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Foto di Marco Bertorello / Getty Images
Calcio Gian Marco Porcellini 7 marzo 2018 7'

Sulle spalle larghe di Chiellini

Dopo la partenza di Bonucci e Dani Alves è toccato di nuovo a Giorgio Chiellini caricarsi il peso della difesa della Juventus, e lo ha fatto senza problemi.

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La politica intrapresa dalla Juventus sul mercato estivo negli ultimi tre anni è ruotata attorno ad alcuni punti fissi. Tra questi, la scelta di vendere un pezzo pregiato con cui generare una plusvalenza. Nel 2015 Arturo Vidal è stato ceduto al Bayern Monaco, l’estate successiva Paul Pogba è passato al Manchester United, mentre pochi mesi fa Leonardo Bonucci si è trasferito al Milan. Qualche settimana prima c’era stata un’altra cessione dolorosa, Dani Alves, che a fine giugno aveva rescisso il contratto e firmato per il Paris Saint Germain. Una partenza, quella del terzino brasiliano, che per stessa ammissione di Marotta ha spiazzato la dirigenza juventina, che si è ritrovata all’improvviso a dover sostituire due quinti della difesa titolare. Allegri è stato costretto a dover reinventare una linea che, senza Bonucci, ha perso il perno centrale della BBC su cui è stato costruito il ciclo di Conte e attorno a cui Allegri si è stretto come a una coperta di Linus. Ma i problemi si sono aperti non solo per la fase difensiva: sia Bonucci che Dani Alves avevano una grande influenza sulla fase di possesso della Juventus. Entrambi erano dei veri e propri registi, in grado di elevare la qualità del palleggio in zone del campo difficili da difendere per gli avversari.

 

In concomitanza con i primi (fisiologici) segnali di flessione del quasi 37enne Andrea Barzagli, il compito di colmare il grande vuoto strutturale ed emotivo apertosi nella retroguardia bianconera è gravato soprattutto sulle spalle di Giorgio Chiellini. Un altro senatore di 33 anni che negli ultimi due anni era stato tormentato da problemi muscolari. Eppure Chiellini non solo è ritornato titolare in pianta stabile, ma ha ritrovato una continuità di rendimento sorprendente a questo punto della carriera, in cui sembrava ormai in fase discendente. 

 

La difesa brutale

Ritrovata l’integrità fisica, imprescindibile per un giocatore che ha costruito le sue fortune su aggressività, contrasti e uso del corpo, Chiellini si è ripreso un ruolo centrale nella fase di non possesso, malgrado le difficoltà collettive nel sostenere il 4-4-2 varato nell’ultima parte del 2016/17, legate a condizione atletica, interpretazione della fase difensiva e spaziature. Probabilmente in questa situazione deficitaria, dove era chiamato a dover intervenire pure su errori altrui e coprire più campo, il difensore della Nazionale si è esaltato, con quei contrasti e quei recuperi brutali e talvolta scomposti che sono entrati nell’immaginario dei tifosi.

 

Chiello fuori posizione

Asamoah viene superato da Abate, su cui però piomba Chiellini. Il numero 3 abbandona il centro dell’area e con una scivolata ferma l’avanzata del laterale milanista.

 

Dalla partita con la Sampdoria Allegri ha registrato la fase di non possesso grazie all’inserimento in pianta stabile di Benatia e Matuidi, oltre che al progressivo passaggio al 4-3-3, con una mezzala al posto di un giocatore offensivo. E Chiellini, per la prima volta dai tempi della gestione Ferrara – sostituito a campionato in corso da Zaccheroni – in cui giocava al fianco di Cannavaro, si è ritrovato a fare coppia con un giocatore simile. Un altro difensore orientato sull’uno contro uno, sul gioco aereo e la ricerca dell’anticipo, rispetto ad un regista arretrato come Bonucci, più a suo agio nelle coperture e nell’impostazione dell’azione.

 

La spartizione dei compiti si è fatta più equa nelle due fasi: la linea difensiva continua a praticare una zona mista, i cui meccanismi non sono variati (il difensore toscano si occupa dell’uomo che si muove alle spalle della prima punta, mentre Benatia, sulla falsa riga di Bonucci, marca il centravanti; in più se a palla lontana il riferimento resta l’uomo, nelle fasi posizionali diventa palla e compagno), ma quest’anno i due centrali si alternano con maggior frequenza nelle uscite.

