Garros ha dato una risposta ambigua alla questione: ha mostrato che Djokovic non è invulnerabile, ma ha anche lasciato dei dubbi su Stan come giocatore per certi versi unico, in grado di assestare il proprio tennis su un livello irreale, però solo per un paio di settimane l’anno. Al termine di questo Wimbledon avremo probabilmente delle indicazioni più chiare su un periodo che appare di transizione: ci sarà un exploit imprevisto o i migliori giocatori finiranno per affermarsi?

 



Fino a qualche anno fa credevamo che i tornei su erba sarebbero scomparsi, definitivamente schiacciati tra la stagione europea sulla terra rossa e quella americana sul cemento. Il loro destino era al centro di diversi dibattiti sull’abbrutimento del tennis contemporaneo. L’ampiezza della sua stagione si è ridotta di anno in anno, trasformandosi in una parentesi di disagio poco appetibile da parte di alcuni giocatori, che arrivavano a Wimbledon senza una vera e propria preparazione, accontentandosi di brevi e imbarazzanti comparsate nei primi turni.

 

Quest’anno Wimbledon è arrivato meno improvvisamente del solito. L’intervallo con il Roland Garros si è ampliato di una settimana e il torneo di Stoccarda è passato all’erba, allungando leggermente la stagione sul verde, destinata forse ancora a crescere nei prossimi anni (sia Amburgo che Gstaad hanno espresso interesse nel passare al verde). Questo ha ammorbidito leggermente il tradizionale trauma del passaggio dalla terra all’erba, che soprattutto nei tornei di preparazione restituisce sempre i giocatori alle prese con enormi difficoltà nella gestione del timing dei colpi. I tennisti sembrano quasi sorpresi dalla velocità e dal rimbalzo basso della palla, e impiegano diversi giorni per assorbire completamente la fisica del gioco.

 

https://www.youtube.com/watch?v=g1ICivl8dJk

Un esempio. Lennard Struff ha impiegato un paio di giochi per mettere la prima pallina oltre la rete del suo 2015 su erba.



 

Il fatto che i giocatori abbiano avuto una settimana in più per prepararsi renderà probabilmente meno strani i primi turni del torneo, di solito pieni di partite in cui la spunta chi riesce ad arrangiarsi meglio e a tirare due colpi di fila dall’altra parte della rete. I tornei di preparazione non rappresentano però un termometro valido delle condizioni dei giocatori. A differenza di quelli che preparano a Roland Garros (tipo quello di Roma), i migliori tennisti si dividono le partecipazioni in modo da non incrociarsi mai e studiano il tutto per arrivare al picco della loro forma direttamente a Wimbledon, e non sempre nella prima settimana; d’altra parte la differenza tra un 2 su 3 e un 3 su 5 su erba è abissale. Qualche giorno fa Istomin ha vinto il torneo di Nottingham, Troicki ha giocato la finale a Stoccarda e Karlovic la semifinale ad Halle, eppure è difficile immaginare come, anche solo uno di loro, possa spingersi fino ai quarti di Wimbledon.

 

https://www.youtube.com/watch?v=8ezkNU9VDNs

Karlovic però qualche giorno fa ha frantumato il record di ace in una partita 2 su 3, 45. La sua idea di tennis è semplice: se l’avversario non risponde mai non può vincere. Questo video è un’esperienza quasi meditativa.



 

La distanza sui 5 set riduce i vantaggi degli specialisti (banalmente: lo sforzo di 5 set depotenzia l’efficacia del servizio) e in due settimane Wimbledon non è mai uguale a sé stesso. L’erba che si consuma rallenta progressivamente gli scambi e i cambiamenti meteorologici, su una superficie così “ricettiva” del clima esterno, possono essere decisivi.

 

L’insieme di questi fattori rende Wimbledon lo slam dal pronostico più aperto, ma al contempo anche il più ovvio nei suoi risultati: ogni anno ci aspettiamo che qualche specialista trovi le proprie due settimane di grazia, o che qualche “new ball” si affacci ai vertici dalla porta principale, ma alla fine Wimbledon è sempre un affare di pochi, quasi sempre gli stessi. L’ultima vittoria di un giocatore fuori dalle prime 3 posizioni risale al 2003 (Roger Federer) e fuori dalle prime 5 al 2001 (Goran Ivanisevic, wild card all’epoca, ma non una qualsiasi).

