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Emiliano Battazzi
Guida alla Roma 2019/20
23 ago 2019
23 ago 2019
I giallorossi hanno aperto un nuovo ciclo con l'obiettivo di tornare in Champions League.
(di)
Emiliano Battazzi
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: 6°.

 

: Nell'ultimo campionato la Roma e l'Empoli sono state le due squadre con la più grande differenza tra performance offensiva e difensiva. I giallorossi erano terzi per xG prodotti, undicesimi per quelli concessi.

 

: Leonardo Spinazzola (Juventus), Amadou Diawara (Napoli), Pau López (Betis), Gianluca Mancini (Atalanta), Jordan Veretout (Fiorentina), Davide Zappacosta (Chelsea), Yildirim Mert Cetin (Gençlerbirligi).

 

: Kostas Manolas (Napoli), Stephan El Shaarawy (Shanghai Shenhua), Luca Pellegrini (Juventus), Ivan Marcano (Porto), Steven Nzonzi (Galatasaray), Daniele De Rossi (Boca Juniors), Rick Karsdorp (Feyenoord).

 


Veretout e Diawara si giocano il posto a centrocampo con Cristante e Pellegrini, in difesa possono diventare titolari Mancini, al centro, e Zappacosta, a destra.


 

 

 

When there's nothing left to burn
you have to set yourself on fire
(Stars, Your ex-lover is dead)


 

La rivoluzione permanente della Roma alla fine ha seguito il ciclo di

: «Andare, andare e girare in tondo, tornando da dove si è partiti». Come se fosse l'agosto del 2011, agli albori della prima rivoluzione della proprietà americana (allora rappresentata dal presidente DiBenedetto), la Roma ha puntato di nuovo tutto il suo progetto tecnico su una scommessa: quella di un calcio moderno, basato su principi di gioco inderogabili, di un allenatore giovane e ambizioso che non ha mai allenato in una delle cinque grandi leghe europee. A differenza dell’allora novizio Luis Enrique, però, il nuovo allenatore portoghese Paulo Fonseca ha già una notevole esperienza alle spalle, fatta di successi e fallimenti, anche in piazze con pressioni ambientali molto diverse tra loro. Allo stesso tempo, a differenza del 2011, manca l’entusiasmo: la rivoluzione della Roma si è spinta fino al punto di fagocitare tutto ciò che era intorno, persino i suoi più grandi simboli. Quella che inizia è la prima stagione senza Totti e De Rossi contemporaneamente nella Roma (in vesti e formazioni diverse) del nuovo millennio, un vuoto che sarà molto difficile da elaborare ancora a lungo.

 

Come ogni stagione ormai, anche stavolta tutto è stato ricostruito da capo: in una concezione circolare del tempo, la Roma è un uroboro del calcio, un serpente che si morde la coda ed eternamente si divora e si rigenera. Come in quell’agosto di grandi speranze di otto anni fa, è difficile prevedere quali saranno i frutti della rivoluzione: nel frattempo è importante capire qual è il manifesto tecnico-tattico che la sostiene.

 



L’ennesima rivoluzione nasce però da una necessità: uscire dall’abisso in cui il precedente dominus della gestione tecnica, il DS spagnolo Monchi, aveva fatto precipitare la Roma.

, Monchi ha completamente stravolto la rosa, quasi in un gioco nel voler distruggere il passato, e in una egotica volontà di plasmare la realtà a sua immagine e somiglianza. Doveva essere la Roma di Monchi, e purtroppo lo è stata: a una sequenza di cessioni molto dure dal punto di vista tecnico, ma inevitabili per la gestione finanziaria del club, è corrisposta una serie di acquisti da videogioco manageriale, quasi scollegata dalla realtà della squadra. A farne le spese è stato soprattutto l’allenatore Di Francesco, che si è ritrovato una squadra totalmente inadatta ai suoi principi di gioco e che ha pagato con l’esonero. Per evitare di rendere conto dei suoi danni, Monchi si è dato alla fuga come Vittorio Emanuele III dopo l’armistizio: la Roma ha dovuto ricominciare in un vuoto di potere colmato dalla solita figura del pater familias Ranieri, una sorta di Cincinnato del romanismo.

