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Guida alla fase finale della Champions League 2018
13 feb 2018
13 feb 2018
15 domande per arrivare preparatissimi alla fase a eliminazione diretta, al via oggi.
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1. Che Juventus ci dobbiamo aspettare contro il Tottenham?

Fabio Barcellona

Se Matuidi non si fosse infortunato, con grande probabilità Allegri contro il Tottenham si sarebbe affidato al 4-3-3 degli ultimi tempi. L’assenza del centrocampista francese complica, e non poco, i suoi piani: Matuidi è il segreto nemmeno troppo nascosto della ritrovata solidità della Juventus, successiva ai 3 gol subiti a Genova dalla Sampdoria. La sua dinamicità e l’enorme porzione di campo che è in grado di coprire hanno fornito equilibrio alla Juve cucendo gli spazi in fase di non possesso e fornendo aggressività sui portatori di palla. In aggiunta, la sua versatilità tattica ha consentito ad Allegri diverse variazioni sul tema, come quando a Napoli ha disposto la sua squadra con il 4-2-3-1, con il francese in posizione di esterno sinistro.

Con la Fiorentina ha giocato per la prima volta da titolare Marchisio, ed è uscito dopo 65 minuti. La sua prestazione non è stata eccezionale, anche a causa delle condizioni fisiche, e molto difficilmente lo rivedremo in campo contro il Tottenham, a soli 4 giorni dalla gara di Firenze. Per il ruolo di mezzala rimangono in lizza quindi Bentancur e Sturaro. Allegri ha dimostrato di credere nel ragazzo uruguaiano, inserendolo a sorpresa tra i titolari a Barcellona. Nonostante le parole di Allegri, che ha speso la sua preferenza per Sturaro, Bentancur, per la combinazione di tecnica, corsa e capacità di interdizione sarebbe il miglior sostituto possibile di Matuidi, ma l’uruguaiano sembra essere un po’ sceso nelle gerarchie di Allegri. Sturaro è una sorta di pretoriano del tecnico e proprio lui ha sostituito Matuidi nella partita contro il Sassuolo in cui il francese si è infortunato. Fornirebbe corsa e fisicità contro il centrocampo muscolare degli Spurs, ma abbasserebbe il livello tecnico della squadra.

Se non ci fosse stato l’infortunio di Barzagli, e addirittura quello dell’ultim’ora di Lichtensteiner, non mi sarei sorpreso, invece, se la Juventus avesse abbandonato il 4-3-3 per un diverso abito tattico. Non sarebbe certo la prima volta che Allegri spariglia le carte, specie in Europa. Contro una squadra molto fisica come il Tottenham, il tecnico bianconero, che ha già sottolineato l’importanza di non subire gol in casa, avrebbe potuto scegliere di aggiungere centimetri all’undici titolare inserendo Barzagli in una difesa a 3. L’utilizzo di 3 difensori centrali, già visto in Champions League nell’incontro casalingo contro il Barcellona, sarebbe utile a proteggere meglio il centro dell’area dall’atletismo di Harry Kane e dagli inserimenti di Dale Alli.

In aggiunta, la difesa a 3 consentirebbe, grazie alla doppia copertura, uscite più aggressive sui trequartisti del Tottenham, che amano ricevere negli half-spaces. In fase di possesso palla la difesa a 3 potrebbe agevolare l’uscita del pallone dalle retrovie contro l’eccellente pressing degli Spurs e costituire al contempo una buona protezione centrale contro le ripartenze veloci della squadra di Pochettino e i movimenti interno-esterno di Kane in campo aperto che mirano ad aprire lo spazio per gli inserimenti di Alli e Son. Infine, contro una squadra che in fase di non possesso stringe molto sul lato forte, il modulo 3-4-3, con gli esterni sempre aperti a garantire l’ampiezza, potrebbe fornire un ottimo schieramento offensivo per volgere a proprio favore le scelte difensive degli avversari. Gli infortuni hanno limitato le scelte di Allegri, che, al di là del modulo e degli uomini che scenderanno in campo, di certo giocherà una partita molto attenta e centrata sulle caratteristiche del Tottenham. Gli Spurs hanno un’identità molto chiara, definita e stabile e proprio per questo non è difficile immaginare per i bianconeri una strategia di gara disegnata sugli avversari.

Alfredo Giacobbe

Io invece credo che più del modulo nella sfida contro il Tottenham conterà l’atteggiamento. La squadra di Pochettino ama aggredire l’avversario, almeno tanto quanto odia essere aggredita a sua volta. La Juventus deve trovare il coraggio di andare a prendere gli Spurs ai limiti della loro area di rigore, come fece a Monaco di Baviera due edizioni fa. Soprattutto se al Tottenham mancherà ancora Toby Alderweireld: il belga ha piedi raffinatissimi in impostazione e non soffre la pressione avversaria. È clinicamente guarito dal suo infortunio, ma gli unici minuti competitivi disputati negli ultimi 3 mesi sono i novanta disputati contro il Newport, una formazione di League Two. Almeno nella partita di andata, visto che Alderweireld non è partito con la squadra per Torino, la Juve deve creare dei dubbi nel gioco di Sanchez e Dier, che non sono sembrati in grado di resistere a lungo se posti sotto pressione.

E poi la Juventus dovrà essere forte mentalmente quando sarà costretta a subire il Tottenham. Dovrà restare compatta e ordinata quando non avrà la palla nei 180 minuti delle due partite, per difendersi dalla fluidità dei quattro attaccanti del Tottenham. Soprattutto centralmente, difesa e centrocampo bianconeri dovranno lavorare insieme per assorbire correttamente la ridda di movimenti incontro e di contromovimenti in profondità di Kane, Alli e compagnia bella. Sarà anche importante riuscire a coprire la palla e a commettere pochi falli, per dare il minor numero di occasioni possibili al piede fatato di Christian Eriksen.

