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Foto di Carl de Souza/Getty
Calcio Redazione 13 gennaio 2017 17'

Guida ufficiosa alla Coppa d’Africa

Le favorite, le outsider, i protagonisti di Gabon 2017.

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Domani prenderà il via, in Gabon, la 31a edizione della Coppa d’Africa. Gabriele Anello, Andrea Bracco, Giulio Di Cienzo e Fabrizio Gabrielli analizzano, in 11 punti, i risvolti più interessanti, le favorite, i potenziali MVP e gli aspetti più folkloristici della più variopinta competizione continentale per Nazioni.

 

 

  1. Il ritorno dell’Egitto dopo un’assenza durata tre edizioni può essere un ritorno in grandissimo stile?

 

Arrivato al Cairo quasi per caso, Hector Cúper si è rivelato subito, come Mr Wolf, l’uomo giusto al momento giusto per risolvere problemi. Sotto la sua guida, infatti, l’Egitto si è trasformato da squadra incompiuta a vera e propria mina vagante.

 

Il ct ha sin da subito messo in chiaro le cose: se vogliamo tornare ad essere quelli dei tre successi continentali consecutivi occorre cambiare, e in fretta. Così Cúper ha iniziato a girare il paese in lungo ed in largo assieme ai suoi assistenti, creando un database con tutti i possibili giocatori convocabili e le loro caratteristiche: un lavoro preciso e metodico, che ben presto ha dato i suoi frutti.

 

La qualificazione alla Coppa d’Africa è il primo risultato ottenuto nel breve periodo, ma il vero obiettivo è Russia 2018. La portata dell’impatto di Cúper sull’ambiente la spiega questo video, girato il giorno dopo il 2-0 rifilato al Ghana (i Faraoni guidano il loro girone a punteggio pieno) .

 

 

Per questa Coppa d’Africa si punta decisi sul nucleo delle due squadre dominanti in patria, Al- Ahly e Zamalek, più una buona serie di giocatori impegnati in varie leghe europee. La stella è ovviamente Mohamed Salah, clamorosamente escluso dalle nominations finali per il Pallone d’Oro africano. Ma sarebbe un errore considerare i Faraoni dipendenti esclusivamente dall’esterno della Roma. Ahmed Hassan, detto Koka, è un profilo da seguire con molta attenzione: quest’anno, con la maglia dello Sporting Braga, sta facendo molto bene. Lo stesso discorso vale per Mahmoud Hassan, soprannominato Trezeguet per la forte somiglianza con l’ex bomber juventino.

 

Koka e la sua esperienza portoghese.

 

  1. Possiamo considerare l’Algeria il Belgio di questa Coppa d’Africa?

 

Giulio Di Cienzo (@AguanteFutbol)

Tolgo subito la maschera: l’Algeria da qualche anno è la mia nazionale africana preferita, non solo come interpreti ma anche come interpretazione di calcio collettiva.

 

Il problema è che negli ultimi anni ha fatto una figura migliore ai Mondiali che non in Coppa d’Africa, segno che forse la concentrazione per il torneo continentale non è proprio al massimo.

 

L’Algeria ha effettivamente alcuni punti di contatto con il Belgio. Le due si somigliano soprattutto per la discrepanza tra aspettative e risultati, per avere una rosa di livello assoluto che però finisce in qualche modo per deludere.
Poi c’è l’allenatore. George Leekens è nato a Meeuwen-Gruitrode, in Belgio, ha giocato per il Belgio e lo ha pure allenato in due occasioni.

 

Infine la squadra ha come migliori giocatori due esterni e il centravanti, più o meno come il Belgio attuale con De Bruyne, Hazard e Lukaku.

 
Per il massimo coefficente di hipsterismo invece l’Africa può regalare di meglio.Ciò che rende l’Algeria una perenne favorita è senza dubbio la qualità diffusa: molti elementi della rosa giocano in Europa ai massimi livelli da anni (Ghoulam, Mesbah, Taïder, Bentaleb, Mahrez, Brahimi e Slimani sono nomi noti anche a chi non segue il calcio africano) e questo permette al ct di schierare una formazione tatticamente accorta, con pochi punti deboli, che in più si conosce e si amalgama bene.

 

Il problema principale dell’Algeria, semmai, sta proprio nella discontinuità: alterna grandi partite a prestazioni mediocri senza apparente motivo. Un salto di qualità a livello mentale potrebbe voler dire molto.

 

Le punte di diamante sono i giocatori offensivi: Brahimi, Slimani e Mahrez formano un tridente pericolosissimo, pieno di qualità e soluzioni.

 

L’osservato speciale in questa CAF sarà chiaramente il numero 26 del Leicester: l’uomo più atteso non solo dell’Algeria, ma forse dell’intera competizione, reduce da una stagione da vero e proprio Re Mida che lo ha visto vincere la Premier col suo club, come potreste aver sentito, e a livello individuale i titoli di miglior giocatore in Inghilterra secondo giocatori, tifosi e qualunque genere di premio assegnato in Africa, compreso ovviamente il Pallone d’Oro.

 

Classy Riyad.

