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Emiliano Battazzi
Guida alla Roma 2022/23
10 ago 2022
10 ago 2022
Entusiasmo è la parola chiave della lunga estate giallorossa.
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Emiliano Battazzi
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Foto di Andrea Staccioli / Insidefoto / LightRocket via Getty Images
(foto) Foto di Andrea Staccioli / Insidefoto / LightRocket via Getty Images
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Piazzamento lo scorso campionato:Chi in più: Paulo Dybala (svincolato), Georginio Wijnaldum (PSG), Nemanja Matic (svincolato), Zeki Celik (Lille), Mile Svilar (Benfica).Chi in meno: Henrikh Mkhitaryan (svincolato), Daniel Fuzato (Ibiza), Sergio Oliveira (Galatasaray), Jordan Veretout (Marsiglia), Ainsley Maitland-Niles (Arsenal), Carles Perez (Celta Vigo), Gonzalo Villar (Sampdoria).Una statistica interessante: 17 i gol segnati nella scorsa Serie A dalla Roma su sviluppo da palla inattiva (rigori esclusi): nessuno ha saputo fare meglio, solo l’Udinese è arrivata a pari merito. Considerando anche i rigori, i giallorossi hanno segnato circa il 40% dei loro gol da calcio piazzato: solo la Salernitana ha registrato una percentuale superiore (48,5% dei gol). Tra le popolazioni più scaramantiche della storia, gli antichi romani spesso ricorrevano agli auspici, cioè l’osservazione del volo degli uccelli, per consultare la volontà degli dei. Nella leggenda della fondazione della città, Romolo e Remo diventano addirittura i primi àuguri, i sacerdoti incaricati degli auspici: si posizionarono rispettivamente sul Palatino e sull’Aventino per contare gli uccelli.Alle 17.30 del 4 agosto, ben 7004 àuguri stavano osservando il volo dell’aereo privato del presidente della Roma, Dan Friedkin: non in cielo, bensì sulla piattaforma Flightradar24. In quel momento era l’aereo più tracciato al mondo. A quei tifosi della Roma se ne aggiungevano circa 500-1000 all’aeroporto di Ciampino, in attesa del passeggero principale di quel volo: Gini Wijnaldum. Circa diecimila romanisti avevano accolto Paulo Dybala nella presentazione al “Colosseo quadrato” dieci giorni prima. Il 7 agosto lo Stadio Olimpico è stato riempito fino all’ultimo posto per l’amichevole di presentazione contro lo Shakhtar. Entusiasmo è la parola chiave di questa lunga estate romana: lunga perché iniziata il 25 maggio, con la vittoria della Conference League a Tirana, e lunga per la calura che proprio da quei giorni ha avvolto la città senza più andarsene.L’entusiasmo però non è iniziato con una vittoria: viene da molto prima, da quando Mourinho, con l’aiuto della società, era riuscito a ricompattare l’ambiente giallorosso. Da Roma-Salernitana di inizio aprile a Roma-Venezia di metà maggio, l’Olimpico è stato sold out senza motivazioni valide a prima vista. Mourinho ha sintetizzato la situazione parlando di famiglia: ricompattare tutti dietro un unico sentimento, per raggiungere degli obiettivi.Il famoso ambiente romano si è così (almeno parzialmente) dissolto, e i suoi mille deliri improvvisamente trasformati in energia positiva: una delle più grandi magie di Mourinho, che non a caso Sandro Modeo paragonava a Houdini nel libro “L’alieno Mourinho”. Una magia ancor più grande è stata quella di vincere la prima competizione UEFA nella storia della Roma, portando al successo un club che non vinceva da 14 anni, un lungo periodo in cui però aveva goduto di giocatori semplicemente fenomenali. In questo modo, l’allenatore portoghese è tornato a essere al centro delle attenzioni dei media globali, dopo una fase di declino che sembrava inesorabile: per riuscirci, Mou è rimasto fedele a se stesso, alla sua idea di calcio.Ne La città di pietra, lo scrittore albanese Ismail Kadare descrive, tramite la prospettiva di un bambino, la sua città natale, Argirocastro, durante la Seconda Guerra Mondiale: arroccata, immobile, eterna come le sue pietre, anche se in preda a continui sconvolgimenti, talmente tanti da rendere a volte una sfumatura tragica in ironica e assurda.Così è il calcio di Mou: immobile, eterno, aggrappato a durissime pietre, costruito su fondamenta inaffondabili - quelle