Flavio Fusi

Credo che per le assenze di Dybala, Matuidi e Barzagli, Allegri magari preferirà lasciare la qualificazione in ballo fino alla gara di ritorno, piuttosto che rischiare di compromettere il passaggio del turno nel primo dei due round del doppio confronto, le sue dichiarazioni sembrano andare proprio in questa direzione. L’assenza di Matuidi in particolare mi fa pensare che all’Allianz Stadium non vedremo una squadra che aggredirà il Tottenham sistematicamente nella sua trequarti, ma piuttosto una Juventus attendista e concentrata sul controllo degli spazi.

Detto che il ballottaggio per sostituire il francese sembra essere quello tra Sturaro e Bentancur, secondo me sarebbe interessante vedere Asamoah da mezzala. Il ghanese è un giocatore dinamico, che non dispone dell’intelligenza tattica di Matuidi ma che potrebbe fornire una gamma di soluzioni interessanti, soprattutto se il tecnico bianconero volesse proporre una squadra fluida, capace di mutare nello schieramento a seconda della fase di gioco, come già accaduto in passato in Champions league.

Asamoah potrebbe giocare da mezzala in fase di possesso, ma consentirebbe alla Juventus di schierarsi con il 4-4-2 durante il pressing, con Mandzukic utilizzato più avanti pronto ad aggredire i centrali avversari. Nella propria metà-campo, se fosse necessario, potrebbe invece allinearsi con i centrali difensivi e formare la difesa a cinque con cui i bianconeri spesso difendono in queste occasioni: compito in cui si farebbe preferire a Sturaro, se non altro per una maggiore abitudine a giocare da terzino e a gestire gli uno-contro-uno difensivi.

2. Quanto peserà l’assenza di Dybala per la Juventus?

Fabio Barcellona

La presenza di Dybala non è indispensabile per battere il Tottenham, ma di certo sarebbe stata importante. Avrebbe avuto una doppia valenza per i bianconeri, tecnica e tattica. Per la Juve, più che per altre squadre, le caratteristiche dei giocatori definiscono l’identità della squadra stessa: un calciatore tecnico e fantasioso come Dybala regala ai bianconeri, al di là del modulo di gioco adottato, una buona dose di imprevedibilità, evitando lo sviluppo di gioco eccessivamente piatto visto, talvolta, in sua assenza. Ecco perché, sebbene con caratteristiche diverse, senza Dybala sembra ancora più necessaria la presenza di Douglas Costa, che con i suoi strappi può variare il ritmo dell’attacco juventino.

Tatticamente, il 4-3-3 proposto negli ultimi da Allegri, ha talvolta isolato Higuain e sguarnito la fondamentale zona alle spalle della linea di centrocampo avversaria. Il centravanti argentino è stato quindi costretto ad abbassarsi per legare il gioco con il centrocampo e, in assenza di attaccanti esterni in grado di attaccare con velocità la profondità, la manovra bianconera nell’ultimo terzo di campo non è sempre stata brillante e la Juventus ha avuto qualche difficoltà a portare tanti uomini in zona offensiva.

Allegri deve ancora trovare la maniera proficua di inserire tatticamente Dybala nel nuovo equilibrio. La profondità della rosa bianconera consente al tecnico livornese di far fronte agli infortuni e di scegliere di lasciare fuori giocatori di estrema qualità, capace di passare il turno. Tuttavia la qualità e le caratteristiche di Dybala sono ancora fondamentali per questa Juventus.

Alfredo Giacobbe

Quanto peserà è una questione che dipende anche dal tipo di partite che Allegri vorrà impostare: immaginando che a Londra, almeno dopo le fasi iniziali, Allegri voglia giocare una partita fatta di attese e ripartenze; e che, al contrario, a Torino voglia contestare il pallino del gioco appena un po’ di più, Dybala sarebbe stato maggiormente utile nel secondo caso. E cioè proprio nella prima partita, quella di stasera a cui non è stato neanche convocato perché non si è rimesso dai problemi fisici. Quest’anno Dybala è stato il grimaldello per forzare l’uscita dalla pressione avversaria, ad inizio stagione l’unica porta d’ingresso nella metà campo avversaria era rappresentata dai piedi dell’argentino. Dybala avrebbe creato problemi alla squadra di Pochettino, perché sul lato sinistro del Tottenham Dembélé è sempre portato a giocare in avanti e Davies è un giocatore che ha forza e passo ma non è esattamente un fenomeno nella lettura del gioco.

Foto di Mike Hewitt / Getty Images.

3. Come sta il Real Madrid?

Daniele V. Morrone

Il punto di non ritorno per il Madrid di Zidane è arrivato con la sconfitta contro il Villarreal del 13 gennaio. Da lì in poi, il francese ha ammesso a sé stesso di non poter più insistere nella sua idea di calcio se voleva tirare fuori dalle sabbie mobili la stagione ormai completamente focalizzata sulla Champions League. Per recuperare prima di tutto la fiducia Zidane ha costruito un processo di ritorno alle origini del suo progetto, eliminando i picchi del rombo a centrocampo e tornando quindi al 4-3-3 classico con la BBC davanti. Non potendo più reggere quindi quel disordine controllato della scorsa stagione il Madrid ora punta a decidere come e dove giocare il pallone.

Il pregiudicato di questo processo è stato ovviamente il giocatore simbolo del rombo, quell’Isco che aveva preso le redini del Madrid un anno fa. Ora l’andaluso è tornato ad essere il giocatore da far entrare a partita in corso per alzare la base tecnica della squadra, da far giocare come mezzala o falso esterno. Con il 4-3-3 sono tornati i gol in Liga, per quanto criticabile la manovra della squadra ha prodotto abbastanza gol da giustificare il cambio di sistema: sono arrivati 18 gol nelle ultime 4 partite di Liga. Il Madrid ha ritrovato la fiducia e ha così rivendicato l’idea che all’interno dello spogliatoio si dice promuovesse da tempo Cristiano, secondo cui la squadra sarebbe tornata in forma con l’arrivo della primavera. Il portoghese e altri senatori importanti (parlo di Marcelo su tutti) hanno chiaramente tirato i remi in barca nelle ultime settimane, in campionato, per pensare esclusivamente a tornare al 100% contro il PSG. Ad ogni pareggio, ad ogni sconfitta, ad ogni brutta vittoria, dalla stampa ai giocatori tutti ci tenevano a ricordare come il vero Madrid si sarebbe visto contro il PSG.

