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Giuseppe Pastore
11 gol alla Van Basten
22 ago 2018
22 ago 2018
I gol simili a quelli del cigno di Utrecht sono un'icona molto precisa nel nostro immaginario.
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Giuseppe Pastore
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Un amico di un altro amico una volta mostrò un Picasso a Pablo Picasso. "No! E' un falso", rispose il pittore. Lo stesso amico si procurò un altro presunto Picasso e Picasso disse che anche questo era un falso. Se ne procurò un altro ma anche questo era falso, disse Picasso. "Ma Pablo", replicò l'amico, "ti ho visto con i miei occhi mentre lo dipingevi!". "Posso dipingere un Picasso falso al pari di chiunque altro", rispose Picasso.
(Orson Welles, “F for Fake”)


 

In un mondo in cui persino una trascurabile bagattella come l'

diventa frenetico soggetto di emulazione, al 90' di Torino-Roma Edin Dzeko ha vestito i panni del magnifico falsario per riprodurre (

) uno dei momenti più celestiali della storia del calcio: la celeberrima volée di Marco Van Basten all'Unione Sovietica, firmata all'Olympiastadion di Monaco di Baviera nella finale degli Europei 1988, su assist di Arnold Muhren.

 

Un gesto tecnico che nel dizionario figurerebbe come esempio della parola “classe”, secondo la sempre valida definizione di Rino Tommasi: la classe è la capacità di fare le cose difficili nei momenti importanti, come Federer quando annulla con l'ace la palla break.

 

https://www.youtube.com/watch?v=8c199oakvj0

 

Nell'impossibile sfida di dipingere un Van Basten perfettamente conforme all'originale, la scorsa domenica Dzeko ha messo a segno uno dei tentativi di imitazione più riusciti, come ha certificato anche il telecronista Sky Riccardo Trevisani che – chissà quanto istintivamente – ha subito inneggiato al “Cigno di Sarajevo”, ammiccando a uno dei soprannomi più famosi di Van Basten.

 

Il contest è dunque più vivo che mai: proviamo a orientarci tra i moltissimi “Van Basten-esque goals” che si trovano a decine in giro per il Web, aiutandoci con tre semplici linee-guida.

 

1) Il gol non deve sgorgare da un rimpallo o da un errato disimpegno difensivo, ma dev'essere la naturale e armoniosa conclusione di un'azione di squadra. Non vale, perciò, il pur splendido gol di

, il primo dei 37 segnati dal Matador con la maglia del Palermo.

 

2) Per avere una credibilità almeno vicina a quella del Marcobaleno, il tiro deve avere una parabola che vada a morire sul secondo palo, nel punto più vicino possibile all'incrocio opposto, fisicamente irraggiungibile ma pur sempre avvicinabile. Semaforo rosso per la

contro la Sampdoria, che incenerì Viviano ma non scaldò troppo il cuore degli esteti.

 

3) Il tiro fatale non può che essere scoccato al volo, affinché non ci sia modo di calcolare il rimbalzo o facilitarsi l'esecuzione balistica con un controllo di petto o di coscia. Come De Niro nel Cacciatore: un colpo solo, sennò non è leale. Ci scuserà dunque Jermaine Defoe, il cui

meritava miglior sorte.

 





 

https://www.youtube.com/watch?v=5yu0rOfW6_E

 

Non è un gol segnato in partita ufficiale e dunque sta fuori dalla classifica, ma questo spettacolare sinistro al volo segnato in un Trofeo Gamper è la prova di quanto poco Pippo Inzaghi si sia fatto conoscere anche da chi crede di averlo conosciuto da cima a fondo per tanti anni. Realizzato nello stadio in cui Van Basten vincerà la sua prima Coppa dei Campioni undici mesi dopo il gol all'URSS, nonché in uno stadio che dovrebbe erigere più di un monumento al calcio e alla cultura olandese, questo capolavoro meritava almeno una citazione.

