Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
(di)
Redazione
Guida ufficiosa alla Champions League II p.te
16 set 2015
16 set 2015
La presentazione degli ultimi 4 gironi, in partenza stasera.
(di)
Redazione
(foto)
Dark mode
(ON)

 



 



Il Bayer Leverkusen, nelle ultime quattro volte in cui ha partecipato alla Champions, è sempre arrivato agli ottavi. I tedeschi potrebbero essere un avversario difficile anche per il Barcellona: in teoria i ritmi asfissianti e il pressing organizzato sulla trequarti avversaria sono un’ottima (e rischiosa) risposta contro il gioco di posizione, e i risultati dello scorso anno tra il Leverkusen e il Bayern di Guardiola lo dimostrano (una vittoria e una sconfitta in Bundesliga, un pareggio in Coppa di Germania). Solo che il Barça non è più quello di Pep: con Luis Enrique le transizioni positive blaugrana sono forse le migliori in Europa; e gran parte dei gol dei catalani nella scorsa stagione hanno avuto origine dal

, dalla fascia destra verso il lato debole, la cui copertura è il vero grande problema del sistema tattico di Schmidt.

 

In teoria, la strategia dei tedeschi sarebbe perfetta anche per giocare contro la Roma: una squadra che recita ancora in modo incerto una specie di calcio di posizione, con evidenti difetti di pressione disorganizzata e grandi problemi nell’inizio azione. È difficile immaginare che i giallorossi possano reggere i ritmi del Bayer, ma è vero che anche la Roma sta cambiando. Garcia ad esempio potrebbe usare la soluzione di Guardiola, schierando De Rossi difensore centrale (come contro la Juve) per ottenere un inizio dell'azione migliore. Saranno sfide difficili, contro una squadra che fa della maniacalità tattica una questione identitaria e che arriva a sbagliare appositamente i passaggi per disordinare l’avversario.

 



Questo è un gruppo davvero tatticamente interessante. C’è il gegenpressing di Schmidt, il Barcellona disordinato di Luis Enrique e il calcio di posizione di Garcia. Il calcio di Schmidt non sembra volersi normalizzare, anzi, sembra estremizzarsi sempre più. È la squadra che attualmente in Europa ha la somma maggiore di tackles e intercetti. La visione di una partita del Bayer oscilla tra l’insofferenza per l’infinito numero di rimpalli, contrasti, palle sporche, seconde palle e l’ammirazione per l’effettiva organizzazione, la scientificità, il ritmo, la determinazione e il coraggio della squadra. L’assunto dei teorici del gegenpressing che il pressing è “il miglior playmaker del mondo” rivela una concezione del calcio che è al contempo una rinuncia alla volontà positiva di affidarsi a idee costruttive e piedi buoni, una scorciatoia alla fatica della creazione e un’affermazione di studio e progettazione di ciò che accade in campo. In ogni caso il Bayer Leverkusen sta giocando davvero bene e il ritmo del suo calcio potrebbe essere insostenibile per la Roma di Garcia.

 

Il Barcellona deve sperare di non avere infortuni o influenze, almeno da qui a gennaio. La squadra è davvero cortissima, specie adesso che è andato via anche il tappabuchi d’attacco Pedro. Occhio ai viaggi in Bielorussia: l’anno in cui vinse la Champions League il Bayern di Jupp Heynckes, nella fase e gironi perse 3-1 a Minsk contro il Bate Borisov.

 

https://vimeo.com/120719422

 



Dal punto di vista del Barcellona il girone è perfetto: ha due squadre alla portata, ma abbastanza forti da non far abbassare la guardia, e una squadra di livello inferiore contro cui poter far giocare qualche ragazzino affamato di minuti come Munir o Samper, evitando di estremizzare il problema della panchina corta. Anche la varietà tattica offerta dal girone risulterà utile ai catalani. Il Barça dovrà affrontare sia una squadra dai ritmi indiavolati che un’altra che invece ama gestire il possesso. Infine il Bate, che verosimilmente giocherà rintanato nella propria trequarti. Un’ottima palestra per la squadra di Luis Enrique per portare nuove varianti al sistema vincente della scorsa stagione, e tarare meglio una fase difensiva al momento priva della concentrazione necessaria per giocare a questi livelli.