Ovviamente il Madrid non ha cancellato i difetti strutturali della stagione, li ha solo cambiati. Ora ad esempio sa come attaccare in modo più definito, ma fatica molto di più a disordinare lo schieramento rivale perché più prevedibile quando ha la palla a disposizione. Anche il lavoro in transizione difensiva è diverso, ma non più semplice: volendo si può dire che adesso il Madrid fatica in transizione perché quando l’avversario recupera palla lo fa in modo ordinato e può quindi attaccare meglio.

Una squadra che fatica a contenere le transizioni offensive dei rivali in Liga dovrebbe in linea teorica avere gli stessi problemi anche contro quelle letali del PSG. Insomma, il Madrid si è ritrovato dal punto di vista mentale ma la partita contro il PSG rimane in salita dal punto di vista tattico e anche se dovesse passare il turno, la squadra sembra inferiore a quella della scorsa stagione. Per questo un terzo titolo consecutivo sarebbe veramente un’impresa, anche per questo gruppo di fenomeni.

4. Dove può arrivare il Paris Saint Germain, la dobbiamo considerare una candidata alla vittoria?

Federico Aquè

Credo sia impossibile rispondere con certezza, ci sono troppi dettagli che devono allinearsi per vincere la Champions League, ma è vero che la credibilità del PSG come contender non è mai stata alta come quest’anno. Attorno al PSG c’è una considerazione e un rispetto che mancava negli anni scorsi: nonostante il grande potenziale tecnico ed economico, non è scontato che affronti alla pari, se non addirittura partendo in leggero vantaggio, uno scontro diretto con il Real Madrid.

Durante la stagione, comunque, non abbiamo avuto molte occasioni per misurare la reale competitività del PSG ad alti livelli: a settembre ha battuto 3-0 un Bayern Monaco in crisi, che subito dopo avrebbe esonerato Carlo Ancelotti; nella sfida di ritorno, pur in una partita giocata con la qualificazione già in tasca e più equilibrata di quanto abbia detto il 3-1 finale, il Bayern rigenerato da Heynckes ha esposto gli squilibri tattici della squadra di Unai Emery con una gara studiata per colpirne le debolezze.

Proprio il Real Madrid è però la dimostrazione di come lasciarsi guidare dal talento e dalla forza mentale per vincere, accettando il disordine come elemento creativo. Negli squilibri e nel talento, PSG e Madrid sono due squadre simili: entrambe sono a disagio quando difendono, hanno transizioni difensive problematiche e non possono fare a meno di controllare il pallone, anche se magari preferirebbero avere spazi da attaccare. La differenza potrebbe farla la forza mentale del Madrid, quella convinzione che prima o poi la partita si gioca ai suoi ritmi con la quale la squadra di Zidane ha superato ogni momento di difficoltà affrontato nei vari turni a eliminazione diretta l’anno scorso. La storia non scende in campo, ma le tradizioni opposte di Madrid e PSG possono avere un peso importante in una sfida così equilibrata.

Più che gli squilibri tattici, a smontare le speranze di successo del PSG potrebbero essere così le tensioni latenti nello spogliatoio che rischiano di esplodere se le cose dovessero mettersi male. Emery e la società non sono sembrati in grado di gestire le varie personalità di una rosa ricca di campioni, e in particolare la più ingombrante, quella di Neymar, ed è questa forse la più grande debolezza mostrata dal PSG in questa stagione.

Il brasiliano sta comunque giocando a livelli eccezionali ed è particolarmente in forma in questo periodo. La consacrazione europea del PSG passa innanzitutto dalla consacrazione di Neymar come miglior giocatore al mondo, e il confronto con Cristiano Ronaldo è una delle prove che prima o poi avrebbe dovuto superare per raggiungere l’obiettivo che si è imposto con la scelta di lasciare il Barcellona. L’urna ha regalato alla squadra di Emery il peggior avversario possibile, ma il PSG aveva bisogno di una sfida di questo livello per cancellare i fantasmi del passato e dimostrare di essere all’altezza delle responsabilità che derivano dal suo potenziale tecnico ed economico.

5. Come è cambiato il Barcellona di Valverde?

Daniele V. Morrone

Il Barça rimane la squadra con il miglior giocatore della competizione e gli ha costruito attorno una struttura solida, il che significa che può essere considerata ancora una delle contendenti alla vittoria. In questi mesi Valverde ha messo in piedi un sistema per far ricevere palla a Messi nella fascia centrale del campo, fronte alla porta, e che anche in caso di perdita del pallone cerca di non concedere il centro del campo alle transizioni rivali.

Per rendere efficace questa strategia Valverde ha pensato altri piccoli accorgimenti: primo tra tutti il movimento dell’attaccante destro, che va a posizionarsi davanti a Messi quando in possesso (così da dare due opzioni di passaggio davanti al 10 e non solo Suárez) e dietro sulla fascia destra quando la squadra difende, in modo da trasformare il modulo in un 4-4-2 difensivo. I terzini devono salire molto, per dare l'ampiezza che il rombo a centrocampo non permette, con Jordi Alba a sinistra che deve poi tagliare in area per ricevere i passaggi di Messi mentre Sergi Roberto rimane largo per dare sempre un’opzione di passaggio semplice a destra.

Il Barça di Valverde, insomma, quando al completo negli uomini è messo in campo per rischiare poco o nulla con la palla, e questo oltre a portare le partite ad essere spesso noiose, gli permette anche di fare pochi errori. Va detto, però, che da un atteggiamento simile deriva anche l’incapacità di assumersi rischi, e quindi di ribaltare un eventuale risultato sfavorevole.