 



 



A inizio anno, quando soppesavamo le possibilità per Djokovic di realizzare il Grande Slam, eravamo consapevoli che il torneo per lui più difficile sarebbe stato il Roland Garros. Nel corso dei mesi però i suoi avversari si sono progressivamente sciolti, lasciandolo come unico contender credibile. Per questo la sconfitta in finale contro Wawrinka è sembrata così dura e inaspettata.

 



 

In un’intervista di qualche giorno fa Nick Kyrgios

che Nole gli incute un timore tale che non gli riesce neanche a rivolgere parola. In effetti al Roland Garros dava l’impressione di vincere le partite ancor prima di scendere in campo, togliendo preventivamente ogni speranza ai suoi avversari. Bisognerà capire se si è ripreso completamente dalla finale, e se la sconfitta ha ridimensionato questa sua aura di invulnerabilità. Questi sono gli unici dubbi su un giocatore che si presenta come l’indiscusso favorito del torneo.

 

Ieri ha esordito in un primo turno complicato contro Philipp Kohlschreiber, giocatore dal gran rovescio che ad Halle aveva portato Federer a

. Nonostante venisse da tre settimane di inattività, senza nessun approccio agonistico alla superficie, ha vinto in tre set piuttosto comodamente, dando la stessa impressione di sempre, quella di vincere le partite con il minimo sforzo, aspettando che gli avversari perdano da soli.

 



Le due settimane di Wimbledon sono quelle in cui la figura di Roger Federer acquista un alone mistico ancora maggiore. Lui sembra godere di questa situazione come un imperatore sul trono, sventolato da foglie di palme.

 



L’account twitter ufficiale del torneo imprigiona le “danze” in loop ed è impossibile non lasciarsi suggestionare e vedere molto oltre il semplice spostamento laterale.



 

Le dichiarazioni del Maestro pre-torneo non sono state meno imperiali, denunciando una sicurezza nei propri mezzi ai limiti dell’arroganza: «Bisogna vedere il quadro generale: l’anno scorso non ero in forma e sono arrivato in finale… non me lo aspettavo neanche. Quest’anno sto giocando meglio». Poi ha espresso il proprio compiacimento per l’allungamento della stagione su erba: «È probabilmente la miglior preparazione a Wimbledon della mia carriera, grazie alla settimana in più che ho avuto per prepararmi sull'erba. Mi ha permesso di curare tutti quei piccoli disagi dovuti al cambio di superficie».

 

Nel 2013 ha vissuto il momento più difficile della sua carriera, con molti problemi alla schiena e il retropensiero di ritirarsi; nel 2014 ha iniziato a lavorare con Edberg e, pur non ancora in grande condizione è arrivato in finale contro Djokovic; quest’anno è in forma e ha avuto “la miglior preparazione della carriera”.

 

Da quando lavora con Edberg, Federer ha provato a essere più diretto e creativo nel proprio tennis: ha fatto un paio di passi in avanti, viene più spesso a rete e tenta più variazioni. Questo gioco, costruito con l’intento di allungarsi la carriera, dovrebbe assicurargli anche una maggiore incisività su erba e una competitività che a Wimbledon è senz’altro più alta che negli altri tornei. Lo stesso Edberg ha dichiarato «Se c’è un torneo dello Slam che può ancora vincere, credo che Wimbledon sia quello buono». La sicurezza ostentata da Roger prima di questo torneo serve forse a compensare due dati importanti: che Federer non vince uno slam dal 2012; e che questo Wimbledon potrebbe essere la sua ultima possibilità di vincerne uno.

 

La lunga fase finale della carriera di Roger ha bisogno di un ultimo acuto per acquisire la compiutezza che meriterebbe.

