1. Che Juventus ci dobbiamo aspettare contro il Tottenham?
Fabio Barcellona
Se Matuidi non si fosse infortunato, con grande probabilità Allegri contro il Tottenham si sarebbe affidato al 4-3-3 degli ultimi tempi. L’assenza del centrocampista francese complica, e non poco, i suoi piani: Matuidi è il segreto nemmeno troppo nascosto della ritrovata solidità della Juventus, successiva ai 3 gol subiti a Genova dalla Sampdoria. La sua dinamicità e l’enorme porzione di campo che è in grado di coprire hanno fornito equilibrio alla Juve cucendo gli spazi in fase di non possesso e fornendo aggressività sui portatori di palla. In aggiunta, la sua versatilità tattica ha consentito ad Allegri diverse variazioni sul tema, come quando a Napoli ha disposto la sua squadra con il 4-2-3-1, con il francese in posizione di esterno sinistro.
Con la Fiorentina ha giocato per la prima volta da titolare Marchisio, ed è uscito dopo 65 minuti. La sua prestazione non è stata eccezionale, anche a causa delle condizioni fisiche, e molto difficilmente lo rivedremo in campo contro il Tottenham, a soli 4 giorni dalla gara di Firenze. Per il ruolo di mezzala rimangono in lizza quindi Bentancur e Sturaro. Allegri ha dimostrato di credere nel ragazzo uruguaiano, inserendolo a sorpresa tra i titolari a Barcellona. Nonostante le parole di Allegri, che ha speso la sua preferenza per Sturaro, Bentancur, per la combinazione di tecnica, corsa e capacità di interdizione sarebbe il miglior sostituto possibile di Matuidi, ma l’uruguaiano sembra essere un po’ sceso nelle gerarchie di Allegri. Sturaro è una sorta di pretoriano del tecnico e proprio lui ha sostituito Matuidi nella partita contro il Sassuolo in cui il francese si è infortunato. Fornirebbe corsa e fisicità contro il centrocampo muscolare degli Spurs, ma abbasserebbe il livello tecnico della squadra.
Se non ci fosse stato l’infortunio di Barzagli, e addirittura quello dell’ultim’ora di Lichtensteiner, non mi sarei sorpreso, invece, se la Juventus avesse abbandonato il 4-3-3 per un diverso abito tattico. Non sarebbe certo la prima volta che Allegri spariglia le carte, specie in Europa. Contro una squadra molto fisica come il Tottenham, il tecnico bianconero, che ha già sottolineato l’importanza di non subire gol in casa, avrebbe potuto scegliere di aggiungere centimetri all’undici titolare inserendo Barzagli in una difesa a 3. L’utilizzo di 3 difensori centrali, già visto in Champions League nell’incontro casalingo contro il Barcellona, sarebbe utile a proteggere meglio il centro dell’area dall’atletismo di Harry Kane e dagli inserimenti di Dale Alli.
In aggiunta, la difesa a 3 consentirebbe, grazie alla doppia copertura, uscite più aggressive sui trequartisti del Tottenham, che amano ricevere negli half-spaces. In fase di possesso palla la difesa a 3 potrebbe agevolare l’uscita del pallone dalle retrovie contro l’eccellente pressing degli Spurs e costituire al contempo una buona protezione centrale contro le ripartenze veloci della squadra di Pochettino e i movimenti interno-esterno di Kane in campo aperto che mirano ad aprire lo spazio per gli inserimenti di Alli e Son. Infine, contro una squadra che in fase di non possesso stringe molto sul lato forte, il modulo 3-4-3, con gli esterni sempre aperti a garantire l’ampiezza, potrebbe fornire un ottimo schieramento offensivo per volgere a proprio favore le scelte difensive degli avversari. Gli infortuni hanno limitato le scelte di Allegri, che, al di là del modulo e degli uomini che scenderanno in campo, di certo giocherà una partita molto attenta e centrata sulle caratteristiche del Tottenham. Gli Spurs hanno un’identità molto chiara, definita e stabile e proprio per questo non è difficile immaginare per i bianconeri una strategia di gara disegnata sugli avversari.
Alfredo Giacobbe
Io invece credo che più del modulo nella sfida contro il Tottenham conterà l’atteggiamento. La squadra di Pochettino ama aggredire l’avversario, almeno tanto quanto odia essere aggredita a sua volta. La Juventus deve trovare il coraggio di andare a prendere gli Spurs ai limiti della loro area di rigore, come fece a Monaco di Baviera due edizioni fa. Soprattutto se al Tottenham mancherà ancora Toby Alderweireld: il belga ha piedi raffinatissimi in impostazione e non soffre la pressione avversaria. È clinicamente guarito dal suo infortunio, ma gli unici minuti competitivi disputati negli ultimi 3 mesi sono i novanta disputati contro il Newport, una formazione di League Two. Almeno nella partita di andata, visto che Alderweireld non è partito con la squadra per Torino, la Juve deve creare dei dubbi nel gioco di Sanchez e Dier, che non sono sembrati in grado di resistere a lungo se posti sotto pressione.