 

Insieme a un altro giocatore aggressivo, sembra quasi che Chiellini abbia sentito l’esigenza di contenere la propria esuberanza. Non che rinunci a giocare fuori posizione, ma il suo stile si è fatto meno irruente: quando si rende conto di non poter arrivare sulla palla o il contrasto è troppo rischioso, lavora indirettamente sull’uomo, per rallentarne l’azione e costringerlo ad una giocata conservativa, o ancora meglio per favorire l’intervento di un compagno. Anche per questo, una volta che si è stabilizzata l’efficacia della fase difensiva, il suo numero di tackle e intercetti è sceso. Così possono spiegarsi i numeri più bassi da cinque anni a questa parte.

 

Chiellini interv indiretto

Un esempio di intervento indiretto: Chiellini esce (ma senza intervenire) su Maxi Lopez, che viene disturbato dalla presenza dello juventino e controlla male il passaggio di De Paul. Il difensore, nell’accompagnare l’argentino fuori dall’area, chiama un possibile raddoppio di Khedira o Pjanic, che nel frattempo si erano avvicinati.

 

Anche in queste situazioni naturalmente incide la componente fisica, imprescindibile nel suo calcio. Perché pure su palla chiusa l’ex difensore della Fiorentina ricerca il corpo a corpo per  sbilanciare l’avversario o mettergli pressione, tanto nella giocata quanto sul piano psicologico. «Il contatto fisico con l’attaccante è una cosa che cerco maggiormente perché esalta le mie qualità» ha spiegato in un’intervista rilasciata al sito dell’UEFA, «con giocatori più rapidi cerco di partire un secondo prima e di non giocare a campo aperto, perché partendo nello stesso momento trovi degli attaccanti talmente veloci che poi ti mettono in difficoltà e credo che la conoscenza anche dell’avversario sia una cosa sempre più importante nel calcio moderno. I miei punti di forza? L’uno contro uno e la marcatura sull’uomo, giocando di posizione e sfruttando la fisicità per impedire all’avversario di segnare. La marcatura è sicuramente la mia dote principale».

 

Il numero 3 ha fotografato con lucidità ammirevole i suoi pregi, evidenziando la sua necessità quasi fisiologica di mantenere il contatto con l’uomo (in maniera più o meno regolare) come mezzo per affermare il controllo e di conseguenza la superiorità nei confronti dell’attaccante.

 

Il contatto con l’uomo è il mezzo che Chiellini usa per affermare il controllo e la superiorità. Chiellini, specie quando deve difendere l’area sui cross, sa tagliare gli angoli di passaggio giocando d’anticipo, eppure il suo dominio si basa, più che sulle letture, sull’esplosività e sul timing dei suoi interventi. A maggior ragione il recupero della miglior condizione psico-fisica (ha già superato i 2300 minuti, negli ultimi 2 anni non è andato oltre i 2718’) è stato fondamentale per un giocatore che vive sul filo dell’aggressività, un’arma potenzialmente a doppio taglio.

 

Tabella

Confronto dei numeri difensivi di Chiellini dal 2013 a oggi: sono diminuiti intercetti, tackle (compresi quelli persi) e ammonizioni, ma sono aumentati gli anticipi.  

 

Le sempre maggiori responsabilità creative

Senza Bonucci, inevitabilmente, la sua influenza è cresciuta anche sulla fase di possesso, in particolare nella costruzione bassa. Non solo Chiellini riceve un maggior numero di passaggi (dai 41,62 del 2016/17 ai 46,4 del campionato in corso), ma ha raggiunto l’apice in carriera come numero di passaggi effettuati, 71,65 per 90’ (solo nel 2014/15 si era avvicinato, arrivando a 68,1 p90’), contestualmente ad una percentuale di passaggi completati scesa all’86,1%, il dato più basso dal 2011.