 




 






 

https://www.youtube.com/watch?v=ee-Ie6Y2k78

 

In queste bizzarre classifiche ogni tanto salta sempre fuori qualche estemporaneo gol segnato in Scandinavia, e questa top 11 non può fare eccezione. Chi è Stefan Rodevag? Centravanti svedese da zero presenze in Nazionale, quando ha segnato questo gol aveva già 35 anni e stava vivendo la parabola discendente di una carriera spesa tra l'Allsvenkan (la serie A svedese) e la Superettan (la serie B svedese).

 

Al quinto minuto di un Hacken-Falkenberg che non sembra scaldare gli entusiasmi del raffinato pubblico di Goteborg, il numero 21 del Falkenberg, il neozelandese (!) Dan Keat, manda un pallone un po' a casaccio nei pressi dell'area di rigore. Illuminato da un sole di origini ultraterrene, Rodevag colpisce la palla con perizia e tecnica da golfista in cerca dell'eagle che gli farebbe svoltare il torneo e la carriera. La confezione televisiva del campionato svedese è talmente povera che il primo replay che viene mostrato è il ralenty dell'azione vista in diretta, ma il secondo replay sottolinea anche l'inadeguatezza del portiere avversario Kallqvist, che a palla già entrata sembra barcollare sulle sue gambe: probabilmente da quelle parti non sono programmati per subire gol del genere. D'altra parte, l'entusiasmo con cui lo abbracciano i suoi compagni e l'aria incredula con cui lui stesso continua ad agitare il pugnetto parecchi secondi dopo aver segnato autorizzano il sospetto che Stefan Rodevag fosse un po' un brocco.

 




 






 

https://www.youtube.com/watch?v=esT8a8SrCPw

 

Whelan era un attaccante non troppo prolifico che ha vissuto i suoi anni migliori nel Coventry che vivacchiava in Premier League alla fine degli anni Novanta, in compagnia di nomi che faranno increspare la pelle degli over 30: Dion Dublin, Darren Huckerby, Gary McAllister e Gordon Strachan che era in rosa insieme a suo figlio Gavin. Non era nuovo a gol favolosi: a Capodanno del 1996, in un contesto scenografico lontano anni luce dalla Premier League super-patinata di oggi, si era prodotto contro il Southampton

che a fine anno era finito nella classifica dei gol più belli dell'anno stilata da “Match Of The Day” sulla BBC.

 

Avviata proprio dal quasi quarantenne Strachan, l'azione viene illuminata a giorno dall'apertura di esterno destro di McAllister, che all'epoca ha già 32 anni ma nel 2001 farà ancora in tempo a vincere da protagonista una coppa UEFA con il Liverpool. Il primo errore di fondo di questi pochi secondi, che lasciano intravedere molti pregi e difetti della Premier League degli anni Novanta, è che la bellezza del lancio sovrasta quella del tiro al volo; ma non è l'unica nota stonata. Il colpo di Whelan è un candelotto che sembra colpito di piatto, in cui il caso è preponderante su tutti gli altri aspetti tecnici. La parabola tracciata da Whelan è assurdamente alta, si abbassa senza motivo in prossimità dell'incrocio dei pali e testimonia la spensieratezza di un momento storico pre-meme e pre-Youtube in cui in Premier League ci si sentiva liberi di provare anche le soluzioni balistiche più balzane. E a volte entravano.

 




 






 

https://www.youtube.com/watch?v=p2tmftLN2lY

 

E' il gol meno puramente vanbasteniano della collezione, ma lo inseriamo innanzitutto perché è segnato proprio all'Olanda, e questo deve pur valere qualche punto in più sulla lavagna. Poi perché tra gli undici è quello segnato nel contesto più prestigioso, ovvero la fase finale di un Mondiale. Infine perché è la reinterpretazione del razionalismo olandese in salsa aussie, ovvero buttandola platealmente in caciara, con il contorno della carambola sulla parte bassa della traversa per dare via allo show, far impennare i like e stordirsi di high-five con i compagni di pub. Pochi secondi dopo che Robben ha portato l'Olanda in vantaggio, McGowan calcia il pallone in una zona di campo dove l'unica maglia gialla è quella di Cahill, circondato da tre olandesi.