E poi la Juventus dovrà essere forte mentalmente quando sarà costretta a subire il Tottenham. Dovrà restare compatta e ordinata quando non avrà la palla nei 180 minuti delle due partite, per difendersi dalla fluidità dei quattro attaccanti del Tottenham. Soprattutto centralmente, difesa e centrocampo bianconeri dovranno lavorare insieme per assorbire correttamente la ridda di movimenti incontro e di contromovimenti in profondità di Kane, Alli e compagnia bella. Sarà anche importante riuscire a coprire la palla e a commettere pochi falli, per dare il minor numero di occasioni possibili al piede fatato di Christian Eriksen.
Flavio Fusi
Credo che per le assenze di Dybala, Matuidi e Barzagli, Allegri magari preferirà lasciare la qualificazione in ballo fino alla gara di ritorno, piuttosto che rischiare di compromettere il passaggio del turno nel primo dei due round del doppio confronto, le sue dichiarazioni sembrano andare proprio in questa direzione. L’assenza di Matuidi in particolare mi fa pensare che all’Allianz Stadium non vedremo una squadra che aggredirà il Tottenham sistematicamente nella sua trequarti, ma piuttosto una Juventus attendista e concentrata sul controllo degli spazi.
Detto che il ballottaggio per sostituire il francese sembra essere quello tra Sturaro e Bentancur, secondo me sarebbe interessante vedere Asamoah da mezzala. Il ghanese è un giocatore dinamico, che non dispone dell’intelligenza tattica di Matuidi ma che potrebbe fornire una gamma di soluzioni interessanti, soprattutto se il tecnico bianconero volesse proporre una squadra fluida, capace di mutare nello schieramento a seconda della fase di gioco, come già accaduto in passato in Champions league.
Asamoah potrebbe giocare da mezzala in fase di possesso, ma consentirebbe alla Juventus di schierarsi con il 4-4-2 durante il pressing, con Mandzukic utilizzato più avanti pronto ad aggredire i centrali avversari. Nella propria metà-campo, se fosse necessario, potrebbe invece allinearsi con i centrali difensivi e formare la difesa a cinque con cui i bianconeri spesso difendono in queste occasioni: compito in cui si farebbe preferire a Sturaro, se non altro per una maggiore abitudine a giocare da terzino e a gestire gli uno-contro-uno difensivi.
2. Quanto peserà l’assenza di Dybala per la Juventus?
Fabio Barcellona
La presenza di Dybala non è indispensabile per battere il Tottenham, ma di certo sarebbe stata importante. Avrebbe avuto una doppia valenza per i bianconeri, tecnica e tattica. Per la Juve, più che per altre squadre, le caratteristiche dei giocatori definiscono l’identità della squadra stessa: un calciatore tecnico e fantasioso come Dybala regala ai bianconeri, al di là del modulo di gioco adottato, una buona dose di imprevedibilità, evitando lo sviluppo di gioco eccessivamente piatto visto, talvolta, in sua assenza. Ecco perché, sebbene con caratteristiche diverse, senza Dybala sembra ancora più necessaria la presenza di Douglas Costa, che con i suoi strappi può variare il ritmo dell’attacco juventino.
Tatticamente, il 4-3-3 proposto negli ultimi da Allegri, ha talvolta isolato Higuain e sguarnito la fondamentale zona alle spalle della linea di centrocampo avversaria. Il centravanti argentino è stato quindi costretto ad abbassarsi per legare il gioco con il centrocampo e, in assenza di attaccanti esterni in grado di attaccare con velocità la profondità, la manovra bianconera nell’ultimo terzo di campo non è sempre stata brillante e la Juventus ha avuto qualche difficoltà a portare tanti uomini in zona offensiva.
Allegri deve ancora trovare la maniera proficua di inserire tatticamente Dybala nel nuovo equilibrio. La profondità della rosa bianconera consente al tecnico livornese di far fronte agli infortuni e di scegliere di lasciare fuori giocatori di estrema qualità, capace di passare il turno. Tuttavia la qualità e le caratteristiche di Dybala sono ancora fondamentali per questa Juventus.
