A Montecarlo è arrivata la Formula 1 e c’è chi ha pensato che fosse una buona idea parcheggiare una Ferrari F40 del 1987 sul ponte di uno yacht con una gru. Un’impresa che ha attirato gli obiettivi dei fotografi e delle tv come miele, e prima che le Formula 1 scendessero in pista non si parlava di altro. Poi si sono accesi i motori delle monoposto e tutto intorno è sceso il silenzio, la vecchia F40 dimenticata, come se non fosse ancora lì in bella mostra nella rada alle Piscine. Nessuna stranezza fuori dalla pista potrà mai battere la follia dei piloti che sfrecciano ai duecento all’ora tra i marciapiedi delle stradine del Principato.
Mai come quest’anno si attendeva la corsa di Montecarlo. Con la Red Bull che ha dominato in tutte le gare, rifilando in gara distacchi di almeno venti secondi, l’anomalia del Gran Premio più lento del calendario doveva per forza sparigliare le carte. Lo dicevano i piloti e i team principal: le caratteristiche del tracciato non favoriscono la Red Bull. O almeno non si sposano bene come in altri posti. La creatura di Adrian Newey è un mostro di efficienza, una vettura nata per fare la differenza sui lunghi rettilinei, con una tecnologia del DRS che gli altri team stanno cercando di copiare, finora senza successo. Ferrari e Aston Martin potevano giocarsi le loro chances. Fernando Alonso alla vigilia ha dichiarato di credere alla possibilità di portare a casa la trentatreesima vittoria della sua carriera.
Non erano solo le contingenze del tracciato a dare fiducia agli outsider. Lo diceva anche la storia, a Montecarlo può davvero succedere di tutto. Nel 1982, a un giro dalla fine, Riccardo Patrese era al quarto posto quando le auto dei piloti che lo precedevano si sono ritirate, lasciando pista libera verso la vittoria all’italiano. Nel 1996, l’anno in cui ha trionfato un pilota bravo e sfortunato come Olivier Panis, la pioggia ha reso caotica la corsa e il traguardo lo hanno visto in quattro. I piloti con uno sciovinismo tutto britannico insistono a chiamarla lotteria, anziché usare un più adeguato roulette, ma il senso è lo stesso. Montecarlo concede un’occasione davvero a tutti.
Le qualifiche al sabato erano attese. La Ferrari, più di tutte, aveva avuto problemi nella ricerca del giusto assetto. Sia Charles Leclerc che Carlos Sainz lamentavano sobbalzi eccessivi della monoposto nelle parti più veloci del tracciato: nella salita verso il Casino e nel tratto veloce tra il tunnel e le Piscine. Nella continua ricerca del compromesso tra le prestazioni e la maneggevolezza di guida, la Ferrari ogni tanto incappa nel vecchio porpoising, che sembra un affare di un’epoca lontana, ma solo un anno fa infestava di incubi tutto il paddock. Persino Max Verstappen al venerdì si era lamentato della sua Red Bull: i soliti inconvenienti con la cambiata, che insistono da inizio anno, e un assetto sottosterzante che non gradisce. In FP3 Lewis Hamilton aveva messo a muro la sua Mercedes alla ricerca del limite.
Insomma al sabato tutti sapevano di non essere al massimo, ma non conoscevano la distanza con i propri avversari. Sergio Perez, con l’altra Red Bull, si è auto-eliminato nel Q1 sbattendo all’uscita della prima curva. Nel Q3 sono arrivati piloti che quest’anno hanno avuto poca confidenza con le prime posizioni, come Esteban Ocon, Yuki Tsunoda e Lando Norris. La testimonianza più viva che, quando conta, a fare la differenza a Montecarlo non è il mezzo ma è il manico di guida. L’ultima parte della qualifica è stato il momento più emozionante dell’anno. Leclerc ha fatto come al solito la differenza sul giro secco, pur con una macchina non completamente a posto, ha sfruttato al massimo la migliore trazione della sua SF-23 in uscita di curva. Meglio di Leclerc ha fatto Fernando Alonso, con un giro mostruoso che ha sfiorato la perfezione nel primo e nel secondo settore. Quando è stato il turno di Verstappen sembrava che non ci fosse più niente da fare. All’ultimo intertempo il campione del mondo aveva un distacco da Alonso di due decimi. Il terzo e ultimo settore è una parte di tracciato filante e favorevole alla Red Bull, ma mancava al traguardo meno di un chilometro e mezzo e sembrava impossibile recuperare quel distacco. Verstappen ha dimostrato a tutti, se ce ne fosse ancora bisogno, di quanto talento e pelo sullo stomaco è dotato. Ha flirtato con le barriere, accarezzandole più volte con la spalla degli pneumatici, ed è andato a prendersi la pole position.
Le scelte degli pneumatici alla partenza hanno condizionato l’andamento della corsa, almeno nella prima porzione di gara. Verstappen ha optato per gomme a mescola media. Già aveva il vantaggio di traiettoria verso la curva della Santa Devota, per via della posizione in partenza. Ha preferito avere anche una maggiore aderenza degli pneumatici per chiudere la prima posizione a doppia mandata. Alonso, per contro, ha concesso il vantaggio dell’apertura all’avversario e ha montato gomme a mescola dura. Avrebbe avuto meno velocità sul giro a inizio corsa, ma gli pneumatici sarebbero durati di più. Verstappen prima o poi doveva tornare ai box per cambiare le sue gomme rovinate, e a quel punto Alonso avrebbe cercato di tenersi la testa della corsa.
