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Guida alla Roma 2021/22
23 ago 2021
23 ago 2021
I giallorossi ripartono da Mourinho e una squadra ringiovanita.
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Chi in più: Tammy Abraham, Eldor Shomurodov, Matias Viña, Rui Patricio.


 

Chi in meno: Edin Dzeko, Pau Lopez, Pedro, Bruno Peres, Juan Jesus, Antonio Mirante.


 

Una statistica interessante della scorsa stagione: La scorsa stagione la Roma è stata una delle squadre ad aver fatto peggio nella conversione delle occasioni in gol: secondo i dati di StatsBomb, la squadra di Fonseca ha segnato 60 gol (esclusi i rigori) da 62.9 Expected Goals creati complessivamente. Solo l’Udinese, il Bologna e il Verona sono stati meno lucidi della Roma sotto porta. Edin Dzeko è stato uno degli attaccanti meno precisi in Serie A: 7 gol (esclusi rigori) da 12.2 xG. Solo Kevin Lasagna ha fatto peggio.


 

Quella che si sta aprendo è la prima stagione di una nuova era per la Roma. Dopo circa un decennio, il club è passato di mano dalla cordata di imprenditori statunitensi capeggiata da James Pallotta al Friedkin Group, gruppo industriale capeggiato da Dan Friedkin e attivo soprattutto nel settore automobilistico e cinematografico. La scorsa stagione è stata quindi attraversata come da un fiume carsico dalla transizione societaria che, oltre al cambio di proprietà, ha visto anche il passaggio da Gianluca Petrachi a Tiago Pinto nella gestione sportiva della squadra e l’abbandono di quello che sarebbe dovuto essere il progetto di un nuovo stadio di proprietà.


 

In tutto questo, la squadra di Fonseca ha avuto una stagione straniante che, con le sue ottime premesse seguite da un finale disastroso, ha rappresentato una piccola sineddoche della precedente gestione. Anche se oggi è difficile ricordarselo, la Roma ha avuto un’ottima prima parte di stagione: il primo febbraio, all’inizio del girone di ritorno, era terza in classifica ad appena sei punti dal Milan capolista e qualificata ai sedicesimi di Europa League da prima nel girone. A quel punto, però, è iniziata una lunga discesa agli inferi che forse si poteva già intuire dal disastro negli ottavi di Coppa Italia, persi 0-3 a tavolino contro lo Spezia per aver fatto un cambio di troppo, o dalle grosse difficoltà incontrate nei big match. Un’incredibile sequela di infortuni e punti persi, che hanno portato la Roma a perdere ogni certezza tattica e a trasformarsi in una squadra iper reattiva, agli opposti rispetto agli ambiziosi principi tattici del suo allenatore. Dopo l’andata della semifinale di Europa League persa 6-2 contro il Manchester United (sineddoche nella sineddoche: la Roma aveva chiuso il primo tempo in vantaggio per 1-2), i Friedkin hanno deciso di ribaltare il tavolo annunciando l’ingaggio di José Mourinho come nuovo allenatore per la stagione successiva.


 

Quella di Mourinho non è stata solo una mossa di facciata, perché all’ingaggio dello “Special One” è seguito un mercato che ha cercato di sciogliere i nodi che si sono presentati nella seconda metà della scorsa stagione. In primo luogo è stato cambiato il portiere, con il disastroso Pau Lopez spedito a Marsiglia e sostituito dall’esperto Rui Patricio, reduce da un buon Europeo. Sull’out di sinistra, orfano di Leonardo Spinazzola (e lo sarà almeno fino all’inizio del prossimo anno per via del grave infortunio al tendine d’Achille rimediato agli Europei), dal Palmeiras è stato invece preso Matias Viña, terzino senza grandi velleità tecniche ma dalla grande resistenza atletica. In avanti infine l’uscita di Edin Dzeko, eterna Penelope della tela incompiuta dell’attacco romanista, è stato sostituito da due giocatori: Eldor Shomurodov dal Genoa e Tammy Abraham dal Chelsea. Entrambi attaccanti estremamente diversi da Dzeko, entrambi arrivati a Roma piuttosto giovani per dimostrare di poter salire di livello.