A questo Barça manca soprattutto la capacità di disordinare lo schieramento rivale quando la palla non ce l’ha Messi. In questo senso è da capire quando - e soprattutto se - Ousmane Dembélé tornerà al 100% (dopo il rientro contro il Getafe in cui è sembrato giustamente ancora molto indietro). Senza di lui le opzioni per disordinare il rivale (che non passano per i piedi di Messi) si riducono fondamentalmente ai cambi di gioco di Iniesta per Sergi Roberto e ai movimenti offensivi di Paulinho (ultimamente però contenuti dai rivali, che hanno studiato il giochino con cui avanzava senza palla per mettersi in linea con la punta). Il Barça può battere chiunque, ma sembra destinato ad arrivare dove riuscirà a portarlo Messi.

6. Il Chelsea è in crisi: cosa deve correggere Conte per avere qualche speranza di passare il turno contro il Barcellona?

Alfredo Giacobbe

La stagione del Chelsea sembra condizionata dalle assenze, più che dalle presenze. In attacco, i Blues non riescono ad appoggiarsi a Morata per salire il campo, non quanto riuscivano a fare con Diego Costa almeno. A centrocampo, Bakayoko sta facendo rimpiangere le doti di controllo dello spazio di Matic e il Chelsea ha trovato certezze solo quando ha schierato il centrocampo a 3 con l’ex Monaco, Kanté e Fabregas contemporaneamente in campo. Salvo, però, perdere pericolosità offensiva in questo modo, con un uomo in meno davanti. In difesa, senza David Luiz la circolazione bassa del Chelsea è diventata fin troppo prudente e perimetrale.

In questo momento il Chelsea sembra una squadra impaurita, e indecisa circa i compiti che i giocatori devono tenere in campo: contro il Bournemouth sono bastati 2 giocatori associati tra loro per aprire, per ben due volte, la difesa del Chelsea. Figurarsi cosa può succedere contro la squadra più associativa del mondo, se il Chelsea dovesse uscire mentalmente dalla partita. L’unica strategia alla quale può fare appello Conte in questo momento è adottare una tattica estremamente accorta, aspettando che uno tra Hazard, Pedro o Willian trovi un’invenzione decisiva.

7. Qual è la vera insidia per il Siviglia di Montella, con il Manchester United?

Emiliano Battazzi

Ok la fisicità dello United, ma il vero problema del Siviglia è che fa ancora grande difficoltà a muoversi da squadra. Basta poco, durante i 90 minuti, per vedere totale anarchia dei movimenti, errori a profusione, a cui di solito segue un collasso psicologico (vedi 5-1 per l’Eibar). E una squadra del genere si espone moltissimo alla capacità dello United di indebolire mentalmente i suoi avversari annichilendone il gioco. Per riuscire a passare il turno, Montella potrebbe farsi furbo e rinunciare al controllo del pallone, costringendo lo United a trovare gli spazi in cui attaccare e, al tempo stesso, a lasciarne alle proprie spalle a disposizione del Siviglia. D'altra parte Montella ha già dimostrato di voler spingere il Siviglia a un gioco più diretto, puntando molto sulle capacità di Muriel e Correa di attaccare in campo aperto.

Allo stesso tempo, una intensa gestione degli uomini tra le linee, alla ricerca di un giocatore libero nei mezzi spazi, potrebbe rendere difficile la gestione difensiva di Mou: e con la mobilità dei quattro giocatori offensivi (in particolare con lo scambio continuo tra il “Mudo” Vazquez e Pablo Sarabia) sarebbe una strategia praticabile. Per il resto, a centrocampo può contare solo sulla forza di N’Zonzi, e quindi Montella deve puntare per forze di cose sull’intelligenza per contrastare il dominio atletico dello United, sperando magari che Banega sia in giornata.

8. Quante squadre può mettere in difficoltà il pragmatismo di Mourinho?

Emiliano Battazzi

Potenzialmente Mourinho questa Champions potrebbe anche vincerla, perché forse è ancora il numero uno nella gestione peculiare di queste sfide, che vanno calcolate sui 180 minuti. Il suo United è una delle squadre più forti fisicamente della competizione e anche una delle più reattive tra le 16 rimaste: un errore contro di loro nella fase a eliminazione diretta peserebbe come un macigno. L’anno scorso lo United ha vinto l’Europa League con un’allegoria della prudenza: concedendo solo 4 gol in 9 partite della fase eliminatoria (finale compresa), e passando ottavi, quarti e semifinali segnando sempre solo un gol in più dei suoi avversari nel doppio confronto. Allo stesso tempo, però, più aumenta il livello degli avversari e più si riduce il margine dei loro di errori, come dimostrato anche nel derby contro il City e nella recente sconfitta contro il Tottenham. Il conservatorismo di Mou, molto adatto alla Premier, potrebbe incontrare grandi difficoltà in Champions: è anzi l’unica tra le inglesi ad applicare uno stile di gioco ancora così basato su cross e lanci lunghi, e sull’importanza del fisico. Mourinho può mettere in difficoltà tutte le sue avversarie nella fase a eliminazione, ma è difficile immaginare che la sua squadra riuscirà a trovare il livello che serve per arrivare fino in fondo. Serviranno giocatori in grado di trovare soluzioni individuali ai problemi di gioco collettivi: più Mata ed Herrera, meno Fellaini e Matic, magari anche un Alexis Sanchez che compia un altro salto in avanti sul piano dell'efficacia e della capacità di decidere le partite.