 



Quando il Bate del redivivo Aljaksandr Hleb, un distillato di

che se abitassi nei sobborghi di Borisov mi sarei subito fatto l’abbonamento alla

per godermelo una domenica ogni quindici giorni, ha affrontato il Partizan di Belgrado nella decisiva gara di ritorno dei preliminari di Champions League, i bianconeri serbi erano decisamente ottimisti, tutti avvoltolati in quell’entusiasmo parco che sanno avere i tifosi

(significa “becchini”): nelle ultime dodici (sic) trasferte i bielorussi non avevano vinto neppure una volta, inanellando otto sconfitte e quattro pareggi, inclusi gli sbiaditi 0-0 e 1-1 in casa, rispettivamente, degli irlandesi del Dundalk e degli ungheresi del Videoton. Infatti non hanno sbancato neppure lo Stadion Partizana: è bastato uno stiracchiato gol di Stasevich, propiziato dall’incursione di un compagno nella melliflua linea difensiva serba, per strappare il biglietto per l’inferno. Inserita nel girone di Roma, Barcellona, Bayer Leverkusen: se non è un Fanalino Di Coda Presunto questo, non so, allora ditemelo voi quale.

 

https://www.youtube.com/watch?v=681E8ShAYc0

 



Se la Roma vuole battere il Bayer Leverkusen nella corsa agli ottavi, deve mettersi in testa di dover fare punti anche contro il Barcellona. Anzi, di poterli fare, perché le amnesie difensive del Barcellona di inizio stagione nelle due Supercoppe, contro Siviglia e Athletic Bilbao, sono state tutt’altro che casuali. Le coperture preventive dei catalani sulla salita dei terzini, i veri playmaker di questa squadra, non sempre funzionano: se attaccati in campo aperto, i difensori centrali sono stati piuttosto precipitosi nel rinculare verso l’area, finendo per portare gli attaccanti avversari troppo vicino alla propria porta. Per non parlare della pigrizia dei centrocampisti nel seguire i tagli profondi dei loro omologhi.

 

Il Bayer dal canto suo è una squadra asfissiante, soprattutto in casa. Però è anche una squadra ripetitiva, che non ha vere alternative di gioco (Chicharito per Kiessling? No way!). E che si sta scoprendo vulnerabile in difesa: la coppia difensiva, formata da Papadopoulos e Tah, entrambi giovani e indubbiamente talentuosi, non sta funzionando. Inoltre pesa l’assenza di un faro come Gonzalo Castro, emigrato a Dortmund dopo undici anni di Leverkusen.

 



Lo scorso anno il Bayern ha tolto lo scotch che reggeva tutta l’organizzazione tattica della Roma, mostrando al mondo la vulnerabilità di un sistema svampito e disorganizzato.

 


Rudi Garcia alle prese con la preparazione di Roma-Bayern Monaco.



 

Da quel momento in poi affrontare la Roma, per una grande squadra, è diventato uno scherzo. Quest’estate, durante il trofeo Gamper, l’unica contromisura adottata dalla Roma contro i blaugrana è stata più o meno la preghiera:

, praticamente un assalto di unni a cavallo su un villaggio di contadini. Lo psicodramma è dietro l’angolo, a meno che la Roma non decida di fare una gara totalmente difensiva (come nel ritorno contro il Bayern lo scorso anno) o non ritrovi improvvisamente una efficacia di gioco che gli permetta di sfruttare le amnesie difensive che avete citato. Forse la Champions, anche più del campionato, ci dirà se la Roma di Garcia è davvero cambiata rispetto allo scorso anno, al di là del calciomercato. Se così non fosse, se l’approccio dovesse essere di nuovo confuso e smarrito, i giallorossi potrebbero prendere gol dal Leverkusen ancor prima che De Rossi abbia finito di allacciarsi gli scarpini, e questo girone—che Daniele ha definito “di allenamento” per il Barça—potrebbe diventare un incubo.