 



Il primo passo per curare i propri squilibri psicologici è riconoscerli. Andy Murray da gennaio si accompagna a uno psichiatra, che ha provato a migliorarne la concentrazione durante le partite, da sempre tallone d’achille dello scozzese. Prima di Wimbledon

, tenendo a precisare che si accompagna a uno psichiatra e non a uno psicologo. Gli interessa capire come funziona il cervello, e come questo risponda alle contingenze di una partita, non essere confortato da teorie new-age, «non vado in giro con un guru». Negli ultimi mesi la dimensione mentale di Murray ha mostrato miglioramenti notevoli: la semifinale a Parigi contro Djokovic, nella quale ha rimontato da due set a zero prima di cedere nel quinto, ha le sembianze di una di quelle sconfitte sulle quali si costruiscono i successi futuri. Il Roland Garros è stato l’unico torneo, degli ultimi quattro, che Murray non ha vinto.

 

Amélie Mauresmo, da qualche mese coach di Andy, sta cercando di affiancare a questi miglioramenti mentali anche un gioco più offensivo, sempre poco sfruttato dallo scozzese.

 

A Wimbledon a fare la differenza sono i colpi di inizio scambio: servizio e risposta, nei quali Murray eccelle da sempre. Se a questi accompagnerà un gioco aggressivo e una solidità mentale necessaria a reggere la pressione dello slam casalingo, darà ragione a quelli che lo quotano appena dopo Djokovic tra i favoriti del torneo. Nel tabellone è finito nella parte inferiore, particolarmente affollata di campioni, emergenti e specialisti a vario titolo: Alex Dolgopolov, Feliciano López, Jo Tsonga, l’incubo Karlovic e Rafa Nadal, che potrebbe incontrare negli ipotetici quarti. Se dovesse superare i vari ostacoli fino alla semifinale, si troverebbe di fronte, idealmente, Roger Federer, in quella che sarebbe una delle partite più entusiasmanti dei recenti Championships.

 



 

terzo componente della band degli australiani emergenti, ha ceduto in tre set, debolmente, a Leonardo Mayer. Una seconda di servizio limitata potrebbe rappresentare un problema anche per l’imminente stagione sul cemento.

 

al picco della propria forma, il tennista bolognese avrebbe forse meritato un sorteggio migliore. In ogni caso è riuscito a portare Kei Nishikori al quinto set, in una delle partite più belle e incerte della prima giornata di Wimbledon. Nella speranza che i “quasi” che da sempre accompagnano la carriera di Bolelli non si trasformino in una sentenza definitiva.

 

due anni fa faceva semifinali a Wimbledon, a 22 anni. In queste due stagioni invece non ha combinato praticamente niente, dimostrando di avere forse la pazzia più sottovalutata del circuito. Il tennis fatto vedere da Janowicz due stagioni fa era qualcosa di iridescente, una sintesi inedita di giocatore potente dal gioco brillante. Pur venendo da ottimi tornei di preparazione, che lasciavano presagire un Wimbledon ben diverso, ha perso contro un giocatore—Ilhan—mai sentito nominare in vita mia.

 

https://www.youtube.com/watch?v=o0Z_UPWKL-o

La semifinale del 2013 giocata contro Andy Murray rimarrà un unicum nella carriera del polacco?



 



 



Dustin Brown non è solo l’unico tennista rastafariano del circuito, ma anche tra i pochi rimasti a giocare un tennis serve&volley. Gioca praticamente solo la stagione sull’erba, quando cala da qualche spiaggia tropicale senza togliersi le infradito, esprimendo un tennis quasi completamente privo di atletismo. Al secondo turno potrebbe affrontare Rafa Nadal, nella riedizione di uno dei cortocircuiti più strani visti negli ultimi anni sui campi da tennis.

 

https://www.youtube.com/watch?v=ukbkhHhzRXA

Halle 2014. Una sfumatura inedita della possibile bellezza del tennis.



 



Ricordiamo tutti il 2011 come l’anno dell’invincibilità di Djokovic, culminato nel suo primo trionfo a Wimbledon. In quel torneo il giocatore che gli ha dato maggiore fastidio prima della finale fu un ragazzone australiano di 19 anni che non avevamo ancora capito quanto fosse scemo.

 

https://www.youtube.com/watch?v=HcgfxRbSDYc

Qui uno scambio particolarmente bello e “vario” accompagnato da musica serba.



 

Tomic in giornata, su questi campi, è potenzialmente più devastante del connazionale Kyrgios. Il suo repertorio non è solo fatto di ottime accelerazioni da entrambi i lati, ma anche di notevoli variazioni col rovescio in slice e potrebbe regalarci qualche ora di grande tennis.