 

È stato un mercato di "reazione", come l’ha definito lo stesso Mourinho - reazione per l’infortunio di Spinazzola e la decisione di Dzeko di trasferirsi a Milano (non così inaspettata per la verità) - ma comunque un mercato con una direzione precisa. Prendere giocatori giovani, graditi all’allenatore, e in un contesto generale di riduzione del monte ingaggi. In questo modo la rosa della Roma è già cambiata molto, con un’età media scesa a picco e una squadra già molto più simile al proprio allenatore di quanto non lo fosse anche solo poche settimane fa. Adesso, però, arriva il campo.


 

Fin dalle prime uscite stagionali, anche Mourinho ha preso una direzione tattica chiara che non ha mai abbandonato, nemmeno nelle prime partite ufficiali. Un 4-4-2 piuttosto ortodosso che attacca prevalentemente in verticale e si difende con un blocco stretto e decisamente alto, pur non facendo sempre affidamento sul pressing. È interessante, in questo senso, che l’allenatore portoghese abbia deciso di salvaguardare alcuni principi tattici del suo predecessore: il baricentro alto anche a palla scoperta per invitare l’avversario al lancio lungo o al cambio di gioco, la compressione estrema delle linee in verticale quando la palla è al centro e in orizzontale quando invece l’avversario scivola sull’esterno. Con questi principi, però, si sono immediatamente rivisti alcuni degli incubi che hanno agitato la scorsa stagione dei romanisti: centrali che rompono la linea in avanti o all’indietro troppo presto o troppo tardi, errori grotteschi in fase di prima costruzione (contro il Trabzonspor particolarmente pericolosi quelli di Cristante e Mkhitaryan), trequartisti in ritardo nel ripiegare sotto la linea della palla. Come farà Mourinho a raggiungere quella solidità difensiva a cui ambisce con gli stessi uomini e gli stessi principi tattici?


 

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Due situazioni che hanno minato la solidità difensiva della Roma lo scorso anno e si sono ripresentate quasi identica all'inizio di questa stagione: contro il Trabzonspor, Mancini segue il taglio in profondità di Cornelius lasciando in gioco Nwakaeme solo ai limiti dell'area; contro la Fiorentina, su palla persa sulla trequarti Gonzalez è libero di ricevere ai fianchi di Cristante, lasciato solo da Zaniolo troppo alto. Il numero 22 proverà a recuperare ma commetterà fallo facendosi espellere.


 

Anche davanti, nei rari momenti in cui la Roma ha attaccato posizionalmente, si è rivisto qualcosa della squadra di Fonseca. Ali molto dentro al campo e molto vicine alle due punte, terzini larghi e alti ad attaccare l’ampiezza, combinazioni veloci palla a terra per cercare di passare per i corridoi centrali. La fase offensiva, però, sarà quella che cambierà di più rispetto alla scorsa stagione. Come si è già visto chiaramente contro la Fiorentina, la Roma cercherà di essere più diretta, più verticale quando attacca cercando più spesso di sorprendere l’avversario in transizione o di arrivare velocemente sugli esterni per cercare il cross. E questo non solo per le intenzioni di Mourinho, un allenatore ormai diventato ideologicamente reattivo, ma anche per le caratteristiche dei suoi nuovi attaccanti. Sia Shomurodov che Abraham preferiscono portare palla o lanciarsi in profondità più che associarsi nel corto in spazi stretti, e anche giocatori come Zaniolo, Mikhtaryan, Veretout (con le progressioni) e Pellegrini (con le verticalizzazioni) sembrano più adatti a un gioco verticale e diretto. D’altra parte, lo si è visto anche nel primissimo gol stagionale contro il Trabzonspor, che dovrebbe rappresentare il modello per il resto della stagione in quanto a produzione offensiva.


 



Giocatore chiave


Con una squadra che non può essere del tutto sicura della sua difesa (anche per i continui infortuni di Smalling, che ha iniziato questa nuova stagione con un nuovo fastidio muscolare) e che ha investito soprattutto in attacco, la Roma anche quest’anno dovrà cercare di segnare un gol più dell’avversario più che subirne uno in meno. E in attesa di vedere le parabole di Shomurodov e Abraham con la maglietta giallorossa (iniziate comunque alla grande, anche alla luce del poco tempo che hanno avuto per allenarsi con i compagni), la grande “novità” di questa stagione è sicuramente Nicolò Zaniolo. Il numero 22 è uno dei pochi nella rosa che per talento può davvero alzare il livello della squadra verso limiti inaspettati. Dopo la rottura del secondo crociato e lo stop durato praticamente un’intera stagione, però, la grande incognita è come tornerà Zaniolo in campo. Se questo secondo grave infortunio lo avrà normalizzato fisicamente la Roma avrà una stagione, se invece torneremo a vedere le impennate che avevano messo a ferro e fuoco la Serie A qualche tempo fa allora l’annata della squadra di Mourinho potrebbe essere completamente diversa. La prima giornata è iniziata con un cartellino rosso, ma la strada è ancora lunga.