 



 



Si può fare calcio mentre tutto intorno cade a pezzi? La risposta è sì, se guardiamo all’Olympiacos campione di Grecia. Da cinque anni il progetto tecnico spinge verso un calcio di stampo iberico: in questo arco di tempo si sono alternati due allenatori spagnoli (Valverde e Michel) e tre portoghesi (tra cui Jardim); l’ultimo e attuale allenatore è Marco Silva, ex Sporting Lisbona, di appena 3 anni più anziano del più celebre tra i nuovi arrivi, cioè Esteban Cambiasso. La specialità dell’Olympiacos è di vendere cara la pelle: nelle ultime quattro stagioni ha sempre vinto 3 partite del girone di Champions. Questo gruppo F sembra chiuso a doppia mandata da Bayern e Arsenal, e quindi ci sono due opzioni: stiamo andando incontro alla prima umiliazione in Champions dei greci, oppure qualcuno rischia di colpire l’iceberg.

 



Una delle poche cose certe nel mondo del calcio è che Wenger non ha paura della pressione dei tifosi. Per confermarlo, quest’estate l’allenatore alsaziano si è superato decidendo di iniziare la stagione senza comprare nessun giocatore di movimento. Per quanto sui forum i tifosi si siano scaldati nel discutere se fosse meglio investire l’enorme budget a disposizione dell’allenatore per comprare una punta da trenta gol a stagione o un mediano di livello mondiale, alla fine l’Arsenal si presenta in campo per questa Champions con gli stessi uomini che sono riusciti a uscire agli ottavi contro il Monaco la scorsa stagione (fatto salvo ovviamente per il portiere Cech).

 

A mettere ulteriore sale sulla ferita aperta dal mercato abulico c’è stata la notizia, uscita proprio un giorno dopo la chiusura del mercato, che la punta di riserva Welbeck ha avuto una ricaduta dall’infortunio e salterà la stagione fino a dicembre. L’Arsenal è a un raffreddore di Giroud dal giocarsi la Champions con uno tra Walcott o Campbell titolari davanti (con il primo che per caratteristiche può giocare solo contro determinati avversari e il secondo che non ha mai convinto Wenger come terminale centrale). Il francese ha deciso di scommettere tutto sul gruppo che ha creato e sulla sua capacità di far migliorare chi ne fa parte, ma deve stare attento, perché non avrà scuse per non passare un girone dove l’Arsenal è nettamente la seconda forza.

 



Il giochino che andava di moda negli anni ’90 sul Suriname oggi potrebbe funzionare più o meno con la Dinamo Zagabria: se tutti i calciatori cresciuti nel vivaio avessero continuato a calcare il prato del Maksimir (mutatis mutandis del

), che squadra avrebbe avuto oggi la Dinamo? Con Modric, Kovacic e Halilovic alle spalle di Mandzukic avrebbe potuto competere quasi per il secondo posto, lottandosela con l’Arsenal, dando per assodato che il Bayern asfalterà l’intero girone con la grazia che avrebbe usato il Kleurrijk Elftal con il resto delle Nazionali della CONCACAF (Kleurrijk Elftal è il nome che avrebbe avuto la Nazionale del Suriname, se solo fosse mai esistita, e se solo non si fosse schiantata in un disastro aereo, ma questa è un’altra storia).