 

Ora, un attaccante più giovane e inesperto, magari esponente di una scuola calcistica più prestigiosa, sentirebbe il peso della responsabilità e tenterebbe di controllare il pallone, traccheggiando in attesa di rinforzi. Invece uno con il curriculum e le spalle larghe di Cahill non si pone minimamente il problema e bang!, si comporta come la superstar che arriva alla festa con due ore di ritardo, consapevole che tanto stanno tutti aspettando lui. Stangata al volo di sinistro senza andar troppo per il sottile, in mezzo alla porta, con Cillessen stordito dalla circostanza. Al suo terzo Mondiale consecutivo in rete, Cahill segna questo gol pazzesco con la facilità di uno che ne ha viste tante nella vita, e tra dieci minuti puoi legittimamente trovarlo che sta ammaestrando un coccodrillo a mani nude bevendo una Foster's ghiacciata.

 




 






 

https://www.youtube.com/watch?v=4-htlhf-xoo

 

Questo è l'ultimo gol rilevante della storia di Gilardino, segnato nel primo e ultimo campionato di B in carriera, che si concluderà malinconicamente due mesi dopo con una contestazione dei suoi stessi tifosi per un rigore tirato in curva contro la sua ex squadra, il Parma. Insieme a Inzaghi e Paolo Rossi, Gilardino è uno dei tre centravanti italiani ad aver vinto il Mondiale e la Coppa Campioni, ma nella sua immagine pubblica c'è sempre stato qualcosa di inespresso. Con 188 gol è il nono marcatore della storia della serie A, ma ha tanti detrattori che giudicano questi numeri irrilevanti, molto meno importanti dei cliché da attaccante di provincia, anzi peggio, da attaccante da “piazza tranquilla”, tipo Parma, Genova, Bologna, Firenze.

 

Questo gol aggiunge spessore al mistero Gilardino, perché – nonostante la splendida fattura – è il gol meno gilardinesco che si possa immaginare anche per il contorno: segnato nella spettrale cornice dello stadio Piercesare Tombolato di Cittadella, festeggiato con un entusiasmo da semifinale di Champions, mentre i capelli si fanno più radi e la forma fisica è fatalmente quella di un trentacinquenne che segna per una squadra che non raggiungerà neanche i play-off. E' un gol che ci mette a disagio, e il paragone con Van Basten – al quale tecnicamente assomiglia più di molti altri – sembra quasi un oltraggio al pudore.

 




 






 

https://www.youtube.com/watch?v=Qcguz5QqFqI

 

Benassi è la quintessenza di ciò che non è ancora diventato né carne né pesce, e perciò al momento pare sposarsi bene con un contesto come quello della Fiorentina attuale, dove un settimo posto sarebbe vissuto come un'entusiasmante avventura. Del resto il precariato è la cifra politica, economica e sentimentale dei nostri tempi, e cosa c'è di più effimero di un giocatore che un anno diventa capitano del Torino e l'anno dopo viene scaricato alla Fiorentina senza apparenti spiegazioni? Effimere e caduche sono anche le foglie d'autunno che iniziano a cadere a fine settembre, in coincidenza di questa cometa del 2015 che precipita senza preavviso a inizio secondo tempo. Il falso d'autore di Benassi pecca del solito difetto: Benassi non è nobilmente già lì ad aspettare lo spiovere del pallone, ma lo rincorre affannosamente e in questo caso colpisce la palla addirittura in caduta, un po' di collo un po' di interno, dando la sgradevole impressione di aver più che altro vinto la lotteria. Fedele alla sua vena da saltimbanco, Sorrentino tenta inutilmente una parata impossibile.