 



I due giocatori più simili del circuito potrebbero affrontarsi in un terzo turno che si aspetta come la partita con meno scambi nella storia di questo sport. Per qualche ora il tennis si avvicinerà al tiro al piattello.

 



Se i puristi del tennis sopravviveranno allo spettacolo hardcore tra Anderson e Isner, potranno sempre rifarsi gli occhi con un possibile secondo turno tra Wawrinka e Thiem, rispettivamente: il miglior rovescio a una mano del circuito e il miglior rovescio a una mano in ascesa nel circuito.

 

https://www.youtube.com/watch?v=mPUR9MgkGGc

C’è una speranza per il tennis.



 



Probabilmente l’ipotetico terzo turno più interessante dell’intero torneo, possibile rivincita del quarto di finale dello scorso anno.

 

https://www.youtube.com/watch?v=EyM1vc7CzAo

In quell’occasione Kyrgios sembrava scarico mentalmente dalla vittoria contro Nadal e Raonic era in condizioni di forma migliori rispetto a questa edizione.



 

Kyrgios e Raonic sono due potenziali vincitori slam, con alcuni limiti tecnici in comune, ma il talento cui attingere per superarli sembra molto diverso.

 



Ieri ha vinto il proprio primo turno contro Gabashvili e un tennista di 18 anni che passa un turno a Wimbledon non può, per forza di cose, essere banale. In patria lo stanno aspettando come il salvatore del tennis tedesco.

 



 



Non ci sono molti motivi per credere che Stan ripeta l’exploit del Roland Garros, e non solo a causa di una pancia verosimilmente piena. Nonostante la potenza mortifera dei suoi colpi (di TUTTI i suoi colpi), il suo tennis, paradossalmente, si adatta poco all’erba. La superficie richiede una grande leggerezza nel lavoro con i piedi per la ricerca della palla, e dei movimenti dei colpi più “controllati” che sulle altre superfici. Condizioni che rendono Wimbledon lo slam più ostico per Stan, pesante negli spostamenti e amante di colpi molto caricati. Ma se il Roland Garros ci ha insegnato qualcosa è che non bisogna mai fidarsi di quest’uomo, capace come pochi di entrare in condizioni di trance agonistica che trascendono qualsiasi considerazione tecnica.

 



 



Negli ultimi mesi ha passato così tanto tempo a dire che l’importante non è vincere, ma giocare bene che alla fine lo abbiamo tolto dai favoriti, nonostante abbia vinto qui due volte. Nei tornei di preparazione ha vinto quello di Stoccarda, ma la settimana dopo ha perso contro Dolgopolov in modo brutto, scoraggiante: cedendo al terzo dopo aver rimontato da un set sotto. Pur senza statistiche alla mano, non avevo mai visto Nadal perdere una partita dopo aver rimontato il primo set, per di più contro un giocatore inaffidabile come l’ucraino. A Wimbledon arriverà da testa di serie numero 10 (!) e dovrà affrontare partite difficili sin dai primi turni (Dustin Brown e Victor Troicki gli avversari più verosimili nell’immediato).

 

Tuttavia ci sono alcune ragioni per aspettarsi un buon torneo da Rafa. Gli anni scorsi, a Wimbledon, ha collezionato figuracce, arrivando a perdere persino con gente come Darcis, ma spesso scontava le fatiche abnormi del Roland Garros, arrivando sempre con un ginocchio scricchiolante. Quest’anno ha potuto prepararsi meglio e la settimana in più sull’erba potrebbe aver favorito lui più di altri giocatori. Inoltre, come ha fatto notare lo zio Toni, la distanza di 3 set su 5 finisce sempre per favorirlo, in qualsiasi condizione.

 

Tuttavia rimane difficile credere che Nadal possa affermarsi nello slam per lui più complicato nel periodo meno semplice della sua carriera.

 



Come a ogni torneo, come su ogni superficie, Kei Nishikori può disputare un buon torneo. Non ci si aspetta che vinca, ma che almeno mostri un piccolo passo in avanti nel miglioramento progressivo che lo sta portando a essere una delle realtà più interessanti del tennis contemporaneo.