 



Questo è invece il girone dall’esito più scontato, almeno sulla carta. Gli unici motivi di interesse verranno fuori dagli scontri diretti tra Arsenal e Bayern Monaco. L’immaginifico Pep Guardiola ha

tutti, nell’ultima partita di campionato prima della sosta per gli impegni delle Nazionali, col suo 3-3-1-3 e la sua prima linea formata dai difensori

Lahm, Xabi Alonso e Alaba. In campionato ha esordito Kingsley Coman, anche a causa del riposo precauzionale concesso a Robben, ma se l’olandese non dovesse recuperare la forma migliore, per il francesino si aprirebbero le porte della prima squadra anche in Champions League. E gli juventini rivedono già lo spettro di Thierry Henry.

 

Dall’Arsenal invece ci si aspetta sempre qualcosa di più. È vero che Wenger non ha preso uomini di movimento dal mercato, ma nella scorsa stagione ha pescato bene dal suo vivaio. Bellerín e Coquelin sono stati due rivelazioni e le buone prestazioni di Oxlade-Chamberlain hanno permesso ai tifosi di togliere il lutto per Jack Wilshere, infortunato perenne. Certo, è anche vero che le statistiche di Sánchez e Özil in Premier League sono in calo; che Cazorla ha forse raggiunto il picco della sua crescita e non può andare oltre; che Giroud ha tutta l’opinione pubblica contro, rivoltata come una folata di vento da una sola frase di Henry. L’Arsenal è una bomba pronta a esplodere e, forse, Wenger non ha l’innesco. Che lo abbia Jürgen Klopp?

 

https://www.youtube.com/watch?v=A1bmfp68maY

Nel frattempo i Gunners mantengono intatto il loro rapporto privilegiato con le occasioni sbagliate.



 



Il girone è ottimo per continuare a osservare il magico laboratorio di Pep. Xabi Alonso al centro della difesa a innescare con i lanci lunghi Douglas Costa e Robben piazzati a pestare la linea laterale per rendere inoffensivo il gegenpressing del Bayer Leverkusen è l’ultimo degli esperimenti riusciti di Guardiola. L’Arsenal fornirà il match affascinante, ma in fondo nemmeno troppo impegnativo, Olympiacos e Dinamo Zagabria faranno da sparring partner.

 

L’assenza di campagna acquisti può, per paradosso, essere un vantaggio per l’Arsenal. Di Wenger ormai si conoscono pregi e difetti e di certo si trova meglio a lavorare con ragazzi cresciuti nel vivaio o scoperti da lui e con giocatori che conosce. La centralità acquisita da Coquelin, la continuità di impiego di gente come Bellerín, Ramsey, Walcott e Oxlade-Chamberlain garantiscono un buon livello di gioco ai Gunners. E l’acquisto di un ottimo portiere come Cech non è da sottovalutare. Insomma Wenger si trova a operare nel suo habitat ideale e non mi sorprenderebbe una buona stagione dei Gunners. Chiaramente, alla fine, potranno vincere solo la FA Cup.

 



L’immobilismo di Wenger, una sorta di gioco a rialzo su sé stesso, a me invece non convince. Sono d’accordo che le pedine trovate per strada nel corso della scorsa stagione hanno creato una struttura solida e interessante, ma la decisione di non prendere un attaccante di livello ha dei contorni suicidi. Mi è parso un auto-confinamento alla mediocrità. Se l’Arsenal, come sembra, passerà seconda nel girone affronterà una prima classificata negli ottavi, e forse già partirà da sfavorita. Una situazione assurda per un club che ha a disposizione un grande budget.

 

Sono anch’io affascinato, ma perplesso, dal laboratorio di Pep. I bavaresi ogni anno sono stretti nel paradosso di dover disputare una regular season—nella quale provano a vincere le partite con il minimo sforzo e giocando allo sfinimento con gli equilibri tattici della squadra—e dei playoff, cioè le partite a eliminazione diretta della Champions che arrivano in primavera. Siamo sicuri che lo sperimentalismo con cui Guardiola affronta tutta la prima parte di stagione aiuti il Bayern a farsi trovare pronto per le partite che contano?