dell'essenza del calcio, un gioco a basso punteggio in cui gli errori valgono molto, forse troppo. Mentre tutto il resto cambia, e ormai nessuno ha più paura di sbagliare, anzi si cerca il maggior coinvolgimento possibile dei giocatori e la loro capacità di assumersi rischi continuamente (per creare vantaggi, ovviamente: posizionali, numerici, e così via), per Mou la sostanza è sempre la stessa. Bisogna ridurre al minimo gli eventi della partita, solo così si possono ridurre la variabilità e l’imprevedibilità del gioco: esempio illuminante è stata la semifinale di ritorno di Conference League contro il Leicester, forse la più mourinhana della sua Roma. Una partita in totale controllo degli eventi, anche se passata per gran parte del tempo nella propria metà campo, con il pallone lasciato agli avversari.Una stagione conclusa in trionfo, quella passata, ma che ha visto un andamento altalenante dei giallorossi: nel periodo iniziale di rodaggio, Mourinho si era affidato al 4-2-3-1, con Zaniolo esterno offensivo destro costretto a un lavoro estenuante. Come già era accaduto precedentemente a Fonseca, con questo abito tattico neppure Mou è riuscito a mantenere gli equilibri: la Roma era una squadra da battere e levare, con partite in stile pallanuoto in cui ogni azione si sarebbe potuta concludere con un gol (come Roma-Sassuolo). I due centrali difensivi erano troppo esposti e spesso a disagio nel due contro due con gli avversari, con letture difensive a volte disallineate, e con movimenti poco coordinati della linea difensiva. Si è subito tornati alla difesa a tre, che garantisce maggior copertura degli spazi difensivi, potendo dare spazio all’aggressività negli anticipi di Mancini e Ibañez senza paura di combinare troppi disastri.Nel corso dei mesi, Mourinho come un meccanico ha aggiustato in qualche modo gli ingranaggi che sembravano funzionare meno: la difesa a tre ha permesso un maggior coinvolgimento offensivo degli esterni, che si sono infatti trasformati in creatori di gioco - non solo Karsdorp, ma ancora di più il sorprendente Zalewski a sinistra - contribuendo a diversificare le minacce e i percorsi di attacco della Roma. Lo stesso è accaduto quando Mou ha utilizzato due trequartisti, Pellegrini e Mkhitaryan, dietro Abraham: la squadra è riuscita a controllare di più il pallone, ed essere anche più aggressiva a centrocampo, riuscendo a dare ritmo alla manovra offensiva senza sparare cannonate in avanti.La vertigine verticale dei giallorossi, infatti, troppo spesso ha contribuito a determinare percorsi di gioco simili a binari: con Zaniolo e Abraham a correre dritti senza incontrarsi mai, alla ricerca del pallone lanciato troppo frettolosamente dal proprio terzo di campo. Quando i due sono riusciti a cercarsi e giocare insieme, aiutati ovviamente dal resto della squadra, si sono intraviste le potenzialità: come nella vittoria a Bergamo contro l’Atalanta, un caso raro.Anche per questi motivi, l’utilizzo dei calci piazzati per creare occasioni da gol è stato fondamentale: in un calcio che ormai cerca schemi complessi da corner per disordinare gli avversari, Mourinho continua a preferire soprattutto le battute dirette dentro l’area, puntando su una significativa batteria di saltatori, a cui è stata appena aggiunto Matic, e di lanciatori, il cui valore è notevolmente aumentato con il sinistro di Dybala (e infatti il suo primo assist è stato su calcio d’angolo nell’amichevole contro il Tottenham).Proprio a centrocampo la Roma ha effettuato i cambiamenti maggiori: via Oliveira, Veretout e soprattutto Mkhitaryan, diventato un tuttofare grazie alla sua intelligenza calcistica. Era lui l’olio che spesso permetteva alla squadra di sbloccare gli ingranaggi ed evitare il percorso offensivo del doppio binario. Nel centrocampo a due, Matic servirà ad alternarsi con Cristante, croce e delizia della vertigine verticale giallorossa, mentre Wijnaldum occuperà l’altra posizione, per garantire un contributo di dinamismo che troppo spesso è mancato in quella zona di campo. Con questo assetto, i giallorossi potrebbero persino diventare un po’ più proattivi, cercando di disturbare l’azione dell’avversario in porzioni più alte di campo.

