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Daniele Manusia
Gift Emmanuel Orban ha segnato 9 gol in 10 giorni
16 mar 2023
16 mar 2023
Uno degli attaccanti più in forma in Europa in questo momento.
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Daniele Manusia
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Con un nome che sembra finto quanto quello di Benno von Arcimboldi, protagonista dell’ultimo romanzo di Roberto Bolano 2666, e al tempo stesso un paradosso che unisce due termini antitetici come la parola speranza e un dittatore europeo, Gift Emmanuel Orban, ventenne nigeriano passato la scorsa estate dalla seconda divisione norvegese al Gent, ha realizzato nove gol negli ultimi dieci giorni. Non nelle ultime dieci partite, si tratta proprio di dieci giorni, in cui di partite ne ha giocate quattro, neanche tutte per intero. Il 5 marzo ha segnato il gol della vittoria nella sfida con l’Anderlecht; il 9 marzo quello dell’1-1 nella partita di andata di Conference League contro l’Istanbul Basaksehir; il 12 marzo ha segnato quattro gol nel 6-2 con cui il Gent ha battuto il Zulte Waregem, tutti nel secondo tempo; infine ieri, il 15 marzo, ha segnato una tripletta nella partita di ritorno con il Basaksehir, in Turchia. Il che significa - ed è ancora più assurdo - che Gift Emmanuel Orban ha segnato sette gol negli ultimi tre giorni. I tre di ieri sera, oltretutto, lì ha segnati in poco più di tre minuti, tra il 30esimo e il 33esimo del primo tempo. Il primo da pochi passi dopo aver ricevuto la palla dal sudcoreano Hong Hyun-Seok. Orban ha controllato, alzato la testa per guardare il portiere, aperto il piatto di sinistro. Il secondo da una ventina di metri, un tiro improvviso dopo essersi avventato su un passaggio intercettato in scivolata da Lucas Biglia (dite la verità, vi eravate dimenticati di lui?). Orban anticipa e si tiene alle spalle un avversario, che prova a ostacolarlo con l’efficacia di un moscerino che prova a fermare un’automobile in corsa, tocca la palla una volta e poi calcia sul primo palo, un tiro forte e secco come una frustata. Il terzo inizialmente lo sbaglia, calciando di destro addosso al portiere dall’altezza del dischetto, un’altra transizione rapida con cui il Gent ha costretto la difesa del Basaksehir a difendere correndo verso la propria porta, e poi lo ha corretto in rete di sinistro, il suo piede debole, dopo aver controllato la respinta.

Dopo i quattro gol segnati la scorsa domenica ESPN titolava: Gift Orban è il nuovo Victor Osimhen? Anche se, oltre ad essere entrambi nigeriani e al fatto che anche Osimhen ha giocato in Belgio (come Stephen Keshi alla fine negli anni ‘80 e ‘90, come Sunday Oliseh a inizio e a fine carriera, come anche Moses Simon, oggi al Nantes ma che nel 2018-19 è stato eletto miglior giocatore del Gent) non ci sono molte somiglianze tra di loro. Sono quasi all’opposto anzi, come tipo di centravanti. Gift Orban è basso per gli standard dei numeri 9, sotto il metro e ottanta, molto forte sulle gambe, con una capacità di proteggere la palla che ricorda più quella dei torelli sudamericani, Salas, Tevez, Aguero, Lautaro, che l’elasticità da aracnide di Osimhen. In comune con Osimhen ha la vertigine che lo attira verso la porta, la determinazione con cui calcia per fare male, indipendentemente dal piede che usa e dall’angolo di tiro. Dopo ieri, comunque, meglio non fare nessun paragone. Da quando è arrivato in Belgio a fine gennaio, considerando anche le coppe, Gift Orban ha segnato 15 gol in 11 presenze. Un gol ogni 57 minuti. Il suo allenatore, Hein Vanhaezebrouck, dopo la quadrupletta al Zulte Waregem aveva detto che non lo aveva praticamente visto nel primo tempo: «Ma non ha bisogno di stare nella partita per segnare ogni volta dal nulla». Dal nulla da cui sembra sbucato, verrebbe da aggiungere, sorvolando sulla qualità dello scouting delle squadre nordeuropee. Anche in Norvegia, nella scorsa stagione in cui lo Stabaek è stato promosso dalla seconda alla prima divisione, aveva segnato parecchio - 19 gol in 24 presenze - e soprattutto aveva segnato dei gol in cui il suo talento era difficile da non notare. Tipo quello al Brann realizzato il 10 luglio dello scorso anno:

Baricentro basso, fianchi larghi e gambe piantate come pali che vanno mezzo metro sotto terra. Velocità in conduzione e una frequenza di tocchi alta, con la palla che non si allontana mai troppo dal suo piede permettendogli di cambiare direzione. Ma anche una strana capacità adesiva, un’appiccicosità per cui anche quando un difensore gli spazza la palla sulla coscia quella gli resta vicina. Salta un primo avversario con un tunnel di esterno un po’ sporco, poi un secondo con una croqueta sinistro-destro che lo proietta in area. Quando il primo avversario ritorna da dietro e gli allunga la palla Gift Orban comunque ci arriva prima del portiere, che salta con una pettinata di suola raffinatissima. Prima di mettere dentro a porta vuota. Insomma, c’è di che fomentarsi anche al di là del momento straordinario, allucinante, che se non dovesse finire ci costringerà a parlarne con toni e paragoni ancora più enfatici (ricordate sempre che Haaland fu paragonato a un orso e a un cavallo a inizio carriera). In Norvegia ha segnato in tutti i modi e da tutti gli angoli, calciando a incrociare di destro o aprendolo, il destro, per mettere la palla tra palo e portiere, persino di testa. Il suo primissimo gol in Europa, anzi, è un colpo di testa in tuffo con cui devia un cross lento e corto, con il difensore addosso, sul palo più lontano. Il primo gol segnato con il Gent, invece, è una specie di mezza rovesciata da fermo, dal centro dell’area, con cui schiaccia la palla nell’angolo più vicino.

Poco più tardi, in quella stessa partita contro il Westerlo, ha segnato anche il gol che ha evitato la sconfitta al Gent e bloccato il risultato sul 3-3. Lo ha fatto con una bomba al volo di collo pieno, dal limite dell’area, senza neanche controllare il lancio che aveva scavalcato l’ultimo difensore. Un modo come un altro di presentarsi per uno che ha detto di non aver temuto il passaggio di livello dalla Serie B norvegese al campionato belga: «Non sono venuto qui a fare panchina. Sono molto forte mentalmente. Ed è anche normale con tutti che mi aiutano qui continui a migliorare».

Dopo aver segnato la sua doppietta personale all’esordio, è andato a prendere la palla in rete per accelerare la ripresa del gioco. Evidentemente non era ancora sazio. Al 77esimo ha avuto sui piedi, sul destro, la palla del possibile 4-3, arrivata da una sponda di testa proprio all’altezza del dischetto. Un tiro al volo con cui forse Gift Orban avrebbe voluto rompere la porta, strappare la rete e costringere l’arbitro a sospendere la partita, ma che invece colpisce male, schiacciandola troppo e recapitandola dolcemente tra le braccia del portiere. Certo sarebbe stato un esordio ancora più perfetto, con una tripletta, e in generale ha ancora dei margini di miglioramento, a volte è impreciso e sembra quasi non riuscire a controllare la propria forza (anche nei passaggi, a volte), inoltre il Gent lo stimola molto nel gioco aereo che non sembra proprio il suo forte. Ma già adesso possiamo dire che Gift Orban ha stupito tutti, tranne forse se stesso. Nel messaggio di presentazione il caposcout del Gent, Samuel Cardenas, diceva che avrebbe trovato “la pazienza e il tempo” per adattarsi al campionato e crescere. A quanto pare non ce n’era bisogno. In alcuni casi, per alcuni individui speciali, è la realtà ad adattarsi a loro, al loro talento, alla loro voglia e fantasia, piuttosto che il contrario. Dopo che Haaland aveva segnato 5 gol in Champions League contro il Lipsia, dopo averlo sostituito all’ora di gioco per non togliergli il gusto di segnare sei gol, cioè due triplette, nella stessa partita, Pep Guardiola ha detto che l’importante era che avesse toccato palla una trentina di volte. Perché per un attaccante è più facile essere preciso quando sta nella partita, rispetto a quando non tocca palla magari per venti, trenta minuti. Quello che però Guardiola sembra non vedere quando fa questo discorso è che ci sono giocatori che hanno la capacità di fare gol anche senza toccare prima nessun pallone, senza scaldarsi. Stando fuori dalla partita, giocando per conto loro. Giocatori che se li sorprendi mentre passeggiano con il cane in una via dietro casa loro, gli piazzi una porticina di quelle piccole a qualche metro di distanza, e gli dai la palla, quelli fanno gol senza neanche rendersi conto di cosa sta succedendo. Gente che è semplicemente nata per giocare a calcio, che è cresciuta giocando a calcio e che non vuole smettere di migliorarsi e che la strada per il gol la troverà anche senza che l’allenatore, per geniale che sia, gliela indichi su una mappa.È impossibile dire oggi se Gift Emmanuel Orban è un attaccante di questo tipo. Sembrerebbe di sì, ma magari è un momento passeggero, un’eccezionalità statistica pronta a normalizzarsi. Certo che vita triste quella passata ad arginare ogni entusiasmo, a frenare ogni slancio giovanile, a soffocare ogni fiammella che ci scalda il cuore per paura che divampi un incendio fuori controllo. Non so voi, ma questo fine settimana io una ricerca su internet per vedere se Gift Emmanuel Orban continua a segnare la faccio.

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