 

Quella sera la classifica dice che il Torino è terzo in classifica, a due punti dal primo posto occupato da Inter e Fiorentina, a +8 sulla Juventus quindicesima. L'estate granata si sta felicemente prolungando oltre il dovuto, la sera si può ancora stare fuori fino a tardi, i ragazzi di Giampiero Ventura sono in rampa di lancio per un'altra entusiasmante stagione e Massimo Gramellini sta battendo a macchina editoriali ispirati. Il Torino chiuderà il campionato dodicesimo, a 46 punti dalla Juventus campione d'Italia.

 




 






 

https://www.youtube.com/watch?v=QGUFSiAc8is

 

Nella notte in cui

, diventando “un mostrooooo!” nell'appassionata telecronaca del già citato Trevisani, l'onore del calcio ucraino è salvato da questa specie di Douglas Costa che non ce l'ha fatta: Taison Barcellos Freda, che attualmente a trent'anni è ancora intrappolato nel brasilificio dello Shakhtar Donetsk, uno dei pochi verdeoro a interpretare il calcio come una catena di montaggio per mantenere i suoi otto fratelli a Pelotas, all'estremo meridione del suo Paese. Molto recentemente, appena cinque giorni prima del gol di Dzeko a Torino, Taison aveva lanciato un messaggio d'interesse alla Roma su Instagram, rispondendo “Sto arrivando” a una domanda di Juan Jesus, “Quindi vieni in Italia?”. Ma poi non è arrivato.

 

Anche qui va notato che la grazia angelica del Marcobaleno lascia il posto a una potenza un po' artificiosa da Playstation. La cosa più simile all'originale è l'assist del connazionale Fininho, che parte più o meno dalla zona-Muhren. Ma il piede destro di Taison è tutt'altro che un delicato strumento ad arco come quello di Van Basten. Colpita di mezzo esterno alla brasiliana, la palla fila dritta e tesa, tendendo all'ideale obiettivo dell'incrocio dei pali a cui si avvicina ancora più di Van Basten stesso. L'esultanza è bruttissima, da vero calcio di periferia, un balletto senza senso che guasta la poesia di un fiore nato nel gelo della steppa ucraina contro i campioni di Norvegia. Piccolo compendio di quell'impareggiabile campionario umano che è la fase a gironi dell'Europa League.

 




 







Se Alessandro Florenzi

all'idea di guardare Cristiano Ronaldo in televisione, probabilmente è perché – prima da tifoso, poi da raccattapalle, infine da compagno di squadra – ha potuto ammirare perle del genere. Tra tutti i nomi sempre più pesanti che sono stati accostati a Totti non ci pare di ricordare Van Basten, che pure è stato omaggiato almeno due volte dall'ultimo numero 10 della storia della Roma. La prima volta nell'anno dello scudetto, un

contro l'Udinese più di sciabola che di fioretto, sfoderato nell'epoca in cui lo strapotere di Totti non era solo tecnico ma anche fisico.

 

La seconda è realmente indimenticabile, e quasi sempre è inserita nelle top 3 dei capolavori tottiani, di solito insieme al pallonetto a Julio Cesar nel 2005 e, per variare un po',

. Citiamo non casualmente quest'ultimo gol, che arrivò meno di ventiquattr'ore dopo un'altra splendida

contro il Deportivo La Coruna, perché nelle sue giornate più ispirate Totti sembra rispondere alle provocazioni degli artisti concorrenti.

 

La sera del 25 novembre 2006, a Barcellona,

uno dei gol più luminescenti della sua collezione, quella rovesciata “impossibile” che è il corrispettivo volante del celebre dribbling di Bergkamp su Dabizas del Newcastle (più scriviamo queste righe e più ci sembra di camminare in una di quelle gallerie d'arte sospese nel tempo che si vedono nei film di Woody Allen). Il giorno dopo, a meno di venti minuti dalla fine la Roma sta vincendo 1-3 ed è in totale controllo della situazione. L'azione viene avviata dallo stesso Totti che proprio in questo stadio, un anno prima, ha debuttato nel nuovo ruolo di “falso nueve” in salsa spallettiana che gli allungherà notevolmente la carriera.