Al 24’ la Roma è già rinchiusa nella propria metà campo, con tutti i suoi 10 giocatori di movimento sotto la linea della palla, con Abraham quasi esterno destro.

L’alternativa, con Pellegrini a centrocampo insieme a Matic/Cristante e dietro a Dybala e Zaniolo con Abraham punta, come visto nell’amichevole contro il Tottenham, determina almeno due problemi: da un lato, un atteggiamento passivo inevitabile, con quattro giocatori offensivi poco inclini al lavoro in pressione sull’avversario e la squadra concentrata in una lunga difesa posizionale; dall’altro, impone un sacrificio fortissimo a Pellegrini, costretto a coprire grandi zone di campo anche in fase difensiva, allontanato dalla sua posizione prediletta, sulla trequarti. Un sistema che lo vede sempre e comunque al centro del gioco giallorosso, pronto a toccare mille palloni, ma con un dispendio fisico che rischia di oscurarne la lucidità.Nell’amichevole contro lo Shakhtar, Mourinho ha provato una versione più aggressiva, con la squadra alta in pressione, con risultati alterni: a volte Pellegrini e Matic riuscivano a schermare l’inizio azione avversario, con i due braccetti della difesa molto alti in anticipo; a volte la pressione veniva bucata, creando praterie tra centrocampo e difesa che gli ucraini non hanno saputo sfruttare.L’aiuto di Wijnaldum potrebbe rendere questo sistema più fattibile, ma difficilmente potrebbe rappresentare l’assetto standard della Roma nelle grandi partite. L’olandese aiuterà a coprire lo scarso dinamismo del suo compagno di zona (che sia Cristante, Matic o anche Pellegrini) e sarà fondamentale per ricucire i reparti evitando la tendenza a sfaldarsi, ma difficilmente potrà coprire tutto il campo come un ossesso, quale unico sperone davanti alla difesa.

Ecco cosa succede ad avvicinare i tuoi giocatori di maggior talento: un esempio plastico delle combinazioni spontanee richieste da Mou e determinate dall’intelligenza dei singoli. 

Ad aiutare Pellegrini nella creazione di gioco ci sarà Paulo Dybala, lo strumento su cui punta il meccanico Mou per evitare che la sua macchina vada sempre dritta. Nel calcio eterno del portoghese, le migliori soluzioni di gioco sono quelle apportate dai giocatori: in questo modo si aspetta di duplicare il potenziale di creazione di gioco sulla trequarti. Pellegrini e Dybala eseguiranno movimenti simili a tagliare dentro il campo, con il capitano probabilmente più basso per ricucire il gioco, e l’argentino più vicino alla punta, per assicurare un contributo realizzativo indispensabile per puntare in alto, e che l’anno scorso è mancato (2 soli gol in Serie A per Zaniolo, ma ben 6 in Conference, compreso il più pesante di tutta la stagione, quello in finale contro il Feyenoord). In questo quadro, Abraham dovrà leggermente modificare i suoi movimenti: molto abituato ad abbassarsi per provare a ricucire il gioco, dovrà abituarsi ad attaccare di più la profondità. Con Pellegrini e Dybala, infatti, ci sarà bisogno di allungare le difese avversarie per creare spazio tra le linee. I movimenti di Abraham a svuotare la difesa potranno comunque tornare utili per permettere gli inserimenti di Wijnaldum, che Mou punta ad aggiungere al ventaglio delle sue potenzialità offensive.Sarà quindi Zaniolo il sacrificato di questo nuovo assetto? Troppo presto per dirlo, per diversi motivi. Nessuno ha la sua fisicità in rosa, e pochi in Serie A, un elemento fondamentale nelle idee di Mou: Zaniolo può dare e prendere sportellate con qualunque difensore. Dalle amichevoli con Tottenham e Shakhtar, giocate da titolare, è emerso che i tagli in profondità di Zaniolo, anche se utilizzato sulla zona sinistra, possono essere fondamentali, sia per allungare le difese avversarie che per creare pericoli. Anche Abraham sembra rendere di più con un compagno di reparto in grado di attirare le attenzioni dei difensori avversari. In una stagione che già appare lunghissima, Mou si è voluto coprire con due opzioni per ogni ruolo: per questo Zaniolo potrebbe probabilmente accumulare lo stesso minutaggio della passata stagione.