Dario Saltari

Sono d’accordo con Emiliano sui presupposti, ma ribalterei le conclusioni. A me sembra che il gioco speculativo e cinico di Mourinho possa pagare dividendi molto più alti negli scontri diretti su 180 minuti che nell’arco di un campionato intero, dove invece gli squilibri tattici e tecnici finiscono inevitabilmente per emergere (il Manchester United è in calo negli ultimi due mesi e ha raccolto 3 pareggi e 2 sconfitte nelle ultime 10 partite in Premier). Certo, Mourinho avrà bisogno di tutti i suoi migliori giocatori al massimo della forma, e in questo senso la fase non brillantissima di Pogba (che è stato sostituito non senza malumori nell’ultima sconfitta contro il Newcastle) e l’inserimento difficile di Sanchez non sono le migliori notizie possibile. Non bisogna dimenticare, però, che l’epica di Mourinho si gonfia mano a mano che la sua squadra avanza nelle fasi finali e, dato che agli ottavi avrà un avversario tutt’altro che impossibile come il Siviglia, io non sottovaluterei affatto la capacità del Manchester United di arrivare ai quarti con una solidità aumentata rispetto agli ottavi. Non penso alla vittoria della coppa, ma non mi stupirei se dovesse arrivare fino alle porte della finale.

9. Come se la caverà il pressing della Roma contro il possesso dello Shakhtar (che ha mandato in crisi il Napoli nei gironi)?

Dario Saltari

Uno degli aspetti più preoccupanti dell’involuzione tattica della Roma negli ultimi mesi è rappresentato proprio dalle sclerotizzazione dei meccanismi del pressing alto, che era uno dei fiori all’occhiello della prima parte di stagione di Di Francesco. I giallorossi, inizialmente, erano riusciti a coprire le lacune in fase di costruzione e finalizzazione dell’azione con un’esecuzione quasi perfetta del pressing alto e del gegenpressing, che erano diventati la sua fonte di gioco principale in assenza di meccanismi funzionanti nella trequarti avversaria (penso alle vittorie più convincenti della Roma nella prima metà del campionato, come quella contro la Lazio in campionato o quella in casa contro il Chelsea in Champions League). Nelle ultime uscite in campionato, invece, la squadra di Di Francesco è sembrata piuttosto confusa nel decidere quando salire in pressione e poco compatta quando decide di farlo, con la linea difensiva che sembra slegata dal resto della squadra.

Con questi difetti, lo Shakhtar sembra essere la squadra tatticamente peggiore da affrontare, al netto di una condizione fisica che è impossibile valutare al momento (per via della lunga pausa invernale, lo Shakhtar arriverà con una sola partita ufficiale giocata negli ultimi due mesi). La squadra di Fonseca ama impostare dal basso per trovare l’uomo libero tra le linee e poi colpire velocemente in verticale con i suoi tre temibilissimi trequartisti. Lo Shakhtar è anche molto abile nell’andare alle spalle di linee difensive molto alte con meccanismi semplici ma efficaci, come quello del trequartista che riceve spalle alla porta tra le linee, si appoggia dietro al centrocampista, che di prima cerca il terzino che attacca la profondità in ampiezza. Se la Roma non riuscirà almeno a ritornare all’eccellenza nemmeno per quanto riguarda le fase di pressing e gegenpressing, insomma, sarà veramente difficile passare il turno.

Flavio Fusi

Lo Shakhtar è stato capace di mettere in difficoltà anche il pressing del Napoli perché i suoi difensori non si preoccupano più di tanto di commettere errori ma, fedeli ai principi di Paulo Fonseca, cercano sempre di uscire dalla propria metà-campo palla a terra. Pyatov, il portiere, è integrato nella costruzione bassa e spesso cerca direttamente i terzini, costringendo il fronte del pressing avversario ad allargarsi il più possibile. Allo stesso tempo, i centrocampisti e il trequartista Taison, si posizionano con intelligenza tra le linee e in questa stagione abbiamo già visto come la Roma possa andare in difficoltà in situazioni di questo tipo, specie se De Rossi (o chi per lui) viene lasciato solo dalle mezzali uscite in pressione alta.

Di Francesco dovrà organizzare alla perfezione il suo pressing e magari provare a creare i presupposti per il gol proprio sfruttando quegli errori che lo Shakhtar è solito commettere, visto che sarà molto complicato scassinare il blocco degli ucraini schierato in difesa posizionale. Proprio le difficoltà a generare occasioni contro squadre organizzate è stato uno dei principali problemi strutturali di questa stagione giallorossa.

10. C’è un modo in cui il Beşiktaş può mettere in difficoltà il Bayern Monaco?

Dario Saltari

Il Beşiktaş non è solo un parco giochi per vecchie glorie (Vagner Love, Negredo, Pepe, Medel, Quaresma) che in qualche modo ha funzionato. La squadra allenata da Senol Günes (una vera propria leggenda in Turchia: due campionati vinti con il Beşiktaş oltre allo storico terzo posto con la nazionale turca ai Mondiali del 2002) ha una proposta di gioco seria, e il primo posto in un girone complicatissimo (Red Bull Lipsia, Porto e Monaco) non è frutto del caso. Il Beşiktaş gioca molto bene con il pallone, pratica un calcio piacevole che cerca di disordinare l’avversario con il possesso, lasciando libertà quasi totale a Talisca di ricevere sulla trequarti, mentre le due ali (di solito Quaresma e Lens) si piazzano nei mezzi spazi e i terzini attaccano la profondità in ampiezza. Il triangolo di centrocampo è molto fluido e riesce a creare linee di passaggio in continuazione per risalire il campo, grazie ai movimenti continui dei suoi interpreti, mentre in avanti la squadra turca può vantare una dotazione vintage di prime punte, che hanno però un buon istinto realizzativo (Negredo, Vagner Love).

Detto questo, è innegabile che il gap tecnico e di esperienza tra il Beşiktaş e il Bayern Monaco è tale che qualunque altro risultato che non preveda l’eliminazione del club di Istanbul dalla Champions League rientrerà di diritto nella categoria delle imprese. Per arrivarci il Beşiktaş dovrà innanzitutto puntare sul vantaggio strategico di giocare il ritorno in casa, vantaggio non di poco conto dato che quest’anno ha perso in casa solo una volta. La squadra di Günes deve cercare di uscire dall’Allianz con un buon risultato e se ha una possibilità di farcela è quella di fare una partita coraggiosa, senza snaturarsi. Il Beşiktaş non deve cadere nella tentazione di difendersi basso, rinunciando al dominio del possesso, una situazione di gioco che ha già dimostrato di non saper controllare (nella soffertissima partita di ritorno contro il Lipsia, ad esempio, comunque vinta grazie ad un gol di Talisca all’ultimo secondo) e che contro la qualità tecnica del Bayern Monaco risulterebbe certamente fatale.