 

Totti ruba palla al limite dell'area a Parola e fa partire un'azione che continua con un tiro di Taddei ribattuto da Falcone. Il pallone finisce a Cassetti che evidentemente nota che il suo capitano gli sta dettando il passaggio e lo serve con una palombella precisa e tesa al punto giusto. L'idea è già da qualche istante nella mente del genio, ora è sufficiente eseguirla. Il sinistro al volo è un miracolo di coordinazione su cui ci si è già soffermati abbastanza. In relazione a Van Basten, però, duole ammettere che il rimbalzino del pallone pochi centimetri prima di superare la linea lo rende un po' più sporco, un po' meno perfetto.

 

Nel linguaggio del corpo del Capitano non c'è grazia ma un sorprendente furore tecnico e agonistico, come se volesse già portarsi avanti nel regolare futuri conti in sospeso. Con Ronaldinho? O con l'allenatore che dieci anni dopo diventerà suo nemico, che inquadrato a 0:47 sembra quasi guardare in camera come Kevin Spacey in House Of Cards, con un'espressione che lascia presagire chissà quali nefandezze? Ma il lato più poetico di questo gol memorabile è un altro: il difensore che assiste più da vicino, come uno spettatore privilegiato, è il numero 7 della Samp, Christian Maggio.

 




 






 

https://www.youtube.com/watch?v=9D9NcZ1l6vY

 

Nel giorno del secondo ritorno all'Olimpico di Paolo Di Canio, un uomo la cui carriera è costellata di spettacolari gol al volo, Emiliano Bonazzoli azzecca il tiro della vita. Per una di quelle curiose sinergie tra arte, musica e pallone, il lancio è di Santos Batista Junior detto Mozart, regista brasiliano di discrete fortune. Bonazzoli è invece il classico centravantone italiano anni Duemila: “più un trampoliere gobbo che un cigno” (Emilio Marrese su Repubblica), alto e sgraziato, di origini padane, destinato a lottare per non retrocedere, che fa aggrottare le sopracciglia dei propri tifosi al solo caricare il tiro dalla distanza.

 

Ma non stavolta: la coordinazione è portentosa e le suggestioni vanbasteniane volano altissimo, alimentate dalla zona del campo in cui è stato scoccato il tiro e da uno stadio Olimpico come quello di Monaco di Baviera. Bonazzoli non si produce in rincorse disperate per arrivare a colpire il pallone sperandoci come se fosse un Gratta e Vinci, ma procede col passo sospeso della cicogna per infilare la palla negli stessi centimetri quadrati in cui la imbucò il Cigno di Utrecht. E' uno dei falsi meglio riusciti.

 




 






 

https://www.youtube.com/watch?v=1u3WeUFiNM0

 

A schemi abbondantemente saltati da venti minuti, Dzeko riesce nel miracolo di ingentilire una delle partite più ruvide degli ultimi cinque anni di serie A. La decisiva collaborazione di Justin Kluivert aumenta il tasso di olandesità del gol, dando luogo a un curioso paradosso: se l'assist-man di Van Basten era il vecchio Arnold Muhren, con i suoi 37 anni il più anziano tra i 22 sul terreno di gioco, colui che arma il sinistro di Dzeko è proprio il figlio di Patrick, l'unico under 20 in campo.

 

E' certamente il gol più pesante di questa top 10: ma questo rimane pur sempre un concorso di bellezza, quindi siamo obbligati a seguire criteri di valutazione più laterali. Per esempio l'esultanza: regale quella del Cigno, con la regia che stacca sul leggendario Rinus Michels felicemente costernato in panchina. Rabbiosa quella di Dzeko, che mentre Totti rimane impassibile in tribuna autorità va a prendersi il bagno di folla dopo essersi tolto la maglia – un gesto che Van Basten ha compiuto solo una volta in carriera in un Verona-Milan, come segnale di sommo sdegno nei confronti dell'arbitro Rosario Lo Bello. E poi la pulizia del gesto: se nel 1988 era subito apparsa chiara la limpidezza del destro di collo pieno di Van Basten, servono parecchi replay per individuare la parte esatta della gamba che ha impattato il pallone – tanto che, più o meno al quarto replay del video qui sotto, sembra quasi che Dzeko la colpisca di tibia.