Due azioni simili: Abraham si abbassa, Zaniolo attacca la profondità. Nel primo tempo spreca tirando addosso al portiere, nel secondo temporiesce a segnare. Ecco perché i movimenti di Zaniolo potrebbero risultare ancora indispensabili.

L’arrivo del terzino destro Celik risponde a questa logica di profondità della rosa (Maitland-Niles si è rivelato inadeguato e rispedito al mittente), così come i possibili arrivi di Belotti e Bailly. La Roma ha bisogno del "gallo" sia per dare fiato ad Abraham (che ha dovuto giocare sempre nella scorsa stagione) sia per addomesticare le proprie derive verticali, quando cioè dovrà lanciare lungo dalla difesa, con conseguenti duelli fisici che Belotti sembra più adatto a vincere o almeno contendere. In alcune partite, soprattutto nelle parti finali, la Roma avrebbe avuto bisogno di un giocatore in grado di vincere qualche duello aereo impossibile, addomesticare il pallone e far rifiatare la squadra. La tipologia di giocatori che la Roma ha acquistato e ancora sta cercando non esclude affatto un passaggio al 4-2-3-1 (anche se Mourinho per ora rimane fedele al 3-4-2-1), non come sistema standard, ma come opzione aggiuntiva. In questo caso, Mou opterebbe per almeno un terzino più difensivo (grande candidato Celik a destra), per un duo di centrocampo Matic-Wijnaldum, con Pellegrini trequartista (ma occhio anche all’olandese in quella posizione, per una squadra più aggressiva e coperta in zona centrale) e probabilmente El Shaarawy o Zalewski all’ala sinistra. Sono solo numeri per Mou, che si muove sempre dall’alto di un dogma, quello di trovare un equilibrio complessivo, ma soprattutto quello difensivo: la città arroccata si costruisce sulle pietre più grosse e resistenti, perché solo così potrà resistere a tutti i cambiamenti.Con i nuovi arrivi la Roma compie un significativo salto di qualità, ma non va dimenticata la distanza con le prime in classifica: in otto partite contro le prime quattro dell’ultima stagione, i giallorossi hanno ottenuto solamente due pareggi e sei sconfitte, che Mourinho ha spesso (forse anche troppo) giustificato con una distanza proprio nella qualità degli interpreti. Questo alibi sarà più difficile da utilizzare in questa stagione, e al tecnico portoghese spetterà trovare soluzioni funzionali per ottenere il massimo dai nuovi arrivi, e sistemare la squadra nel gruppo delle prime quattro.“One kiss is all it takes” recita il ritornello della canzone di Dua Lipa, molto cantato negli stadi inglesi, in particolare dai tifosi del Liverpool, con riferimento al bacio della coppa, la Champions. Anche per i tifosi romanisti questo refrain può avere un senso particolare: la stagione della Roma dipenderà molto dallo slancio e dalla consapevolezza che il bacio di Pellegrini alla Conference League riuscirà a garantire. Se quel bacio avrà aumentato la rabbia e la voglia di vincere del gruppo, come un affamato che dopo la prima vera cena non si senta affatto sazio; oppure se quel bacio sarà stato troppo languido, e avvolto nella calura infernale della nuova eterna estate romana, avrà ammorbidito gli uomini di Mou. Per ritrovarsi sul primo percorso, quello giusto, anche stavolta Mourinho sarà fondamentale nella veste di meccanico tattico, ma soprattutto in quella di mago gestore di anime e cuori. Come Houdini aveva bisogno di prove sempre più rischiose, anche l’allenatore giallorosso è costretto di nuovo ad alzare il livello: vincere a Roma è molto difficile, ripetersi ancora di più.Miglior scenario possibileDopo un’incredibile sconfitta per 5-0 ad Helsinki contro l’HJK nel girone di Europa League, Mou decide di epurare Cristante, Mancini e Viña, costretti ad allenarsi in disparte a Trigoria. A gennaio arriva Fellaini dalla Cina, per giocare da seconda punta vicino ad