 



Si racconta che tempo fa, prima che l’erba divenisse una superficie addomesticata, sulla quale poter fare tre palleggi di fila, una volta perso il servizio i giocatori si facevano la battuta “giochiamo direttamente il prossimo set?”. Con l’erba di qualche anno fa, probabilmente, Milos Raonic sarebbe stato ingiocabile. Recenti

hanno relativizzato l’importanza del servizio su una superficie come l’erba, dove a contare sarebbe piuttosto la completezza del gioco, la velocità negli spostamenti e, soprattutto, la risposta. Una buona percentuale di punti vinti in risposta, uno dei colpi maggiormente evoluti negli ultimi anni, è assolutamente determinante per vincere Wimbledon. Da qui si spiega l’affermazione recente di grandi ribattitori come Nadal o di giocatori completi dalla gran risposta, ma senza un gioco prettamente erbivoro, come Djokovic e Murray. È chiaro quindi che una possibile affermazione di Raonic a Wimbledon passi per un miglioramento delle sue percentuali in risposta,

un 31,9% di punti vinti, meglio solo di Isner, Müller e Karlovic nel circuito maschile. Eppure, in una recente intervista a Sky Sport, Riccardo Piatti, suo allenatore, ha dichiarato che stanno lavorando soprattutto per migliorare il servizio. Sarà interessante seguire il canadese a questo Wimbledon anche solo per vedere cosa significhi, per uno come lui, “lavorare sul servizio”.

 





 



 



Si presenta a questo Wimbledon con l’aria dello studente che arriva all’esame finale senza aver studiato. Deve difendere i punti del miglior risultato in carriera, e deve farlo nel peggior momento (tennistico!) mai attraversato. Goran Ivanisevic ha dichiarato che «il peggior infortunio per un tennista è una donna». Grigor dovrà dimostrare che si sbaglia, anche per una questione di orgoglio personale, dal momento che la sua compagna, Sharapova, non sembra aver perso ferocia agonistica dall’inizio della loro relazione.

 



 



Un anno fa Nick Kyrgios batteva Rafa Nadal e si qualificava ai quarti di Wimbledon, dove poi perse da Milos Raonic. Io lo

come l’unico vero nuovo talento del tennis contemporaneo. Un anno dopo i passi in avanti sono stati pochi, ma nonostante tutto Nick Kyrgios rimane l’unico giocatore di cui è possibile immaginare un futuro da plurivincitore di slam. L’australiano ha un talento talmente debordante, e una tale consapevolezza di questo, che credo abbia qualche (remotissima) possibilità persino a

Wimbledon.

 

Nel frattempo, dopo aver passato le ultime settimane a cambiare coach e a rilasciare dichiarazioni assurde (fra cui: «il tennis non mi piace»; «preferisco il basket»; «il bello dei tornei sono le donne»…) ieri ha esordito in modo rassicurante, dando tre set abbastanza facili a Diego Schwartzman, calando solo leggermente nel terzo set. Anche per lui vale il discorso fatto con Raonic: ha bisogno di migliorare le proprie percentuali in risposta (32,4% di punti vinti), ma ha molti più margini del canadese per farlo.

 



Propongo di istituire un premio

per chi nella propria carriera non è mai riuscito a vincere un grande slam ma che, per tutta una serie di motivi, lo avrebbe meritato. Il premio in questione, nell’attuale edizione, andrebbe a Tommy Haas, un uomo che ha trovato, a 37 anni, la forza di rimettersi in piedi dall’ennesimo lungo infortunio della sua vita, più di un anno, e di tornare a vincere una partita a Wimbledon.

 





 

Un australiano e un finlandese, entrambi al loro ultimo Wimbledon in carriera, si sono sfidati in un match epico finito 11-9 al quinto set. Ha vinto il finlandese, giocatore tanto onesto quanto brutto, che per anni è stato tra i peggiori dei migliori giocatori di tennis al mondo, spiluccando qualche vittoria minore. L’australiano invece esce di scena per la seconda volta in carriera, dopo 10 anni di crepuscolo passati fuori dalle prime quindici posizioni, e 4 anni di trionfi, durante i quali ha silenziosamente rivoluzionato il tennis contemporaneo.

 
 

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