È così che il Gran Premio di Monaco si è trasformato in una lunga attesa. Il ritmo di Verstappen, costante intorno al 1:16.4, era sufficiente a garantirgli un certo distacco da Alonso, ma non una fuga delle sue, una di quelle che non possono essere ricucite. Che l’assetto della sua Red Bull non fosse perfettamente bilanciato è testimoniato dalla comparsa del graining, la striscia scura che compare sugli pneumatici usurati. Quanto sarebbero durate ancora le gomme di Verstappen? I giri scorrevano uno dietro l’altro, il vantaggio massimo dell’olandese su Alonso è arrivato a undici secondi, ma poi sono iniziati i doppiati e qualcosa lo spagnolo ha iniziato a recuperare. La vittoria però si sarebbe giocata ai box, ne erano consapevoli entrambi i piloti. Chi si fosse arreso prima nella guerra dei nervi in pista avrebbe perso tutta la posta.
Su una tattica simile a quella di Alonso era anche Leclerc, retrocesso in sesta posizione a causa dell’ennesima sciatteria del muretto box Ferrari. Il pilota monegasco non è stato avvisato dell’arrivo di Lando Norris nel suo giro lanciato. Norris ha evitato la collisione, ma ha rovinato il giro, per cui la direzione gara ha penalizzato Leclerc. Tra le scuse addotte dal management Ferrari, un malfunzionamento del GPS che rileva la posizione delle auto in pista. Proprio qualche ora prima, Leclerc aveva scagionato il proprio ingegnere di pista per gli errori dello scorso anno. Chissà cosa ne pensa adesso. In gara Leclerc ha provato ad attendere il momento buono per fare il cambio gomme, ma si è dovuto arrendere presto. L’usura patita sulla sua monoposto si è rivelata eccessiva su una pista nemmeno tanto aggressiva sugli pneumatici. La Ferrari ha scelto il giro peggiore per richiamare il monegasco ai box, quando dietro aveva il trenino degli inseguitori pronti a farne un sol boccone. Forse Leclerc non ne aveva per resistere altri sei o sette giri, alla Ferrari hanno deciso di fermarlo nonostante sapessero che di lì a poco la corsa sarebbe esplosa.
A una ventina di giri abbondanti dalla fine è arrivata la pioggia sul circuito. Né Alonso né Verstappen avevano ancora fatto il loro cambio gomme. Ora sarebbero stati obbligati. Meteo France fornisce a tutte le scuderie le medesime previsioni del tempo. Si sapeva da giorni che la pioggia sarebbe arrivata, ma non se ne conosceva la quantità. Scrosci abbondanti sono entrati in pista dal lato del Mirabeau, inondando d’acqua il tornantino e la discesa verso l’imbocco del tunnel. Il resto della pista è rimasto all’asciutto. È il momento più delicato della corsa. Rientravano tutti in gioco, chi avesse indovinato il giro giusto per montare gomme da bagnato avrebbe potuto prendere l’intera posta. Alonso è entrato ai box al cinquantatreesimo giro, mentre Verstappen ancora combatteva per tenere in strada la sua monoposto. Era la mossa vincente, ma al posto della gomma da bagnato ad Alonso hanno montato una gomma da asciutto. Non si è capito se è stata una goffa scelta strategica o una cattiva comunicazione, un malfunzionamento della radio come sostiene Sky Deutschland. Sta di fatto che Alonso è costretto a fare un’altra sosta, stavolta in contemporanea con Verstappen. Il vantaggio strategico è sfumato e la corsa ha preso la sliding door che ha portato Verstappen sul gradino più alto del podio. Anche in Ferrari hanno aspettato un giro di troppo e sono stati costretti al pit stop di entrambi i piloti in contemporanea. Leclerc e Sainz, autore anche di una scivolata al Mirabeau, hanno perso posizioni in pista nei confronti delle Mercedes di Lewis Hamilton e George Russell.
In classifica Verstappen ha allungato su Perez, ora il distacco è di trentanove punti. Nei costruttori la Red Bull ha doppiato i punti della Aston Martin. Non si capisce dove ora gli avversari possano fare risultato. L’unica variabile pazza di questa stagione potrebbe essere data dalle nuove gomme che Pirelli introdurrà a Silverstone. È un cambio imposto da questioni di sicurezza ma che potrebbe avere ripercussioni sulle performance. Nel 2013 una modifica del genere portò Sebastian Vettel e la Red Bull a un filotto di nove vittorie di fila e alla conquista del Mondiale.
Il posto meno adatto alle ambizioni dell’Aston Martin e della Ferrari sembra comunque la prossima pista, il Circuit de Catalunya di Barcellona. Un tracciato tecnico, veloce, con grandi curvoni in appoggio, un asfalto abrasivo e tanto caldo. Alla Ferrari porteranno aggiornamenti aerodinamici, ma nessuno scommette più sulla loro efficacia. I problemi della SF-23 sono tanti, di natura varia e non tutti ancora compresi a fondo. È impensabile che l’auto inizi a funzionare con pochi interventi mirati. La Mercedes, che da questo weekend ha iniziato a lavorare a un nuovo progetto di monoposto, con la bistrattata filosofia zero sidepods ha già ventinove punti di vantaggio in classifica sulla scuderia di Maranello. Ci vorrà tanta pazienza, i tifosi della Rossa sono avvisati.