 

Andato via Ranieri, non rinnovato il contratto di De Rossi, il primo annuncio della nuova Roma è stato proprio quello del nuovo allenatore Fonseca: la pietra angolare su cui ricostruire un progetto tecnico, ma anche l’ennesimo allenatore caricato di una missione salvifica, una visione messianica dell’allenatore che è da sempre una grande caratteristica dell’ambiente giallorosso.

 

Per sostenere l’allenatore, Petrachi ha scelto dei calciatori con caratteristiche particolari. Il nuovo portiere, lo spagnolo Pau Lopez, non è il classico numero uno a cui siamo abituati in Italia:

riguardano la gestione del pallone e la capacità di interpretare il gioco - caratteristiche fondamentali per Fonseca, che segue probabilmente l’adagio di Cruyff secondo cui l’uscita della palla dalla difesa è la fase più importante nel gioco di una squadra.

 

A centrocampo è arrivato Diawara: il nuovo regista giallorosso potrebbe essere molto utile nella gestione della palla davanti alla propria area, ma anche nel saper giocare a parete per disordinare gli avversari e creare gli spazi manipolando il tempo delle giocate. Insieme a lui, anche Veretout, acquistato dalla Fiorentina ma mai in campo nelle amichevoli a causa di un infortunio alla caviglia: nel centrocampo a due di Fonseca, il francese dovrà probabilmente assumersi più rischi e provare i passaggi taglialinee per creare la superiorità posizionale. Dalla Juventus è arrivato invece Spinazzola (in uno scambio taglia-futuro con Luca Pellegrini), un terzino molto offensivo, abituato a giocare nella metà campo avversaria più che nella propria: caratteristiche adatte a un esterno di difesa nel sistema di gioco di Fonseca.

 

La difesa appare invece la zona più sguarnita: la cessione di Manolas apre una voragine che per ora non sembra essere stata riempita. L’arrivo di Mancini dall’Atalanta sembra più un investimento: un difensore molto aggressivo e abile nell’anticipo, oltre che nelle conduzioni palla al piede, ma che deve migliorare nella gestione del pallone nonché nella gestione degli spazi in una linea difensiva che punta tutto sulla compattezza di movimenti. Ne sembra consapevole persino lui, che ha dichiarato di dover migliorare nelle marcature a zona e nella rapidità, due aspetti fondamentali per diventare un titolare nella Roma di Fonseca.

 

Manca ancora un centrale difensivo titolare: in una linea difensiva che si schiererà spesso molto alta sul campo servirebbe un difensore molto veloce, capace di riassorbire eventuali errori della linea. I nomi che circolano al momento sembrano invece più legati alla capacità di gestire la palla (Alderweireld, che sarebbe comunque un profilo di alto livello, e Rugani) che alla rapidità: avere tutti centrali non particolarmente rapidi (Fazio, Mancini, Jesus e un altro) esporrebbe la rosa della Roma a un potenziale problema strutturale. L’arrivo di Zappacosta sostituisce numericamente le partenze di Karsdorp e Santon, ma soprattutto garantisce un terzino affidabile a Fonseca, oltre alla possibilità di usare Florenzi anche in zone più avanzate di campo.

 



Dopo almeno un paio di rifiuti, quelli di Conte e Gasperini, il nuovo DS Petrachi, arrivato dal Torino, ha scelto un allenatore di completa rottura col passato e anche con la cultura calcistica italiana.

 

Rispetto a Di Francesco, infatti, Paulo Fonseca si trova letteralmente agli antipodi. Il portoghese fa parte della scuola della

, metodologia teorizzata dal Prof. Vitor Frade dell’Università di Porto, che ha avuto in Mourinho finora il più grande rappresentante. Con la periodizzazione tattica, in estrema sintesi, non ci si allena a compartimenti stagni (parte fisica, parte tattica, parte tecnica, parte psico-emotiva), ma tutto nello stesso momento: le grandi fasi di carico, tipiche delle preparazioni estive degli anni ‘90, non servono più - il carico serve solo per gli asini, nelle parole del Prof. Frade.