 

Giocatore da prendere al Fantacalcio


Quanti romanisti avete nella vostra lega di Fantacalcio? Se la risposta è “diversi” allora state alla larga di Tammy Abraham, che anche per via della grande prestazione contro la Fiorentina potrebbe andare via a cifre che non ne giustificherebbero più il rischio. Per una squadra che quest’anno per segnare punterà moltissimo sui calci piazzati (e già l’anno scorso ha segnato 10 gol da palla ferma), un acquisto più intelligente potrebbe essere quello di Gianluca Mancini. Forse prende un po’ troppi cartellini gialli, è vero, ma difficilmente sarà tolto dall’undici titolare e già l’anno scorso è arrivato a un passo dal suo record di gol stagionali (5, nella stagione 2018/19 con l’Atalanta). Chissà che non possa batterlo quest’anno, lui che è cresciuto con il mito di Materazzi, che proprio con Mourinho si affermò definitivamente.


 

Miglior scenario possibile


Dopo la vittoria contro la Fiorentina, la Roma frena con quattro 0-0 di fila. La piazza va subito in subbuglio. Le radio private iniziano subito a ribollire: in una viene addirittura invitato Paulo Fonseca per analizzare cosa non va nei meccanismi offensivi giallorossi. Alla sesta giornata c’è il Derby. Interrogato sulle difficoltà dei cugini, Maurizio Sarri senza pensarci troppo dichiara: «Lo sapevamo che non è un allenatore che dà spettacolo». Mourinho non se lo fa ripetere due volte e ribatte: «L’unico spettacolo per cui viene ricordato Sarri è quando non è riuscito a sostituire il portiere». L’Olimpico, nonostante la capienza ridotta, è una bolgia e, alla fine, un trionfo giallorosso: finisce 0-3 con doppietta di Zaniolo e autogol di Pedro. Da quel momento la stagione della Roma decolla: in difesa diventa magicamente impenetrabile e in transizione Shomurodov, Mkhitaryan e Zaniolo sono l’incubo del campionato. Anche nelle coppe il percorso è trionfale, al punto che Mourinho, con la squadra già con 10 punti di distacco sul quinto posto, decide di mettere i titolari solo in Coppa Italia e Conference League. Le vincerà entrambe, contro Napoli e Tottenham, mentre in campionato finirà quarta senza troppi patemi d’animo.


 

Peggior scenario possibile


La Roma parte a razzo: cinque vittorie di fila e solo un gol subito. Le radio private iniziano subito a ribollire: in una viene addirittura invitato Gabriel Omar Batistuta come ospite fisso per fare la pagella partita per partita di Tammy Abraham, che nelle prime cinque giornate mette a segno sei gol. Alla sesta giornata, però, c’è il Derby. L’atmosfera è tesa, talmente tesa che Sarri decide di non andare in conferenza stampa. Mourinho commenta: «Forse è andato a comprare le sigarette» sembrando ormai lontano dall’animale da conferenza stampa che era un tempo. La partita è un disastro: il gioco palla a terra della Lazio fa a fette la difesa romanista e arriva troppo facilmente in area. Zaniolo viene sostituito a fine primo tempo, Pedro fa tripletta. Da quel momento il campionato della Roma affonda, mentre dall’altra parte del Tevere nasce Sarrilandia. Esce agli ottavi di finale di Coppa Italia contro lo Spezia, mentre riesce a sopravvivere a fatica in Conference League. Arrivata in semifinale, però, perde 7-1 l’andata con il Tottenham. In campionato il punto più basso si raggiunge a marzo, con la Roma addirittura decima. Si parla già di esonero, qualcuno vorrebbe il ritorno di Fonseca. Negli ultimi due mesi di campionato però la squadra ha un moto d’orgoglio e riesce per lo meno a riagguantare la qualificazione in Conference League all’ultima giornata. Nella conferenza post-partita, Mourinho va davanti ai microfoni e annuncia il suo addio al calcio e getta un anatema sui prossimi allenatori giallorossi: «Se non ce l’ho fatta io, vuol dire che non ce la può fare nessuno».


 

 

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