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Il giocatore più migliorato: Duvan Zapata
26 giu 2019
26 giu 2019
Il premio a chi ha fatto il salto di qualità più grande va all'attaccante dell'Atalanta.
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In fondo basta solo dare uno sguardo ai numeri per rendersi conto di quanto sia migliorato Duván Zapata nell’ultima stagione. Zapata è arrivato in Italia sei anni fa e in Serie A non aveva mai segnato più di 11 gol in una stagione, traguardo raggiunto nel 2017/18 con la Sampdoria. Nel campionato concluso da poco con l’Atalanta i gol sono stati invece 23, più del doppio del precedente primato personale.

Senza contare i rigori, Zapata è stato il miglior marcatore del campionato (22 gol), e al tempo stesso è stato tra i migliori rifinitori, con 7 assist. Nella classifica degli Expected Goals prodotti il centravanti dell’Atalanta è secondo, di un soffio, solo a Cristiano Ronaldo (20,9 xG per Zapata, 21 xG per Ronaldo), mentre in quella degli Expected Assists, che somma gli xG prodotti con l’ultimo passaggio (e in un certo senso, quindi, misura la qualità delle occasioni create), Zapata è quarto (8,79 xA), dietro a Gómez (11,4 xA), Suso (10,47 xA) e Callejón (8,82 xA).

Insomma, Zapata è stato tra i giocatori più produttivi del campionato negli ultimi metri, e non si è limitato a finalizzare la manovra del miglior attacco della Serie A, ma ha dato un contributo fondamentale per fare dell’Atalanta una delle squadre più pericolose del campionato. Ovvero, Zapata ha ricevuto tanto dal sistema, ha potuto tirare in porta come non gli era mai capitato da quando è in Italia e aveva vicino due rifinitori eccezionali come Ilicic e Gómez (anche se ha ricevuto più assist da Hateboer), ma è anche stato determinante per farlo funzionare così bene.

6 tiri, 3 gol, ma anche 61 tocchi e 37 passaggi, dati che sottolineano la sua importanza anche in appoggio alla manovra.

Era difficile non premiare un salto di qualità così evidente, e in effetti Zapata ha vinto con un certo margine sugli altri candidati: de Paul, Orsolini e Izzo.

L’argentino dell’Udinese ha proseguito un’evoluzione iniziata due stagioni fa nella breve parentesi con Massimo Oddo, che in maniera anche simbolica lo aveva messo al centro della squadra, spostandolo dalla fascia per farlo giocare in mezzo al campo e portarlo a incidere di più sulla manovra. Nell’ultimo campionato questa evoluzione è continuata a un livello ancora più alto, de Paul ha giocato spesso a centrocampo ed è diventato un uomo-squadra a tutto tondo, determinando quasi ogni azione pericolosa dell’Udinese e mostrando anche inattese doti difensive.

Orsolini ha invece chiuso alla grande il campionato, con 6 gol e 3 assist negli ultimi due mesi, diventando il simbolo dei miglioramenti del Bologna da quando Sinisa Mihajlovic è subentrato a Filippo Inzaghi. Orsolini aveva attirato molte attenzioni quando giocava con l’Ascoli ma non era riuscito a imporsi né all’Atalanta né al Bologna, almeno fino a quando non è arrivato Mihajlovic. Con l’allenatore serbo Orsolini è diventato titolare e ha finalmente iniziato a far vedere di poter essere un esterno capace di incidere anche ad alti livelli, bravo in isolamento con il terzino e ad attaccare la porta tagliando da destra.

Izzo si era invece già segnalato al Genoa come uno dei difensori centrali italiani più all’avanguardia nell’interpretazione del ruolo, abile in marcatura e dalle letture sofisticate in fase di possesso. Portando queste sue caratteristiche al Torino, in un sistema molto organizzato in fase difensiva, Izzo si è imposto tra i difensori col rendimento più alto e costante del campionato, tanto da meritarsi l’esordio in Nazionale.

Le altre candidature non sono comunque riuscite a oscurare l’incredibile stagione di Zapata, forse anche per la tendenza a premiare gli attaccanti più degli altri ruoli (Izzo però era stato premiato come “Calciatore del mese AIC” a marzo). Lo sviluppo del suo campionato è noto: le difficoltà iniziali a inserirsi negli schemi di Gian Piero Gasperini, con il primo gol che arriva solo a novembre contro il Bologna; i due mesi devastanti a dicembre e gennaio, in cui segna 14 gol in 8 partite; le medie che si normalizzano nei mesi successivi, anche se comunque il suo rendimento si mantiene a un livello molto alto.

A 27 anni e con alle spalle cinque campionati in Serie A, era difficile credere che il gioco di Zapata avesse margini di crescita così ampi. Le potenzialità e le caratteristiche che lo rendono un giocatore praticamente unico nel campionato italiano sembravano essere state esplorate a fondo nell’anno alla Sampdoria, nel quale era diventato uno dei tasselli più importanti del sistema di Marco Giampaolo pur avendo in teoria qualità molto lontane dal calcio giocato dalla squadra blucerchiata. Diversi attaccanti sono capaci di muoversi su tutta la trequarti e di trascinare avanti le loro squadre con una conduzione, di solito però quegli attaccanti non sono grossi come Zapata.

All’Atalanta invece il colombiano ha aggiunto una nuova dimensione al suo gioco: «Gasperini è l’allenatore più bravo che abbia mai incontrato - ha rivelato in un’intervista al canale YouTube della Serie A - Ha concetti di gioco completamente nuovi, che nessuno mi aveva mai insegnato in dieci anni di carriera. Molti dei movimenti che ero abituato a fare non erano quelli giusti per il gioco dell’Atalanta. Ci ho messo un po’, per esempio mi ha insegnato a non giocare sempre spalle alla porta, ma di attaccare la profondità. Piccole cose che però fanno la differenza».

Finito il campionato, Zapata è stato convocato nella nazionale colombiana per la Copa América e ha trovato i primi gol con i “Cafeteros”, segnando in amichevole al Perù, e poi all’Argentina e al Qatar nelle prime due partite del girone. Quella conclusa da poco è stata davvero la stagione che ha cambiato la carriera di Zapata.

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