 

https://youtu.be/qwsDRo31Myk

Un documentario sul lavoro di Fonseca allo Shakhtar Donetsk. La frase che aveva imparato in ucraino: non perdiamo la palla.


 

Ogni allenamento serve a implementare un modello di gioco e a determinare delle risposte a problemi di campo che i giocatori potranno riutilizzare, in modo quasi automatico, durante le partite. Per fortuna, in Serie A sono ormai diversi gli allenatori che usano il metodo integrato di allenamento, e Fonseca non arriva quindi da marziano in un campionato arroccato. In ogni caso, in un calcio che ha una storica avversione per gli allenatori stranieri - e di conseguenza, anche una potente fascinazione per quelli che si dimostrano bravi, trasformati spesso in santoni - Paulo Fonseca dovrà dimostrare di essere all’altezza dei bizantinismi tattici del nostro campionato.

 

Il cambiamento radicale della Roma passa anche dai principi di gioco: si passa dal calcio iper-verticale al gioco di posizione, uno stile di gioco basato su principi codificati che vertono principalmente sul controllo del pallone. Sarà questa la cifra della stagione della Roma: una squadra che cercherà sempre di imporre all’avversario un contesto tattico di riferimento, attraverso lo strumento del controllo del pallone. Il vero obiettivo è di creare superiorità alle spalle della linea di pressione avversaria: per questo il portiere diventa un giocatore di campo, necessario per avere superiorità numerica nella propria trequarti e per far uscire il pallone in modo pulito dalla propria difesa. Con il pallone, la Roma cerca costantemente di ordinarsi - nelle posizioni dei giocatori - e soprattutto di disordinare l’avversario: per questo nella fase di inizio azione a volte si verifica una circolazione lenta perimetrale, per attirare il pressing avversario e creare spazi alle spalle della prima linea e per servire l'uomo libero.

 



 

In uscita palla, gli uomini di Fonseca si dispongono con un rombo di costruzione: i due centrali si allargano permettendo l’abbassamento del centrocampista, di solito Diawara, per la cosiddetta

; allo stesso tempo, però, il portiere fa parte di questa fase e partecipa attivamente, assumendosi grandi rischi ma permettendo spesso di avere superiorità numerica. I rischi di una circolazione bassa così meticolosa sono evidenti: basta un errato scaglionamento dei giocatori o un passaggio superficiale per mandare in porta gli avversari. A questo rischio si somma quello che già dalle prime amichevoli sembra assumersi il portiere Pau Lopez: non solo una distribuzione dei passaggi molto solida, ma anche passaggi taglialinee a cercare l’uomo libero.

 


Posizionamento quasi casuale in inizio azione: Diawara si va ad appiattire su Juan Jesus, mentre anche Perotti arretra (con l’abbassamento di Pellegrini la Roma è già in superiorità numerica). Invece di tornare dal portiere, Diawara rischia un passaggio orizzontale, intercettato dai giocatori dell’Athletic, che riescono poi a segnare.


 

Quando l’avversario è più attendista, il rombo di costruzione cambia e si sposta sulla metà campo: a quel punto il vertice basso è il pivote, mentre l’altro centrocampista si posiziona come vertice alto. In fase di inizio azione, la Roma è quindi spesso con il 3-4-3 con un doppio rombo: quello di costruzione, e quello per creare gioco sulla trequarti avversaria. Le due ali infatti entrano dentro il campo, a occupare i mezzi spazi, mentre il trequartista si avvicina a loro: il tridente offensivo è invece composto dalla punta centrale e dai due terzini, sempre larghissimi e molto alti sul campo.

 

L’idea di Fonseca, infatti, è di attaccare in un campo largo: il ruolo dei terzini è quasi strumentale all’apertura di spazi nella linea difensiva avversaria. Il principale percorso di gioco della Roma privilegia le soluzioni nei mezzi spazi, o in zona centrale, dove trovare la superiorità posizionale e poter attivare le connessioni veloci tra i tre più uno dell’attacco: quando tutte le zone centrali sono ostruite, i giallorossi cercano di trovare spazio all’esterno, servendo cioè i terzini. Per questo vedremo spesso la Roma ricorrere a cross bassi dalle fasce all’indietro: aprire la linea difensiva avversaria attaccando l’ampiezza per poi servire i trequartisti in zona centrale e attivarne le combinazioni rapide.