La squadra di Günes deve poi sperare nel momento di forma di almeno uno dei suoi talenti migliori, come Talisca e Quaresma, giocatori in grado di svoltare una partita con una grande giocata, ma che soffrono di un’incostanza cronica di rendimento. Soprattutto il trequartista brasiliano sarà fondamentale nel caso in cui il Beşiktaş cercasse davvero di attaccare e difendersi con il possesso. D’altra parte, Talisca ha 24 anni e se vuole arrivare all’apice del calcio europeo è arrivato per lui il momento di iniziare a dimostrare il suo valore anche in queste occasioni.

11. Può essere l'anno buono per una squadra inglese?

Fabio Barcellona

Di certo può esserlo per il Manchester City. Quella di Guardiola è stata finora la migliore squadra europea nella combinazione tra prestazioni nel proprio campionato e in Champions League. È vero che da febbraio in poi comincia una nuova stagione in Europa, tutto si azzera e con i turni a eliminazione diretta gli equilibri sono molto più instabili, ma l’inizio abbastanza soft contro il Basilea è un buon modo per il City di entrare gradualmente nel clima della fase finale.

Invece, non credo molto nel Manchester United. La proposta di gioco di Mourinho e, tutto sommato, anche la qualità media dei suoi giocatori, non è al livello necessario per competere seriamente per la vittoria. Alla povertà offensiva della squadra non corrisponde, per contrasto, una grande solidità difensiva (a dispetto del fatto che lo United è la squadra con meno gol subiti in Premier League). La fase di non possesso non è particolarmente organizzata e si appoggia molto sulle eccezionali prestazioni di De Gea. Dei 6 top-team della Premier League, lo United è il peggiore in termini di Expected Goals subiti, con quasi 1.2 xG a partita e la fisicità dei suoi giocatori non basterà se messa di fronte contro i migliori attacchi d’Europa.

Nemmeno il Liverpool per me può andare troppo lontano. La squadra di Klopp, oltre a scontare un certo gap qualitativo con molte altre contendenti, è spesso troppo fragile e la difesa posizionale non offre molte sicurezze, esponendo la squadra a rimonte imprevedibili, come quella subita dal Siviglia nella fase a gironi o da Arsenal e Tottenham in campionato.

Le due squadre di Londra invece – il Tottenham e il Chelsea – hanno ottavi di finale molto complessi, contro Juventus e Barcellona, ma potrebbero rendere la vita parecchio complicata alle loro avversarie. Se una delle due riuscirà a passare il turno, potrebbe rivelarsi la sorpresa di questa stagione della Champions League.

Daniele V. Morrone

Anche per me sicuramente può essere l'anno del City (il che non significa che lo sarà sicuramente) visto che è la squadra con il livello di gioco più alto e che incredibilmente non sembra ancora raggiunto (aiuterà l’entrata di Laporte nel sistema e ritorno al 100% di Gabriel Jesus). Non deve neanche preoccuparsi di giocare al massimo in un campionato che sembra già vinto e, salvo infortuni, potrà permettersi di arrivare sempre al completo e riposato contro l’avversario di turno. Penso che quanto meno la finale debba essere non solo un obiettivo realistico ma anche da pretendere, senza neanche guardare ai sorteggi.

12. In questa fase finale ci sono molte squadre con un sistema di pressing e riconquista del pallone elaborato. L’avanguardia tattica oggi passa soprattutto per una fase di non possesso attiva?

Fabio Barcellona

Per me la vera avanguardia rimane il Manchester City, e più per la sua fase offensiva che per i meccanismi di riconquista del pallone, pure estremamente connessi con il gioco d’attacco. Klopp gioca sostanzialmente lo stesso calcio che giocava a Dortmund, lo Shakhtar dà un’interpretazione piuttosto ortodossa del “juego de posicion” che Pochettino al Tottenham mescola brillantemente con alcuni principi in fase di riconquista derivanti dalla scuola tedesca. La vera novità è l’ennesima evoluzione di Pep Guardiola.

Le basi del “juego de posicion” sono immutate, ma a dimostrazione che il suo Barcellona era solo una delle possibili forme che i princìpi potevano concretamente assumere, in un campionato e con giocatori diversi il calcio di Guardiola è diventato verticale, rimanendo però in maniera quasi incredibile fedele alla prioritaria e quasi antitetica necessità di disordinare le strutture difensive avversarie. I ruoli sono sempre più sfumati sostituiti dalle funzioni dei giocatori in campo e lo studio del piano gara in ogni singola partita ancora più maniacale. A dieci anni dal suo esordio in panchina Pep Guardiola rimane il più innovativo dei tecnici in circolazione.

Emiliano Battazzi

Non credo sia solo una questione di fase di non possesso, secondo me dipende da quanto le quattro fasi sono fluide, interconnesse. In questo senso il City di Guardiola è chiaramente il massimo, con la fase offensiva che è preparatoria a quella difensiva (compatti in zona palla per riconquistare poi il pallone), e a me piace molto anche il Tottenham, che ritengo più completo del Liverpool a livello propositivo. Direi quindi che sembrano andare meglio le squadre più evolute, con una capacità ottimale di interpretare tutte le fasi, e che riescono a integrare diversi strumenti tattici nelle loro proposte di gioco. Bisogna ricordarsi però che nelle ultime due stagioni a vincere è stata una squadra con legami tattici molto deboli, con un’organizzazione che lasciava ampio spazio alla tecnica individuale dei suoi campioni: non a caso parlavamo del calcio del Real Madrid come una calcio liquido. Il Real Madrid era (e occhio che arriva la Primavera Blanca) un’avanguardia nella sua capacità di imporre il contesto di gioco, ma non a livello tattico.