Alfredo Giacobbe
Quanto peserà è una questione che dipende anche dal tipo di partite che Allegri vorrà impostare: immaginando che a Londra, almeno dopo le fasi iniziali, Allegri voglia giocare una partita fatta di attese e ripartenze; e che, al contrario, a Torino voglia contestare il pallino del gioco appena un po’ di più, Dybala sarebbe stato maggiormente utile nel secondo caso. E cioè proprio nella prima partita, quella di stasera a cui non è stato neanche convocato perché non si è rimesso dai problemi fisici. Quest’anno Dybala è stato il grimaldello per forzare l’uscita dalla pressione avversaria, ad inizio stagione l’unica porta d’ingresso nella metà campo avversaria era rappresentata dai piedi dell’argentino. Dybala avrebbe creato problemi alla squadra di Pochettino, perché sul lato sinistro del Tottenham Dembélé è sempre portato a giocare in avanti e Davies è un giocatore che ha forza e passo ma non è esattamente un fenomeno nella lettura del gioco.
Foto di Mike Hewitt / Getty Images.
3. Come sta il Real Madrid?
Daniele V. Morrone
Il punto di non ritorno per il Madrid di Zidane è arrivato con la sconfitta contro il Villarreal del 13 gennaio. Da lì in poi, il francese ha ammesso a sé stesso di non poter più insistere nella sua idea di calcio se voleva tirare fuori dalle sabbie mobili la stagione ormai completamente focalizzata sulla Champions League. Per recuperare prima di tutto la fiducia Zidane ha costruito un processo di ritorno alle origini del suo progetto, eliminando i picchi del rombo a centrocampo e tornando quindi al 4-3-3 classico con la BBC davanti. Non potendo più reggere quindi quel disordine controllato della scorsa stagione il Madrid ora punta a decidere come e dove giocare il pallone.
Il pregiudicato di questo processo è stato ovviamente il giocatore simbolo del rombo, quell’Isco che aveva preso le redini del Madrid un anno fa. Ora l’andaluso è tornato ad essere il giocatore da far entrare a partita in corso per alzare la base tecnica della squadra, da far giocare come mezzala o falso esterno. Con il 4-3-3 sono tornati i gol in Liga, per quanto criticabile la manovra della squadra ha prodotto abbastanza gol da giustificare il cambio di sistema: sono arrivati 18 gol nelle ultime 4 partite di Liga. Il Madrid ha ritrovato la fiducia e ha così rivendicato l’idea che all’interno dello spogliatoio si dice promuovesse da tempo Cristiano, secondo cui la squadra sarebbe tornata in forma con l’arrivo della primavera. Il portoghese e altri senatori importanti (parlo di Marcelo su tutti) hanno chiaramente tirato i remi in barca nelle ultime settimane, in campionato, per pensare esclusivamente a tornare al 100% contro il PSG. Ad ogni pareggio, ad ogni sconfitta, ad ogni brutta vittoria, dalla stampa ai giocatori tutti ci tenevano a ricordare come il vero Madrid si sarebbe visto contro il PSG.
Ovviamente il Madrid non ha cancellato i difetti strutturali della stagione, li ha solo cambiati. Ora ad esempio sa come attaccare in modo più definito, ma fatica molto di più a disordinare lo schieramento rivale perché più prevedibile quando ha la palla a disposizione. Anche il lavoro in transizione difensiva è diverso, ma non più semplice: volendo si può dire che adesso il Madrid fatica in transizione perché quando l’avversario recupera palla lo fa in modo ordinato e può quindi attaccare meglio.
Una squadra che fatica a contenere le transizioni offensive dei rivali in Liga dovrebbe in linea teorica avere gli stessi problemi anche contro quelle letali del PSG. Insomma, il Madrid si è ritrovato dal punto di vista mentale ma la partita contro il PSG rimane in salita dal punto di vista tattico e anche se dovesse passare il turno, la squadra sembra inferiore a quella della scorsa stagione. Per questo un terzo titolo consecutivo sarebbe veramente un’impresa, anche per questo gruppo di fenomeni.
4. Dove può arrivare il Paris Saint Germain, la dobbiamo considerare una candidata alla vittoria?
Federico Aquè
Credo sia impossibile rispondere con certezza, ci sono troppi dettagli che devono allinearsi per vincere la Champions League, ma è vero che la credibilità del PSG come contender non è mai stata alta come quest’anno. Attorno al PSG c’è una considerazione e un rispetto che mancava negli anni scorsi: nonostante il grande potenziale tecnico ed economico, non è scontato che affronti alla pari, se non addirittura partendo in leggero vantaggio, uno scontro diretto con il Real Madrid.