 



 

In sostanza, come detto da Fonseca, se non c’è lo spazio nei corridoi centrali allora deve esserci fuori, sui terzini - ali. Nelle prime amichevoli la Roma ha incontrato difficoltà nel gioco interno, soprattutto per le caratteristiche dei tre trequartisti, tutti molto portati all’attacco alla profondità (Under, Zaniolo) o alla ricerca dell’ampiezza (Perotti). Per questo Dzeko si sta dimostrando fondamentale nello sviluppo dell’idea di Fonseca, compensando le tendenze centrifughe dei trequartisti, e aiutando a creare combinazioni nello stretto in zona centrale. Il suo rinnovo è una conseguenza quasi naturale della sua complementarità con i compagni offensivi e della sua capacità di aiutare la squadra sulla trequarti - sul mercato la Roma non avrebbe potuto trovare un centravanti così adatto a questi compagni e a questi principi di gioco.

 


Per la Roma di Fonseca è fondamentale trovare l’uomo libero dietro la linea di pressione avversarie.


 

A influire nella rapidità della circolazione è anche la difficoltà dei due centrocampisti nel trovare soluzioni, con Diawara in particolare troppo conservativo, ma anche la scarsa elaborazione di alcuni automatismi: si vedono ancora poco le giocate a parete, cioè palloni giocati sui trequartisti in verticale nei mezzi spazi da restituire all’indietro, per creare il tempo dell’inserimento di un compagno alle spalle della linea avversaria; si vedono inoltre ancora pochi tagli interni-esterni, cioè l’attacco dello spazio dietro al terzino avversario da parte dei trequartisti - per ora le fasce sono totalmente dominate dai terzini. Anche per questi motivi, per ora è difficile capire il gruppo dei titolari da centrocampo in su: Pellegrini sembra essere più importante nel doble pivote, per far arrivare il pallone pulito sulla trequarti. Vicino a lui potrebbe esserci Cristante: può avere un profilo di gioco da passatore regolare e meno pericoloso di Diawara - il centrocampo della Roma è ancora tutto da decidere.

 



Senza palla, la Roma vuole difendere in un campo piccolo: per questo il mantra di Fonseca è compattezza, sia verticale che orizzontale. La squadra deve difendere, di solito con un 4-4-2, in un fazzoletto di campo: linee strettissime e linea difensiva molto alta, sempre orientata al pallone. Poiché la compattezza è l’unica cosa che conta, la Roma non giocherà spesso delle fasi di pressione alta sull’inizio azione avversaria, perché rischierebbe di allungare troppo la squadra, disordinandola e creando spazio per le ricezioni degli avversari tra le linee.

 


Il rondo mobile di Fonseca con transizioni continue e riaggressone immediata.


 

Una squadra sempre compatta e corta sul pallone, però, può giocare fase rapide di riaggressione: subito dopo aver perso il pallone, la grande densità di giocatori in zona palla deve portare la squadra a recuperare il pallone velocemente, se possibile. In ogni caso, la Roma di Fonseca non lascerà giocare troppo gli avversari: è già evidente un meccanismo di inneschi di pressing sull’uscita palla avversaria, per spingere verso la fascia e così costringere l’avversario a perdere palla o lanciare lungo.

 



 

I giallorossi sembrano ancora in difficoltà nell’elaborare le richieste di Fonseca in fase di non possesso: in particolare, la compattezza delle linee sembra ancora lontana, e gli avversari sono spesso liberi di ricevere negli spazi. La Roma è costretta a difendere in spazi piccoli: se questi spazi si dilatano e le linee sono disordinate, per gli avversari diventa molto facile servire un attaccante al di là dell’ultima linea giallorossa - anche perché i difensori centrali, per ora, sono sembrati in difficoltà nell’accorciare gli spazi e persino nella difesa dell’area.