 



 



 



Una domanda si aggira per l’Europa: il Maccabi Tel Aviv può essere il nuovo Rosenborg? L’inizio del Chelsea di Mourinho versione 2015 è di gran lunga peggiore di quello del 2007: anche allora la stagione era iniziata con una sconfitta in Community Shield, ma tra molte critiche erano stati raccolti 11 punti in 6 partite. Poi arrivò il momento dell’esordio in Champions League contro i modesti norvegesi del Rosenborg, che andarono persino in vantaggio davanti a uno sconsolato Abramovich e a un pubblico poco numeroso a causa delle scialbe partite precedenti. Il pareggio di Shevchenko non migliorò la situazione e il giorno dopo il club ufficializzò la “separazione consensuale” da Mou, talmente consensuale che Abramovich

di sterline al tecnico portoghese come buonuscita.

 

https://www.youtube.com/watch?v=XH7EGWcYPaA

 

Adesso invece il Chelsea è a quota 4 in 5 partite, la squadra sembra spenta, ma ha talmente tanta qualità e organizzazione che sembra impossibile immaginare un esito analogo a quello del 2007. A meno che il Maccabi…

 



La scorsa stagione, prima della ripassata da parte del Bayern Monaco nel ritorno dei quarti di finale, il Porto è stata l’unica squadra imbattuta. L’ottima Champions ha portato alle classiche cessioni eccellenti (che questa volta hanno fruttato un bilancio dei trasferimenti di +84 milioni) che per quanto facciano la felicità del presidente Pinto da Costa, portano l’allenatore Lopetegui a dover affrontare la nuova stagione senza pezzi fondamentali del sistema, come i due terzini brasiliani Danilo e Alex Sandro o la punta Jackson Martínez. Andando a vedere i nomi dei sostituti, Lopetegui rischia di non poter raggiungere gli stessi picchi di rendimento della scorsa stagione: in difesa i due nuovi (vecchi) terzini Cissokho e Maxi Pereira sono decisamente lontani dal livello dei partiti e in attacco sostituire Jackson puntando all’esplosione di Aboubakar, con Bueno e Osvaldo di riserva, significa fare una grande scommessa.

 

Ben altro spessore sembra avere il centrocampo, dove il francese Imbula promette grandi cose vicino al motore della squadra Herrera. La dolorosa perdita di Óliver Torres, tornato a Madrid, potrebbe essere mitigata dal ritorno dopo l’ottimo Europeo U-21 di Sérgio Oliveira. Per dare una guida ai giovani dopo la partenza di Jackson poi Lopetegui ha chiamato personalmente al telefono Casillas convincendolo a firmare, per una scommessa personale dell’allenatore, che pensa di poter riportare sulla giusta rotta la carriera tendente al decadente spinto del capitano della Roja. Non sappiamo ancora le reali potenzialità di questa rosa, ma certamente, sulla carta, solo il Chelsea gli è davanti nel girone.

 



Coppe dei Campioni vinte dal Chelsea? Una. Dal Porto? Due. Dal Maccabi Tel Aviv? Due, negli anni ’70. Ok, era la versione asiatica, ma oh: il Maccabi è pur sempre la capolista delle israeliane per partecipazioni alla massima competizione europea, il che gli conferisce una

già più solida. Il fatto che nei turni preliminari abbia intrapreso forse la migliore

delle uscite dalla quarta urna, visto che ha lasciato sulla strada il Viktoria Plzen e soprattutto il Basilea, habituée—specie gli svizzeri, peraltro con ottimi-a-tratti-sorprendenti risultati—delle passate stagioni di Champions, colloca la squadra israeliana in quel limbo di Fanalini Di Coda Presunti sui quali non c’è mica tutta questa certezza: al pari della Dinamo Zagabria con l’Olympiacos, non è detto che il Maccabi non possa fare la corsa sulla Dinamo Kiev.

 


Il Maccabi in Australia nel 1939.



