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Foto di Francesco Moro / LaPresse
Calcio Daniele Manusia 24 settembre 2018 4'

Gervinho e la regola dei 3 ohhh

Quello di Gervinho appartiene a una categoria particolare di gol.

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Al sedicesimo del primo tempo il Cagliari ha avuto un primo assaggio della velocità tagliente di Gervinho, ma se l’è cavata. Charalampos Lykogiannis, detto “Babis”, terzino sinistro della squadra sarda messo in campo un po’ a sorpresa da Maran al posto di Padoin, ha perso palla nella metà campo del Parma e Gervinho ha percorso in diagonale la distanza che lo separava dall’area di rigore, palla al piede, a una velocità sostenuta ma neanche eccezionale, partendo da destra e curvando prima dell’area di rigore per andare al tiro di sinistro, finito rasoterra vicino al primo palo.

 

Romagna e Klavan, i due difensori centrali del Cagliari, hanno tirato un sospiro di sollievo. Pochi minuti dopo, però, Romagna ha letto male un lancio di Dimarco e – forse ingannato dal mancato aggancio aereo di Di Gaudio – si è fatto superare dalla palla lasciando Roberto Inglese da solo davanti al portiere, Cragno, che è stato abbastanza sfortunato da parare la conclusione indirizzandola sulla faccia di Inglese stesso.

 

Il Parma ha rischiato un altro paio di volte di segnare il secondo gol finché, a inizio secondo tempo, Gervinho ha squarciato la partita con la stessa improvvisa immediatezza di un taglio di Fontana. E se Gervinho alla fine ha detto: “forse non è il mio gol più bello”, è perché la bellezza, con questo gol, non c’entra fino in fondo. Gol di questo tipo – quelli in cui un giocatore fa tutto da solo correndo da molto lontano – hanno a che fare innanzitutto con una sensazione crescente di stupore.

 

Il gol di Gervinho, anzi, è un buon esempio di quella che possiamo chiamare la “regola dei tre ohhhh”.

 


A proposito delle tele aperte con cui Fontana contestava la finta tridimensionalità della pittura, il critico Argan scrisse: «Distruggere una finzione significa recuperare una verità». Applicate come meglio credete questo concetto a Gervinho.

 

Stiamo vivendo un inizio di stagione particolarmente ricco di bei gol. Il che dovrebbe spingerci ad apprezzare maggiormente le sfumature tra gesti eccezionali in modo diverso – ed eccezionalmente diversi – anziché spingerci a diventare sempre più selettivi e difficili. Nonostante ciò starò ancora una volta al gioco con la moda dei tempi e, dopo aver proclamato, già alla fine della prima giornata, il gol di Dzeko gol dell’anno, adesso dico che invece è questo di Gervinho, il gol della stagione 2018/19 di Serie A.

 

La regola dei tre ohhh è molto semplice: perché un gol in solitaria sia veramente grandioso c’è bisogno di almeno tre momenti in cui, guardandolo, voi o una persona a voi vicina fa “ohhh”. Pensateci: funziona con il gol di Weah al Verona, con quello di Henry contro il Tottenham, quello di Tevez contro il Parma. Funziona con qualsiasi altro gol di questo tipo che vi venga in mente e ovviamente con il gol di Maradona contro l’Inghilterra.

 

I tre ohhh corrispondono ai momenti chiave del gol in cui chi guarda capisce cosa è venuto in mente al giocatore (primo ohhh), capisce che ci sta riuscendo (secondo ohhh), si rende conto che ci è riuscito (terzo ohhh).

 

Nel caso del gol di Gervinho capiamo che ha in mente di andare il più lontano possibile dopo che Barella e Lykogiannis hanno provato a fermarlo in scivolata ma non ci sono riusciti; ci rendiamo conto che Gervinho potrebbe arrivare fino in fondo quando se l’allunga oltre Klavan; realizziamo cosa abbiamo veramente visto quando, alla fine di una corsa di più di 80 metri – con picchi oltre i 30km/h – vediamo il tiro di Gervinho sbattere sulla parte interna del primo palo.

 

Lo stupore non è ridotto ma rafforzato dal fatto che, tecnicamente, Gervinho non abbia dribblato nessuno. Anzi, il fatto che scenda a valle lasciandosi alle spalle Barella e Lykogiannis e che Klavan non riesca a fermarlo neanche con le mani, ce lo fa sembrare semplicemente intoccabile.

 

Poi ci sono due modi, in generale, per concludere un’azione di questo tipo: o con un colpo di precisione, difficile da eseguire, magari prendendo in controtempo il portiere, sfruttando lo slancio della propria corsa per calciare dalla parte opposta (come quello di Payet con la maglia del West Ham contro il Middlesborough); oppure alzando ancora la posta con un tiro che, anche senza la corsa precedente, sarebbe stato imparabile (Totti ad esempio, che conclude con un cucchiaio da fuori area la sua azione solitaria contro l’Inter). Gervinho fa una via di mezzo, perché calcia di potenza ma, in maniera controintuitiva e furba, sceglie il primo palo.

 

https://twitter.com/1913parmacalcio/status/1043555987070898177

 

Lo stupore dell’ohhh si accompagna a tutti i gol più grandiosi, in un modo o nell’altro. Prendiamo il gol più famoso di Cantona, segnato a fine carriera quando il carisma di Cantona si era concretizzato in uno strato aggiuntivo di carne che gli avrebbe impedito di prendere palla a metà campo e arrivare fin dentro l’area di rigore, come faceva un tempo. Quando Cantona lascia partire il tiro, i tre ohhh sono concentrati in un unico pensiero: realizziamo cosa sta provando a fare, che ci sta riuscendo e che ci è riuscito, tutto nello stesso istante.

 

Nel caso del gol di Bergkamp contro il Newcastle, invece, il movimento è spezzato in due: la giravolta con cui si gira e quando calcia. Oppure, ancora, pensate al famoso gol di Ronaldo contro il Compostela, o all’altrettanto famoso gol di Ibrahimovich conro il Nac Breda in cui gli ohhh sono molti più di tre prima che la palla entri in porta.

 

Sostanzialmente Gervinho ci ricorda che un gol per entrare nella nostra testa non debba essere per forza di cose inattaccabile da un punto di vista tecnico, quanto piuttosto contenga il coraggio e l’unicità necessaria a spostare i limiti del nostro immaginario un po’ più in là. Per questo il piacere dei gol in solitaria non diminuisce riguardandoli, perché anche se Gervinho magari non aveva in mente di segnare quando è partito da pochi metri fuori dall’area di rigore del Parma, noi non possiamo non vedere tutta l’azione come un un unico movimento in più parti.

 

E stupirci a ogni nuova visione: Ohhh ce la sta facendo, ohhh ce la sta facendo ANCORA, ohhh ce l’ha fatta davvero.

 

 

Tags : gervinhoparma

Daniele Manusia, direttore e cofondatore dell'Ultimo Uomo. È nato a Roma (1981) dove vive e lavora. Ha scritto: "Cantona. Come è diventato leggenda" (Add, 2013) e "Daniele De Rossi o dell'amore reciproco" (66th & 2nd, 2020).

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