 

Accanto a lui, potrebbe giovare del fatto di non essere al centro del palco Brahimi. L’esterno del Porto ha qualità che possono spaccare ogni partita, soprattutto se trova spazi, ma fatica ad avere continuità.

 

Alle loro spalle sta crescendo Ghezzal, una delle novità di questa selezione. L’esterno del Lione, che a livello giovanile ha rappresentato la Francia, potrebbe rivelarsi un’ottima carta da giocarsi a partita in corso.

 

Il complemento ideale per esterni così estrosi, veloci e capaci di produrre cross è un centravanti come Slimani. L’ex Sporting, oggi al Leicester con Mahrez, è una prima punta vera, con forza fisica, spirito di sacrificio, abilità nel gioco aereo e nelle sponde. Non è un caso che con la maglia della nazionale segni circa un gol ogni due partite.

 

Un mese con questi uomini sintonizzati sulle frequenze giuste e l’Algeria potrebbe davvero vincere la Coppa.

  1. A che punto è il rinnovo generazionale della Costa d’Avorio post Golden Era?

 

La Coppa d’Africa 2017 sarà il punto di rottura tra la vecchia generazione e quella nuova, tra coloro che han fatto la storia e chi dovrà continuarla. Non c’è Renard, che ha lasciato la panchina sostituito da Michel Dussuyer, che dopo tre stint da ct con la Guinea (di cui l’ultimo molto positivo) ha accettato la sfida di guidare gli Elefanti. Potenzialmente, è una scelta giusta: Dussuyer ha fatto benissimo con una Guinea dall’età-media di 23,7 anni all’ultima Coppa d’Africa, raggiungendo i quarti (seppur con il sorteggio).

 

Ci sarà la pazienza di attendere? Perché no: dopotutto la Costa d’Avorio si è finalmente liberata del fantasma della vittoria continentale, che era un obiettivo fin dal Mondiale 2006, dopo aver subito due sconfitte ai rigori in altrettante finali – Egitto nel 2006 e Zambia nel 2012, macchie incancellabili sul curriculum della generazione d’oro.

 

Molti hanno lasciato: Kolo e Yaya Touré, Copa Barry, mentre Drogba aveva già chiuso dopo il Mondiale 2014. Due anni più tardi, le defezioni sono ancora pesanti: davanti mancheranno Gervinho e Doumbia, ma la Costa d’Avorio ha scelto di rinnovarsi e di farlo subito.

 

Il nuovo capitano è Serey Die, l’età-media è di 25,4 anni e ci sono alcune novità. Bailly non è più il rookie di due anni fa, ma un giocatore del Manchester United. Franck Kessiè è sulla bocca di tutti dopo la cura Gasperini a Bergamo, mentre c’è persino l’aggiunta di Wilfried Zaha, naturalizzato negli ultimi mesi e presente all’appello.

 

Zaha: prima partita, primo assist.

 

Tutto passa da quanto velocemente questo processo di ringiovanimento sarà portato a termine. Si spera prima di subito, perché le qualificazioni Mondiali sono importanti – la Costa d’Avorio punta al quarto biglietto di fila – e perché riconfermarsi ad alti livelli sembra comunque importante per certificare che i giovani stiano facendo il loro lavoro, e che la direzione intrapresa sia quella giusta.

  1. Cosa manca al Senegal per puntare con credibilità al titolo?

 

Forse questo è il Senegal più forte di tutti i tempi, anche di quello che stupì nel mondiale nippo-coreano del 2002. In quattordici anni di acqua sotto i ponti ne è passata tanta, ma – sebbene la nazionale sia cresciuta dal punto di vista tecnico – non sono arrivati i risultati tanto sperati. A Dakar, da qualche anno, si è scelta la soluzione più ovvia: coltivarsi i giocatori in casa fornendo fondi a chiunque voglia creare un settore giovanile. Il risultato è ottimo, e lo dimostra il fatto che ben 21 dei 23 convocati di oggi giochino stabilmente in Europa.

 

Ora però manca lo step successivo: vincere, anche a dispetto della sfortuna che sembra essersi messa tra i Leoni del Teranga e i sogni di gloria. Il girone B, con Algeria e Tunisia, potrebbe risultare fatale, soprattutto se anche lo Zimbabwe dovesse mantenere le aspettative di outsider pericolosa.

 

Keita Balde piazza l’asticella delle aspettative molto in alto.

 

Aliou Cissé è il tecnico che dovrà cercare di compiere l’impresa e, al contempo, di smorzare i facili entusiasmi della stampa locale; al suo arco ci sono frecce affilatissime, tanto che – paradossalmente – il suo compito più difficile sarà farle convivere tutte insieme. La stella della squadra, soprattutto alla luce dell’ultima stagione disputata, è Sadio Mané, terzo giocatore africano per rendimento del 2016 secondo la CAF. Il Senegal è costruito per esaltare le sue caratteristiche di imprevedibilità e velocità. Cissé è passato stabilmente al 4-3-3 rinunciando al doppio centravanti (congedando, di fatto, Demba Ba), con Mané e Keita Balde sugli esterni protetti da una mediana muscolare composta dal trio Diamé, Kouyaté e Gueye.

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Tags : Coppa d'AfricaCosta d'AvorioegittoSenegal

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