 



Il Chelsea gioca malissimo. Quattro punti in cinque partite e 12 gol subiti in Premier, il Community Shield ceduto nettamente all’Arsenal. La crisi della squadra di Mourinho parte da lontano. Nonostante la vittoria in Premier, il gioco non era stato affatto buono per tutta la seconda parte della passata stagione. Pessima, ad esempio, la doppia sfida di Champions con il PSG, che in 10 uomini era riuscito a far fuori i Blues a Stamford Bridge. La crisi viene da lontano e la campagna acquisti estiva non ha aiutato la squadra a migliorare. Simbolo della crisi un giocatore fino a ieri affidabile come Branislav Ivanovic, ridicolizzato praticamente da qualunque ala si trovi a passare dalle sue parti.

 

Ma è tutta la fase difensiva del Chelsea che non funziona: la squadra concede più di 15 tiri a partita agli avversari e Mourinho, incredibile a dirsi, non sembra riuscire a invertire la tendenza. L’impressione è che Mou e il Chelsea si siano mossi male nelle ultime due sessioni di mercato. Diego Costa è un centravanti difficile da inquadrare al di fuori di un gioco basato su spazi ampi, Filipe Luís è già tornato all’Atlético Madrid. Quest’anno l’atteso e necessario rinforzo in difesa non è arrivato e davanti Pedro e Falcao non sembrano in grado di spostare l’inerzia di un attacco che soffre come tutti gli altri reparti. L’altra impressione è che a forza di far giocare male la propria squadra, piazzando sin troppo spesso il bus nella propria area di rigore, Mourinho abbia davvero impoverito tecnicamente e tatticamente il Chelsea. E che anche lui abbia ridotto l’opzioni tattiche da maneggiare. L’ossessione per il risultato che si ritorce contro Mou. Il girone è semplice, ma se il livello del Chelsea è questo, ci sarà da battagliare a Kiev.

 



Ho avuto l’impressione che Mourinho abbia tirato troppo la corda al Chelsea. Dopo aver siglato un faraonico rinnovo di contratto, il portoghese ha mostrato una sicurezza eccessiva circa gli obiettivi di mercato. Di quelli dichiarati, però, è arrivato solo il terzino sinistro Baba, che è solo una seconda scelta dietro al pretoriano Azpilicueta. E l’arrivo di Falcao sembra più un favore a Mendes, procuratore anche di Mourinho. Lo stesso Pedro, che è arrivato sul filo di lana, è stato preso quasi solo per togliere un rinforzo allo United, più che per una precisa esigenza tattica. Infine, l’

che ha riguardato il trasferimento di John Stones ha avuto il sapore della lesa maestà verso John Terry, passato dagli altari della scorsa stagione alla polvere in meno di due mesi.

 

Il miglior giocatore della scorsa stagione, Eden Hazard, sta attraversando una mini-crisi tecnica, perché sta facendo fatica a elevarsi dal suo attuale, consolidato livello di gioco a quello successivo. Lui stesso ha dichiarato con sconforto: «Non riesco a segnare con la continuità di un Messi o di un Cristiano Ronaldo». Ad Hazard sta mancando anche quello spirito di sacrificio richiesto da Mourinho alle ali del suo sistema di gioco, tanto che spesso lascia il suo terzino in inferiorità numerica. La situazione è resa peggiore dall’assenza di Oscar, un giocatore che come pochi in Europa riesce a coniugare qualità e equilibrio tattico.

 

Il Chelsea ha la peggior difesa del campionato inglese e le difese ti fanno vincere i trofei. Potrebbe persino far bene ai londinesi togliersi dai riflettori in questa prima fase per poi sbucare nella fase a eliminazione come il più temibile degli underdog.