 

Va dato atto a questo gol che è uno dei pochi che riesce a replicare quasi perfettamente la parabola ad arco del tiro di Van Basten, complicata da riprodurre con le mani, figuriamoci coi piedi. La coreografia è un po' sporcata anche dall'irriducibile Sirigu, che invece di stare fermo impalato ad ammirare la parabola come prevede il cerimoniale, tenta lo stesso la parata disperata e riesce perfino a toccarla.

 




 






 

https://www.youtube.com/watch?v=7PZmQiOotFY

 

I servizi tv di queste ore mettono in stretta comparazione la prodezza di Torino con quella di Stamford Bridge dello scorso autunno, che ha il peso aggiuntivo di essere stata sfoderata in una partita di Champions League decisiva per il passaggio del girone e, col senno di poi, per le casse della Roma. Il sinistro al volo con cui Dzeko buca Courtois è più tottiano che vanbasteniano, è una cannonata più che un colpo di freccia.

 

La Roma sta ribaltando velocemente il fronte di gioco e così Dzeko, quando viene pescato dal lancio lungo di Fazio, non ha la statuaria immobilità di Van Basten ma è in piena corsa, come un treno notturno che viaggia in metropolitana senza conducente. La cosa più notevole è la gamba sinistra che si allarga molto più del dovuto per trovare l'impatto giusto col pallone. Il tiro è tritolo puro. Tante volte si dice di Dzeko che non ha la cattiveria di un Suarez o un Higuain, ma questa fiondata in casa dei campioni d'Inghilterra – un Paese da cui la Roma è storicamente quasi sempre tornata con le pive nel sacco - trasmette in maniera impareggiabile la ferocia che ha trasmesso ai giallorossi per tutta la scorsa stagione, soprattutto nelle notti europee.

 




 






 

https://www.youtube.com/watch?v=fVRazy2g76k

 

Avevamo lasciato Christian Maggio privilegiato spettatore non pagante del sinistro al volo di Totti 2006; lo ritroviamo tre anni e mezzo dopo che mette in pratica quanto appreso in quel memorabile pomeriggio a Marassi. E' la sua seconda stagione al Napoli dov'è da poco arrivato il suo allenatore preferito, Walter Mazzarri, lo stesso che ha esultato per Bonazzoli 2004 e ha imprecato per Dzeko 2018. WM ne sta facendo un formidabile cavallo da corsa mettendolo esterno destro a tutta fascia nel 3-4-2-1. Siamo allo stadio Armando Picchi di Livorno, in una partita in cui il Napoli sta faticando, privo di Lavezzi e Quagliarella.

 

A riprova che la bellezza può nascondersi nei posti più impensati, la palla per Maggio parte dal piede sinistro di Salvatore Aronica, che intende probabilmente servire Denis. Invece CM11 gli ruba la scena e trova il gol della vita, estremamente somigliante all'Originale. Il gol di Van Basten per i partenopei è un sentimento dolceamaro, segnato meno di due mesi dopo che il Napoli ha perso in volata lo scudetto 1988 contro il Milan dei due olandesi, entrambi a segno nella finale di Monaco. La parabola a scendere, la coordinazione in bello stile, il collo destro leggermente in corsa rendono questo gol una delle copie meglio riuscite, un falso d'autore che avrebbe meritato di entrare in un pezzo di Liberato. Ma nel 2010 Liberato non era stato ancora inventato, e una sua canzone del 2018 dal titolo “9 Maggio” purtroppo si riferisce a tutt'altro.

 

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