Durante la stagione, comunque, non abbiamo avuto molte occasioni per misurare la reale competitività del PSG ad alti livelli: a settembre ha battuto 3-0 un Bayern Monaco in crisi, che subito dopo avrebbe esonerato Carlo Ancelotti; nella sfida di ritorno, pur in una partita giocata con la qualificazione già in tasca e più equilibrata di quanto abbia detto il 3-1 finale, il Bayern rigenerato da Heynckes ha esposto gli squilibri tattici della squadra di Unai Emery con una gara studiata per colpirne le debolezze.
Proprio il Real Madrid è però la dimostrazione di come lasciarsi guidare dal talento e dalla forza mentale per vincere, accettando il disordine come elemento creativo. Negli squilibri e nel talento, PSG e Madrid sono due squadre simili: entrambe sono a disagio quando difendono, hanno transizioni difensive problematiche e non possono fare a meno di controllare il pallone, anche se magari preferirebbero avere spazi da attaccare. La differenza potrebbe farla la forza mentale del Madrid, quella convinzione che prima o poi la partita si gioca ai suoi ritmi con la quale la squadra di Zidane ha superato ogni momento di difficoltà affrontato nei vari turni a eliminazione diretta l’anno scorso. La storia non scende in campo, ma le tradizioni opposte di Madrid e PSG possono avere un peso importante in una sfida così equilibrata.
Più che gli squilibri tattici, a smontare le speranze di successo del PSG potrebbero essere così le tensioni latenti nello spogliatoio che rischiano di esplodere se le cose dovessero mettersi male. Emery e la società non sono sembrati in grado di gestire le varie personalità di una rosa ricca di campioni, e in particolare la più ingombrante, quella di Neymar, ed è questa forse la più grande debolezza mostrata dal PSG in questa stagione.
Il brasiliano sta comunque giocando a livelli eccezionali ed è particolarmente in forma in questo periodo. La consacrazione europea del PSG passa innanzitutto dalla consacrazione di Neymar come miglior giocatore al mondo, e il confronto con Cristiano Ronaldo è una delle prove che prima o poi avrebbe dovuto superare per raggiungere l’obiettivo che si è imposto con la scelta di lasciare il Barcellona. L’urna ha regalato alla squadra di Emery il peggior avversario possibile, ma il PSG aveva bisogno di una sfida di questo livello per cancellare i fantasmi del passato e dimostrare di essere all’altezza delle responsabilità che derivano dal suo potenziale tecnico ed economico.
5. Come è cambiato il Barcellona di Valverde?
Daniele V. Morrone
Il Barça rimane la squadra con il miglior giocatore della competizione e gli ha costruito attorno una struttura solida, il che significa che può essere considerata ancora una delle contendenti alla vittoria. In questi mesi Valverde ha messo in piedi un sistema per far ricevere palla a Messi nella fascia centrale del campo, fronte alla porta, e che anche in caso di perdita del pallone cerca di non concedere il centro del campo alle transizioni rivali.
Per rendere efficace questa strategia Valverde ha pensato altri piccoli accorgimenti: primo tra tutti il movimento dell’attaccante destro, che va a posizionarsi davanti a Messi quando in possesso (così da dare due opzioni di passaggio davanti al 10 e non solo Suárez) e dietro sulla fascia destra quando la squadra difende, in modo da trasformare il modulo in un 4-4-2 difensivo. I terzini devono salire molto, per dare l’ampiezza che il rombo a centrocampo non permette, con Jordi Alba a sinistra che deve poi tagliare in area per ricevere i passaggi di Messi mentre Sergi Roberto rimane largo per dare sempre un’opzione di passaggio semplice a destra.
Il Barça di Valverde, insomma, quando al completo negli uomini è messo in campo per rischiare poco o nulla con la palla, e questo oltre a portare le partite ad essere spesso noiose, gli permette anche di fare pochi errori. Va detto, però, che da un atteggiamento simile deriva anche l’incapacità di assumersi rischi, e quindi di ribaltare un eventuale risultato sfavorevole.
A questo Barça manca soprattutto la capacità di disordinare lo schieramento rivale quando la palla non ce l’ha Messi. In questo senso è da capire quando – e soprattutto se – Ousmane Dembélé tornerà al 100% (dopo il rientro contro il Getafe in cui è sembrato giustamente ancora molto indietro). Senza di lui le opzioni per disordinare il rivale (che non passano per i piedi di Messi) si riducono fondamentalmente ai cambi di gioco di Iniesta per Sergi Roberto e ai movimenti offensivi di Paulinho (ultimamente però contenuti dai rivali, che hanno studiato il giochino con cui avanzava senza palla per mettersi in linea con la punta). Il Barça può battere chiunque, ma sembra destinato ad arrivare dove riuscirà a portarlo Messi.