 



Il passaggio di Jorge Jesus dal Benfica allo Sporting Lisbona è stata La Cosa di questa estate calcistica portoghese. L’attenzione mediatica che ha circondato la capitale ha marginalizzato ulteriormente il Porto, che somiglia sempre di più a un allevamento di talenti gestito dalla finanza globale. Come dice Daniele, probabilmente non toccherà di nuovo i vertici dello scorso anno, però il talento c’è anche quest’anno, e Lopetegui pare l’allenatore migliore per metterlo a sistema e mungerlo. Viktor Aboubakar forse farà rimpiangere Jackson Martínez, ma intanto ha già segnato 4 gol in altrettante partite. A centrocampo c’è da tenere d’occhio il talento registico di Rúben Neves. Mentre in avanti il menu alla sezione “dribblomani” è come sempre ricco, e a Brahimi aggiunge Jesús “Tecatito” Corona, il cui soprannome ha una storia triste, ma in fondo molto Porto. Pare che venisse chiamato “Coronita” ma il nomignolo richiamava una birra concorrente della FEMSA, l’azienda di cui era proprietario il presidente del Monterrey, la sua ex squadra. Allora venne costretto a cambiare il proprio soprannome in "Tecatito", diminutivo di Tecate, una delle birre della FEMSA.

 

https://www.youtube.com/watch?v=PCLqWOOqu9o

Lo spunto sul breve fa paura. Ora possiamo ricominciare a chiamarlo “Coronita”?



 



 



L’ultima volta in Champions del Valencia è stata al Parco dei Principi contro il PSG: erano gli ottavi di finale, marzo 2013, e quasi gli riusciva una rimonta epica. In quella squadra c’erano Albelda, Soldado e Mathieu; il club era talmente sommerso dai debiti che il fallimento non sembrava un’ipotesi lontana.

 

Dopo due anni e mezzo, sembra un altro mondo. Un magnate di Singapore è diventato il nuovo proprietario; il più astuto e ricco procuratore sportivo internazionale, Jorge Mendes (sempre lui), ne gestisce in remoto la direzione tecnica, tanto da scegliere l’allenatore, Nuno Espirito Santo, e spingere dirigenti alle dimissioni (gente come Ayala e Rufete). I problemi economici sembrano dimenticati, il Valencia spende come una grande d’Europa e se vende un pezzo pregiato (Otamendi) lo rimpiazza con uno (potenzialmente) ancora più forte (Abdennour). In più, gli spagnoli sono anche fortunati, perché il gruppo H è decisamente abbordabile e c’è persino il rischio che lo vincano: ma se a marzo 2013 l’aveste detto a un tifoso

qualsiasi a Plaça de l'Ajuntament, vi avrebbe preso per matti.

 

https://www.youtube.com/watch?v=uBv8EZUv-DE

E ora un po’ di Amarcord.



 



La stagione dello Zenit era iniziata bene: con la Supercoppa vinta e un girone di Champions equilibrato e quindi fattibile. Poi la federazione ha pensato bene di spararsi un colpo sui piedi, inasprendo il regolamento sul limite agli stranieri in campionato (#troppistranieri). Il limite non c’è in Champions, ma il nuovo regolamento ha portato all’ultimo momento alla vendita della punta venezuelana Rondón e allo sconforto dell’allenatore Villas-Boas, che vede adesso la competitività della squadra bloccata, non potendo prendere giocatori più stranieri e dovendo quindi avere in panchina giocatori russi che con lo Zenit c’entrano il giusto.

 

Lo Zenit è quindi la stessa squadra che lo scorso anno non riuscì a passare il girone, meno la punta titolare (sostituita dal russo Dzyuba), più un allenatore scontento che è finito per esplodere a bordo campo portando in dote una squalifica di sei giornate in campionato e la sicurezza che questa sarà l’ultima stagione a San Pietroburgo per lui. La squadra ha chiaramente risentito delle tensioni dell’allenatore e sta faticando a ingranare in campionato, dove è a 6 punti dal CSKA Mosca (che potevano essere 9 se non avesse pareggiato quasi a fine partita, pur giocando peggio, nello scontro diretto). La Champions per lo Zenit può essere un’ancora di salvezza per la stagione nel caso di passaggio del turno, come il palcoscenico adatto per uno psicodramma in diretta europea.