13. Quali giocatori dobbiamo tenere d’occhio per una grande fase finale?

Emanuele Atturo

Le partite da qui alla fine sono quelle che definiranno il senso del trasferimento di Neymar al Paris Saint Germain. In termini di equilibri geopolitici del calcio europeo, si è trattato di un movimento rivoluzionario, la cui onda lunga è arrivata fino al recente passaggio di Coutinho al Barcellona. Il senso tecnico è invece ancora poco chiaro: Neymar finora ha giochicchiato con i terzini della Ligue 1 - mandandone al manicomio diversi - permettendosi né di impegnarsi né di legare particolarmente con i compagni (per dirla con un eufemismo).

Ora però è arrivato il momento in cui deve dimostrare di reggere la responsabilità che si è preso in estate: elevare la dimensione europea del Paris Saint Germain, essere il singolo fattore che rende i parigini una contender finale. Neymar finora non ha mai deluso quando aveva molta pressione addosso: non lo ha fatto ai Mondiali di casa (fino all’infortunio), non lo ha fatto nella scorsa Champions League, quando è stato il protagonista assoluto della rimonta proprio sul PSG. Con il Mondiale in arrivo, però, a 26 anni, questo deve essere il suo momento fino in fondo.

Alfredo Giacobbe

Purtroppo per la Juventus, i giocatori più interessanti tra tutti sembra averli proprio il Tottenham. Harry Kane è un attaccante davvero completo: segna tantissimo, lega il gioco con i compagni di reparto lontano dalla porta, pressa come un invasato. Son quando ha campo da prendere in velocità è irresistibile. Alli si muove di continuo sulla trequarti per disorganizzare le linee avversarie e per poi trovare i tempi d’inserimento in area. I palloni tagliati di Eriksen, scagliati alle spalle della difesa, creano sempre pericoli. E ancora dobbiamo vedere all’opera Lucas Moura…

Daniele V. Morrone

Mohamed Salah è esploso come neanche una supernova in questa stagione e sta passando sopra ogni difesa della Premier League. È così raggiante che non vedo perché non dovrebbe fare lo stesso anche in Champions League, soprattutto perché la questione non sembra veramente il livello dell’avversario, ma quanto tempo possa durare questa forma psicofisica in cui si trova.

Daniele Manusia

Io terrò gli occhi incollati su De Bruyne, che al suo massimo stagionale mi è sembrato arrivare alle stesse altezze, con la stessa capacità di controllo sul resto dei giocatori in campo, sui tempi e gli spazi in cui si gioca la partita, dei più grandi in assoluto. Ma sarà una Champions utile anche per vedere alcuni giocatori a metà strada per entrare tra i migliori in assoluto, che possono usarla come trampolino, come Dybala, Alexis Sanchez, Morata, Nainggolan, Erikssen... per alcuni portieri eccezionali come De Gea, Alisson, sarà l'ultima Champions League (forse?) di Buffon... sarà anche la Champions di possibili outsider più o meno giovani, a cominciare da Isco e Asensio (Ceballos?) che potrebbero, chissà, tornare importanti per il Madrid sul finale di stagione, Ousmane Dembelé, Kylian Mbappé, Bernardo Silva, Dele Alli, Joshua Kimmich... o di giocatori che magari non saranno mai tra i primi dieci/quindici del mondo ma che possono giocare anche grandi partite, tipo Tolisso, Umtiti, Firmino... ma potrei andare avanti all'infinito: la Champions League è il palcoscenico in cui gli attori con più carisma finiscono spessp per prendersi la scena.

Dario Saltari

Facile aspettarsi grandi partite di Champions da giocatori affermati come Neymar, Salah e Kane. Io vorrei invece che queste fasi finali ci regalassero qualche nome inaspettato, che portassero definitivamente a maturazione qualche giocatore che ancora non sappiamo di amare. Anderson Talisca, innanzitutto, un trequartista con un corpo da freak e un talento peculiarissimo, che, dopo un lungo periodo di apprendistato in Europa (Benfica, prima del Besiktas) sembra poter finalmente lasciare il segno anche ai massimi livelli. Ma anche Fred, dello Shakhtar, un mediano con un grandissimo primo controllo e una capacità quasi unica di gestire il ritmo della propria squadra, che secondo alcuni sarebbe già stato acquistato dal Manchester City. La Champions League dovrebbe essere anche essere il palcoscenico di nuovi grandi talenti in rampa di lancio (l’anno scorso lo è stato per Mbappé, Bernardo Silva e Mendy, tra gli altri), e sarebbe bello se lo fosse anche quest’anno.

14. Quale potrebbe essere il dark horse, la mina vagante, di questa fase finale, come è stato il Monaco lo scorso anno?

Fabio Barcellona

Secondo me una tra Tottenham e Chelsea. Non sono le ultime arrivate, ma non sono certo tra le favorite e un loro approdo in semifinale sarebbe abbastanza sorprendente. Hanno entrambe uno scoglio durissimo da affrontare agli ottavi e potrebbero quindi essere fuori già tra 3 settimane, ma hanno le armi per mettere in difficoltà chiunque. Il Tottenham lo ha già dimostrato nei gironi, pareggiando al Bernabeu e vincendo a Wembley contro il Real Madrid. La squadra di Pochettino è molto organizzata, tatticamente sofisticata e consapevole di ciò che vuole fare in campo e ha due giocatori, Kane ed Eriksen, di alto livello e all’apice della carriera. Se riescono a mantenere l’intensità giusta, elemento necessario per il loro gioco, gli “Spurs” possono rimanere indigesti per la Juventus ed, eventualmente, per ogni altro avversario.

La stagione del Chelsea è complicatissima e la squadra appare in crisi nera, ma non sarebbe sorprendente se, appoggiandosi sulle proprie difficoltà, il Chelsea possa trovare compattezza e Conte possa estrarre dal suo cilindro tattico due partite di estrema intensità ed attenzione difensiva che potrebbero mettere in difficoltà il Barcellona, buono, ma non eccezionale di Valverde. Se riuscisse davvero ad eliminare il Barca, Antonio Conte diventerebbe un cliente scomodo per chiunque.