 

In questa stagione, in particolare quando viene schermato Pjanic, si deve prendere maggiori responsabilità nell’impostazione dell’azione e non è un caso quindi il primo posto in rosa tra i giocatori di movimento sia nei lanci completati (5,5, 0,9 in più dell’ultimo campionato dove era preceduto da Bonucci e Marchisio) sia in quelli sbagliati, 4,2. Nella mappa delle posizioni medie Chiellini è maggiormente decentrato sulla sinistra rispetto al passato anche perché più propenso ad aprirsi per ricevere e giocare il pallone.

 

Con la difesa a 3 gli avversari gli lasciavano portare palla, visto che con le sue conduzioni finiva spesso per infilarsi in dei vicoli ciechi, oggi invece Chiellini sembra più lucido nelle scelte offensive: si allarga sul centro sinistra per ricevere la sfera e attirare su di sé la pressione di un avversario, dopodiché cerca di superarlo con un controllo a seguire, a dir la verità non sempre preciso, e impostare con il sinistro. In situazioni bloccate non è raro vederlo andare sul lato destro, entrando dentro il blocco avversario in conduzione conducendo la sfera con l’interno sinistro, mettendo il corpo tra la palla e l’uomo per poi appoggiarsi ad un compagno che si libera dietro la linea di pressione.

 

Un saggio delle giocate del centrale bianconero: nella prima immagine De Rossi non è abbastanza rapido nello scivolamento su Matuidi, che verrà servito proprio da un laser pass che taglia il centrocampo romanista; nella seconda invece dribbla Strootman portandosi la palla sul destro per aprirsi la linea di passaggio verso Higuain, che nel frattempo è arretrato.

 

Non deve stupire quest’evoluzione del difensore azzurro, arrivato oggi ad una padronanza dei suoi mezzi tecnici quantomeno discreta. Il primo salto di qualità c’era stato con Conte in panchina: il tecnico ne ha sgrezzato i fondamentali e incanalato una personalità marcata anche col pallone tra i piedi, mettendogli attorno un sistema codificato che gli potesse garantire sull’uscita del pallone delle linee di passaggio verticali, lavorandolo quindi non solo sul gioco corto ma anche su quello lungo. Nella stagione in corso tra l’altro il numero di filtranti è salito a 0,77 p90’ e il passaggio taglialinee di destro con cui ha mandato in porta Higuain in occasione del match vinto 2-0 a Firenze è solo la punta dell’iceberg dei suoi progressi.  

 

Un artigiano della difesa

Quello di Chiellini è un calcio che aderisce nella maniera più letterale possibile al termine “difensore” e che non trova dunque la sua esaltazione nella ricerca del gol, bensì nel volerlo evitare. Una missione se vogliamo reazionaria rispetto alla direzione che il calcio sta prendendo, sempre più orientato in funzione della fase offensiva, o rispetto ad alcuni suoi colleghi come Mascherano che vivono la fase difensiva come una sofferenza. «Devi provar piacere ad anticipare il pensiero dell’attaccante – ha spiegato nella medesima intervista linkata sopra – quindi a fermare l’attaccante e distruggere il gioco dell’avversario (…) E poi devi essere tra virgolette un pessimista, nel senso che quando hai la palla devi pensare sempre negativamente se te, la tua squadra o un tuo compagno la può perdere da un momento all’altro, se l’avversario può saltare il tuo compagno e creare una situazione pericolosa. Non è semplice riuscire a farlo per 90 minuti in tutte le partite perché poi l’impegno è tanto e quando magari sei anche più stanco e meno lucido fai fatica a pensare, ma la cosa più importante a prescindere dalle qualità tecniche e atletiche penso che sia poi la testa».

 

Chiellini è tornato Chiellini nel momento in cui la Juve ne aveva più bisogno, elevando le sue prestazioni ad un livello inedito in questo quadriennio con Allegri in panchina. Secondo Morata «Giocare contro Chiellini è come entrare nella gabbia di un gorilla per prendergli il cibo, arriva una botta, un’altra botta e un’altra ancora». Il contratto del difensore centrale scade a fine stagione ma, per quanto dimostrato, sembra ancora un difensore su cui poter costruire un futuro.

 

 

Tags : giorgio chiellinijuventusmassimiliano allegri

Gian Marco Porcellini è nato nel 1990 e vive in provincia di Rimini. Ha collaborato con la redazione sportiva de “Il Corriere Romagna” e sogna vanamente di vedere un giorno il Rimini in Serie A.

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