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Il Real Madrid capisce subito il problema della Roma nel difendere in ampiezza e sistema Marcelo sempre altissimo a sinistra. La scarsa compattezza delle linee permette anche a Modric di ricevere e girarsi sulla trequarti: scarsa compattezza, scivolamento lento sulla fascia destra, gol dei "Blancos".


 

Dalle amichevoli disputate, però, il grande problema della Roma senza palla sembra essere la difesa dell’ampiezza: per mantenersi corta in zona palla è inevitabile lasciare spazio sul lato debole. Nella Roma però sembra essere un difetto strutturale: non si riesce a impedire che la palla arrivi velocemente sul lato debole, e la linea difensiva sembra avere ancora molti problemi nello scivolare verso la fascia opposta. Una serie di problemi che ha reso la difesa giallorossa molto esposta ai pericoli nelle amichevoli, arrivando a concedere ben 8 gol nelle ultime 5 partite: problemi per cui non basta l’acquisto di un difensore - la Roma deve difendere da squadra e muoversi in un fazzoletto di campo.

 



Difficile capire a che punto sia arrivata la Roma: persino il mercato estivo non sembra aver davvero inciso sulla squadra - l’unico acquisto certo di giocare, per ora, è il portiere Pau Lopez, un po’ poco per una squadra che ha cambiato tanto, senza elevare particolarmente il suo livello ma garantendosi alternative valide e funzionali ai principi di Fonseca. La proposta di gioco della Roma è coraggiosa per la Serie A, ma non così controculturale come poteva essere anni fa: la capacità di Fonseca di trasmettere le sue idee e la velocità con cui i giocatori sapranno elaborarle sono i due principali fattori per la stagione della Roma. A favore di un veloce adattamento anche la scelta di acquistare giocatori già collaudati nel nostro campionato (unica eccezione il portiere) e la creazione di uno zoccolo duro italiano da Nazionale (Zappacosta, Mancini, Spinazzola, Pellegrini, Cristante, Florenzi, Zaniolo).

 

Più che sui nuovi acquisti, la Roma punta sul salto di qualità di giocatori giovani: Zaniolo, nell’interpretazione del trequartista del sistema di Fonseca - e cioè quasi una seconda punta pronta ad attaccare gli spazi lasciati liberi da Dzeko - può davvero trovare una collocazione ideale, che non lo confini negli spazi angusti della fascia; Under può garantire il dinamismo e l’attacco ai mezzi spazi fondamentali per Fonseca sulla trequarti, oltre a una dose di gol che per la Roma sarebbe fondamentale, avendo venduto anche El Shaarawy. La vera novità dei giallorossi di quest’anno è che forse per la prima volta il successo o il fallimento dipenderanno da un gruppo, costruito per funzionare come tale, il cui massimo responsabile è esclusivamente l’allenatore. Si vince o si perde insieme: l’unica possibilità forse per la Roma di provare ad aprire un nuovo ciclo e tornare in Champions League.

 



In un gruppo molto livellato, l’unico che sembra aver aggiunto un po’ di swag, unito a una certa indolenza calcistica che lo rende già romano, è Diawara con il suo numero 42.

 



Lorenzo Pellegrini può diventare il vero leader tecnico della squadra, al di là di Dzeko, per la capacità di creare superiorità posizionale praticamente in ogni zona di campo, sia con il pallone che senza. Da trequartista l’anno scorso ha dato il meglio, ma nel sistema di Fonseca potrebbe funzionare meglio nei due centrocampisti.

 



Sviluppare i giovani talenti, costruire una solida identità di gioco, diventare una squadra piacevole da vedere: così la Roma può arrivare quarta in campionato e andare molto avanti in Europa League, dove il calcio di possesso e riaggressione di Fonseca può essere molto più efficace in termini di risultati.

 



La Roma inizia il campionato con un forte squilibrio difensivo: incassa troppi gol, la circolazione del pallone diventa lenta e prevedibile e perde il derby. Dopo aver perso tutto, e ormai arrivato a marzo senza obiettivi, Fonseca in tv si chiede: «Cosa ho fatto per meritarmi questa merda?». Tre anni dopo vince la Champions League con il Porto e la dedica ai tifosi della Roma.

 

 

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