Emanuele Atturo

Il Liverpool di Klopp quest’anno ha già dimostrato di poter vincere partite d’alto livello, pur non avendo una grande continuità sul lungo periodo. Sembra d’altronde che questi risultati possano essere la conseguenza dell’identità stessa di una squadra con lacune evidenti ed altrettanto evidenti punti di forza. Il Liverpool vive di fiammate, durante una stessa partita e nel corso di una stagione, anche perché il suo gioco richiede un grande dispendio di energie fisiche e mentali. Quest’anno ha già battuto le due squadre di Manchester, offrendo prestazioni di alto livello. In un doppio confronto, in più con il fattore Anfield di mezzo, il Liverpool può davvero battere chiunque.

Daniele V. Morrone

Il Liverpool è quella che mi sembra più credibile come mina vagante che possa arrivare fino in fondo proprio perché ne rispecchia l’archetipo: giocatori offensivi in ottima forma, calcio veloce e offensivo, zero capacità di controllo, ma possibilità di segnare due gol in cinque minuti contro chiunque (come sa bene il City). Poi Klopp l’ha già portata una squadra del genere fino in finale e questo non va mai sottovalutato.

Dario Saltari

Non sono molto d’accordo nel definire squadre con la capacità economica e tecnica di Liverpool, Chelsea e Tottenham come delle mine vaganti: stiamo comunque parlando di club potenti e affermati che competono ogni anno ad alti livelli e che hanno poco a che vedere con la dimensione ridottissima del Monaco. Secondo me l’identikit di “mina vagante” si applica meglio allo Shakhtar, una squadra piccola nel contesto europeo, dal potenziale tecnico ancora poco conosciuto e con un allenatore interessantissimo che nella fase a gironi ha messo molto in difficoltà le due migliori squadre in Europa, e cioè Napoli e Manchester City. Io la terrei d’occhio per le fasi finali.

Daniele Manusia

Non per portare sfiga, ma secondo me sia Tottenham che Shakthar se riuscissero ad andare ai quarti diventerebbero una bella trappola per qualsiasi avversaria. Il Tottenham nei giorni contro il Real Madrid ha dimostrato di poter giocare due partite quasi perfette, quando lo vuole. Lo Shakhtar è preparato tatticamente e avrà dalla sua sempre il vantaggio di poter fare l'outsider. Almeno finché non incontra Mourinho che farebbe sembrare il Manchester la vera outsider anche se dovesse trovarsi di fronte il Crotone.

15. Ok, è arrivato il momento di dirci quale squadra vi piace di più e/o pensate vincerà.

Emanuele Atturo

Non voglio sembrare banale o troppo filo-corporativo, ma il Manchester City 2017/18 è una delle squadre più eccitanti degli ultimi anni ed è il risultato di uno sforzo prometeico da parte di Guardiola. Del suo desiderio di mantenere saldi i principi del proprio calcio pur non smettendo mai, davvero mai, di innovare, di trovare nuove variazioni stilistiche al gioco del calcio. Guardiola sembra un compositore che non è mai stanco di ritoccare il proprio spartito alla ricerca del concerto perfetto. E questa mi pare la maniera più nobile di interpretare il ruolo di allenatore a questi livelli, quindi mi auguro che il Manchester City vinca il più possibile quest’anno, dimostrando che anche nel calcio il massimo dell’efficacia e il massimo dell’idealismo possono coesistere.

Per la vittoria finale però confermo il pronostico di inizio anno nonostante troppi segnali dicano il contrario: PSG.

Daniele V. Morrone

La squadra che mi piace di più in questa stagione è il City e non ho molto da aggiungere rispetto a quanto già scritto dagli altri qui. Tra chi non ha molte speranze di alzare la coppa tiferò il Beşiktaş, sperando possa eliminare il Bayern e andare poi ancora più avanti. Perché abbiamo bisogno che un progetto così assurdo all’apparenza - fatto di vecchie glorie e giocatori improbabili all’interno di un contesto tattico coerente - vada avanti il più possibile. Soprattutto per far vedere come l’esempio del Monaco non fosse un fuoco di paglia e quindi anche un’altra squadra fuori dalle solite note può, con un progetto fatto bene, avere successo in Europa.

Emiliano Battazzi

Per la vittoria finale io punto sul caro vecchio Bayern Monaco, che ha praticamente tutte le componenti necessarie per vincere la Champions: esperienza, qualità, forza fisica, elaborazione tattica, freschezza (ormai la Bundesliga è pressoché vinta). Cincinnato Heynckes è tornato dalla meritata pensione (72 anni, mica si scherza) solo per vincere la sua terza Champions. Dopo il presunto lassismo ancelottiano, e il rigetto dei senatori, Heynckes ha riportato serenità non solo mentale ma anche tattica: e così James è diventato fondamentale, con molta più libertà di trovare la posizione giusta e di interpretare più compiti nella trequarti avversaria. Il Bayern è ancora quasi per intero quella splendida squadra che ha raggiunto 3 semifinali nelle ultime 4 stagioni di Champions, fermandosi l’anno scorso ai quarti solo contro un inafferrabile Real Madrid (anche per sfortunate decisioni arbitrali): ma per vincere avrà bisogno di Neuer, ancora infortunato.

Alfredo Giacobbe

Zidane sembra aver perso la sua aurea sciamanica, lo United non ha mai davvero convinto, e il PSG sembra sempre sul punto di scoppiare sotto i colpi di una faida interna. A me piace pensare che alla fine il titolo sarà conteso tra Juventus e Manchester City. Per la stima che ho verso i due allenatori e per la forza dei rispettivi organici.

Dario Saltari

Io dico PSG ormai da due anni e, visto che la coerenza sembra essere l’unica qualità che conta di questi tempi, lo confermo.

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