Abraham: i giallorossi iniziano a macinare gioco e risultati, e dopo aver sconfitto il Manchester United arrivano alla finale di Europa League a Budapest, contro il Ferencvaros retrocesso dalla Champions. Nella conferenza pre-partita, Mourinho con una battuta si prende gioco di Orbán, dicendo che il carisma e l’autorevolezza sono doti naturali, chi ce l’ha se le tiene e non si possono imporre per legge. In uno stadio infuocato, un gruppo di tifosi ungheresi invade il campo e prova ad aggredire prima Rui Patricio e poi direttamente Mourinho. La partita viene sospesa, e mentre viene scortato dalla polizia fuori dal campo, l’allenatore portoghese con le dita fa il segno del tre al pubblico ungherese, per indicare la vittoria a tavolino per 3-0, che effettivamente l’UEFA concede il giorno successivo.Peggior scenario possibileDopo la sconfitta ad Helsinki per 5-0, si crea una fronda anti Mou negli spogliatoi, guidata dagli epurati Cristante e Mancini. La squadra non riesce più a trovare gli equilibri, i nuovi acquisti non si integrano: Matic e Wijnaldum compongono un carrello di bolliti, Dybala è sempre vittima dei suoi problemi fisici, Celik viene avvolto dai piaceri delle notti romane. Dopo essere stati eliminati in entrambe le coppe, ai giallorossi resta solo il campionato: tra inciampi ed improvvisi risvegli, la squadra raggiunge solamente il settimo posto. Mourinho annuncia il suo addio e lascia la Roma dove l’aveva presa: in Conference League.Giocatore chiaveLa Roma ha fatto a meno di chiunque durante la scorsa stagione, trovando soluzioni agli infortuni di Pellegrini, Mkhitaryan e Spinazzola, inventando soluzioni di tutti i tipi, facendo giocare ragazzi della Primavera con ottimi risultati (Zalewski e Felix Afena-Gyan, ma anche Bove e Volpato), ma è da tre anni che non riesce a trovare un’alternativa a Smalling. Senza il centrale inglese, la difesa si trasforma in un trio incerto e impaurito, in balia delle dimenticanze di Ibañez e dei nervosismi di Mancini. Smalling a volte sembra apparire dal nulla in scivolata su un tiro avversario calandosi davvero dall’alto, deus ex machina della Roma, senza il quale non esisterebbero soluzioni possibili. Per questo sorprende che Mourinho non abbia chiesto, almeno per ora, un altro centrale di grande livello - probabilmente ritenendo l’affiatamento del reparto difensivo come un valore aggiunto, e intravedendo prospettive di miglioramento per Kumbulla e Ibañez. L’ipotesi Bailly fa capire però che si sta cercando un profilo di un certo tipo: un giocatore aggressivo, fisicamente dominante e veloce in allungo, capace di giocare centrale di una difesa a tre ma anche a quattro. Con l’eventuale arrivo dell’ivoriano, il passaggio al 4-2-3-1 poggerebbe su pietre molto più resistenti di quelle attuali: con Smalling si costituirebbe una coppia molto fisica, capace di coprire anche più campo alle spalle e rendere la squadra più aggressiva.Giocatore da prendere al FantaPotete comprare in coppia Spinazzola e Zalewski per sistemare i vostri problemi sulle fasce. Con l’italo-polacco titolare, la fascia sinistra della Roma si è trasformata nella nuova fonte di gioco offensivo della squadra: due assist in Conference, gli è mancato solo il gol (deve migliorare sulla potenza e dinamica di tiro). Ma è impossibile sapere quante volte giocherà titolare, e quindi conviene comprare anche Spinazzola, che dopo una lunga assenza sembra essere tornato a un buon livello: forse non il fenomeno degli Europei, ma comunque un ottimo esterno con spiccata propensione offensiva - e poi nel Fanta è considerato addirittura difensore di ruolo. I due si alterneranno spesso, ma con un eventuale passaggio al 4-2-3-1 potrebbero giocare entrambi titolari: bingo.

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