 



Non so quanta fiducia si può arrivare a dare, in termini di caratura internazionale, a una squadra che ha un indiano Seminole nello stemma: i belgi del Gent (o Gand, se preferite la francofonia) portano sul cuore il profilo di un pellerossa, e sono soprannominati

per via dell’arrivo in città, nei primi anni del secolo scorso, di Buffalo Bill e del suo circo equestre itinerante Wild West: è come se lo Zenit San Pietroburgo, inserita nello stesso girone, portasse sul cuore un uovo fabergé per via della collezione posseduta dagli zar custodita all’Hermitage, avrebbe dell’assurdo.

 


Buffalo Bill a Gand.



 

Non conoscendo approfonditamente nessuno dei calciatori del Gent mi sono fatto un giro su YouTube: di Benito Raman, uno—a quanto pare—dei prospetti più interessanti della squadra, ho trovato un filmato intitolato, forse significativamente, "

" (sic). I crismi della

ci sono tutti: giocate che si orientano, in una scala Richter della decisività, tra le magnitudo zero e meno cinque. In più però c’è quell’errore ortografico del titolo del video che è molto eloquente di quanto sarà

il cammino dei belgi sulla strada dell’espiazione dalle tonitruanti lettere Effe, Di, Ci, Pi.

 



Altro gruppo imperscrutabile questo con Zenit, Valencia, Lione e Gent. Tre, se non quattro squadre possono giocarsi i due accessi agli ottavi in palio. Non mancheranno certamente gli spunti tattici, personalmente sono curioso di verificare la crescita di André Villas-Boas, ripudiato dal calcio che conta dopo il suo fallimento al Tottenham. Così come attendo di assistere all’ennesima incarnazione di Nuno Espirito Santo e del suo Valencia. E sarà altrettanto interessante seguire l’evoluzione del Lione di Fournier, che è uno dei pochi allenatori con Allegri a portare il rombo di centrocampo in Europa, oltre a un calcio fatto di verticalizzazioni veloci verso le punte. Il Lione ha nelle sue fila alcuni dei talenti più interessanti del calcio francese ed europeo: su tutti il bomber Lacazette, il fantasista Fekir (ora infortunato) e il centrocampista Tolisso saranno sicuri protagonisti negli anni a venire.

 



Sono cresciuto mentre l’Anderlecht era una grande del calcio d’Europa e il Mechelen/Malines vinceva una Coppa della Coppe e una Supercoppa Europea. Il Belgio era quello super tattico e cerebrale della ossessiva applicazione della tattica del fuorigioco. Oggi invece la Nazionale è un concentrato di giovani talenti molto alla moda, mentre le squadre di club continuano a soffrire depauperate immediatamente dei talenti che riescono a crescere. Oltre che per l’osservazione precoce di giovani calciatori, la Juliper League incuriosisce per la sua particolare formula, unica in Europa. Alla fine della stagione regolare, le prime sei squadre si giocano il titolo nazionale disputando un mini campionato con partite di andata e ritorno portandosi in dote la metà dei punti conquistati in stagione. È proprio in questi particolari play-off scudetto il Gent ha sorpassato il Club Brugge che lo aveva preceduto di quattro punti nella stagione regolare.

 

https://www.youtube.com/watch?v=fzDyOnBoRpY

 

La vera disdetta di questo girone è non potere vedere all’opera Nabil Fekir, che si è rotto il crociato al suo esordio dal primo minuto con la Nazionale. Il talento dell’Olympique Lione aveva cominciato la stagione con 4 gol e 1 assist nelle prime 4 partite. L’OL ha avuto la forza in questa sessione di calciomercato di tenere tutti i suoi gioielli, Lacazatte e Fekir in testa e, addirittura, di rinforzare la squadra con Jérém

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura